Mese: febbraio 2013

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

La Triplice Sfida della Tunisia

Riportiamo un frammento di un articolo intervista sulla situazione attuale su Caffe Geopolico

La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

Leggi l’intera intervista su  Caffe Geopolico

La Triplice Sfida della Tunisia

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Triplice Sfida della Tunisia

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Tunisia, dal dolore una nuova speranza?

Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

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Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

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“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.
Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

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Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

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La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

Le frontiere del caos

Se digitate “caos” e “tunisia” su google troverete 996.000 occorrenze. Il fatto è che questo “caos” è nelle menti di scrive “caos”, non in Tunisia. Non si capisce bene ciò che succede e quindi si scrive “caos”. La categoria del…

Aria di Rivoluzione?

Migliaia di persone riunite davanti casa di Belaid, in attesa del corteo funebreSi respira un aria speciale oggi in Tunisia. L’attesa di una grande giornata. Supermercato dietro casa a Cartagine e’ semivuoto. La calma illusoria tra le strade. Alcu…

Aria di Rivoluzione?

Migliaia di persone riunite davanti casa di Belaid, in attesa del corteo funebreSi respira un aria speciale oggi in Tunisia. L’attesa di una grande giornata. Supermercato dietro casa a Cartagine e’ semivuoto. La calma illusoria tra le strade. Alcu…

Aria di Rivoluzione?

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Ennhada si spacca

Il principale partito al governo Ennahdha rifiuta la proposta del suo primo ministro Hamadi Jebali di ieri sera di un governo tecnico Una grave crisi si apre all’interno del partito. In un intervista Rached Ghannouchi, il segretario generale …

Ennhada si spacca

Il principale partito al governo Ennahdha rifiuta la proposta del suo primo ministro Hamadi Jebali di ieri sera di un governo tecnico Una grave crisi si apre all’interno del partito. In un intervista Rached Ghannouchi, il segretario generale …

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Assassinio Chokri Belaid : La testimonianza di Nadia Deoud

Ucciso questa mattina Chokri Belaid,  figura importante dell’opposizione tunisina e leader del partito ” patrioti democratici”.  Parla Nadia Deoud , giovane giornalista free lance e testimone del terribile agguato allo storico oppositore politico.





Chokri Belaid durante un comizio nel Dicembre 2010
Mi chiamo Nadia Deoud , giornalista free lance. Sono vicina di casa del defunto Chokri Belaid , abitavo al quarto piano e lui al primo. Ero affacciata dal balcone quando vidi l’autista , in attesa dell’arrivo di Belaid, parlare con qualcuno.L’agguato è avvenuto verso le 07:50 del mattino. Una volta che Belaid raggiunse l’automobile due tizi a bordo di un motorino si avvicinano sparando prima un colpo e dopo altri tre in rapida successione. La cosa che mi ha più sconvolta è stata la mancata reazione dell’autista di fronte all’imminente assassinio del Dottor Belaid. Mi assumo tutta la responsabilità su ciò che sto dichiarando: l’autista sapeva dell’agguato.Pochi minuti prima vidi l’autista parlare con qualcuno, subito dopo arriva la motocicletta della morte che fredda con diversi colpi d’arma da fuoco Belaid, seduto sul sedile anteriore accanto all’autista.
Tunisi 6 Febbraio 2013

In seguito al decesso di Chokri Belaid avvenuta questa mattina nell’ospedale ” Ennasr ” di Tunisi,migliaia di manifestanti sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del governo. Alle ore 15.30  un corteo funebre che trasportava il feretro del politico è stata fatta passare di fronte il ministero dell’interno in piena Avenue Bourghuiba dove la polizia ha fatto largo uso di lacrimogeni per allontanare il corteo. Intanto sono state pervenute minacce anonime a Hamma el Hammami , leader del partito operaio comunista tunisino, dove gli viene intimato di ” non cavalcare” la triste vicenda del compagno assassinato.Date alle fiamme la sede del partito islamista al potere a Sfax, dove la gente inferocita ha chiesto la testa dei responsabili .Intanto la ” lega per la difesa della rivoluzione ”  torna a far parlare di se attaccando a colpi di spranghe e bastoni alcuni manifestanti nella città di Sousse. Dura condanna di Rashed Ghannouci leader del partito islamista ” Nahda” che ha definito gli autori di questo barbaro assassinio ” nemici della patria e dell’islam”.Nel tardo pomeriggio arriva l’atteso discorso alla nazione di Hamadi Jebali , primo ministro tunisino , che annuncia lo scioglimento dell’attuale esecutivo con la conseguente creazione di un governo di unità nazionale.Dimissioni di massa di una parte dell’assemblea costituente. 




Paura e delirio a Palazzo Corigliano

Pensavo che le vette della fuffa le avesse raggiunte Repubblica con quel divertentissimo reportage sui Fratelli Musulmani in Italia così ben commentato da Karim Metref su A.L.M.A. Invece oggi ho trovato di meglio sul Tempo. Trattasi di un articolo che,…

Risveglio berbero

Popolazione autoctona dell’Africa settentrionale, nei secoli ha sviluppato una letteratura, una musica e forme artistiche diverse da quelle arabe. Gli Stati hanno sempre emarginato queste espressioni e anche le recenti rivolte non sembrano aver cambiato le cose. Sul numero di Popoli di febbario (www.popoli.info) un mio reportage dal Marocco fino all’Oasi egiziana di Siwa, passando per la provincia algerina della Cabilia. Scaricalo qui o abbonati a Popoli!

Risveglio berbero

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Timbuktu e i suoi manoscritti

Quando studiavo i manoscritti arabi di Zanzibar c’era un grande affaccendarsi attorno al loro reperimento, in città e in archivio. Un gruppo di 2-300 era arrivato da un istituto ormai chiuso e attendeva di essere “riconsiderato”, elenchi alla mano. Si…

Manal and Alaa: A love story

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