Giorno: 14 gennaio 2015

Raif Badawi è Charlie, ma lui per davvero

Di Éric Azan. Al Huffington Post Maghreb (13/01/2015). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. Il re saudita Abdullah bin Abdulaziz non è, non è mai stato e non sarà mai Charlie. Ha attivamente promosso il dialogo interreligioso cercando le voci moderate del Medio Oriente e aprendo un canale diplomatico verso le nazioni non arabe. È stato […]

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La guerra di Piero

di Lorenzo Declich*

Andrò a braccio, cari lettori, interpretando questo mio commentario, a suo tempo promessovi su FB, in ottica “defatigante”.

Sì, perché cercare di capire le cose implica fatica, impegno, concentrazione e io, dopo giorni a cercare di capire cosa è successo a Parigi, sono un po’ stanco.…

La guerra di Piero è un articlo pubblicato su Nazione Indiana.

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Charlie Hebdo: la reazione del sindaco marocchino di Rotterdam

TelQuel. Il sindaco marocchino della città olandese di Rotterdam, Ahmed Aboutaleb, dopo aver denunciato fermamente gli attentati contro il settimanale Charlie Hebdo, si è rivolto ai musulmani residenti in Olanda dicendo: “Se non amate la libertà, per l’amor di Dio fate le valigie e partite […] lasciate l’Olanda se non riuscite a trovare il vostro posto”. […]

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Il Qatar compra tifoseria per il Mondiale di pallamano

El País. Sono circa 60 i tifosi spagnoli che sono stati contrattati dal Qatar per animare il campionato mondiale di pallamano maschile, che si svolgerà nell’emirato dal 15 gennaio fino al 1° febbraio 2015. Membri di diversi club sportivi spagnoli, i 60 tifosi sono partiti da Madrid con una missione ben definita: tifare e sostenere la squadra del […]

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Tunisia: quattro anni senza Ben Ali

Al Huffington Post Maghreb (14/01/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. In occasione dell’anniversario della caduta di Ben Ali, deposto il 14 gennaio 2011, ripercorriamo le tappe politiche essenziali della Tunisia dopo la rivoluzione. 2011 14 gennaio: Ben Ali fugge in Arabia Saudita dopo 23 anni di potere in seguito alla rivolta popolare scatenata dall’immolazione di […]

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Iraq: 10 miliardi di dollari per delle armi iraniane arruginite

Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (13/01/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo. Tempo fa, ho letto un rapporto dell’Associated Press sull’aumento dell’influenza iraniana sull’Iraq, con la scusa del sostegno contro Daish (conosciuto in occidente come ISIS). Il rapporto calcolava, in base alle sue fonti, che gli iraniani hanno venduto agli iracheni dieci miliardi di dollari […]

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Le dimissioni di Giorgio Napolitano nei giornali arabi

I giornali arabi stanno seguendo le dimissioni del presidente della Repubblica italiano Giorgio Napolitano. Ecco alcuni articoli che trattano l’argomento sui siti web dei giornali del mondo arabo. Al-Quds al-Arabi – quotidiano panarabo Primo ministro italiano: il presidente della Repubblica dichiarerà le sue dimissioni nelle prossime ore Al-Wasat News – Bahrain Il presidente della Repubblica Giorgio […]

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Baddawi: una graphic novel palestinese da leggere

(Barakabits). Leila Abdul Razzaq è una vignettista palestinese e americana, creatrice della graphic novel “Baddawi“. Si tratta di un fumetto in cui l’artista racconta graficamente la storia del padre cresciuto come rifugiato palestinese nel campo profughi di Baddawi, nel nord del Libano. Mettendo la storia in disegni, ha cercato di esplorare e capire vari aspetti della sua vita e […]

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Turchia: imprenditore vuole istituire università per i rifugiati siriani

(Agenzie) “Credo davvero che c’è bisogno di educare questi giovani. Se non possiamo farlo, saranno un problema per la Turchia, per il loro Paese e per tutta la regione”: queste le parole di Enver Yucel, imprenditore turco che ha in mente di istituire delle università per permettere ai giovani rifugiati siriani di soddisfare le loro ambizioni accademiche. […]

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Charlie Hebdo: Al-Qaeda in Yemen rivendica ufficialmente attentato

(Agenzie) Uno dei massimi leader di Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), Nasser al-Ansi, ha diffuso un video in cui rivendica ufficialmente la responsabilità per l’attacco alla rivista francese Charlie Hebdo della scorsa settimana, mettendo in guardia l’Occidente da futuri attentati. Nel video di 11 minuti, al-Ansi dichiara che il massacro di Parigi è stato ordinato dal capo […]

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Dubai, nuovo parco giochi della moda

El País. Se la scorsa estate era Ibiza il punto di incontro di modelle e stilisti, ora è Dubai a essere il nuovo parco giochi della moda. L’emirato torna a ruggire con forza dopo cinque anni di declino e crisi economica. Gli effetti della recessione hanno acceso una nuova realtà dove il lusso spicca sontuosamente. La […]

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Gran Bretagna apre missione commerciale in Egitto

(Agenzie). La Gran Bretagna ha lanciato la sua più grande missione commerciale in Egitto, che coinvolge più di 40 aziende nel paese più popoloso del mondo arabo. Il ministro britannico Tobias Ellwood ha detto che la missione dimostra l’impegno di Londra di aumentare gli investimenti internazionali in Egitto e incrementare il commercio bilaterale. ” Si tratta di un programma […]

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Israele: piano per registrazione di Al Aqsa come territorio israeliano

(Agenzie). L’associazione ebraica Yishai, guidata dal rabbino Shmuel Eliyahu, intende registrare ufficialmente il territorio della spianata delle moschee al Tabo (l’ufficio israeliano per la registrazione della terra). Secondo quanto dichiarato dalla Fondazione palestinese di Al Aqsa per i beni religiosi e il patrimonio, il progetto dell’associazione Yishai rientrerà nel piano del dicastero della Giustizia che prevederebbe l’inserimento […]

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Le prime pagine dei giornali arabi

Al-Shouruk – Egitto Presidente francese: “la pazzia non ha religione” Al-Mustaqbal – Libano Dopo la liberazione di Roumieh, si pensa a tutto Beqa’ (ndr governatorato libanese)   Al-Quds al-Arabi – quotidiano panarabo Nuovo disegno del Profeta sulla copertina di Charlie Hebdo, Dar al-Ifta egiziana la considera una provocazione verso i musulmani Mubarak “in libertà” dopo […]

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Aspettando sua santità/1

Girando in bicicletta per le strade di quella che fu per un certo periodo la capitale delle Tigri del
Tamil Eelam -la guerriglia separatista attiva per trent’anni nell’area settentrionale e nord occidentale dello Sri Lanka – il numero di chiese che si incontrano è abbastanza impressionante, considerato che questa regione è abitata quasi esclusivamente da induisti. Eppure, benché il tempio di Nallur sia considerato forse il più importante luogo di culto indù dell’intera isola di Sri Lanka, la cattedrale bianco candida di St Mary lo batte in ampiezza e altezza. Proprio a fianco sorge il San Patrick’s College dove la buona borghesia tamil studia prima che i prescelti siano spediti nei collegi romani a imparare, con l’italiano, l’arte del servizio ecclesiastico. Quasi tutti i vescovi srilankesi fanno questo percorso prima che venga loro attribuita una delle dodici diocesi locali, tra cui quella di Jaffna è, con l’arcidiocesi della capitale, la più importante.

Ma ieri l’alta gerarchia di una minoranza piccola ma colta e agguerrita (6-7%) era tutta a Colombo dove il papa è sbarcato di prima mattina per una visita pastorale e di Stato che oggi lo porterà proprio qui, in terra tamil, nel santuario mariano di Madhu, a qualche chilometro dalla città di Mannar, un’ottantina di chilometri e tre ore di autobus a Sud di Jaffna. La visita del papa accende molte
speranze in una terra martoriata da una guerra di cui si vedono ancora i segni nei muri di alcune case non più ricostruite e che sembrano essere rimaste a monito della follia umana. La piccola ma potente chiesa cattolica potrebbe svolgere un ruolo importante nel distendere le tensioni che esistono soprattutto tra buddisti singalesi e induisti (e in parte musulmani) della comunità tamil. Eppure le chiese sono così tante qui a Jaffna – cattoliche, metodiste, avventiste e chi più ne ha ne metta – e tutte col loro oratorio, il college o la casa famiglia, che forse a Francesco non deve mancare – come altrove – anche la preoccupazione di una penetrazione sempre più capillare degli evangelici. Anche tra coloro che aspettano il papa c’è chi – come ci fa capire Philip mostrandoci la Bibbia dei testimoni di Geova sul tavolo del suo ufficio – al Dio cristiano arriva in altro modo.

Il papa ieri a Colombo, nel suo incontro con i leader religiosi locali, ha detto comunque chiaramente che il dovere di responsabilità dei sacerdoti deve evitare «equivoci» che la fede non deve produrre in violenza e che solo la riconciliazione può seppellire gli orrori della guerra. Francesco vuole certo rafforzare l’energia che promana dall’intellighenzia cattolica locale – colta, aperta e pacifista (con qualche significativo distinguo su cui torneremo) – e che certamente riprenderà slancio con le sue parole sentendo vicino il lontano Vaticano; e sperando che lo sforzo serva a far guadagnare terreno al dialogo interreligioso, che fatica non poco in un’isola dove i due partiti buddisti – una DC locale che non disdegna l’incitamento all’odio – hanno accenti fortemente nazionalistico identitari preoccupanti.

Monaci combattenti: Gnanasara
leader del Bbs

Proprio ieri, forse sentendosi chiamato in causa e fiutando un possibile nuovo corso, il segretario del Bodu Bala Sena (Bbs) – Galagoda Aththe Gnanasara, un monaco che non vorreste incontrare in autobus se aveste segni di evidente laicismo o di altre fedi – ha detto che la sua organizzazione (considerata invece la più oltranzista) si è sempre ben guardata dal promuovere l’odio e la violenza contro i musulmani. Mentre è noto che proprio l’appoggio dei buddisti (radicali) all’ex presidente Rajapaksa aveva fatto del suo regime un autoritario ed esasperato conservatore sia dell’unità nazionale sia dell’identità buddista e singalese in chiave anti tamil e anti islamica.
Nell’attesa del suo più che simbolico arrivo oggi a Mannar, la capitale del Nord si è svuotata ieri nel pomeriggio proprio in vista dell’appuntamento al santuario della madonna di Madhu. «Stiamo andando incontro al papa!», ci dice persino il nostro albergatore di Jaffna concludendo frettolosamente la trattativa sul prezzo della stanza. E c’è un autobus che parte proprio dal vicino collegio John Bosco, dove l’immagine del fondatore dei salesiani benedice col nome tradotto in inglese coloniale ma l’eterno sorriso declinato in srilankese.

Sull’ex presidente Rajapaksa intanto si addensano nubi sempre più nere. Le voci di un tentativo di golpe bianco da parte del candidato sconfitto alle urne nel voto dell’8 gennaio (di cui vi abbiamo dato conto domenica scorsa) sono diventate un rumore tanto assordante da aver mosso il nuovo governo del vittorioso Maithripala Sirisena ad aprire un inchiesta. Il Telegraph di Colombo, giornale indigesto all’ex presidente, la racconta così: quando Rajapaksa si accorge verso l’una del mattino che il voto volge al peggio, convoca – su consiglio del ministro della Giustizia – il procuratore generale, il capo dell’esercito e quello della polizia proponendo un blitz nei seggi per bloccare il conteggio a fronte di carte preparate ad hoc che provano un pericolo per la democrazia srilankese. Ma i tre fanno fronte comune e gli dicono di no tanto che all’alba Rajapaksa già ammette la sconfitta che non sarà poi, per la verità, così clamorosa visto che Sirisena chiude con meno del 52%. Vero o falso il putsch (che lui smentisce decisamente)? L’inchiesta potrebbe stabilirlo e per l’ex presidente sarebbero tempi duri a meno che non vi sia un accordo tra i due. «Lo escludo – dice un professionista di Colombo che conosce bene la macchina del governo – ma è certo che Sirisena starà attento: Rajapaksa ha portato comunque a casa molti voti, specie nella campagne del centro Sud dov’è forte grazie a piccoli investimenti a favore degli agricoltori e grazie…alla generale ignoranza dei contadini». E il neo presidente, a capo di una larghissima intesa che lo sostiene, non vuole scontentare nessuno.
1/segue

Aspettando sua santità/1

Girando in bicicletta per le strade di quella che fu per un certo periodo la capitale delle Tigri del
Tamil Eelam -la guerriglia separatista attiva per trent’anni nell’area settentrionale e nord occidentale dello Sri Lanka – il numero di chiese che si incontrano è abbastanza impressionante, considerato che questa regione è abitata quasi esclusivamente da induisti. Eppure, benché il tempio di Nallur sia considerato forse il più importante luogo di culto indù dell’intera isola di Sri Lanka, la cattedrale bianco candida di St Mary lo batte in ampiezza e altezza. Proprio a fianco sorge il San Patrick’s College dove la buona borghesia tamil studia prima che i prescelti siano spediti nei collegi romani a imparare, con l’italiano, l’arte del servizio ecclesiastico. Quasi tutti i vescovi srilankesi fanno questo percorso prima che venga loro attribuita una delle dodici diocesi locali, tra cui quella di Jaffna è, con l’arcidiocesi della capitale, la più importante.

Ma ieri l’alta gerarchia di una minoranza piccola ma colta e agguerrita (6-7%) era tutta a Colombo dove il papa è sbarcato di prima mattina per una visita pastorale e di Stato che oggi lo porterà proprio qui, in terra tamil, nel santuario mariano di Madhu, a qualche chilometro dalla città di Mannar, un’ottantina di chilometri e tre ore di autobus a Sud di Jaffna. La visita del papa accende molte
speranze in una terra martoriata da una guerra di cui si vedono ancora i segni nei muri di alcune case non più ricostruite e che sembrano essere rimaste a monito della follia umana. La piccola ma potente chiesa cattolica potrebbe svolgere un ruolo importante nel distendere le tensioni che esistono soprattutto tra buddisti singalesi e induisti (e in parte musulmani) della comunità tamil. Eppure le chiese sono così tante qui a Jaffna – cattoliche, metodiste, avventiste e chi più ne ha ne metta – e tutte col loro oratorio, il college o la casa famiglia, che forse a Francesco non deve mancare – come altrove – anche la preoccupazione di una penetrazione sempre più capillare degli evangelici. Anche tra coloro che aspettano il papa c’è chi – come ci fa capire Philip mostrandoci la Bibbia dei testimoni di Geova sul tavolo del suo ufficio – al Dio cristiano arriva in altro modo.

Il papa ieri a Colombo, nel suo incontro con i leader religiosi locali, ha detto comunque chiaramente che il dovere di responsabilità dei sacerdoti deve evitare «equivoci» che la fede non deve produrre in violenza e che solo la riconciliazione può seppellire gli orrori della guerra. Francesco vuole certo rafforzare l’energia che promana dall’intellighenzia cattolica locale – colta, aperta e pacifista (con qualche significativo distinguo su cui torneremo) – e che certamente riprenderà slancio con le sue parole sentendo vicino il lontano Vaticano; e sperando che lo sforzo serva a far guadagnare terreno al dialogo interreligioso, che fatica non poco in un’isola dove i due partiti buddisti – una DC locale che non disdegna l’incitamento all’odio – hanno accenti fortemente nazionalistico identitari preoccupanti.

Monaci combattenti: Gnanasara
leader del Bbs

Proprio ieri, forse sentendosi chiamato in causa e fiutando un possibile nuovo corso, il segretario del Bodu Bala Sena (Bbs) – Galagoda Aththe Gnanasara, un monaco che non vorreste incontrare in autobus se aveste segni di evidente laicismo o di altre fedi – ha detto che la sua organizzazione (considerata invece la più oltranzista) si è sempre ben guardata dal promuovere l’odio e la violenza contro i musulmani. Mentre è noto che proprio l’appoggio dei buddisti (radicali) all’ex presidente Rajapaksa aveva fatto del suo regime un autoritario ed esasperato conservatore sia dell’unità nazionale sia dell’identità buddista e singalese in chiave anti tamil e anti islamica.
Nell’attesa del suo più che simbolico arrivo oggi a Mannar, la capitale del Nord si è svuotata ieri nel pomeriggio proprio in vista dell’appuntamento al santuario della madonna di Madhu. «Stiamo andando incontro al papa!», ci dice persino il nostro albergatore di Jaffna concludendo frettolosamente la trattativa sul prezzo della stanza. E c’è un autobus che parte proprio dal vicino collegio John Bosco, dove l’immagine del fondatore dei salesiani benedice col nome tradotto in inglese coloniale ma l’eterno sorriso declinato in srilankese.

Sull’ex presidente Rajapaksa intanto si addensano nubi sempre più nere. Le voci di un tentativo di golpe bianco da parte del candidato sconfitto alle urne nel voto dell’8 gennaio (di cui vi abbiamo dato conto domenica scorsa) sono diventate un rumore tanto assordante da aver mosso il nuovo governo del vittorioso Maithripala Sirisena ad aprire un inchiesta. Il Telegraph di Colombo, giornale indigesto all’ex presidente, la racconta così: quando Rajapaksa si accorge verso l’una del mattino che il voto volge al peggio, convoca – su consiglio del ministro della Giustizia – il procuratore generale, il capo dell’esercito e quello della polizia proponendo un blitz nei seggi per bloccare il conteggio a fronte di carte preparate ad hoc che provano un pericolo per la democrazia srilankese. Ma i tre fanno fronte comune e gli dicono di no tanto che all’alba Rajapaksa già ammette la sconfitta che non sarà poi, per la verità, così clamorosa visto che Sirisena chiude con meno del 52%. Vero o falso il putsch (che lui smentisce decisamente)? L’inchiesta potrebbe stabilirlo e per l’ex presidente sarebbero tempi duri a meno che non vi sia un accordo tra i due. «Lo escludo – dice un professionista di Colombo che conosce bene la macchina del governo – ma è certo che Sirisena starà attento: Rajapaksa ha portato comunque a casa molti voti, specie nella campagne del centro Sud dov’è forte grazie a piccoli investimenti a favore degli agricoltori e grazie…alla generale ignoranza dei contadini». E il neo presidente, a capo di una larghissima intesa che lo sostiene, non vuole scontentare nessuno.
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