Mese: aprile 2012

Coup de maître!

Da tempo si discute sull’opportunità di creare organismi stabili di confronto con le diverse anime dell’Islam europeo. In Francia in particolare non sono mancate le contestazioni, sia tra le fila…
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Elezioni in Algeria.“Sketch sciorba” prima di Ramadhan

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     Il 10 maggio prossimo, in Algeria si terranno le quinte elezioni legislative “plurali” della giovane storia del paese. L’amministrazione e i politici si preparano per il torneo elettorale che vedrà in lizza 44 partiti e 25.800 candidati per 462 posti da parlamentari. 

Ma il paese pensa ad altro. In un clima teso e forti frustrazioni dovute all’altissimo tasso di disoccupazione e una inflazione record che rende quasi intoccabili molti beni di consumo, l’affluenza rischia di essere bassissima. Quindi le sorprese, che ci saranno sicuramente, saranno dettate dagli accordi dietro le quinte.

 

 

Sketch sciorba elettorale

 

La tv algerina è solita trasmettere durante il mese di Ramadhan, all’ora della rottura del digiuno, delle breve operette comiche. Il piatto nazionale per rompere il digiuno è una minestra molto leggera a base di verdure, erbe aromatiche e piccoli pezzi di carne di agnello, chiamata genericamente sciorba. Da qui il nome popolare di queste operette, gli “sketch Sciorba”. 

Alcuni di questi sketch sono molto popolari e continuano a far ridere la gente molto oltre il mese di Ramadhan. Ma quest’anno la stagione delle sketch è iniziata molto prima della sciorba.

Sono le elezioni elettorali che danno da ridere al popolo algerino alle prese con il rincaro record dei prodotti di prima necessità, le verdure in modo particolare, e le patate sopra tutto. Tra € 1 e € 1, 50 per 1 kilo del popolare tubero di origine andina. Su Facebook spopolano i gruppi di barzellette e parodie sulla penuria di patate. Una delle più popolari è la canzone del videoblogger comico Irban Irban, “We love batata”, sulla musica e le immagini di “We are the world”. 

Altro motivo di barzellette e satira popolare è la prossima gara elettorale. Tutti sanno che chi vincerà è già designato, mentre la scena politica è inondata da 44 partiti politici di cui 23 creati a posta per questa elezione. È una tradizione in Algeria. I servizi hanno sempre creato una marea di partitini ‘usa e getta’ per dare una illusione di pluralità. 

Tra i partiti più anziani stupisce la partecipazione del Fronte delle Forze Socialste (FFS), decano dei partiti dell’opposizione (secondo per data di creazione soltanto al sempre verde FLN, al potere dal 1962), che tradizionalmente ha sempre boicottato queste farse elettorali. La sua presenza nella gara vuol dire che le intenzioni del governo sono diverse dal solito. 

Non si sa che garanzie hanno ricevuto i dirigenti del FFS. Ma una cosa è sicura, il suo leader storico, Hocine Ait Ahmed, è troppo furbo e sperimentato per lasciarsi ingannare facilmente. Dalla loro partecipazione qualcosa avranno in cambio. Forse una parte importante del regime Algerino vuole approfittare delle pressioni della primavera araba per modernizzare un po’ il sistema e, non dico aprire del tutto il campo politico, ma rilasciare un po’ la morsa. 

 

Tra islamisti e dinosauri 

Ma comunque la presenza o meno del FFS da solo credibilità a livello internazionale, non ha un grande peso sulle sorti del paese. Il partito socialista è presente in forza solo in Cabilia e in alcune circoscrizioni della capitale. Il resto del paese si giocherà come al solito tra il Fronte di Liberazione Nazionale(FLN), Il Raduno Nazionale per la Democrazia (RND) i due partiti (il secondo nato da una costola del primo) che si dividono il potere dal 1997 e gli islamisti che si presentano divisi n 7 partiti ma nei quali due sono veramente rappresentativi: Il Movimento per la Società e la Pace (MSP – Ex Hamas) e Al-Adala, La giustizia (ex Ennahda). Entrambe correnti dell’islamismo politico “moderato” da anni presenti nella scena politica senza aver mai ceduto alle sirene del Jihadismo.. L’MSP più liberale e vicino agli ambienti degli affari fa parte della maggioranza al governo da molti anni e h avuto a gestire vari ministeri. 

La partecipazione dell’opposizione tradizionale e la presenza di osservatori internazionali durante le elezioni di cui alcuni rappresentanti dell’Unione Europea, potrebbe indicare che in alto luogo (forse anche internazionale) è stato negoziato il fatto che la coppia FLN/ RND dovrà contare soltanto sulla loro più grande disponibilità di mezzi e la migliore visibilità e copertura mediatica e non sui soliti brogli e falsificazioni. 

Questa vorrà dire che non ci saranno le pressioni e le truffe massive nelle grandi città, nei piccoli centri rurali del paese profondo continuerà, non è facile debellare una tradizione lunga 50 anni. I partiti al potere e le formazioni islamiste si aggiudicheranno la maggioranza assoluta. Gli islamisti del MSP potrebbero anche prendere la maggioranza relativa, come l’hanno sempre presa dal 1997, se non ci fossero stati pesanti brogli. Una delle probabilità è che ci si ritroverà con governo islamista che sarà condizionato però dall’alleanza con i due altri per tenere la maggioranza al parlamento. Un impasto perfetto per arrivare ad una situazione alla marocchina. Mettere gli islamisti a gestire la crisi, la disoccupazione, la corruzione, le ingiustizie sociali e l’assenza di prospettive economiche mentre il potere vero rimane in mano agli stessi. 

I comici Mustafa e Hazim del Teatro Nazionale di Orano, le star assolute delle sketch Sciorba, non avrebbero potuto scrivere una barzelletta migliore. 

 

L’ombra dell’astensione

  Ma la vera incognita di queste elezioni viene dalla partecipazione popolare. Gli Algerini “normali” in molti pensano di non andare a votare. Sui social network si moltiplicano gli appelli al boicottaggio. “Il10 maggio, tutti al mare”, recita la presentazione di un gruppo su Facebook. 

Ai microfoni di France 24 un operaio dice: “Non ho mai votato e non andrò mai a votare fin che non finisce questo film. “ Un film visto e rivisto fino alla nausea. 

Cosa succederà se i centri elettorali rimarranno vuoti e se la partecipazione reale sarà sotto i 20% come è successo nel 2002 (partecipazione ufficiale 42%), con punte in Cabilia e a Algeri di 2%? 

Ci si metterà a ripensare il sistema? Oppure come è successo in altre occasioni si imbastirà un risultato fasullo accertato dagli osservatori internazionali? 

Perché in Algeria c’è troppo petrolio e troppo gas perché la sorte di 35 milioni di persone possa veramente essere importante.

Elezioni in Algeria.“Sketch sciorba” prima di Ramadhan

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     Il 10 maggio prossimo, in Algeria si terranno le quinte elezioni legislative “plurali” della giovane storia del paese. L’amministrazione e i politici si preparano per il torneo elettorale che vedrà in lizza 44 partiti e 25.800 candidati per 462 posti da parlamentari. 

Ma il paese pensa ad altro. In un clima teso e forti frustrazioni dovute all’altissimo tasso di disoccupazione e una inflazione record che rende quasi intoccabili molti beni di consumo, l’affluenza rischia di essere bassissima. Quindi le sorprese, che ci saranno sicuramente, saranno dettate dagli accordi dietro le quinte.

 

 

Sketch sciorba elettorale

 

La tv algerina è solita trasmettere durante il mese di Ramadhan, all’ora della rottura del digiuno, delle breve operette comiche. Il piatto nazionale per rompere il digiuno è una minestra molto leggera a base di verdure, erbe aromatiche e piccoli pezzi di carne di agnello, chiamata genericamente sciorba. Da qui il nome popolare di queste operette, gli “sketch Sciorba”. 

Alcuni di questi sketch sono molto popolari e continuano a far ridere la gente molto oltre il mese di Ramadhan. Ma quest’anno la stagione delle sketch è iniziata molto prima della sciorba.

Sono le elezioni elettorali che danno da ridere al popolo algerino alle prese con il rincaro record dei prodotti di prima necessità, le verdure in modo particolare, e le patate sopra tutto. Tra € 1 e € 1, 50 per 1 kilo del popolare tubero di origine andina. Su Facebook spopolano i gruppi di barzellette e parodie sulla penuria di patate. Una delle più popolari è la canzone del videoblogger comico Irban Irban, “We love batata”, sulla musica e le immagini di “We are the world”. 

Altro motivo di barzellette e satira popolare è la prossima gara elettorale. Tutti sanno che chi vincerà è già designato, mentre la scena politica è inondata da 44 partiti politici di cui 23 creati a posta per questa elezione. È una tradizione in Algeria. I servizi hanno sempre creato una marea di partitini ‘usa e getta’ per dare una illusione di pluralità. 

Tra i partiti più anziani stupisce la partecipazione del Fronte delle Forze Socialste (FFS), decano dei partiti dell’opposizione (secondo per data di creazione soltanto al sempre verde FLN, al potere dal 1962), che tradizionalmente ha sempre boicottato queste farse elettorali. La sua presenza nella gara vuol dire che le intenzioni del governo sono diverse dal solito. 

Non si sa che garanzie hanno ricevuto i dirigenti del FFS. Ma una cosa è sicura, il suo leader storico, Hocine Ait Ahmed, è troppo furbo e sperimentato per lasciarsi ingannare facilmente. Dalla loro partecipazione qualcosa avranno in cambio. Forse una parte importante del regime Algerino vuole approfittare delle pressioni della primavera araba per modernizzare un po’ il sistema e, non dico aprire del tutto il campo politico, ma rilasciare un po’ la morsa. 

 

Tra islamisti e dinosauri 

Ma comunque la presenza o meno del FFS da solo credibilità a livello internazionale, non ha un grande peso sulle sorti del paese. Il partito socialista è presente in forza solo in Cabilia e in alcune circoscrizioni della capitale. Il resto del paese si giocherà come al solito tra il Fronte di Liberazione Nazionale(FLN), Il Raduno Nazionale per la Democrazia (RND) i due partiti (il secondo nato da una costola del primo) che si dividono il potere dal 1997 e gli islamisti che si presentano divisi n 7 partiti ma nei quali due sono veramente rappresentativi: Il Movimento per la Società e la Pace (MSP – Ex Hamas) e Al-Adala, La giustizia (ex Ennahda). Entrambe correnti dell’islamismo politico “moderato” da anni presenti nella scena politica senza aver mai ceduto alle sirene del Jihadismo.. L’MSP più liberale e vicino agli ambienti degli affari fa parte della maggioranza al governo da molti anni e h avuto a gestire vari ministeri. 

La partecipazione dell’opposizione tradizionale e la presenza di osservatori internazionali durante le elezioni di cui alcuni rappresentanti dell’Unione Europea, potrebbe indicare che in alto luogo (forse anche internazionale) è stato negoziato il fatto che la coppia FLN/ RND dovrà contare soltanto sulla loro più grande disponibilità di mezzi e la migliore visibilità e copertura mediatica e non sui soliti brogli e falsificazioni. 

Questa vorrà dire che non ci saranno le pressioni e le truffe massive nelle grandi città, nei piccoli centri rurali del paese profondo continuerà, non è facile debellare una tradizione lunga 50 anni. I partiti al potere e le formazioni islamiste si aggiudicheranno la maggioranza assoluta. Gli islamisti del MSP potrebbero anche prendere la maggioranza relativa, come l’hanno sempre presa dal 1997, se non ci fossero stati pesanti brogli. Una delle probabilità è che ci si ritroverà con governo islamista che sarà condizionato però dall’alleanza con i due altri per tenere la maggioranza al parlamento. Un impasto perfetto per arrivare ad una situazione alla marocchina. Mettere gli islamisti a gestire la crisi, la disoccupazione, la corruzione, le ingiustizie sociali e l’assenza di prospettive economiche mentre il potere vero rimane in mano agli stessi. 

I comici Mustafa e Hazim del Teatro Nazionale di Orano, le star assolute delle sketch Sciorba, non avrebbero potuto scrivere una barzelletta migliore. 

 

L’ombra dell’astensione

  Ma la vera incognita di queste elezioni viene dalla partecipazione popolare. Gli Algerini “normali” in molti pensano di non andare a votare. Sui social network si moltiplicano gli appelli al boicottaggio. “Il10 maggio, tutti al mare”, recita la presentazione di un gruppo su Facebook. 

Ai microfoni di France 24 un operaio dice: “Non ho mai votato e non andrò mai a votare fin che non finisce questo film. “ Un film visto e rivisto fino alla nausea. 

Cosa succederà se i centri elettorali rimarranno vuoti e se la partecipazione reale sarà sotto i 20% come è successo nel 2002 (partecipazione ufficiale 42%), con punte in Cabilia e a Algeri di 2%? 

Ci si metterà a ripensare il sistema? Oppure come è successo in altre occasioni si imbastirà un risultato fasullo accertato dagli osservatori internazionali? 

Perché in Algeria c’è troppo petrolio e troppo gas perché la sorte di 35 milioni di persone possa veramente essere importante.

Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Buco nell’acqua

Nel seguente articolo, sotto previa richiesta dei denuncianti, verranno utilizzati dei nomi fittizi.

C.A.R.A a Salinagrande

Continua la ricerca d’informazioni per fare luce sul mistero dei 250 migranti tunisini scomparsi. Nei giorni scorsi ricevetti una telefonata da Imed Soltani portavoce della delegazione dei gentori dei dispersi a Roma che mi comunicava l’esito del riscontro delle prime 143 impronte digitali di alcuni dispersi . Sempre secondo il portavoce , il ministero dell’interno italiano ha comunicato ad Al Jaziri, segretario di stato del ministero all’immigrazione, l’esito negativo del primo riscontro : non è stata trovata alcuna informazione circa la sorte dei giovani dispersi. In Tunisia una madre disperata si è data fuoco , riporterà gravissime ustioni al collo e al torace. Nel frattempo io ed Eleanor Mortimer , impegnati nel documentario  ” the price of freedom”, ci rechiamo nel C.A.R.A di Salinagrande, gestita dalla cooperativa ” Badia Grande”,  dove intravediamo un gruppo di giovani migranti tunisini fermi di fronte la cancellata del C.A.R.A. Ci avviciniamo , i tunisini, probabilmente grazie ai miei tratti somatici , capiscono di trovarsi di fronte ad un loro connazionale, salutano e si presentano chiedendo che ci faccia un tunisino ben vestito di fronte ad un luogo come il C.A.R.A. Gli spiego la mia attività e comincio con il porgere loro alcune domande circa la loro data d’arrivo a Lampedusa, quasi tutti sono arrivati nei mesi delle ondate migratorie post-rivoluzione, gli mostro le foto di alcuni ragazzi scomparsi, sbarcati nei mesi di marzo, nessuno di loro è stato visto o riconosciuto dai tunisini di Salinagrande, un altro buco nell’acqua , che si va ad aggiungere agli altri flop nella ricerca di questi giovani misteriosamente scomparsi .  Intanto durante le riprese un ragazzo chiede di poter rilasciare  una denuncia circa la malgestione del C.A.R.A. Acettata la loro richiesta i ragazzi si trasformano in un fiume in piena, alcuni di loro dichiarano di essere  stati rimpatriati dalla Francia , nonostante il permesso temporaneo di 6 mesi, un minorenne di Zarzis sbandiera un documento della prefettura di Parigi. Altri come Bilal e Mohamed  sono ritornati spontaneamente in Italia  pur di rinnovare il loro permesso temporaneo scaduto. Ma tutti dichiarano di essere ritornati in Italia dopo aver udito la stessa identica scusa rilasciata dalle varie polizie europee ” torna in Italia che ti verrà rinnovato il permesso temporaneo”  . Ma le critiche e le accuse sono rivolte sopratutto alla cooperativa che gestisce il C.A.R.A ,” BADIA GRANDE”. Molti parlano  ad alta  voce , gesticolano nervosamente indicando più volte con l’indice il C.A.R.A distante pochi metri , accusano  la cooperativa di non saper gestire il C.A.R.A. Più volte pronunciano i nomi di due direttori della cooperativa, i nomi sembrano familiari, sono gli stessi che gestirono assieme alla cooperativa INSIEME il C.I.E.T di Kinisia. Stranamente le loro accuse contro il direttore G.M non mi sorprendono dato che l’anno scorso , in piena distribuzione viveri, il macchiavelico direttore , irritato dalla confusione creatasi nella fila di tunisini di fronte il centro di distribuzione viveri, ordinò agli operatori di sospendere la distribuzione del cibo, lasciano molti tunisini a bocca asciutta.

Interno della casa abbandonata

Denunciano le dure condizioni igieniche delle loro docce ” manca l’acqua calda” grida Bilal ” molti di noi per passare una notte dignitosa da esseri umani scavalcano la cancellata laterale e vanno a dormire in una casa abbandonata.  Durante l’intervista intravedo un auto avvicinarsi alla cancellata del C.A.R.A, è un caporale venuto a prelevare un giovane migrante tunisino, lavorerà nei campi per chissà quante ore per pochi euro. Di seguito Bilal, il giovane tunisino della cittadina del Kram mi chiede di mostrargli la casa abbandonata dove di solito passa la notte. Entriamo e subito veniamo accolti da tre letti con coperte sporche e con attorno barattoli di vetro e scatolette di tonno vuote, la casa è attorniata da spazzatura e pozzanghere.  Dopo il tour guidato della casa abbandonata ci scambiamo i numeri telefonici con la promessa di ritornare per monitorare la difficile situazione……

Non è la prima volta che degli ospiti di un centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa ” Badia Grande”  ne denunciano la cattiva gestione . Seguiranno aggiornamenti….





Ahmed Benbella: morte di una icona dimenticata

Benbella.jpgIn questi giorni è morto all’età di 96 anni Ahmed Ben Bella, il primo presidente della Repubblica Democratica e Popolare Algerina. Ben Bella, per tutta una generazione di Italiani è una icona assoluta. Simbolo della vittoria dei popoli contro il colonialismo. Invece è morto dimenticato da tutti, sia in patria che all’estero.

 

L’icona di una generazione

 

C’è tutta una generazione di over 50 italiani, di sinistra, per la quale la sola parola Algeria fa brillare gli occhi. Quanti ricordi, quanti ricordi! La vittoria del bene sul male. Il trionfo di una rivoluzione popolare sull’imperialismo. Il film di Pontecorvo, le esperienze di autogestione dell’industria e dell’agricoltura, il paese che per più di 15 anni diventa meta di tutti i rivoluzionari del mondo: Che Guevara, Fidel Castro, Ho Chi Minh, Malcolm X, le Black Panters che si ribellano in un carcere di alta sicurezza, sequestrano le guardie e chiedono un aereo per andare… a Algeri, Nelson Mandella, Il festival Panafricano dove ci sono tutti i movimenti di liberazione dell’Africa, tutte le, allora giovani, star della rinascita musicale africana, C’è il più grande tra tutti: the president, Fela Kuti, c’è un giovanissimo Manu Di Bango con il suo già potente sax…e c’è anche Miriam Makeba che canta sulla piazza principale di Algeri, Mamma Africa e Patipata… Gli occhi si inumidiscono, fissano immagini che sembrano riemergere dalla nebbia del tempo… che bello, che bello! E poi? E poi niente! L’Algeria è scomparsa. Il paese ha avuto altre gatte da pelare e il mondo pure.

 

Una domanda imbarazzante

 

Dopo queste rievocazioni, una domanda sorge quasi sempre, spontanea:

– Che fine ha fatto quello lì… l’ex presidente, Ben Bella?

– Vive in esilio da molti anni ormai. – rispondo io, cercando già di guardare altrove.

– Ma è ancora popolare in Algeria? Cosa ne pensi?

E lì… inevitabilmente mi trovo in difficoltà…

– Mah… sa, ormai sono passati molti anni. I giovani non sanno nemmeno chi è. Invece quelli della mia generazione se lo ricordano. Per noi era un nome. Un nome per chiamare qualcosa di non molto definito… Sono successe molte cose…Hum hum.

Quando avevo diciotto anni se qualcuno mi mostrava una icona e diceva: Questo è Santo questo o santo quello, e che è capace di questi o quei miracoli… avrei detto: Che me ne frega, a me. Io non credo nei santi e ancora meno nei miracoli.

Ma il tempo, i viaggi e l’esperienza mi hanno insegnato a rispettare le icone. Soprattutto quelle degli altri. Ho capito che per molti credenti le icone sono ancora più importanti della lettera stessa della fede. E che rimetterle in causa li offende profondamente… E chi sono io per andare a offendere le persone nelle loro convinzioni? O per pretendere che solo le mie siano degne di essere dette e ascoltate.? Allora ho imparato anche a spostare la discussione dal senso religioso dell’icona al valore artistico e materiale dell’oggetto.

Che bella! È pittura ad olio? È bronzo? Di che epoca è l’opera? Interessante. Ah… è un pezzo unico? Bello! Proprio bello.

E ci si ritrova a parlare di arte e di storia e ci si allontana così dal terreno scivoloso della fede, dove spesso ci vuole tempo, calma, riflessione, ascolto e approfondimento… tutte cose impossibili in una chiacchierata occasionale di poche battute.

E una altra cosa che mi ha insegnato il tempo è che persone come Ben Bella -almeno in Italia- hanno da tempo lasciato la casa dell’analisi storico politica razionale per abitare quella dell’iconografia e della simbologia mistica.

Simbolo di un sogno di giustizia, dei Davide che sconfiggono i Golia, del trionfo del bene sul male, di una emancipazione dei popoli sottomessi e della fine dell’oppressione coloniale e neocoloniale… cioè di un sogno impossibile.

 

 

Chi era Ben Bella e cosa ne pensa l’algerino medio?

 

É sempre difficile rispondere a una domanda come questa. Cosa può ben pensare un popolo così grande, così diverso, così diviso su molte cose, su una sola persona? Fosse anche un personaggio storico.

La cosa di cui sono sicuro, per aver fatto l’insegnante per 10 anni nel mio paese, è che le nuove generazioni se hanno sentito il nome, perché ufficialmente primo Presidente della Repubblica Algerina, non ne pensano assolutamente nulla. Né bene né male.

Su quelli un po’ più grandi invece è più complicato. È complicato come lo sono tutte le faccende legate alla guerra di liberazione nazionale algerina. Perché ancora 50 anni dopo non si riesce a raccontare con un minimo di distanza e di distacco. Sembra ancora tutto lì: dolori, sofferenze, lutti, alleanze, coraggio, eroismo e lealtà, paure, divisioni, vigliaccherie e tradimenti… tutto ancora vivo, anche se le donne e gli uomini che l’hanno fatta sono ormai rimasti molto pochi, almeno quelli veri.

Se, per l’Italiano medio over 50 di sinistra, la guerra di liberazione nazionale algerina vuol dire battaglia di Algeri e Ben Bella, per gli Algerini questi due elementi sono tra i più marginali di quella storia. Se chiedi ad un Algerino della mia generazione o di quelle precedenti di dire 3 nomi rappresentativi della rivoluzione, sono pronto a scommettere che in 99% dei casi Ben Bella non verrà citato. Ma sono anche sicuro che la classifica sarà molto diversa tra una persona e un’altra.

Questo è dovuto al fatto che la lotta per l’indipendenza algerina non ha mai avuto una icona unica, mai una forma gerarchica molto forte, soprattutto fin che era veramente rivoluzionaria, prima della presa di potere da parte dei militari.

 

6-9-22 leader rivoluzionari

Dopo anni di lotta politica e di partecipazioni elettorali alle quali l’amministrazione coloniale ha risposto con disprezzo, frodi, corruzione, menzogne e soprattutto violenza, tanta violenza… al ritorno dal fronte della II° guerra mondiale molti soldati del Centro e Est del paese hanno trovato le loro famiglie decimate dai massacri del 8 maggio 1945 conosciuti come i fatti di Setif, Guelma e Kherrata. Decine di miglia di civili massacrati in una settimana per aver osato manifestare e chiedere più diritti, più pane, più dignità. Già da quell’anno, i primi ribelli decisero di prendere la strada della macchia. Ma l’apparato del Partito del Popolo Algerino (PPA) che diventerà poi, dopo la messa al bando di questa prima sigla, Movimento per il Trionfo delle Libertà Democratiche(MTLD), partito indipendentista molto popolare in quelli anni, era diviso sull’opportunità o meno di intraprendere la via della lotta armata. Il suo leader, Messali Elhadj, era invecchiato e il suo carisma non bastava più a tenere unito il movimento.

Nel 1945 il PPA è più che mai squartato tra le posizioni della sua ala rivoluzionaria denominata Comitato Rivoluzionario per L’Unità e l’Azione (CRUA) e i “Centristi” raggruppati intorno al vecchio leader. La parte più attiva del CRUA da un colpo definitivo alla morte annunciata del vecchio partito e chiama tutte le forze patriottiche a raggiungere un fronte comune, il Fronte di Liberazione Nazionale, per la lotta armata. I firmatari sono 6, sei uomini di terreno, alcuni già in montagna da anni: Krim Belkacem, Mostefa Ben Boulaïd, Larbi Ben M’Hidi, Mohamed Boudiaf , Rabah Bitat e Didouche Mourad.

Dai sei, il nuovo fronte che nasce dall’appello, passa a 22 leader storici: Mohamed Boudiaf, Mustapha Benboulaïd, Larbi Ben M’hidi, Mourad Didouche, Rabah Bitat, Othmane Belouizdad, Mohamed Merzougui, Zoubir Bouadjadj, Lyes Derriche, Boudjema Souidani, Ahmed Bouchaïb, Abdelhafid Boussouf, Ramdane Benabdelmalek, Mohamed Mechati, Abdesslam Habachi, Rachid Mellah, Saïd Bouali, Youcef Zighoud, Lakhdar Bentobbal, Amar Benaouda, Mokhtar Badji, Abdelkader Lamoudi. Un anno dopo, Krim Belkacem convince un giovane intellettuale di sinistra, Abbane Ramdhane, di raggiungere il Fronte. Il giovane Abbane diventa il teorico del Fronte e facilità con il suo programma politico moderno, laico e lucido la confluenza sia dei partiti della piccola borghesia colta come l’Union démocratique du manifeste algérien (UDMA) di Ferhat Abbas e il Movimento islamico moderato dell’Unione degli Ulema Algerini dell’Imam Abdelhamid Ibn Badis sia il Partito Comunista Algerino di Bachir Hadj Ali e il potente sindacato UGTA di Aissat Idir.

Come si vede di Ben Bella anche in questa fase di confluenza di sigle e di leaders non c’è traccia. Eppure il giovane militante fa parte da tempo del movimento indipendentista. Ma non ha mai avuto ruoli di commando. Era uno dei 9 nomi in vista del CRUA, ma alla proclamazione della guerra d’indipendenza era latitante all’estero e rimase tra i 3 assenti. Perse così il primo appuntamento con il treno della storia.

 

Chi è Ben Bella?

 

Nato nel 1916 nella cittadina di Maghnia (Provincia di Orano), Ahmed Ben Bella ha avuto una vita lunga e piena. Figlio di genitori originari dall’Alto Atlante in Marocco emigrati in Algeria, come fecero molti contadini poveri, per lavorare come braccianti nelle tenute dei coloni europei nelle ricche terre dell’ovest dell’Algeria. Il padre, però, dopo un po’, migliorò sensibilmente la situazione economica della famiglia diventando commerciante. Ciò permise al giovane Ahmed di arrivare agli studi superiori, cosa rara all’epoca.

Ha combattuto nella seconda guerra mondiale con l’esercito francese, dove fu decorato per fatti d’armi e ferite riportate durante le varie battaglie alle quali prese parte tra cui quella di Monte Cassino.

Al ritorno come molti trovò l’Algeria sotto lo choc dei massacri del maggio 1945 e come molti si arruolò nel Partito del Popolo Algerino.

Presto entrò a far parte dell’ala rivoluzionaria e nel 1949, per conto del CRUA, partecipa alla rapina della posta di Orano. Pochi mesi dopo è arrestato. Evade di carcere nel 1952 e fugge in Egitto per raggiungere altri latitanti che formeranno poi la delegazione del Fronte di Liberazione all’estero.

Nel 1956 doveva recarsi dal Marocco in Tunisia su un aereo di Linea marocchino, insieme a 5 altri dirigenti del Fronte all’estero, il pilota francese dell’aereo ottempera all’ordine dell’esercito francese e atterra in terra algerina permettendo l’arresto dei leader rivoluzionari. Rimane in carcere fino al risultato del referendum per l’autodeterminazione nel 1961, perdendo per la seconda volta il treno della storia.

 

Inizio e fine di una brevissima leggenda

Nel 1962, riesce per la prima e l’ultima volta della sua lunga vita a beccare quel famoso treno della storia che è sempre partito senza di lui. Lo prende entrando trionfale insieme all’Esercito delle Frontiere, con quelli che la guerra non l’hanno mai fatta. I partigiani dell’interno non riescono a opporsi. L’Esercito delle Frontiere nato nei campi profughi di Oujda in Marocco e Saghiet Sidi Yusef in Tunisia è formato da giovani ben armati, ben vestiti, attrezzati con artiglieria e veicoli blindati e ben addestrati da consiglieri militari accorsi da tutto il blocco socialista di allora. I combattenti dell’interno erano rimasti 5 gatti sfiniti da uno dei conflitti più violenti della storia: 1 milione di morti su 8 milioni di abitanti. Il nuovo esercito è forte anche del consenso delle nazioni arabe e del blocco socialista. Ma non dispiace nemmeno troppo all’occidente.

L’unico tra i leader storici pronto a mettere la faccia per dare un minimo di legittimità a questo golpe è il meno storico dei leader storici: Mohammed Ben Bella. Gli altri, quelli veri, si ritrovano prima marginalizzati nel tentativo di assemblea costituente. Poi arrestati, mandati in esilio o addiritura assassinati…

 

In quei momenti così drammatici, sbarcavano ad Algeri i fricchettoni di mezzo mondo per festeggiare la vittoria della rivoluzione dei poveri e trovarono ad accogliergli la faccia sorridente e paffutella di Ahmed Ben Bella. Così quel sorriso nella mente di milioni di giovani del mondo fu associato alla vittoria storica del FLN.  Lui anche non si privò dall’esibirsi in pubblico per un sì e per un no. Amava tanto i bagni di folla, i lunghi discorsi, pieni di slogan e di emozione … e vuoti di contenuti, e la compagnia delle star del terzomondismo.

L’idillio del neo-presidente con i colonelli non durò a lungo e tre anni dopo la sua nomina fu rovesciato dal più potente e deciso di questi, Houari Boumedienne, finora capo dello Stato Maggiore e ministro della diffesa. Il colonello, per 14 anni, sostituì su giornali e sugli schermi delle tv del mondo il sorriso da bambinone mai cresciuto di Ben Bella con il suo ghigno e la sua grinta da lupo affamato.

Da lì, pian pianino, il vecchio rivoluzionario pantofolaio ritornò nell’anonimato dal quale, forse -non avendo lasciato né pensiero degno di essere condiviso, né particolari azioni degne di essere ricordate-, forse, non avrebbe mai dovuto uscire.

 

Riposa in pace, vecchio signore simpatico e sorridente. Comunque sia, insieme alla tua generazione di giovani degli anni 50, nonostante tutto, avete preso le vostre responsabilità in mano e avevate deciso di cambiare il destino di tutto un popolo. Riposa in pace. Che la terra ti sia lieve. 

Ahmed Benbella: morte di una icona dimenticata

Benbella.jpgIn questi giorni è morto all’età di 96 anni Ahmed Ben Bella, il primo presidente della Repubblica Democratica e Popolare Algerina. Ben Bella, per tutta una generazione di Italiani è una icona assoluta. Simbolo della vittoria dei popoli contro il colonialismo. Invece è morto dimenticato da tutti, sia in patria che all’estero.

 

L’icona di una generazione

 

C’è tutta una generazione di over 50 italiani, di sinistra, per la quale la sola parola Algeria fa brillare gli occhi. Quanti ricordi, quanti ricordi! La vittoria del bene sul male. Il trionfo di una rivoluzione popolare sull’imperialismo. Il film di Pontecorvo, le esperienze di autogestione dell’industria e dell’agricoltura, il paese che per più di 15 anni diventa meta di tutti i rivoluzionari del mondo: Che Guevara, Fidel Castro, Ho Chi Minh, Malcolm X, le Black Panters che si ribellano in un carcere di alta sicurezza, sequestrano le guardie e chiedono un aereo per andare… a Algeri, Nelson Mandella, Il festival Panafricano dove ci sono tutti i movimenti di liberazione dell’Africa, tutte le, allora giovani, star della rinascita musicale africana, C’è il più grande tra tutti: the president, Fela Kuti, c’è un giovanissimo Manu Di Bango con il suo già potente sax…e c’è anche Miriam Makeba che canta sulla piazza principale di Algeri, Mamma Africa e Patipata… Gli occhi si inumidiscono, fissano immagini che sembrano riemergere dalla nebbia del tempo… che bello, che bello! E poi? E poi niente! L’Algeria è scomparsa. Il paese ha avuto altre gatte da pelare e il mondo pure.

 

Una domanda imbarazzante

 

Dopo queste rievocazioni, una domanda sorge quasi sempre, spontanea:

– Che fine ha fatto quello lì… l’ex presidente, Ben Bella?

– Vive in esilio da molti anni ormai. – rispondo io, cercando già di guardare altrove.

– Ma è ancora popolare in Algeria? Cosa ne pensi?

E lì… inevitabilmente mi trovo in difficoltà…

– Mah… sa, ormai sono passati molti anni. I giovani non sanno nemmeno chi è. Invece quelli della mia generazione se lo ricordano. Per noi era un nome. Un nome per chiamare qualcosa di non molto definito… Sono successe molte cose…Hum hum.

Quando avevo diciotto anni se qualcuno mi mostrava una icona e diceva: Questo è Santo questo o santo quello, e che è capace di questi o quei miracoli… avrei detto: Che me ne frega, a me. Io non credo nei santi e ancora meno nei miracoli.

Ma il tempo, i viaggi e l’esperienza mi hanno insegnato a rispettare le icone. Soprattutto quelle degli altri. Ho capito che per molti credenti le icone sono ancora più importanti della lettera stessa della fede. E che rimetterle in causa li offende profondamente… E chi sono io per andare a offendere le persone nelle loro convinzioni? O per pretendere che solo le mie siano degne di essere dette e ascoltate.? Allora ho imparato anche a spostare la discussione dal senso religioso dell’icona al valore artistico e materiale dell’oggetto.

Che bella! È pittura ad olio? È bronzo? Di che epoca è l’opera? Interessante. Ah… è un pezzo unico? Bello! Proprio bello.

E ci si ritrova a parlare di arte e di storia e ci si allontana così dal terreno scivoloso della fede, dove spesso ci vuole tempo, calma, riflessione, ascolto e approfondimento… tutte cose impossibili in una chiacchierata occasionale di poche battute.

E una altra cosa che mi ha insegnato il tempo è che persone come Ben Bella -almeno in Italia- hanno da tempo lasciato la casa dell’analisi storico politica razionale per abitare quella dell’iconografia e della simbologia mistica.

Simbolo di un sogno di giustizia, dei Davide che sconfiggono i Golia, del trionfo del bene sul male, di una emancipazione dei popoli sottomessi e della fine dell’oppressione coloniale e neocoloniale… cioè di un sogno impossibile.

 

 

Chi era Ben Bella e cosa ne pensa l’algerino medio?

 

É sempre difficile rispondere a una domanda come questa. Cosa può ben pensare un popolo così grande, così diverso, così diviso su molte cose, su una sola persona? Fosse anche un personaggio storico.

La cosa di cui sono sicuro, per aver fatto l’insegnante per 10 anni nel mio paese, è che le nuove generazioni se hanno sentito il nome, perché ufficialmente primo Presidente della Repubblica Algerina, non ne pensano assolutamente nulla. Né bene né male.

Su quelli un po’ più grandi invece è più complicato. È complicato come lo sono tutte le faccende legate alla guerra di liberazione nazionale algerina. Perché ancora 50 anni dopo non si riesce a raccontare con un minimo di distanza e di distacco. Sembra ancora tutto lì: dolori, sofferenze, lutti, alleanze, coraggio, eroismo e lealtà, paure, divisioni, vigliaccherie e tradimenti… tutto ancora vivo, anche se le donne e gli uomini che l’hanno fatta sono ormai rimasti molto pochi, almeno quelli veri.

Se, per l’Italiano medio over 50 di sinistra, la guerra di liberazione nazionale algerina vuol dire battaglia di Algeri e Ben Bella, per gli Algerini questi due elementi sono tra i più marginali di quella storia. Se chiedi ad un Algerino della mia generazione o di quelle precedenti di dire 3 nomi rappresentativi della rivoluzione, sono pronto a scommettere che in 99% dei casi Ben Bella non verrà citato. Ma sono anche sicuro che la classifica sarà molto diversa tra una persona e un’altra.

Questo è dovuto al fatto che la lotta per l’indipendenza algerina non ha mai avuto una icona unica, mai una forma gerarchica molto forte, soprattutto fin che era veramente rivoluzionaria, prima della presa di potere da parte dei militari.

 

6-9-22 leader rivoluzionari

Dopo anni di lotta politica e di partecipazioni elettorali alle quali l’amministrazione coloniale ha risposto con disprezzo, frodi, corruzione, menzogne e soprattutto violenza, tanta violenza… al ritorno dal fronte della II° guerra mondiale molti soldati del Centro e Est del paese hanno trovato le loro famiglie decimate dai massacri del 8 maggio 1945 conosciuti come i fatti di Setif, Guelma e Kherrata. Decine di miglia di civili massacrati in una settimana per aver osato manifestare e chiedere più diritti, più pane, più dignità. Già da quell’anno, i primi ribelli decisero di prendere la strada della macchia. Ma l’apparato del Partito del Popolo Algerino (PPA) che diventerà poi, dopo la messa al bando di questa prima sigla, Movimento per il Trionfo delle Libertà Democratiche(MTLD), partito indipendentista molto popolare in quelli anni, era diviso sull’opportunità o meno di intraprendere la via della lotta armata. Il suo leader, Messali Elhadj, era invecchiato e il suo carisma non bastava più a tenere unito il movimento.

Nel 1945 il PPA è più che mai squartato tra le posizioni della sua ala rivoluzionaria denominata Comitato Rivoluzionario per L’Unità e l’Azione (CRUA) e i “Centristi” raggruppati intorno al vecchio leader. La parte più attiva del CRUA da un colpo definitivo alla morte annunciata del vecchio partito e chiama tutte le forze patriottiche a raggiungere un fronte comune, il Fronte di Liberazione Nazionale, per la lotta armata. I firmatari sono 6, sei uomini di terreno, alcuni già in montagna da anni: Krim Belkacem, Mostefa Ben Boulaïd, Larbi Ben M’Hidi, Mohamed Boudiaf , Rabah Bitat e Didouche Mourad.

Dai sei, il nuovo fronte che nasce dall’appello, passa a 22 leader storici: Mohamed Boudiaf, Mustapha Benboulaïd, Larbi Ben M’hidi, Mourad Didouche, Rabah Bitat, Othmane Belouizdad, Mohamed Merzougui, Zoubir Bouadjadj, Lyes Derriche, Boudjema Souidani, Ahmed Bouchaïb, Abdelhafid Boussouf, Ramdane Benabdelmalek, Mohamed Mechati, Abdesslam Habachi, Rachid Mellah, Saïd Bouali, Youcef Zighoud, Lakhdar Bentobbal, Amar Benaouda, Mokhtar Badji, Abdelkader Lamoudi. Un anno dopo, Krim Belkacem convince un giovane intellettuale di sinistra, Abbane Ramdhane, di raggiungere il Fronte. Il giovane Abbane diventa il teorico del Fronte e facilità con il suo programma politico moderno, laico e lucido la confluenza sia dei partiti della piccola borghesia colta come l’Union démocratique du manifeste algérien (UDMA) di Ferhat Abbas e il Movimento islamico moderato dell’Unione degli Ulema Algerini dell’Imam Abdelhamid Ibn Badis sia il Partito Comunista Algerino di Bachir Hadj Ali e il potente sindacato UGTA di Aissat Idir.

Come si vede di Ben Bella anche in questa fase di confluenza di sigle e di leaders non c’è traccia. Eppure il giovane militante fa parte da tempo del movimento indipendentista. Ma non ha mai avuto ruoli di commando. Era uno dei 9 nomi in vista del CRUA, ma alla proclamazione della guerra d’indipendenza era latitante all’estero e rimase tra i 3 assenti. Perse così il primo appuntamento con il treno della storia.

 

Chi è Ben Bella?

 

Nato nel 1916 nella cittadina di Maghnia (Provincia di Orano), Ahmed Ben Bella ha avuto una vita lunga e piena. Figlio di genitori originari dall’Alto Atlante in Marocco emigrati in Algeria, come fecero molti contadini poveri, per lavorare come braccianti nelle tenute dei coloni europei nelle ricche terre dell’ovest dell’Algeria. Il padre, però, dopo un po’, migliorò sensibilmente la situazione economica della famiglia diventando commerciante. Ciò permise al giovane Ahmed di arrivare agli studi superiori, cosa rara all’epoca.

Ha combattuto nella seconda guerra mondiale con l’esercito francese, dove fu decorato per fatti d’armi e ferite riportate durante le varie battaglie alle quali prese parte tra cui quella di Monte Cassino.

Al ritorno come molti trovò l’Algeria sotto lo choc dei massacri del maggio 1945 e come molti si arruolò nel Partito del Popolo Algerino.

Presto entrò a far parte dell’ala rivoluzionaria e nel 1949, per conto del CRUA, partecipa alla rapina della posta di Orano. Pochi mesi dopo è arrestato. Evade di carcere nel 1952 e fugge in Egitto per raggiungere altri latitanti che formeranno poi la delegazione del Fronte di Liberazione all’estero.

Nel 1956 doveva recarsi dal Marocco in Tunisia su un aereo di Linea marocchino, insieme a 5 altri dirigenti del Fronte all’estero, il pilota francese dell’aereo ottempera all’ordine dell’esercito francese e atterra in terra algerina permettendo l’arresto dei leader rivoluzionari. Rimane in carcere fino al risultato del referendum per l’autodeterminazione nel 1961, perdendo per la seconda volta il treno della storia.

 

Inizio e fine di una brevissima leggenda

Nel 1962, riesce per la prima e l’ultima volta della sua lunga vita a beccare quel famoso treno della storia che è sempre partito senza di lui. Lo prende entrando trionfale insieme all’Esercito delle Frontiere, con quelli che la guerra non l’hanno mai fatta. I partigiani dell’interno non riescono a opporsi. L’Esercito delle Frontiere nato nei campi profughi di Oujda in Marocco e Saghiet Sidi Yusef in Tunisia è formato da giovani ben armati, ben vestiti, attrezzati con artiglieria e veicoli blindati e ben addestrati da consiglieri militari accorsi da tutto il blocco socialista di allora. I combattenti dell’interno erano rimasti 5 gatti sfiniti da uno dei conflitti più violenti della storia: 1 milione di morti su 8 milioni di abitanti. Il nuovo esercito è forte anche del consenso delle nazioni arabe e del blocco socialista. Ma non dispiace nemmeno troppo all’occidente.

L’unico tra i leader storici pronto a mettere la faccia per dare un minimo di legittimità a questo golpe è il meno storico dei leader storici: Mohammed Ben Bella. Gli altri, quelli veri, si ritrovano prima marginalizzati nel tentativo di assemblea costituente. Poi arrestati, mandati in esilio o addiritura assassinati…

 

In quei momenti così drammatici, sbarcavano ad Algeri i fricchettoni di mezzo mondo per festeggiare la vittoria della rivoluzione dei poveri e trovarono ad accogliergli la faccia sorridente e paffutella di Ahmed Ben Bella. Così quel sorriso nella mente di milioni di giovani del mondo fu associato alla vittoria storica del FLN.  Lui anche non si privò dall’esibirsi in pubblico per un sì e per un no. Amava tanto i bagni di folla, i lunghi discorsi, pieni di slogan e di emozione … e vuoti di contenuti, e la compagnia delle star del terzomondismo.

L’idillio del neo-presidente con i colonelli non durò a lungo e tre anni dopo la sua nomina fu rovesciato dal più potente e deciso di questi, Houari Boumedienne, finora capo dello Stato Maggiore e ministro della diffesa. Il colonello, per 14 anni, sostituì su giornali e sugli schermi delle tv del mondo il sorriso da bambinone mai cresciuto di Ben Bella con il suo ghigno e la sua grinta da lupo affamato.

Da lì, pian pianino, il vecchio rivoluzionario pantofolaio ritornò nell’anonimato dal quale, forse -non avendo lasciato né pensiero degno di essere condiviso, né particolari azioni degne di essere ricordate-, forse, non avrebbe mai dovuto uscire.

 

Riposa in pace, vecchio signore simpatico e sorridente. Comunque sia, insieme alla tua generazione di giovani degli anni 50, nonostante tutto, avete preso le vostre responsabilità in mano e avevate deciso di cambiare il destino di tutto un popolo. Riposa in pace. Che la terra ti sia lieve. 

Il silenzio della vergogna

La settimana scorsa viene reso pubblico nel blog ” l’angolo del patriota” un articolo con titolo   Lei non mi rappresenta, articolo che criticava la candidata al consiglio comunale , Samira Zalteni. Dopo solo un giorno dalla pubblicazione dell’articolo, l’amministratore del blog riceve, via web e via telefono, feroci critiche dai sostenitori accorsi in difesa alla candidata Zalteni, ma soprattutto insulti telefonici da parte della sorella Minore , Refka Zalteni. Insulti che descrivevano il giovane Blogger tunisino come ”un venduto  un invidioso e diffamatore” ma sopratutto , durante l’accesa conversazione telefonica,sono partite minacce di diffamazione verso Rabih, minacciato più volte di essere dipinto davanti a tutti come un ex complice del regime dittatoriale di Ben Ali.  Il giovane blogger risponde pubblicamente ( tramite un video ) alle feroci accuse dei sostenitori della candidata, sfidandola ad un dibattito pubblico con moderatore neutrale e con spettatori gli elettori palermitani e le comunità immigrate di Palermo. 


Visto il silenzio della candidata di fronte il comportamento anti-democratico tenuto dai suoi sostenitori verso qualsiasi tipo di critica , ecco a voi alcune delle domande  destinate ad essere formulate nel dibattito tra il giovane Blogger  Rabih Bouallegue e la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni.



In seguito alla storica deposizione di Ben Ali, la città di Palermo è stata testimone di moltissimi eventi legati alla Rivoluzione tunisina e al nuovo scenario politico della Tunisia organizzate dalla nuova comunità tunisina, perche non vi ha mai partecipato?  


Durante l’emergenza dell’anno scorso , centinaia di giovani tunisini, rilasciati dai vari centri d’accoglienza di Trapani e di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, furono assistiti materialmente e psicologicamente da cittadini palermitani e stranieri. Perche non ha mai partecipato a questa magnifica manifestazione di solidarietà verso i nostri connazionali ? 


Perche ha sistematicamente ignorato la possibilità di unirsi alla nuova comunità tunisina pro rivoluzione ? 



Ci parli del suo passato nel RCD ( raggruppamento costituzionale democratico-partito fondato da Ben Ali ) e dei suoi rapporti con i noti militanti palermitani del partito sciolto? 


Perche ha preferito sottrarsi alle critiche riparandosi dietro il linguaggio volgare dei suoi sostenitori rifiutando qualsiasi tipo d’incontro pubblico? 


Perche non ha mai organizzato un incontro di discussione della sua candidatura e del suo programma elettorale con la comunità tunisina di Palermo ?  Riavvicinandosi alla sua comunità avrebbe ottenuto maggiore consenso e maggiore notorietà tra gli elettori palermitani….























Il silenzio della vergogna

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Visto il silenzio della candidata di fronte il comportamento anti-democratico tenuto dai suoi sostenitori verso qualsiasi tipo di critica , ecco a voi alcune delle domande  destinate ad essere formulate nel dibattito tra il giovane Blogger  Rabih Bouallegue e la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni.



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Ci parli del suo passato nel RCD ( raggruppamento costituzionale democratico-partito fondato da Ben Ali ) e dei suoi rapporti con i noti militanti palermitani del partito sciolto? 


Perche ha preferito sottrarsi alle critiche riparandosi dietro il linguaggio volgare dei suoi sostenitori rifiutando qualsiasi tipo d’incontro pubblico? 


Perche non ha mai organizzato un incontro di discussione della sua candidatura e del suo programma elettorale con la comunità tunisina di Palermo ?  Riavvicinandosi alla sua comunità avrebbe ottenuto maggiore consenso e maggiore notorietà tra gli elettori palermitani….























Dott. la Martire: proposte di lavori per seminario Šarī‘a, Stato e maṣlaḥa nel pensiero islamico contemporaneo

Seminario: Šarī‘a, Stato e maṣlaḥa nel pensiero islamico contemporaneo in  STORIA CONTEMPORANEA DELL’ECONOMIA DEL MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA A.a. 2011-2012 Proposte per i lavori degli studenti • Presentazione dei lavori…
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E’ nato un nuovo stato Africano? (1° puntata) Storia e attualità dell’insurrezione dei Tuareg nel Nord del Mali

tuareg.jpgMi ricordo quando ero piccolo che il Mali era indicato nei telegiornali, dell’unico canale televisivo algerino, come paese fratello. Le visite del presidente Moussa Traore, salito al potere dopo il colpo di stato del 1968 (un anno appena dopo la mia nascita) hanno accompagnato gli anni della mia infanzia, poi quelle dell’adolescenza. Nei palazzi di Algeri, il Traore era come a casa sua. Soprattutto nell’era di Chadli Benjdid (1979-1992). Oltre alle regolari visite del suo dittatore, di informazioni da quel paese non ci arrivava niente. Per noi era un paese dell’Africa Nera come gli altri. Non sapevamo nemmeno che ci fosse in Mali, Niger e Burkina Faso tutta una parte Nord abitata a maggioranza da Tuareg ma anche da arabi e mauri.

 

Da dove arriva questa ribellione?

Quando nel 1990 nel nord del Mali e del Niger inizia la grande insurrezione dei Tuareg, I mezzi d’informazione nel Nord Africa la ignorarono completamente. Io personalmente scoprì l’esistenza del conflitto soltanto arrivando a Tamanarasset nell’estremo sud dell’Algeria per passarci le vacanze invernali e trovai la tranquilla città turistica sommersa da profughi Tuareg et Peul scappati dai due paesi vicini. Da lì ho preso coscienza del dramma che colpiva questi paesi e in modo particolare i Tuareg.

Fino a quel momento, per me, come per l’occidentale medio, i tuareg erano solo una cosa esotica. Uomini coperti dalla testa ai piedi che viaggiavano sui mehari, i dromedari più veloci del deserto. Scoprì la tragedia di un popolo abituato a spostarsi liberamente su una superficie più grande dell’Europa che vive tagliato su 5 nazioni che, come quasi tutte le nazioni africane, furono inventate dal colonialismo europeo: Mali, Burkina Faso, Niger, Libia, Algeria.

I Tuareg sono uno tra le componenti della popolazione berbera del Nordafrica. In berbero si chiamano ‘Imuchagh’ e la loro lingua è il ‘Tamachek’. È un popolo di circa 6 milioni di anime sparse su un territorio per lo più desertico che, se fosse stato riconosciuto come stato, sarebbe il più grande dell’Africa. Ma nella situazione ereditata dalla gestione coloniale sono una minoranza molto piccola in tutti i 5 paesi dove si ritrovano. La divisione del loro territorio in 5 parti anche se dagli anni 50 hanno rivendicato il diritto ad una nazione autonoma è dovuta probabilmente ad una rappresaglia per il fatto che è stato l’ultimo popolo africano a deporre le armi contro il colonialismo francese. Mentre tutta l’Africa era colonizzata da un secolo, il territorio Tuareg è stato definitivamente “pacificato” soltanto negli anni 30 del secolo scorso.

Storicamente sono sempre stati autonomi. Nessun regno africano li ha mai inglobati. Hanno vissuto di commercio collegando con le loro carovane il nord dell’Africa alla parte subsahariana, trasportando sale, oro, spezie, datteri, pelli, legni preziosi, avorio… Ma periodicamente, spinti dalla siccità o da qualche faida, le loro razzie hanno terrorizzato i popoli che vivevano sia a nord che a sud del loro territorio. Guerrieri orgogliosi e temuti sia a nord che a sud del Sahara, si consideravano una casta superiore e non praticavano altro mestiere che la guerra, la pastorizia e il commercio. I lavori considerati umili erano lasciati a popoli che sono venuti a vivere sul loro territorio sia per costrizione come le tribù di tuareg neri chiamati ‘kel Aklan’ (in berbero letteralmente: clan degli schiavi) o per bisogno come le tribù arabizzate dei ‘harratin’ (in arabo: aratori o coltivatori). E da qui si può immaginare la frustrazione di un popolo così fiero quando la diabolica divisione coloniale dell’Africa lo lascia sottomesso proprio a maggioranze di Aklan e di Harratin.

 

Ma se il popolo tuareg come tutti gli altri ha i suoi razzismi e le sue colpe negli scontri che lo hanno opposto ad altre componenti del mosaico africano, non si può dire che non ha fatto sforzi per convivere in seno ad una nazione multietnica.

In realtà le varie insurrezioni (1962, 1990, 2006…) che li hanno opposti ai regimi del Mali e del Niger sono state su base di rivendicazioni sociali all’inizio: scuole, elettricità, acqua, giustizia sociale, partecipazionealla gestione… Ma hanno avuto come risposta da parte dei regimi solo repressione, campi, massacri, esecuzioni sommarie, raid dell’esercito e dei gruppi paramilitari… con spesso veri e propri crimini contro l’umanità commessi nei loro confronti nel silenzio generale della comunità internazionale. Le varie intermediazioni, dell’Algeria e della Francia in primis, hanno prodotto dei trattati di pace che poi non sono mai stati rispettati. E poco a poco il movimento è andato radicalizzandosi per arrivare a rivendicare l’autonomia dell’Azawad, la parte sud occidentale della terra dei Tamachek. É da questo lungo percorso che arriva l’insurrezione di questi mesi dei guerriglieri tamachek del MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad).

 

Ma da dove esce questa armata che ha messo a sacco le caserme dell’esercito regolare maliano?

Il MNLA è una larga alleanza tra vari movimenti politici e militari dell’Azawad. Di sicuro le componenti principali sono il Mouvement National de l’Azawad (MNA), un grouppo politico composto in maggioranza da giovani attivisti di classe media colta e ci sono i vecchi guerriglieri dell’ex-Alliance Touareg Niger Mali (ATNM), che sono stati in prima linea durante l’insurrezione del 2006 e che sconfitti nel 2009 si sono rifugiati in Libia dove Muammar Kaddafi gli ha arruolati nel suo esercito, armandoli con armi moderne e formando con loro una unità speciale per i combattimenti nel deserto. Ma i portavoce ufficiali dichiarano che “il MNLA è l’emanazione delle aspirazioni dei tuareg et di una buona parte dei Songhaï, Peul et Mauri dell’Azawad per l’autonomia”. Approfittando della caduta del regime di Tripoli i soldati tuareg hanno lasciato il suolo libico portando con loro armi e attrezzature e hanno lanciato questa nuova offensiva. Il Mali indebolito dal lungo regno di Amadou Toumani Touré, che ha dato le dimissioni ieri dopo un copo di stato, al potere apertamente o dietro le quinte da quando fece cadere la dittatura di Moussa Traore nel lontano 1991, anche lui in un colpo di stato (chi di spada ferisce…) sostituendola con un nuovo sistema salutato da tutti come una transizione democratica ma che altro non era che una oligarchia dove i militari hanno sempre fatto la pioggia e il bel tempo. 50 anni di potere militare in uno dei paesi più poveri del pianeta portano l’esercito a diventare una specie di associazione a delinquere che si occupa più dell’arricchimento personale degli ufficiali che dell’ordine o della sicurezza. Il nord del paese è da vari decenni diventato una vera e propria autostrada di tutti i traffici, armi, droga e esseri umani compresi e ciò con complicità altolocate nell’esercito maliano. É chiaro che in una situazione del genere, alla prima allerta cade tutto a pezzi. Ed è proprio quello che è successo appena i reparti dell’esercito a nord si sono scontrati non più con dilettanti armati di kalashnikov ma con vere unità militari addestrate, organizzate e dotate di armi pesanti e di mezzi di trasporto veloci.

Da lì al colpo di stato, ai disordini e saccheggi, alla fuga delle unità regolari dal nord del paese e la presa di potere del MNLA in una parte del Nord e di un altro gruppo descritto come vicino a Al Qaeda in un altra parte c’è stato solo un passo che è stato fatto in pochi giorni.

… continua

 

 

Clicc qui per leggere la 2° puntata: Scenari futuri, regionali e internazionali: Paesi limitrofi, comunità internazionale, Al Qaida, cosa implica la caduta del Nord del Mali in mano ai ribelli?

Lei non mi rappresenta….

Brevi riflessioni di un migrante tunisino residente a Palermo…



Come può una persona parlare a nome delle comunità immigrate residenti nella città di Palermo, quando non è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella propria comunità ?  Dal 15 Gennaio 2011,  data del primo e storico sit-in pro-rivoluzione  organizzato dalla ”nuova ” comunità tunisina di Palermo ( la prima di una lunga serie di fronte il consolato di Piazza Ignazio Florio ) ai diversi incontri organizzati dalla nuova comunità tunisina anti Rcd ( raggruppamento costituzionale democratico-partito del deposto Ben Ali ) alle nottate passate per assistere moralmente e materialmente i migranti tunisini di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, alle prime e delicate elezioni storiche della nuova Tunisia organizzate in Sicilia e il successivo arrivo in Italia della delegazione dei familiari dei giovani migranti tunisini scomparsi, in nessuno di questi eventi legati alla Tunisia, sua terra d’origine, la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni  era presente, lei che con grande ipocrisia dice di voler rappresentare tutte le comunità immigrate al consiglio comunale, compresa la nuova comunità tunisina , quando non ha fatto nulla per avvicinarsi ad essa, sopra tutto dopo la storica deposizione di Ben Ali, ignorando sistematicamente le nostre lotte preferendo la noncuranza al dialogo con i propri connazionali….

Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

Lei non mi rappresenta….

Brevi riflessioni di un migrante tunisino residente a Palermo…



Come può una persona parlare a nome delle comunità immigrate residenti nella città di Palermo, quando non è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella propria comunità ?  Dal 15 Gennaio 2011,  data del primo e storico sit-in pro-rivoluzione  organizzato dalla ”nuova ” comunità tunisina di Palermo ( la prima di una lunga serie di fronte il consolato di Piazza Ignazio Florio ) ai diversi incontri organizzati dalla nuova comunità tunisina anti Rcd ( raggruppamento costituzionale democratico-partito del deposto Ben Ali ) alle nottate passate per assistere moralmente e materialmente i migranti tunisini di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, alle prime e delicate elezioni storiche della nuova Tunisia organizzate in Sicilia e il successivo arrivo in Italia della delegazione dei familiari dei giovani migranti tunisini scomparsi, in nessuno di questi eventi legati alla Tunisia, sua terra d’origine, la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni  era presente, lei che con grande ipocrisia dice di voler rappresentare tutte le comunità immigrate al consiglio comunale, compresa la nuova comunità tunisina , quando non ha fatto nulla per avvicinarsi ad essa, sopra tutto dopo la storica deposizione di Ben Ali, ignorando sistematicamente le nostre lotte preferendo la noncuranza al dialogo con i propri connazionali….

Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

Lei non mi rappresenta….

Brevi riflessioni di un migrante tunisino residente a Palermo…



Come può una persona parlare a nome delle comunità immigrate residenti nella città di Palermo, quando non è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella propria comunità ?  Dal 15 Gennaio 2011,  data del primo e storico sit-in pro-rivoluzione  organizzato dalla ”nuova ” comunità tunisina di Palermo ( la prima di una lunga serie di fronte il consolato di Piazza Ignazio Florio ) ai diversi incontri organizzati dalla nuova comunità tunisina anti Rcd ( raggruppamento costituzionale democratico-partito del deposto Ben Ali ) alle nottate passate per assistere moralmente e materialmente i migranti tunisini di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, alle prime e delicate elezioni storiche della nuova Tunisia organizzate in Sicilia e il successivo arrivo in Italia della delegazione dei familiari dei giovani migranti tunisini scomparsi, in nessuno di questi eventi legati alla Tunisia, sua terra d’origine, la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni  era presente, lei che con grande ipocrisia dice di voler rappresentare tutte le comunità immigrate al consiglio comunale, compresa la nuova comunità tunisina , quando non ha fatto nulla per avvicinarsi ad essa, sopra tutto dopo la storica deposizione di Ben Ali, ignorando sistematicamente le nostre lotte preferendo la noncuranza al dialogo con i propri connazionali….

Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

Lei non mi rappresenta….

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Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

Lei non mi rappresenta….

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Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

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