Giorno: 8 aprile 2012

E’ nato un nuovo stato Africano? (1° puntata) Storia e attualità dell’insurrezione dei Tuareg nel Nord del Mali

tuareg.jpgMi ricordo quando ero piccolo che il Mali era indicato nei telegiornali, dell’unico canale televisivo algerino, come paese fratello. Le visite del presidente Moussa Traore, salito al potere dopo il colpo di stato del 1968 (un anno appena dopo la mia nascita) hanno accompagnato gli anni della mia infanzia, poi quelle dell’adolescenza. Nei palazzi di Algeri, il Traore era come a casa sua. Soprattutto nell’era di Chadli Benjdid (1979-1992). Oltre alle regolari visite del suo dittatore, di informazioni da quel paese non ci arrivava niente. Per noi era un paese dell’Africa Nera come gli altri. Non sapevamo nemmeno che ci fosse in Mali, Niger e Burkina Faso tutta una parte Nord abitata a maggioranza da Tuareg ma anche da arabi e mauri.

 

Da dove arriva questa ribellione?

Quando nel 1990 nel nord del Mali e del Niger inizia la grande insurrezione dei Tuareg, I mezzi d’informazione nel Nord Africa la ignorarono completamente. Io personalmente scoprì l’esistenza del conflitto soltanto arrivando a Tamanarasset nell’estremo sud dell’Algeria per passarci le vacanze invernali e trovai la tranquilla città turistica sommersa da profughi Tuareg et Peul scappati dai due paesi vicini. Da lì ho preso coscienza del dramma che colpiva questi paesi e in modo particolare i Tuareg.

Fino a quel momento, per me, come per l’occidentale medio, i tuareg erano solo una cosa esotica. Uomini coperti dalla testa ai piedi che viaggiavano sui mehari, i dromedari più veloci del deserto. Scoprì la tragedia di un popolo abituato a spostarsi liberamente su una superficie più grande dell’Europa che vive tagliato su 5 nazioni che, come quasi tutte le nazioni africane, furono inventate dal colonialismo europeo: Mali, Burkina Faso, Niger, Libia, Algeria.

I Tuareg sono uno tra le componenti della popolazione berbera del Nordafrica. In berbero si chiamano ‘Imuchagh’ e la loro lingua è il ‘Tamachek’. È un popolo di circa 6 milioni di anime sparse su un territorio per lo più desertico che, se fosse stato riconosciuto come stato, sarebbe il più grande dell’Africa. Ma nella situazione ereditata dalla gestione coloniale sono una minoranza molto piccola in tutti i 5 paesi dove si ritrovano. La divisione del loro territorio in 5 parti anche se dagli anni 50 hanno rivendicato il diritto ad una nazione autonoma è dovuta probabilmente ad una rappresaglia per il fatto che è stato l’ultimo popolo africano a deporre le armi contro il colonialismo francese. Mentre tutta l’Africa era colonizzata da un secolo, il territorio Tuareg è stato definitivamente “pacificato” soltanto negli anni 30 del secolo scorso.

Storicamente sono sempre stati autonomi. Nessun regno africano li ha mai inglobati. Hanno vissuto di commercio collegando con le loro carovane il nord dell’Africa alla parte subsahariana, trasportando sale, oro, spezie, datteri, pelli, legni preziosi, avorio… Ma periodicamente, spinti dalla siccità o da qualche faida, le loro razzie hanno terrorizzato i popoli che vivevano sia a nord che a sud del loro territorio. Guerrieri orgogliosi e temuti sia a nord che a sud del Sahara, si consideravano una casta superiore e non praticavano altro mestiere che la guerra, la pastorizia e il commercio. I lavori considerati umili erano lasciati a popoli che sono venuti a vivere sul loro territorio sia per costrizione come le tribù di tuareg neri chiamati ‘kel Aklan’ (in berbero letteralmente: clan degli schiavi) o per bisogno come le tribù arabizzate dei ‘harratin’ (in arabo: aratori o coltivatori). E da qui si può immaginare la frustrazione di un popolo così fiero quando la diabolica divisione coloniale dell’Africa lo lascia sottomesso proprio a maggioranze di Aklan e di Harratin.

 

Ma se il popolo tuareg come tutti gli altri ha i suoi razzismi e le sue colpe negli scontri che lo hanno opposto ad altre componenti del mosaico africano, non si può dire che non ha fatto sforzi per convivere in seno ad una nazione multietnica.

In realtà le varie insurrezioni (1962, 1990, 2006…) che li hanno opposti ai regimi del Mali e del Niger sono state su base di rivendicazioni sociali all’inizio: scuole, elettricità, acqua, giustizia sociale, partecipazionealla gestione… Ma hanno avuto come risposta da parte dei regimi solo repressione, campi, massacri, esecuzioni sommarie, raid dell’esercito e dei gruppi paramilitari… con spesso veri e propri crimini contro l’umanità commessi nei loro confronti nel silenzio generale della comunità internazionale. Le varie intermediazioni, dell’Algeria e della Francia in primis, hanno prodotto dei trattati di pace che poi non sono mai stati rispettati. E poco a poco il movimento è andato radicalizzandosi per arrivare a rivendicare l’autonomia dell’Azawad, la parte sud occidentale della terra dei Tamachek. É da questo lungo percorso che arriva l’insurrezione di questi mesi dei guerriglieri tamachek del MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad).

 

Ma da dove esce questa armata che ha messo a sacco le caserme dell’esercito regolare maliano?

Il MNLA è una larga alleanza tra vari movimenti politici e militari dell’Azawad. Di sicuro le componenti principali sono il Mouvement National de l’Azawad (MNA), un grouppo politico composto in maggioranza da giovani attivisti di classe media colta e ci sono i vecchi guerriglieri dell’ex-Alliance Touareg Niger Mali (ATNM), che sono stati in prima linea durante l’insurrezione del 2006 e che sconfitti nel 2009 si sono rifugiati in Libia dove Muammar Kaddafi gli ha arruolati nel suo esercito, armandoli con armi moderne e formando con loro una unità speciale per i combattimenti nel deserto. Ma i portavoce ufficiali dichiarano che “il MNLA è l’emanazione delle aspirazioni dei tuareg et di una buona parte dei Songhaï, Peul et Mauri dell’Azawad per l’autonomia”. Approfittando della caduta del regime di Tripoli i soldati tuareg hanno lasciato il suolo libico portando con loro armi e attrezzature e hanno lanciato questa nuova offensiva. Il Mali indebolito dal lungo regno di Amadou Toumani Touré, che ha dato le dimissioni ieri dopo un copo di stato, al potere apertamente o dietro le quinte da quando fece cadere la dittatura di Moussa Traore nel lontano 1991, anche lui in un colpo di stato (chi di spada ferisce…) sostituendola con un nuovo sistema salutato da tutti come una transizione democratica ma che altro non era che una oligarchia dove i militari hanno sempre fatto la pioggia e il bel tempo. 50 anni di potere militare in uno dei paesi più poveri del pianeta portano l’esercito a diventare una specie di associazione a delinquere che si occupa più dell’arricchimento personale degli ufficiali che dell’ordine o della sicurezza. Il nord del paese è da vari decenni diventato una vera e propria autostrada di tutti i traffici, armi, droga e esseri umani compresi e ciò con complicità altolocate nell’esercito maliano. É chiaro che in una situazione del genere, alla prima allerta cade tutto a pezzi. Ed è proprio quello che è successo appena i reparti dell’esercito a nord si sono scontrati non più con dilettanti armati di kalashnikov ma con vere unità militari addestrate, organizzate e dotate di armi pesanti e di mezzi di trasporto veloci.

Da lì al colpo di stato, ai disordini e saccheggi, alla fuga delle unità regolari dal nord del paese e la presa di potere del MNLA in una parte del Nord e di un altro gruppo descritto come vicino a Al Qaeda in un altra parte c’è stato solo un passo che è stato fatto in pochi giorni.

… continua

 

 

Clicc qui per leggere la 2° puntata: Scenari futuri, regionali e internazionali: Paesi limitrofi, comunità internazionale, Al Qaida, cosa implica la caduta del Nord del Mali in mano ai ribelli?

Lei non mi rappresenta….

Brevi riflessioni di un migrante tunisino residente a Palermo…



Come può una persona parlare a nome delle comunità immigrate residenti nella città di Palermo, quando non è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella propria comunità ?  Dal 15 Gennaio 2011,  data del primo e storico sit-in pro-rivoluzione  organizzato dalla ”nuova ” comunità tunisina di Palermo ( la prima di una lunga serie di fronte il consolato di Piazza Ignazio Florio ) ai diversi incontri organizzati dalla nuova comunità tunisina anti Rcd ( raggruppamento costituzionale democratico-partito del deposto Ben Ali ) alle nottate passate per assistere moralmente e materialmente i migranti tunisini di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, alle prime e delicate elezioni storiche della nuova Tunisia organizzate in Sicilia e il successivo arrivo in Italia della delegazione dei familiari dei giovani migranti tunisini scomparsi, in nessuno di questi eventi legati alla Tunisia, sua terra d’origine, la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni  era presente, lei che con grande ipocrisia dice di voler rappresentare tutte le comunità immigrate al consiglio comunale, compresa la nuova comunità tunisina , quando non ha fatto nulla per avvicinarsi ad essa, sopra tutto dopo la storica deposizione di Ben Ali, ignorando sistematicamente le nostre lotte preferendo la noncuranza al dialogo con i propri connazionali….

Come può pretendere di rappresentarmi quando non ha mai appoggiato nessuna delle mie lotte a favore della nostra terra e dei compatrioti più sfortunati ? 

Lei non mi rappresenta….

Brevi riflessioni di un migrante tunisino residente a Palermo…



Come può una persona parlare a nome delle comunità immigrate residenti nella città di Palermo, quando non è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella propria comunità ?  Dal 15 Gennaio 2011,  data del primo e storico sit-in pro-rivoluzione  organizzato dalla ”nuova ” comunità tunisina di Palermo ( la prima di una lunga serie di fronte il consolato di Piazza Ignazio Florio ) ai diversi incontri organizzati dalla nuova comunità tunisina anti Rcd ( raggruppamento costituzionale democratico-partito del deposto Ben Ali ) alle nottate passate per assistere moralmente e materialmente i migranti tunisini di passaggio dalla stazione centrale di Palermo, alle prime e delicate elezioni storiche della nuova Tunisia organizzate in Sicilia e il successivo arrivo in Italia della delegazione dei familiari dei giovani migranti tunisini scomparsi, in nessuno di questi eventi legati alla Tunisia, sua terra d’origine, la candidata al consiglio comunale, Samira Zalteni  era presente, lei che con grande ipocrisia dice di voler rappresentare tutte le comunità immigrate al consiglio comunale, compresa la nuova comunità tunisina , quando non ha fatto nulla per avvicinarsi ad essa, sopra tutto dopo la storica deposizione di Ben Ali, ignorando sistematicamente le nostre lotte preferendo la noncuranza al dialogo con i propri connazionali….

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