Anche se non può dirsi che nel paese vi sia in atto un conflitto armato interno che provochi una situazione di violenza indiscriminata, la…
Mese: maggio 2016
I pazzi che ci governano
Di Nasri Sayegh. As-Safir (30/05/2016). Traduzione e sintesi di Laura Cassata. Cosa faremo domani? Veniamo da guerre incessanti e andiamo verso guerre inaspettate. La speranza si ferma. L’orizzonte è un vicolo cieco. Cosa abbiamo intenzione di fare domani? Ieri Hitler, Mussolini, la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, la cenere e la fine di ogni […]
L’articolo I pazzi che ci governano sembra essere il primo su Arabpress.
Il Migration Compact proposto dal governo Renzi rilancia la collaborazione con i paesi terzi per…
Sudan is already benefitting from a $45 million regional programme to “better manage migration” in the Horn of Africa, under the European…
Ventimiglia. Rastrellamenti in chiesa come ai tempi delle SS
Alla seconda mail di un giornalista che mi chiede se ho voglia di scrivere qualche aggiornamento, ho risposto quasi incazzata.
CEREALIA, la Festa dei Cereali. Cerere e il Mediterraneo
Il festival, alla sesta edizione, è all’insegna del pluralismo culturale. Oggi anno gemellaggio con un paese diverso: dopo Egitto, Turchia, Grecia, Cipro, Croazia, quest’anno tocca al Marocco. Si svolge dal 9 al 12 giugno sul tema “da cibo dei popoli a condivisione della tavola¨.
La violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato è requisito sufficiente per la…
Scarica l’ordinanza:
si ringrazia l’Avv. Martino Benzoni per la segnalazione.
Anche se non può dirsi che nel paese vi sia in atto un conflitto armato interno che provochi una situazione di violenza indiscriminata, la…
si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione
Un ulteriore ordinanza che evidenzia come in Nigeria si sia ancora lontani dal avere uno stato di diritto.
La visita lanamnesi la storia
Ritorno al campo profughi di Ventimiglia, fra emergenze mediche e voglia di libertà
via Migrano http://ift.tt/22v5TnR
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da più di tre anni si trova […]
Daraya. Dieci cose da sapere
(The Syria Campaign. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio). Daraya, sobborgo di Damasco, si erge per i diritti degli oppressi da oltre un decennio. Da oltre tre anni si trova sotto […]
Migranti: Boldrini accordo con Turchia non sta funzionando
Migranti: Boldrini, accordo con Turchia non sta funzionando
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Migranti: arrivi 2016 a quota 47.740 4% su 2015
Migranti: arrivi 2016 a quota 47.740, +4% su 2015
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Lo Stato iraniano contro Kim Kardashian
La storia è così assurda che sembra divertente, mentre i problemi dello stato iraniano con Kim Kardashian non lo sono affatto.
Lo Stato iraniano contro Kim Kardashian
La storia è così assurda che sembra divertente, mentre i problemi dello stato iraniano con Kim Kardashian non lo sono affatto.
Lo Stato iraniano contro Kim Kardashian
La storia è così assurda che sembra divertente, mentre i problemi dello stato iraniano con Kim Kardashian non lo sono affatto.
Il Palfest che rompe l’assedio culturale
La settimana scorsa in Cisgiordania si è svolta la nona edizione del PalFest, il Festival palestinese della letteratura. Che non è il Festival della letteratura palestinese (d’altra parte la posizione degli aggettivi a qualcosa servirà, no?), ma un Festival letterario a vocazione locale e internazionale che si svolge nelle città della Palestina storica. Il Palfest … Continua a leggere Il Palfest che rompe l’assedio culturale →
Il Palfest che rompe l’assedio culturale
La settimana scorsa in Cisgiordania si è svolta la nona edizione del PalFest, il Festival palestinese della letteratura. Che non è il Festival della letteratura palestinese (d’altra parte la posizione degli aggettivi a qualcosa servirà, no?), ma un Festival letterario a vocazione locale e internazionale che si svolge nelle città della Palestina storica. Il Palfest … Continua a leggere Il Palfest che rompe l’assedio culturale →
In aereo!
Nessuna foto e nessuna lacrima. Qui, su questo blog, non si postano foto, oggi e domani. E non perché non riconosca il defatigante lavoro dei fotografi tra campi profughi e mare, tra i pochi testimoni di una tragedia semi-invisibile. E’ che le foto, oggi, qui, sono le nostre foglie di fico. E’ successo con l’immagineRead more
In aereo!
Nessuna foto e nessuna lacrima. Qui, su questo blog, non si postano foto, oggi e domani. E non perché non riconosca il defatigante lavoro dei fotografi tra campi profughi e mare, tra i pochi testimoni di una tragedia semi-invisibile. E’ che le foto, oggi, qui, sono le nostre foglie di fico. E’ successo con l’immagineRead more
In aereo!
Nessuna foto e nessuna lacrima. Qui, su questo blog, non si postano foto, oggi e domani. E non perché non riconosca il defatigante lavoro dei fotografi tra campi profughi e mare, tra i pochi testimoni di una tragedia semi-invisibile. E’ che le foto, oggi, qui, sono le nostre foglie di fico. E’ successo con l’immagineRead more
Ghana. L’uccisione dei familiari è da considerarsi la più grave forma di persecuzione
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Un rifugiato siriano vince il ricorso contro il ritorno forzato in Turchia
La decisione del servizio di asilo indipendente greco di annullare l’ordine di rimpatrio ha gettato nel caos l’accordo sulle migrazioni tra…
Kos. Di ritorno dall’isola del Diritto che non c’è
Partendo da Bodrum, l’immagine di quest’estate dei siriani accalcati lungo il porto, dietro la moschea, è solo un ricordo che sfuma sulle…
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Una approfondita documentazione sull’insicurezza del Punjab, avvalorata da fonti internazionali (PIPS, EASO, CRSS), delinea lo stato di…
Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Tunisia: la fine dell’islam politico
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Tunisia: la fine dell’islam politico
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Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Tunisia: la fine dell’islam politico
Santiago Alba Rico Con i suoi abituali ottimi criteri, la maggior parte dei media spagnoli si è fatta sfuggire la notizia internazionale più importante della settimana, proveniente tra l’altro da un paese molto vicino e decisivo per politica estera della Spagna. Mi riferisco alla celebrazione del X Congresso dell’organizzazione tunisina Ennahda (il secondo che si tiene in Tunisia dopo la […]
Mali. Il soggetto con particolare vulnerabilità sociale ha diritto al permesso per motivi umanitari.
Si rinrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Perché dobbiamo accogliere i profughi
http://ift.tt/1sBLFMv
I Paesi europei stanno accettando e integrando i migranti nelle loro società.
La strage dei migranti 700 morti in 3 naufragi
Migranti: Oim presenta studio su libici Tunisia
http://ift.tt/1NY6GuM
migrano
news e agenzie italiane
via Ansamed — ANSA.it http://ift.tt/1fkzypP
May 27, 2016 at 11:00AM
Migranti: manifestano a Tunisi madri dispersi all’estero
Ancora una volta, dopo la notizia, sempre più ai margini, delle stragi quotidiane, si cerca di…
spostare l’attenzione sulla malvagità degli scafisti e sui trafficanti che gestiscono le partenze, per nascondere le responsabilità degli…
Le Vie del Cinema da Cannes a Roma
Come ogni anno, torna anche nel 2016 l’appuntamento con la rassegna cinematografica organizzata dall’Anec Lazio, giunta ormai alla sua ventesima edizione, che rientra nell’ambito del progetto de “Il Cinema attraverso i Grandi Festival”.
Un romanzo sulle ‘persone anonime che vivono, amano, resistono e lottano ogni giorno’ per la Siria
“Sentiamo parlare pochissimo delle persone che resistono, costruiscono e ricostruiscono il paese in circostanze sempre più difficili,” dice Leila Nachawati Rego sul suo nuovo romanzo.
Un romanzo sulle ‘persone anonime che vivono, amano, resistono e lottano ogni giorno’ per la Siria
“Sentiamo parlare pochissimo delle persone che resistono, costruiscono e ricostruiscono il paese in circostanze sempre più difficili,” dice Leila Nachawati Rego sul suo nuovo romanzo.
Un romanzo sulle ‘persone anonime che vivono, amano, resistono e lottano ogni giorno’ per la Siria
“Sentiamo parlare pochissimo delle persone che resistono, costruiscono e ricostruiscono il paese in circostanze sempre più difficili,” dice Leila Nachawati Rego sul suo nuovo romanzo.
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
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Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Araba, israeliana, cristiana: arriva da Nazareth la prima Miss Trans d’Israele
Più che un concorso di bellezza, il primo del genere, è stato uno spettacolo salva-vita. E un fiume di racconti, quasi tutti tragici, molti che han rischiato di finire nell’elenco – lungo, lunghissimo – di parenti che ammazzano familiari perché – a volte, spesso – la cecità non è negli occhi ma nel cervello. Alla […]
Ventimiglia: la visita l’anamnesi la storia
Hotspot: respinti lungo la frontiera italiana
Come funziona l’approccio hotspot. Laboratorio di violazioni dei diritti, fabbrica di esclusione e clandestinità.
Teatro Stabile Torino, un omaggio a Umberto Eco
Presentata la stagione 2016/2017 del teatro nazionale. Forte attenzione alla creatività contemporanea e uno spazio rilevante ai grandi classici del repertorio. 63 gli spettacoli in cartellone tra cui “Il nome della rosa”. Novità: mille abbonamenti gratuiti rivolti ai cittadini italiani e stranieri dai 18 ai 35 anni a basso reddito. Quattro appuntamenti del ciclo “Lezioni di Storia”: sul palcoscenico i migliori storici.
La trascrizione dei caratteri arabi
I caratteri arabi: forma, trascrizioni e pronuncia. Trascrizioni alternative.
La trascrizione dei caratteri arabi
I caratteri arabi: forma, trascrizioni e pronuncia. Trascrizioni alternative.
La trascrizione dei caratteri arabi
I caratteri arabi: forma, trascrizioni e pronuncia. Trascrizioni alternative.
La trascrizione dei caratteri arabi
I caratteri arabi: forma, trascrizioni e pronuncia. Trascrizioni alternative.
India e Pakistan. Paura della bomba.
La firma del presidente Bush suggella, nel dicembre del 2006, l’accordo di cooperazione sul nucleare civile tra Stati Uniti e India. E’ un accordo che consente al governo indiano di acquistare reattori e combustibile nucleare e di adoperare know how americano in fatto di tecnologie avanzate. L’iter ha richiesto diversi mesi ma alla fine Delhi e Washington si dicono soddisfatte. E’ una capitolo centrale della politica asiatica in tema di armamento nucleare, in un continente dove l’atomica fa parte del patrimonio militare cinese e russo ma il nucleare “illegale”, ossia fuori dal Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), conta almeno quattro Paesi (India, Pakistan, Corea del Nord e Israele). Per India e Pakistan la bomba è comunque una realtà dichiarata e rivendicata in un equilibrio precario che, con l’accordo del 2006, assiste a un’accelerazione. Pechino e Islamabad hanno seguito l’iter dell’accordo con apprensione: i pachistani soprattutto. L’equilibrio del terrore, garantito dal possesso dell’atomica, è sempre stato il filo rosso sul quale si è giocata la partita tra India e Pakistan, gemelli separati nel 1947 dalla Partition dell’India britannica. E Islamabad si sente sempre un passo indietro.
Le tensioni tra i due Paesi, al di là delle guerre (1947-1965-1971) o degli “incidenti” (Kargil 1999), non sono mai mancate neppure in tempo di pace. Una pace armata. Nel 1986 ad esempio, l’Operation Brasstacks, condotta dall’India in Rajastan al confine occidentale col Pakistan, mette immediatamente Islamabad in allarme: Delhi del resto, in quelle che ha annunciato come normali “esercitazioni”, ha schierato 600mila uomini e tutto il dispositivo della marina e dell’aeronautica. Una sorta di prova generale in caso di attacco al Pakistan. A Islamabad fanno i conti. Delhi può colpire le centrali pachistane in 3 minuti, i pachistani in 8. La tensione è alle stelle. Non è la prima volta. Non sarà l’ultima. Nel 1988, sui due fronti, si assiste a una dimostrazione di forza: cinque esplosioni nucleari in India l’11 maggio seguite da altrettante in Pakistan il 28 e da una sesta il 30. Il confronto fortunatamente rientrerà, scongiurando uno scontro tra i due colossi nucleari, ma l’episodio segna indelebilmente i rapporti tra i due Paesi che, nel 2001 con l’attacco al parlamento indiano, e nel 2008, dopo gli attentati nel cuore di Bombay, tornano a farsi bollenti: la guerra, fortunatamente solo diplomatica, agita più o meno apertamente lo spauracchio del first strike nucleare. Soprattutto nel 2001 lo spettro di un conflitto con la possibilità dell’uso di testate nucleari (circa un centinaio a testa), diventerà una possibilità reale per mesi e sarà la diplomazia internazionale a raffreddare gli animi di due Paesi retti allora da governi forti (il dittatore militare Musharraf in Pakistan) e molto nazionalisti (il Bjp al governo di Delhi). Da allora la tensione si è allentata ma il processo di riconciliazione tra i due Paesi continua ad essere in alto mare mentre non rallenta la corsa agli armamenti, un pericolo che, soprattutto gli Stati Uniti, ma anche la Russia, vorrebbero scongiurare.
Il programma nucleare pachistano inizia nel 1972 quando al potere c’è Zulfikar Ali Bhutto, il padre di Benazir e l’uomo che il generale-dittatore Zia ul Haq farà impiccare. Bhutto è un civile, modernista e di idee socialiste, ma teme la supremazia militare dell’India, il vicino che è grande quattro volte più del Pakistan e il cui programma nucleare è iniziato nel 1967. Bhutto darà l’incarico di preparare la bomba a Munir Ahmad Khan, a capo della Pakistan Atomic Energy Commission dal 1972 al 1991 e che aveva già coperto un posto di rilievo nell’International Atomic Energy Agency (Aiea). Il premier pachistano la vuole entro quattro anni, impresa che però riuscirà solo ad Abdul Qadeer Khan – il padre del Progetto Kahuta e dell’atomica pachistana – nel 1984, due anni prima – non a caso – dell’operazione Brasstacks. Nell’88 Islamabad è in grado di fare i primi test. Attualmente la preoccupazione pachistana è legata all’attesa che l’India sviluppi definitivamente il suo primo sottomarino nucleare il che ha già portato il Paese dei puri a lavorare su un simile progetto. Non è un mistero che la tecnologia che riguarda il nucleare provenga in buona parte dalla Cina, la principale alleata del Pakistan nel quadrante, anche se Pechino ha sempre smentito.
Se quella della simmetria nucleare tra India e Pakistan è la prima preoccupazione (è difficile stabilire quale delle due potenze abbia la maggior capacità di offesa) è emersa negli ultimi anni una nuova questione: ossia la possibilità che in un Paese dove la minaccia terroristica è elevata, un’eventuale vittoria dei jihadisti doti l’islam radicale della bomba nell’unica nazione a maggioranza musulmana che la possieda. Ovviamente si tratta di un pericolo teorico anche se molto temuto (recentemente ribadito da un rapporto dell’Harvard Kennedy School): attualmente la catena di comando in caso di conflitto nucleare è condivisa e porta alla National Command Authority cui è a capo il primo ministro e che è formata da cinque ministri coadiuvati dal capo di Stato maggiore dell’esercito e dai quattro comandanti delle forze armate (terra, mare, cielo, corpi speciali). Durante l’epoca di Zia – un dittatore di ispirazione islamista – la preoccupazione poteva forse essere legittima anche se il generale si limitò a usare lo spauracchio nucleare contro l’India. E’ anche vero però che Al Qaeda ha studiato un possibile piano di sviluppo dell’arma nucleare e Daesh potrebbe fare altrettanto, utilizzando infiltrati nel programma nucleare o sfruttando i legami con settori deviati dei servizi. Fittizia o reale che sia l’ipotesi, gli Stati Uniti si sono mossi per cercare un accordo simile a quello siglato con l’India proprio per attenuare le tensioni tra i due Paesi asiatici e per garantire un maggior controllo internazionale sul nucleare pachistano e sulla possibilità che sia copiato da terzi. C’è dell’altro.
.
Il Pakistan è in effetti molto corteggiato, in primis dall’Arabia saudita, proprio per la sua capacità offensiva nucleare. Quando l’anno scorso il Pakistan si è rifiutato di mandare le sue forze armate nello Yemen o quando Islamabad si è dimostrata fredda all’appello di Riad nicchiando sulla sua partecipazione alla grande coalizione contro il terrorismo nata con evidenti intenzioni anti-iraniane, per i sauditi si è trattato di uno schiaffo che ha turbato le tradizionalmente solide relazioni tra i due Paesi: la presenza del Pakistan a fianco di Riad significa di fatto per i sauditi poter contare sulla capacità nucleare del Pakistan, anche solo per utilizzarla come deterrente.
Il futuro per ora non sembra promettere grandi sorprese. I rapporti con l’India restano tesi benché il premier indiano Narendra Modi, la cui politica interna non si può dire certo aperta verso la minoranza musulmana indiana, abbia visitato il Pakistan. Il test indiano dell’11 maggio di un avanzato intercettatore balistico, incidenti ripetuti lungo la frontiera (lunga oltre duemila chilometri), un recente attacco terroristico nella base indiana di Pathankot, la continua tensione nel Kashmir e la costruzione del sottomarino non promettono nulla di buono. Il Pakistan inoltre, se è colpevole di un mancato controllo (quando non di un’etero direzione) sui gruppi jihadisti attivi in India, ha fatto a Delhi sei proposte per un accordo bilaterale di non proliferazione – dall’adesione di entrambe le nazioni al Npt alla formazione di una South Asia Zero-Missile Zone – che gli indiani hanno finora sempre rigettato.
India e Pakistan. Paura della bomba.
La firma del presidente Bush suggella, nel dicembre del 2006, l’accordo di cooperazione sul nucleare civile tra Stati Uniti e India. E’ un accordo che consente al governo indiano di acquistare reattori e combustibile nucleare e di adoperare know how americano in fatto di tecnologie avanzate. L’iter ha richiesto diversi mesi ma alla fine Delhi e Washington si dicono soddisfatte. E’ una capitolo centrale della politica asiatica in tema di armamento nucleare, in un continente dove l’atomica fa parte del patrimonio militare cinese e russo ma il nucleare “illegale”, ossia fuori dal Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), conta almeno quattro Paesi (India, Pakistan, Corea del Nord e Israele). Per India e Pakistan la bomba è comunque una realtà dichiarata e rivendicata in un equilibrio precario che, con l’accordo del 2006, assiste a un’accelerazione. Pechino e Islamabad hanno seguito l’iter dell’accordo con apprensione: i pachistani soprattutto. L’equilibrio del terrore, garantito dal possesso dell’atomica, è sempre stato il filo rosso sul quale si è giocata la partita tra India e Pakistan, gemelli separati nel 1947 dalla Partition dell’India britannica. E Islamabad si sente sempre un passo indietro.
Le tensioni tra i due Paesi, al di là delle guerre (1947-1965-1971) o degli “incidenti” (Kargil 1999), non sono mai mancate neppure in tempo di pace. Una pace armata. Nel 1986 ad esempio, l’Operation Brasstacks, condotta dall’India in Rajastan al confine occidentale col Pakistan, mette immediatamente Islamabad in allarme: Delhi del resto, in quelle che ha annunciato come normali “esercitazioni”, ha schierato 600mila uomini e tutto il dispositivo della marina e dell’aeronautica. Una sorta di prova generale in caso di attacco al Pakistan. A Islamabad fanno i conti. Delhi può colpire le centrali pachistane in 3 minuti, i pachistani in 8. La tensione è alle stelle. Non è la prima volta. Non sarà l’ultima. Nel 1988, sui due fronti, si assiste a una dimostrazione di forza: cinque esplosioni nucleari in India l’11 maggio seguite da altrettante in Pakistan il 28 e da una sesta il 30. Il confronto fortunatamente rientrerà, scongiurando uno scontro tra i due colossi nucleari, ma l’episodio segna indelebilmente i rapporti tra i due Paesi che, nel 2001 con l’attacco al parlamento indiano, e nel 2008, dopo gli attentati nel cuore di Bombay, tornano a farsi bollenti: la guerra, fortunatamente solo diplomatica, agita più o meno apertamente lo spauracchio del first strike nucleare. Soprattutto nel 2001 lo spettro di un conflitto con la possibilità dell’uso di testate nucleari (circa un centinaio a testa), diventerà una possibilità reale per mesi e sarà la diplomazia internazionale a raffreddare gli animi di due Paesi retti allora da governi forti (il dittatore militare Musharraf in Pakistan) e molto nazionalisti (il Bjp al governo di Delhi). Da allora la tensione si è allentata ma il processo di riconciliazione tra i due Paesi continua ad essere in alto mare mentre non rallenta la corsa agli armamenti, un pericolo che, soprattutto gli Stati Uniti, ma anche la Russia, vorrebbero scongiurare.
Il programma nucleare pachistano inizia nel 1972 quando al potere c’è Zulfikar Ali Bhutto, il padre di Benazir e l’uomo che il generale-dittatore Zia ul Haq farà impiccare. Bhutto è un civile, modernista e di idee socialiste, ma teme la supremazia militare dell’India, il vicino che è grande quattro volte più del Pakistan e il cui programma nucleare è iniziato nel 1967. Bhutto darà l’incarico di preparare la bomba a Munir Ahmad Khan, a capo della Pakistan Atomic Energy Commission dal 1972 al 1991 e che aveva già coperto un posto di rilievo nell’International Atomic Energy Agency (Aiea). Il premier pachistano la vuole entro quattro anni, impresa che però riuscirà solo ad Abdul Qadeer Khan – il padre del Progetto Kahuta e dell’atomica pachistana – nel 1984, due anni prima – non a caso – dell’operazione Brasstacks. Nell’88 Islamabad è in grado di fare i primi test. Attualmente la preoccupazione pachistana è legata all’attesa che l’India sviluppi definitivamente il suo primo sottomarino nucleare il che ha già portato il Paese dei puri a lavorare su un simile progetto. Non è un mistero che la tecnologia che riguarda il nucleare provenga in buona parte dalla Cina, la principale alleata del Pakistan nel quadrante, anche se Pechino ha sempre smentito.
Se quella della simmetria nucleare tra India e Pakistan è la prima preoccupazione (è difficile stabilire quale delle due potenze abbia la maggior capacità di offesa) è emersa negli ultimi anni una nuova questione: ossia la possibilità che in un Paese dove la minaccia terroristica è elevata, un’eventuale vittoria dei jihadisti doti l’islam radicale della bomba nell’unica nazione a maggioranza musulmana che la possieda. Ovviamente si tratta di un pericolo teorico anche se molto temuto (recentemente ribadito da un rapporto dell’Harvard Kennedy School): attualmente la catena di comando in caso di conflitto nucleare è condivisa e porta alla National Command Authority cui è a capo il primo ministro e che è formata da cinque ministri coadiuvati dal capo di Stato maggiore dell’esercito e dai quattro comandanti delle forze armate (terra, mare, cielo, corpi speciali). Durante l’epoca di Zia – un dittatore di ispirazione islamista – la preoccupazione poteva forse essere legittima anche se il generale si limitò a usare lo spauracchio nucleare contro l’India. E’ anche vero però che Al Qaeda ha studiato un possibile piano di sviluppo dell’arma nucleare e Daesh potrebbe fare altrettanto, utilizzando infiltrati nel programma nucleare o sfruttando i legami con settori deviati dei servizi. Fittizia o reale che sia l’ipotesi, gli Stati Uniti si sono mossi per cercare un accordo simile a quello siglato con l’India proprio per attenuare le tensioni tra i due Paesi asiatici e per garantire un maggior controllo internazionale sul nucleare pachistano e sulla possibilità che sia copiato da terzi. C’è dell’altro.
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Il Pakistan è in effetti molto corteggiato, in primis dall’Arabia saudita, proprio per la sua capacità offensiva nucleare. Quando l’anno scorso il Pakistan si è rifiutato di mandare le sue forze armate nello Yemen o quando Islamabad si è dimostrata fredda all’appello di Riad nicchiando sulla sua partecipazione alla grande coalizione contro il terrorismo nata con evidenti intenzioni anti-iraniane, per i sauditi si è trattato di uno schiaffo che ha turbato le tradizionalmente solide relazioni tra i due Paesi: la presenza del Pakistan a fianco di Riad significa di fatto per i sauditi poter contare sulla capacità nucleare del Pakistan, anche solo per utilizzarla come deterrente.
Il futuro per ora non sembra promettere grandi sorprese. I rapporti con l’India restano tesi benché il premier indiano Narendra Modi, la cui politica interna non si può dire certo aperta verso la minoranza musulmana indiana, abbia visitato il Pakistan. Il test indiano dell’11 maggio di un avanzato intercettatore balistico, incidenti ripetuti lungo la frontiera (lunga oltre duemila chilometri), un recente attacco terroristico nella base indiana di Pathankot, la continua tensione nel Kashmir e la costruzione del sottomarino non promettono nulla di buono. Il Pakistan inoltre, se è colpevole di un mancato controllo (quando non di un’etero direzione) sui gruppi jihadisti attivi in India, ha fatto a Delhi sei proposte per un accordo bilaterale di non proliferazione – dall’adesione di entrambe le nazioni al Npt alla formazione di una South Asia Zero-Missile Zone – che gli indiani hanno finora sempre rigettato.
India e Pakistan. Paura della bomba.
La firma del presidente Bush suggella, nel dicembre del 2006, l’accordo di cooperazione sul nucleare civile tra Stati Uniti e India. E’ un accordo che consente al governo indiano di acquistare reattori e combustibile nucleare e di adoperare know how americano in fatto di tecnologie avanzate. L’iter ha richiesto diversi mesi ma alla fine Delhi e Washington si dicono soddisfatte. E’ una capitolo centrale della politica asiatica in tema di armamento nucleare, in un continente dove l’atomica fa parte del patrimonio militare cinese e russo ma il nucleare “illegale”, ossia fuori dal Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), conta almeno quattro Paesi (India, Pakistan, Corea del Nord e Israele). Per India e Pakistan la bomba è comunque una realtà dichiarata e rivendicata in un equilibrio precario che, con l’accordo del 2006, assiste a un’accelerazione. Pechino e Islamabad hanno seguito l’iter dell’accordo con apprensione: i pachistani soprattutto. L’equilibrio del terrore, garantito dal possesso dell’atomica, è sempre stato il filo rosso sul quale si è giocata la partita tra India e Pakistan, gemelli separati nel 1947 dalla Partition dell’India britannica. E Islamabad si sente sempre un passo indietro.
Le tensioni tra i due Paesi, al di là delle guerre (1947-1965-1971) o degli “incidenti” (Kargil 1999), non sono mai mancate neppure in tempo di pace. Una pace armata. Nel 1986 ad esempio, l’Operation Brasstacks, condotta dall’India in Rajastan al confine occidentale col Pakistan, mette immediatamente Islamabad in allarme: Delhi del resto, in quelle che ha annunciato come normali “esercitazioni”, ha schierato 600mila uomini e tutto il dispositivo della marina e dell’aeronautica. Una sorta di prova generale in caso di attacco al Pakistan. A Islamabad fanno i conti. Delhi può colpire le centrali pachistane in 3 minuti, i pachistani in 8. La tensione è alle stelle. Non è la prima volta. Non sarà l’ultima. Nel 1988, sui due fronti, si assiste a una dimostrazione di forza: cinque esplosioni nucleari in India l’11 maggio seguite da altrettante in Pakistan il 28 e da una sesta il 30. Il confronto fortunatamente rientrerà, scongiurando uno scontro tra i due colossi nucleari, ma l’episodio segna indelebilmente i rapporti tra i due Paesi che, nel 2001 con l’attacco al parlamento indiano, e nel 2008, dopo gli attentati nel cuore di Bombay, tornano a farsi bollenti: la guerra, fortunatamente solo diplomatica, agita più o meno apertamente lo spauracchio del first strike nucleare. Soprattutto nel 2001 lo spettro di un conflitto con la possibilità dell’uso di testate nucleari (circa un centinaio a testa), diventerà una possibilità reale per mesi e sarà la diplomazia internazionale a raffreddare gli animi di due Paesi retti allora da governi forti (il dittatore militare Musharraf in Pakistan) e molto nazionalisti (il Bjp al governo di Delhi). Da allora la tensione si è allentata ma il processo di riconciliazione tra i due Paesi continua ad essere in alto mare mentre non rallenta la corsa agli armamenti, un pericolo che, soprattutto gli Stati Uniti, ma anche la Russia, vorrebbero scongiurare.
Il programma nucleare pachistano inizia nel 1972 quando al potere c’è Zulfikar Ali Bhutto, il padre di Benazir e l’uomo che il generale-dittatore Zia ul Haq farà impiccare. Bhutto è un civile, modernista e di idee socialiste, ma teme la supremazia militare dell’India, il vicino che è grande quattro volte più del Pakistan e il cui programma nucleare è iniziato nel 1967. Bhutto darà l’incarico di preparare la bomba a Munir Ahmad Khan, a capo della Pakistan Atomic Energy Commission dal 1972 al 1991 e che aveva già coperto un posto di rilievo nell’International Atomic Energy Agency (Aiea). Il premier pachistano la vuole entro quattro anni, impresa che però riuscirà solo ad Abdul Qadeer Khan – il padre del Progetto Kahuta e dell’atomica pachistana – nel 1984, due anni prima – non a caso – dell’operazione Brasstacks. Nell’88 Islamabad è in grado di fare i primi test. Attualmente la preoccupazione pachistana è legata all’attesa che l’India sviluppi definitivamente il suo primo sottomarino nucleare il che ha già portato il Paese dei puri a lavorare su un simile progetto. Non è un mistero che la tecnologia che riguarda il nucleare provenga in buona parte dalla Cina, la principale alleata del Pakistan nel quadrante, anche se Pechino ha sempre smentito.
Se quella della simmetria nucleare tra India e Pakistan è la prima preoccupazione (è difficile stabilire quale delle due potenze abbia la maggior capacità di offesa) è emersa negli ultimi anni una nuova questione: ossia la possibilità che in un Paese dove la minaccia terroristica è elevata, un’eventuale vittoria dei jihadisti doti l’islam radicale della bomba nell’unica nazione a maggioranza musulmana che la possieda. Ovviamente si tratta di un pericolo teorico anche se molto temuto (recentemente ribadito da un rapporto dell’Harvard Kennedy School): attualmente la catena di comando in caso di conflitto nucleare è condivisa e porta alla National Command Authority cui è a capo il primo ministro e che è formata da cinque ministri coadiuvati dal capo di Stato maggiore dell’esercito e dai quattro comandanti delle forze armate (terra, mare, cielo, corpi speciali). Durante l’epoca di Zia – un dittatore di ispirazione islamista – la preoccupazione poteva forse essere legittima anche se il generale si limitò a usare lo spauracchio nucleare contro l’India. E’ anche vero però che Al Qaeda ha studiato un possibile piano di sviluppo dell’arma nucleare e Daesh potrebbe fare altrettanto, utilizzando infiltrati nel programma nucleare o sfruttando i legami con settori deviati dei servizi. Fittizia o reale che sia l’ipotesi, gli Stati Uniti si sono mossi per cercare un accordo simile a quello siglato con l’India proprio per attenuare le tensioni tra i due Paesi asiatici e per garantire un maggior controllo internazionale sul nucleare pachistano e sulla possibilità che sia copiato da terzi. C’è dell’altro.
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Il Pakistan è in effetti molto corteggiato, in primis dall’Arabia saudita, proprio per la sua capacità offensiva nucleare. Quando l’anno scorso il Pakistan si è rifiutato di mandare le sue forze armate nello Yemen o quando Islamabad si è dimostrata fredda all’appello di Riad nicchiando sulla sua partecipazione alla grande coalizione contro il terrorismo nata con evidenti intenzioni anti-iraniane, per i sauditi si è trattato di uno schiaffo che ha turbato le tradizionalmente solide relazioni tra i due Paesi: la presenza del Pakistan a fianco di Riad significa di fatto per i sauditi poter contare sulla capacità nucleare del Pakistan, anche solo per utilizzarla come deterrente.
Il futuro per ora non sembra promettere grandi sorprese. I rapporti con l’India restano tesi benché il premier indiano Narendra Modi, la cui politica interna non si può dire certo aperta verso la minoranza musulmana indiana, abbia visitato il Pakistan. Il test indiano dell’11 maggio di un avanzato intercettatore balistico, incidenti ripetuti lungo la frontiera (lunga oltre duemila chilometri), un recente attacco terroristico nella base indiana di Pathankot, la continua tensione nel Kashmir e la costruzione del sottomarino non promettono nulla di buono. Il Pakistan inoltre, se è colpevole di un mancato controllo (quando non di un’etero direzione) sui gruppi jihadisti attivi in India, ha fatto a Delhi sei proposte per un accordo bilaterale di non proliferazione – dall’adesione di entrambe le nazioni al Npt alla formazione di una South Asia Zero-Missile Zone – che gli indiani hanno finora sempre rigettato.
Ancora un naufragio davanti alle coste libiche, il terzo in tre giorni, una cadenza mai verificata…
27May2016
Racconti di uno sgombero: quello che ho vissuto dentro il campo di Idomeni
Il 23 maggio segnava per me esattamente un mese di vita al campo di Idomeni.
Uno squadrone della morte nella provincia italiana
Nella notte fra il 9 e il 10 maggio scorsi, a Parma, una sorta di squadrone della morte, capeggiato da due individui di mezz’età, fa irruzione nell’appartamento di un uomo sui trent’anni. I sei, a volto scoperto, sono armati di: mazza da baseball, spranga di ferro, martello, tirapugni, pinza a pappagallo, perfino un guanto in maglia d’acciaio. Non v’è dubbio: intendono dare una lezione assai dura alla loro vittima. Il caso sottovalutato dai media e nessuna protesta.
Uno squadrone della morte nella provincia italiana
Nella notte fra il 9 e il 10 maggio scorsi, a Parma, una sorta di squadrone della morte, capeggiato da due individui di mezz’età, fa irruzione nell’appartamento di un uomo sui trent’anni. I sei, a volto scoperto, sono armati di: mazza da baseball, spranga di ferro, martello, tirapugni, pinza a pappagallo, perfino un guanto in maglia d’acciaio. Non v’è dubbio: intendono dare una lezione assai dura alla loro vittima. Il caso sottovalutato dai media e nessuna protesta.
Lo spettro di Idomeni
Il campo informale di Idomeni ha rappresentato, fino all’ultimo istante, uno scandalo e una sfida.
The Treaty of Shame Between Italy and Libya
http://ift.tt/1TYbg8Z ¶
Last week, Reuters reported that the Italian Foreign Minister and his Libyan counterpart from the new national…
Fast Motel: la delegazione della Campagna LasciateCIEntrare visita il CAS di Matera
“Una vera e propria cattedrale nel deserto, dove è impossibile una qualsiasi forma di inclusione sociale“: è il Cas sito sito in Borgo La…
Tunisia amare non è un crimine
In Tunisia le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuate (lgbti) in rischiano di essere arrestate o perseguite sulla…
I nemici del regime in Egitto
Di Alaa Bayoumi. Al-Araby al-Jadeed (25/05/2016). Traduzione e sintesi di Laura Cassata. Sei mesi fa, il giovane ricercatore egiziano Ismail Iskandarani riempiva il web con le sue opinioni a favore della rivoluzione e del cambiamento nel suo paese. Le critiche colpivano molte forze politiche, in particolare l’esercito e i Fratelli Musulmani. I primi 30 anni […]
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India e Pakistan. Paura della bomba.
La firma del presidente Bush suggella, nel dicembre del 2006, l’accordo di cooperazione sul nucleare civile tra Stati Uniti e India. E’ un accordo che consente al governo indiano di acquistare reattori e combustibile nucleare e di adoperare know how americano in fatto di tecnologie avanzate. L’iter ha richiesto diversi mesi ma alla fine Delhi e Washington si dicono soddisfatte. E’ una capitolo centrale della politica asiatica in tema di armamento nucleare, in un continente dove l’atomica fa parte del patrimonio militare cinese e russo ma il nucleare “illegale”, ossia fuori dal Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), conta almeno quattro Paesi (India, Pakistan, Corea del Nord e Israele). Per India e Pakistan la bomba è comunque una realtà dichiarata e rivendicata in un equilibrio precario che, con l’accordo del 2006, assiste a un’accelerazione. Pechino e Islamabad hanno seguito l’iter dell’accordo con apprensione: i pachistani soprattutto. L’equilibrio del terrore, garantito dal possesso dell’atomica, è sempre stato il filo rosso sul quale si è giocata la partita tra India e Pakistan, gemelli separati nel 1947 dalla Partition dell’India britannica. E Islamabad si sente sempre un passo indietro.
Le tensioni tra i due Paesi, al di là delle guerre (1947-1965-1971) o degli “incidenti” (Kargil 1999), non sono mai mancate neppure in tempo di pace. Una pace armata. Nel 1986 ad esempio, l’Operation Brasstacks, condotta dall’India in Rajastan al confine occidentale col Pakistan, mette immediatamente Islamabad in allarme: Delhi del resto, in quelle che ha annunciato come normali “esercitazioni”, ha schierato 600mila uomini e tutto il dispositivo della marina e dell’aeronautica. Una sorta di prova generale in caso di attacco al Pakistan. A Islamabad fanno i conti. Delhi può colpire le centrali pachistane in 3 minuti, i pachistani in 8. La tensione è alle stelle. Non è la prima volta. Non sarà l’ultima. Nel 1988, sui due fronti, si assiste a una dimostrazione di forza: cinque esplosioni nucleari in India l’11 maggio seguite da altrettante in Pakistan il 28 e da una sesta il 30. Il confronto fortunatamente rientrerà, scongiurando uno scontro tra i due colossi nucleari, ma l’episodio segna indelebilmente i rapporti tra i due Paesi che, nel 2001 con l’attacco al parlamento indiano, e nel 2008, dopo gli attentati nel cuore di Bombay, tornano a farsi bollenti: la guerra, fortunatamente solo diplomatica, agita più o meno apertamente lo spauracchio del first strike nucleare. Soprattutto nel 2001 lo spettro di un conflitto con la possibilità dell’uso di testate nucleari (circa un centinaio a testa), diventerà una possibilità reale per mesi e sarà la diplomazia internazionale a raffreddare gli animi di due Paesi retti allora da governi forti (il dittatore militare Musharraf in Pakistan) e molto nazionalisti (il Bjp al governo di Delhi). Da allora la tensione si è allentata ma il processo di riconciliazione tra i due Paesi continua ad essere in alto mare mentre non rallenta la corsa agli armamenti, un pericolo che, soprattutto gli Stati Uniti, ma anche la Russia, vorrebbero scongiurare.
Il programma nucleare pachistano inizia nel 1972 quando al potere c’è Zulfikar Ali Bhutto, il padre di Benazir e l’uomo che il generale-dittatore Zia ul Haq farà impiccare. Bhutto è un civile, modernista e di idee socialiste, ma teme la supremazia militare dell’India, il vicino che è grande quattro volte più del Pakistan e il cui programma nucleare è iniziato nel 1967. Bhutto darà l’incarico di preparare la bomba a Munir Ahmad Khan, a capo della Pakistan Atomic Energy Commission dal 1972 al 1991 e che aveva già coperto un posto di rilievo nell’International Atomic Energy Agency (Aiea). Il premier pachistano la vuole entro quattro anni, impresa che però riuscirà solo ad Abdul Qadeer Khan – il padre del Progetto Kahuta e dell’atomica pachistana – nel 1984, due anni prima – non a caso – dell’operazione Brasstacks. Nell’88 Islamabad è in grado di fare i primi test. Attualmente la preoccupazione pachistana è legata all’attesa che l’India sviluppi definitivamente il suo primo sottomarino nucleare il che ha già portato il Paese dei puri a lavorare su un simile progetto. Non è un mistero che la tecnologia che riguarda il nucleare provenga in buona parte dalla Cina, la principale alleata del Pakistan nel quadrante, anche se Pechino ha sempre smentito.
Se quella della simmetria nucleare tra India e Pakistan è la prima preoccupazione (è difficile stabilire quale delle due potenze abbia la maggior capacità di offesa) è emersa negli ultimi anni una nuova questione: ossia la possibilità che in un Paese dove la minaccia terroristica è elevata, un’eventuale vittoria dei jihadisti doti l’islam radicale della bomba nell’unica nazione a maggioranza musulmana che la possieda. Ovviamente si tratta di un pericolo teorico anche se molto temuto (recentemente ribadito da un rapporto dell’Harvard Kennedy School): attualmente la catena di comando in caso di conflitto nucleare è condivisa e porta alla National Command Authority cui è a capo il primo ministro e che è formata da cinque ministri coadiuvati dal capo di Stato maggiore dell’esercito e dai quattro comandanti delle forze armate (terra, mare, cielo, corpi speciali). Durante l’epoca di Zia – un dittatore di ispirazione islamista – la preoccupazione poteva forse essere legittima anche se il generale si limitò a usare lo spauracchio nucleare contro l’India. E’ anche vero però che Al Qaeda ha studiato un possibile piano di sviluppo dell’arma nucleare e Daesh potrebbe fare altrettanto, utilizzando infiltrati nel programma nucleare o sfruttando i legami con settori deviati dei servizi. Fittizia o reale che sia l’ipotesi, gli Stati Uniti si sono mossi per cercare un accordo simile a quello siglato con l’India proprio per attenuare le tensioni tra i due Paesi asiatici e per garantire un maggior controllo internazionale sul nucleare pachistano e sulla possibilità che sia copiato da terzi. C’è dell’altro.
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Il Pakistan è in effetti molto corteggiato, in primis dall’Arabia saudita, proprio per la sua capacità offensiva nucleare. Quando l’anno scorso il Pakistan si è rifiutato di mandare le sue forze armate nello Yemen o quando Islamabad si è dimostrata fredda all’appello di Riad nicchiando sulla sua partecipazione alla grande coalizione contro il terrorismo nata con evidenti intenzioni anti-iraniane, per i sauditi si è trattato di uno schiaffo che ha turbato le tradizionalmente solide relazioni tra i due Paesi: la presenza del Pakistan a fianco di Riad significa di fatto per i sauditi poter contare sulla capacità nucleare del Pakistan, anche solo per utilizzarla come deterrente.
Il futuro per ora non sembra promettere grandi sorprese. I rapporti con l’India restano tesi benché il premier indiano Narendra Modi, la cui politica interna non si può dire certo aperta verso la minoranza musulmana indiana, abbia visitato il Pakistan. Il test indiano dell’11 maggio di un avanzato intercettatore balistico, incidenti ripetuti lungo la frontiera (lunga oltre duemila chilometri), un recente attacco terroristico nella base indiana di Pathankot, la continua tensione nel Kashmir e la costruzione del sottomarino non promettono nulla di buono. Il Pakistan inoltre, se è colpevole di un mancato controllo (quando non di un’etero direzione) sui gruppi jihadisti attivi in India, ha fatto a Delhi sei proposte per un accordo bilaterale di non proliferazione – dall’adesione di entrambe le nazioni al Npt alla formazione di una South Asia Zero-Missile Zone – che gli indiani hanno finora sempre rigettato.
In soli due giorni stragi che potrebbero avere un bilancio molto più grave di quello finora…
divulgato dai giornali, se è vero come avviene sempre che i migranti vengono stivati nella stiva e nel vano motore dei barconi.
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Queste due sentenze all’apparenza simili a tante altre, sono invece fondamentali a dimostrare come anche nel caso della mancanza di…
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Uljana Gazidede.
Pubblichiamo un provvedimento autorizzatorio del Tribunale per i minorenni di Bari che riguarda il caso di un nonno che rivolgeva la sua…
Si ringrazia l’Avv. Angelo Galante per la segnalazione
Recente ordinanza del Tribunale di Palermo che ha concesso la protezione sussidiaria ad un cittadino gambiano per ragioni politiche…
Si ringrazia l’Avv. Fabrizio Ippolito D’Avino per la segnalazione.
Pubblichiamo l’ordinanza del Tribunale di Venezia, ampiamente argomentata, concernente un cittadino della Guinea al quale sono stati negati…
A Idomeni una crisi umanitaria è affrontata con le ruspe
Rispondere alle crisi umanitarie con polizia, ruspe, manganelli e gas lacrimogeni sembra essere diventata la norma in Europa.
In Turchia la crisi ha il nome di Erdogan
Di Jihad al Khazen. Al Hayat (24/05/2016). Traduzione e sintesi di Laura Formigari. Quando Recep Tayyip Erdogan è diventato prima leader del Partito per la giustizia e lo sviluppo e, successivamente, primo ministro nel 2003, molti arabi hanno accolto benevolmente la sua venuta, temendo tuttavia che potesse capitargli la stessa sorte del primo ministro islamico, […]
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A tutela dei minori il Permesso di Soggiorno va riconosciuto all’intera famiglia.
Si ringrazia l’Avv. Laura Mazza per la segnalazione ed il commentot ¶
Un interessante decreto emesso dal Tribunale per i Minorenni di…
Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
I recently had the great chance of reading Geert Lovink’s latest book “Social Media Abyss” (just out for Polity Press) and his essay “On the social media ideology” which is part of an ongoing research. Both are pushing me to think more about what we are really talking about when we talk about social media..what […]
Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
I recently had the great chance of reading Geert Lovink’s latest book “Social Media Abyss” (just out for Polity Press) and his essay “On the social media ideology” which is part of an ongoing research. Both are pushing me to think more about what we are really talking about when we talk about social media..what […]
Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
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Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
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Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
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Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
I recently had the great chance of reading Geert Lovink’s latest book “Social Media Abyss” (just out for Polity Press) and his essay “On the social media ideology” which is part of an ongoing research. Both are pushing me to think more about what we are really talking about when we talk about social media..what […]
Loose thoughts on social media theory, Syria, and digital naked lunches
I recently had the great chance of reading Geert Lovink’s latest book “Social Media Abyss” (just out for Polity Press) and his essay “On the social media ideology” which is part of an ongoing research. Both are pushing me to think more about what we are really talking about when we talk about social media..what […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
Syria Off Frame opens in NYC
“Syria Off Frame”, the exhibition I curated last year within the Imago Mundi Project that features 141 Syrian artists, just opened last monday at the Pratt Institute in Brooklyn, NYC. Meanwhile, we launched the catalogue of the exhibition in three languages (Italian-English-Arabic). For those who are interested, you can find it here. These are […]
La Germania propone un commissario Ue per i rifugiati con un budget di 10 miliardi di euro
http://ift.tt/1TBgqYM ¶
Il ministro tedesco dello Sviluppo ha dichiarato che l’Unione Europea dovrebbe nominare un singolo commissario…
Alla testa della guerriglia in turbante
Haibatullah: religioso ex barccio destro di Mansur |
I Talebani hanno un nuovo leader: il mawlawi Haibatullah Akhundzada. È stato eletto ieri, probabilmente a Quetta, in Pakistan, dalla Rabhari shura, il massimo organo di indirizzo politico degli studenti coranici. La sua nomina avviene a pochi giorni dalla morte del predecessore, mullah Mohammad Akhtar Mansur, ucciso da un drone americano mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. Come vice di Haibatullah Akhundzada è stato nominato mullah Yacub, figlio dello storico leader mullah Omar e già a capo di una delle Commissioni talebane sotto la leadership di Mansur, che Yacub aveva poi finito per sostenere dopo averne contestato la nomina, nel luglio 2015; al suo fianco, ieri i barbuti hanno confermato Sirajuddin Haqqani, figlio del fondatore dell’omonimo network di islamisti, attivo dagli anni Ottanta e, oggi, tra i più pericolosi gruppi armati che operano tra Afghanistan e Pakistan, con ramificazioni economiche che arrivano nei Paesi del Golfo.
Nella scia di mullah Omar |
Le notizie su Haibatullah Akhundzada sono frammentarie, ma sufficienti a capire le ragioni della scelta: sembra che abbia 47 anni, è nato nell’area di Sperwan, distretto di Panjwayi, nella provincia meridionale afghana di Kandahar, storica roccaforte dei Talebani. Membro della potente tribù pashtun dei Noorzai, qualcuno dice che abbia combattuto i sovietici nelle file dell’Hezb-e-Islami Khalis, altri che abbia invece vissuto in Pakistan tra il 1979 e il 1989, negli anni dell’occupazione. Quel che è certo è che vanta credenziali religiose, più che militari. È infatti uno sheikh ul-hadith, un religioso autorevole, specialista nell’esegesi dei detti del profeta Maometto. Secondo Thomas Ruttig, co-direttore dell’Afghanistan Analysts Network di Kabul, Akhundzada avrebbe goduto dell’incondizionata fiducia del mullah Omar, che lo consultava per dirimere le questioni più delicate. Ha ricoperto incarichi rilevanti nel settore della Giustizia al tempo dell’Emirato islamico d’Afghanistan, e negli anni successivi ha usato la propria autorevolezza religiosa per fare propaganda, reclutare giovani guerriglieri e mediare i conflitti interni al movimento, come quelli, recenti, tra gli uomini del leader mullah Mansur e di mullah Rasul, uno degli “scissionisti” (poi arrestato dai pachistani) che contestava la nomina di Mansur.
Con la nomina di Akhundzada, uomo della vecchia guardia, conosciuto e rispettato, simbolo della matrice “kandaharì” da cui è nato il movimento negli anni Novanta, i Talebani puntano alla continuità, a una figura di “compromesso” e di mediazione. Un uomo che, con la sua autorevolezza religiosa, possa fare da collante tra le varie anime politiche, in una delicata fase di transizione iniziata nel luglio 2015, con l’annuncio della morte di mullah Omar.
La morte di Mansur sembra allontanare la pace ancora di più |
Cosa accadrà adesso è la grande domanda che si mischia a un’altra: cosa rappresentava davvero Mansur e cosa e chi rappresenta adesso Haibatullah? Se del primo si è detto tutto e il contrario di tutto (che era l’uomo del Pakistan e che invece addirittura a ucciderlo sarebbero state proprio le indicazioni dei pachistani che non lo consideravano più il loro cavallo) sul secondo circolano ipotesi altrettanto diverse. La caratura religiosa e l’origine kandahari fanno propendere per una scelta che, nella continuità, dovrà tendere a riunire un movimento da sempre disomogeneo che da anni vive ormai di faide e secessioni e ora anche della concorrenza di Daesh. L’uomo non è però noto per il suo carisma e la sua tribù, per quanto potente, lo è meno di altre e resta comunque un elemento soprattutto locale. Non si sa cosa Haibatullah pensi del processo negoziale né molto si sa dei suoi rapporti col Pakistan ma quel che è certo è che ora, ancora più di Mansur, dovrà dimostrare di essere “il capo”, il nuovo emiro dei credenti. Per farsi accettare e far accettare i suoi ordini dovrà quindi soprattutto, com’è nella logica della guerriglia, puntare sulla vittoria militare anche per dimostrare che il raid che ha ucciso Mansur va vendicato. Si dovrà dunque appoggiare agli Haqqani, la rete jihadista che è stata molto vicina ad Al Qaeda, ai servizi segreti deviati di Islamabad e ai sauditi con cui gli Haqqani hanno un rapporto antico e molto saldo. Se dunque la nomina di Yacub a vice mira a dimostrare che lo spirito di mullah Omar è al fianco di Haibatullah anche materialmente, ecco che la figura di Siraj acquista un rilievo particolare sul piano militare.
Dobbiamo dunque aspettarci una nuova offensiva talebana e per altro in un audio messaggio diffuso dal nuovo leader ai comandanti, il negoziato viene rifiutato e si inneggia invece alla lotta armata. L’offensiva dunque cui sarà anche se il capo di stato maggiore afgano, generale Qadam Shah Shahim, ha bollato di fallimento la campagna “Omari”, la cosiddetta campagna di primavera dei Talebani. Ma è un fallimento tutto da dimostrare mentre l’ennesimo attentato contro un pulmino di funzionari del ministero di Giustizia uccideva ieri dieci persone.
A quattro mani con Giuliano Battiston per il manifesto
Alla testa della guerriglia in turbante
Haibatullah: religioso ex barccio destro di Mansur |
I Talebani hanno un nuovo leader: il mawlawi Haibatullah Akhundzada. È stato eletto ieri, probabilmente a Quetta, in Pakistan, dalla Rabhari shura, il massimo organo di indirizzo politico degli studenti coranici. La sua nomina avviene a pochi giorni dalla morte del predecessore, mullah Mohammad Akhtar Mansur, ucciso da un drone americano mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. Come vice di Haibatullah Akhundzada è stato nominato mullah Yacub, figlio dello storico leader mullah Omar e già a capo di una delle Commissioni talebane sotto la leadership di Mansur, che Yacub aveva poi finito per sostenere dopo averne contestato la nomina, nel luglio 2015; al suo fianco, ieri i barbuti hanno confermato Sirajuddin Haqqani, figlio del fondatore dell’omonimo network di islamisti, attivo dagli anni Ottanta e, oggi, tra i più pericolosi gruppi armati che operano tra Afghanistan e Pakistan, con ramificazioni economiche che arrivano nei Paesi del Golfo.
Nella scia di mullah Omar |
Le notizie su Haibatullah Akhundzada sono frammentarie, ma sufficienti a capire le ragioni della scelta: sembra che abbia 47 anni, è nato nell’area di Sperwan, distretto di Panjwayi, nella provincia meridionale afghana di Kandahar, storica roccaforte dei Talebani. Membro della potente tribù pashtun dei Noorzai, qualcuno dice che abbia combattuto i sovietici nelle file dell’Hezb-e-Islami Khalis, altri che abbia invece vissuto in Pakistan tra il 1979 e il 1989, negli anni dell’occupazione. Quel che è certo è che vanta credenziali religiose, più che militari. È infatti uno sheikh ul-hadith, un religioso autorevole, specialista nell’esegesi dei detti del profeta Maometto. Secondo Thomas Ruttig, co-direttore dell’Afghanistan Analysts Network di Kabul, Akhundzada avrebbe goduto dell’incondizionata fiducia del mullah Omar, che lo consultava per dirimere le questioni più delicate. Ha ricoperto incarichi rilevanti nel settore della Giustizia al tempo dell’Emirato islamico d’Afghanistan, e negli anni successivi ha usato la propria autorevolezza religiosa per fare propaganda, reclutare giovani guerriglieri e mediare i conflitti interni al movimento, come quelli, recenti, tra gli uomini del leader mullah Mansur e di mullah Rasul, uno degli “scissionisti” (poi arrestato dai pachistani) che contestava la nomina di Mansur.
Con la nomina di Akhundzada, uomo della vecchia guardia, conosciuto e rispettato, simbolo della matrice “kandaharì” da cui è nato il movimento negli anni Novanta, i Talebani puntano alla continuità, a una figura di “compromesso” e di mediazione. Un uomo che, con la sua autorevolezza religiosa, possa fare da collante tra le varie anime politiche, in una delicata fase di transizione iniziata nel luglio 2015, con l’annuncio della morte di mullah Omar.
La morte di Mansur sembra allontanare la pace ancora di più |
Cosa accadrà adesso è la grande domanda che si mischia a un’altra: cosa rappresentava davvero Mansur e cosa e chi rappresenta adesso Haibatullah? Se del primo si è detto tutto e il contrario di tutto (che era l’uomo del Pakistan e che invece addirittura a ucciderlo sarebbero state proprio le indicazioni dei pachistani che non lo consideravano più il loro cavallo) sul secondo circolano ipotesi altrettanto diverse. La caratura religiosa e l’origine kandahari fanno propendere per una scelta che, nella continuità, dovrà tendere a riunire un movimento da sempre disomogeneo che da anni vive ormai di faide e secessioni e ora anche della concorrenza di Daesh. L’uomo non è però noto per il suo carisma e la sua tribù, per quanto potente, lo è meno di altre e resta comunque un elemento soprattutto locale. Non si sa cosa Haibatullah pensi del processo negoziale né molto si sa dei suoi rapporti col Pakistan ma quel che è certo è che ora, ancora più di Mansur, dovrà dimostrare di essere “il capo”, il nuovo emiro dei credenti. Per farsi accettare e far accettare i suoi ordini dovrà quindi soprattutto, com’è nella logica della guerriglia, puntare sulla vittoria militare anche per dimostrare che il raid che ha ucciso Mansur va vendicato. Si dovrà dunque appoggiare agli Haqqani, la rete jihadista che è stata molto vicina ad Al Qaeda, ai servizi segreti deviati di Islamabad e ai sauditi con cui gli Haqqani hanno un rapporto antico e molto saldo. Se dunque la nomina di Yacub a vice mira a dimostrare che lo spirito di mullah Omar è al fianco di Haibatullah anche materialmente, ecco che la figura di Siraj acquista un rilievo particolare sul piano militare.
Dobbiamo dunque aspettarci una nuova offensiva talebana e per altro in un audio messaggio diffuso dal nuovo leader ai comandanti, il negoziato viene rifiutato e si inneggia invece alla lotta armata. L’offensiva dunque cui sarà anche se il capo di stato maggiore afgano, generale Qadam Shah Shahim, ha bollato di fallimento la campagna “Omari”, la cosiddetta campagna di primavera dei Talebani. Ma è un fallimento tutto da dimostrare mentre l’ennesimo attentato contro un pulmino di funzionari del ministero di Giustizia uccideva ieri dieci persone.
A quattro mani con Giuliano Battiston per il manifesto
Alla testa della guerriglia in turbante
Haibatullah: religioso ex barccio destro di Mansur |
I Talebani hanno un nuovo leader: il mawlawi Haibatullah Akhundzada. È stato eletto ieri, probabilmente a Quetta, in Pakistan, dalla Rabhari shura, il massimo organo di indirizzo politico degli studenti coranici. La sua nomina avviene a pochi giorni dalla morte del predecessore, mullah Mohammad Akhtar Mansur, ucciso da un drone americano mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. Come vice di Haibatullah Akhundzada è stato nominato mullah Yacub, figlio dello storico leader mullah Omar e già a capo di una delle Commissioni talebane sotto la leadership di Mansur, che Yacub aveva poi finito per sostenere dopo averne contestato la nomina, nel luglio 2015; al suo fianco, ieri i barbuti hanno confermato Sirajuddin Haqqani, figlio del fondatore dell’omonimo network di islamisti, attivo dagli anni Ottanta e, oggi, tra i più pericolosi gruppi armati che operano tra Afghanistan e Pakistan, con ramificazioni economiche che arrivano nei Paesi del Golfo.
Nella scia di mullah Omar |
Le notizie su Haibatullah Akhundzada sono frammentarie, ma sufficienti a capire le ragioni della scelta: sembra che abbia 47 anni, è nato nell’area di Sperwan, distretto di Panjwayi, nella provincia meridionale afghana di Kandahar, storica roccaforte dei Talebani. Membro della potente tribù pashtun dei Noorzai, qualcuno dice che abbia combattuto i sovietici nelle file dell’Hezb-e-Islami Khalis, altri che abbia invece vissuto in Pakistan tra il 1979 e il 1989, negli anni dell’occupazione. Quel che è certo è che vanta credenziali religiose, più che militari. È infatti uno sheikh ul-hadith, un religioso autorevole, specialista nell’esegesi dei detti del profeta Maometto. Secondo Thomas Ruttig, co-direttore dell’Afghanistan Analysts Network di Kabul, Akhundzada avrebbe goduto dell’incondizionata fiducia del mullah Omar, che lo consultava per dirimere le questioni più delicate. Ha ricoperto incarichi rilevanti nel settore della Giustizia al tempo dell’Emirato islamico d’Afghanistan, e negli anni successivi ha usato la propria autorevolezza religiosa per fare propaganda, reclutare giovani guerriglieri e mediare i conflitti interni al movimento, come quelli, recenti, tra gli uomini del leader mullah Mansur e di mullah Rasul, uno degli “scissionisti” (poi arrestato dai pachistani) che contestava la nomina di Mansur.
Con la nomina di Akhundzada, uomo della vecchia guardia, conosciuto e rispettato, simbolo della matrice “kandaharì” da cui è nato il movimento negli anni Novanta, i Talebani puntano alla continuità, a una figura di “compromesso” e di mediazione. Un uomo che, con la sua autorevolezza religiosa, possa fare da collante tra le varie anime politiche, in una delicata fase di transizione iniziata nel luglio 2015, con l’annuncio della morte di mullah Omar.
La morte di Mansur sembra allontanare la pace ancora di più |
Cosa accadrà adesso è la grande domanda che si mischia a un’altra: cosa rappresentava davvero Mansur e cosa e chi rappresenta adesso Haibatullah? Se del primo si è detto tutto e il contrario di tutto (che era l’uomo del Pakistan e che invece addirittura a ucciderlo sarebbero state proprio le indicazioni dei pachistani che non lo consideravano più il loro cavallo) sul secondo circolano ipotesi altrettanto diverse. La caratura religiosa e l’origine kandahari fanno propendere per una scelta che, nella continuità, dovrà tendere a riunire un movimento da sempre disomogeneo che da anni vive ormai di faide e secessioni e ora anche della concorrenza di Daesh. L’uomo non è però noto per il suo carisma e la sua tribù, per quanto potente, lo è meno di altre e resta comunque un elemento soprattutto locale. Non si sa cosa Haibatullah pensi del processo negoziale né molto si sa dei suoi rapporti col Pakistan ma quel che è certo è che ora, ancora più di Mansur, dovrà dimostrare di essere “il capo”, il nuovo emiro dei credenti. Per farsi accettare e far accettare i suoi ordini dovrà quindi soprattutto, com’è nella logica della guerriglia, puntare sulla vittoria militare anche per dimostrare che il raid che ha ucciso Mansur va vendicato. Si dovrà dunque appoggiare agli Haqqani, la rete jihadista che è stata molto vicina ad Al Qaeda, ai servizi segreti deviati di Islamabad e ai sauditi con cui gli Haqqani hanno un rapporto antico e molto saldo. Se dunque la nomina di Yacub a vice mira a dimostrare che lo spirito di mullah Omar è al fianco di Haibatullah anche materialmente, ecco che la figura di Siraj acquista un rilievo particolare sul piano militare.
Dobbiamo dunque aspettarci una nuova offensiva talebana e per altro in un audio messaggio diffuso dal nuovo leader ai comandanti, il negoziato viene rifiutato e si inneggia invece alla lotta armata. L’offensiva dunque cui sarà anche se il capo di stato maggiore afgano, generale Qadam Shah Shahim, ha bollato di fallimento la campagna “Omari”, la cosiddetta campagna di primavera dei Talebani. Ma è un fallimento tutto da dimostrare mentre l’ennesimo attentato contro un pulmino di funzionari del ministero di Giustizia uccideva ieri dieci persone.
A quattro mani con Giuliano Battiston per il manifesto
Si ringrazia per la segnalazione ed il commento l’Avv. Dora Zappia.
Con ordinanza dd. 20.5.2016 il Tribunale di Venezia ha riconosciuto la protezione sussidiaria a cittadino Turco di etnia Curda.
Continuano gli interventi dei mezzi delle milizie libiche che riprendono i gommoni partiti dalla…
Si ringrazia per la segnalazione ed il commento l’Avv. Dora Zappia
Con ordinanza dd. 20.5.2016 il Tribunale di Venezia ha riconosciuto la protezione sussidiaria a cittadino Turco di etnia Curda.
Il trattenimento dei richiedenti asilo alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’UE
Torniamo ad occuparci della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, analizzando un’importante sentenza del febbraio 2016.
I profughi raccontano di essere detenuti in condizioni pessime, senza sapere quando verranno…
Istanbul — I primi siriani rimandati in Turchia grazie all’accordo tra questo paese e l’Unione Europea da tre settimane sono trattenuti in…
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Alessandra Ballerini.
Il ricorso, avverso il diniego formulato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, è pienamente…
For days, rumors about the incoming eviction were spreading and, yesterday, many european…
Migranti:Germania approva definitivamente legge integrazione
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migrano
news e agenzie italiane
via RSS diAnsamed — ANSA.it http://ift.tt/1fkzypP
May 25, 2016 at 04:38AM
“Leggere Shakespeare a Kabul” di Qais Akbar Omar e Stephen Landrigan
Il libro che vi propongo oggi nel blog “Con altre parole” è il racconto di una storia vera, una esperienza realmente vissuta dai protagonisti che ce la narrano in tutte le sue fasi. “Leggere Shakespeare a Kabul” è infatti la cronaca della messa in scena di una commedia del grande poeta inglese in terra afghana […]
L’articolo “Leggere Shakespeare a Kabul” di Qais Akbar Omar e Stephen Landrigan sembra essere il primo su Arabpress.
Raqqa: la fine della capitale del califfato in Siria
Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (24/05/2016). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti. Raqqa sta per essere liberata dal “governo” di Daesh (ISIS) che ha compiuto le peggiori nefandezze nei confronti della popolazione, filmate e diffuse dai suoi stessi combattenti: stragi di massa, stupro di ragazze nelle scuole, uccisione di stranieri e impiego degli abitanti come […]
L’articolo Raqqa: la fine della capitale del califfato in Siria sembra essere il primo su Arabpress.
Si ringrazia l’Avv.Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Il ricorrente ha ampiamente dimostrato il sue legame familiare e politico ad una fazione avversa al governo, pur non essendo direttamente…
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Il Tribunale di Genova accoglie il ricorso del difensore avverso il provvedimento di diniego, evidenziando come la commissione territoriale…
E’ Haibatullah Akhunzada il nuovo capo dei talebani
Alla fine ha vinto il pragmatismo e la necessità di non lasciare vuoti e a sostituire mullah Mansur – confermando così definitivamente la sua morte in un raid americano sabato scorso* – c’è ora il suo numero due: il mawlawi Haibatullah Akhunzada di Kandahar (tribù dei Nurzai), membro storico della shura di Quetta. Così ha spiegato un portavoce talebano (il sito ufficiale è ancora fuori uso) che ha fatto i nomi anche dei due vice di Haibatullah: si tratta di Sirajuddin Haqqani – figlio del creatore della rete che porta questo nome – e del figlio di mullah Omar, mullah Yaqub, uno fra coloro che inizialmente avevano contestato la leadership di Mansur.
I giochi si riaprono (se non arriverà qualche smentita che rifletta le divisioni interne al movimento). Anche per i talebani, morto un papa se ne fa un altro.
* Secondo fonti pachistane l’attentato contro Mansur risalirebbe persino a mercoledi
E’ Haibatullah Akhunzada il nuovo capo dei talebani
Alla fine ha vinto il pragmatismo e la necessità di non lasciare vuoti e a sostituire mullah Mansur – confermando così definitivamente la sua morte in un raid americano sabato scorso* – c’è ora il suo numero due: il mawlawi Haibatullah Akhunzada di Kandahar (tribù dei Nurzai), membro storico della shura di Quetta. Così ha spiegato un portavoce talebano (il sito ufficiale è ancora fuori uso) che ha fatto i nomi anche dei due vice di Haibatullah: si tratta di Sirajuddin Haqqani – figlio del creatore della rete che porta questo nome – e del figlio di mullah Omar, mullah Yaqub, uno fra coloro che inizialmente avevano contestato la leadership di Mansur.
I giochi si riaprono (se non arriverà qualche smentita che rifletta le divisioni interne al movimento). Anche per i talebani, morto un papa se ne fa un altro.
* Secondo fonti pachistane l’attentato contro Mansur risalirebbe persino a mercoledi
E’ Haibatullah Akhunzada il nuovo capo dei talebani
Alla fine ha vinto il pragmatismo e la necessità di non lasciare vuoti e a sostituire mullah Mansur – confermando così definitivamente la sua morte in un raid americano sabato scorso* – c’è ora il suo numero due: il mawlawi Haibatullah Akhunzada di Kandahar (tribù dei Nurzai), membro storico della shura di Quetta. Così ha spiegato un portavoce talebano (il sito ufficiale è ancora fuori uso) che ha fatto i nomi anche dei due vice di Haibatullah: si tratta di Sirajuddin Haqqani – figlio del creatore della rete che porta questo nome – e del figlio di mullah Omar, mullah Yaqub, uno fra coloro che inizialmente avevano contestato la leadership di Mansur.
I giochi si riaprono (se non arriverà qualche smentita che rifletta le divisioni interne al movimento). Anche per i talebani, morto un papa se ne fa un altro.
* Secondo fonti pachistane l’attentato contro Mansur risalirebbe persino a mercoledi
Offensive diplomatiche
Gli eventi si possono leggere attraverso occhi diversi. E cosi è anche per il tour europeo del grand Imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb. C’è una lettura religiosa, profonda, nell’incontro con Papa Francesco e nella ricomposizione di una distanza tra il Vaticano e al Azhar iniziata con il pontificato di Benedetto XVI. Aveva ragione,Read more
Offensive diplomatiche
Gli eventi si possono leggere attraverso occhi diversi. E cosi è anche per il tour europeo del grand Imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb. C’è una lettura religiosa, profonda, nell’incontro con Papa Francesco e nella ricomposizione di una distanza tra il Vaticano e al Azhar iniziata con il pontificato di Benedetto XVI. Aveva ragione,Read more
Offensive diplomatiche
Gli eventi si possono leggere attraverso occhi diversi. E cosi è anche per il tour europeo del grand Imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb. C’è una lettura religiosa, profonda, nell’incontro con Papa Francesco e nella ricomposizione di una distanza tra il Vaticano e al Azhar iniziata con il pontificato di Benedetto XVI. Aveva ragione,Read more
An Al-Azhar PR tour in Europe?
While Grand Imam Ahmed al Tayyeb is in Europe, it is interesting to understand Al Azhar’s role in supporting Abdel Fattah al Sisi regime since 2013 coup…. Here. My analysis has been published on IAI’s Insight Egypt one year ago.
An Al-Azhar PR tour in Europe?
While Grand Imam Ahmed al Tayyeb is in Europe, it is interesting to understand Al Azhar’s role in supporting Abdel Fattah al Sisi regime since 2013 coup…. Here. My analysis has been published on IAI’s Insight Egypt one year ago.
An Al-Azhar PR tour in Europe?
While Grand Imam Ahmed al Tayyeb is in Europe, it is interesting to understand Al Azhar’s role in supporting Abdel Fattah al Sisi regime since 2013 coup…. Here. My analysis has been published on IAI’s Insight Egypt one year ago.
Mai così grave la situazione dei diritti umani in Egitto
Articolo originale ¶
Roma, 23 maggio 2016 — Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medici per i Diritti Umani ha intervistato la…
Le stelle che brillano contro il fondamentalismo islamista
Il 17 maggio scorso Babelmed ha ospitato a Roma, presso la nuova sede della redazione, il coworking Cowall, lo scrittore e artista marocchino Mahi Binebine per la presentazione de “Il grande salto”, traduzione in italiano per Rizzoli del suo romanzo “Les étoiles de Sidi Moumen”. Racconto intenso e disturbante, il libro ripercorre la vita e l’arruolamento dei giovani kamikaze che insanguinarono Casablanca il 16 maggio 2013. L’incontro con lo scrittore
Le stelle che brillano contro il fondamentalismo islamista
Il 17 maggio scorso Babelmed ha ospitato a Roma, presso la nuova sede della redazione, il coworking Cowall, lo scrittore e artista marocchino Mahi Binebine per la presentazione de “Il grande salto”, traduzione in italiano per Rizzoli del suo romanzo “Les étoiles de Sidi Moumen”. Racconto intenso e disturbante, il libro ripercorre la vita e l’arruolamento dei giovani kamikaze che insanguinarono Casablanca il 16 maggio 2013. L’incontro con lo scrittore
Anche quest’anno Roma impreparata ad accogliere i migranti più vulnerabili
Roma, 24 maggio 2016 — Tutto ampiamente prevedibile e previsto.
“Nessuna alternativa: diritto d’asilo o barbarie”
Pubblichiamo la traduzione di un appello firmato da diversi intellettuali francesi uscito nel marzo 2016 su Le Monde.
Mali — Ha diritto al permesso per motivi umanitari chi proviene da questo paese instabile.
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Chiara Pernechele.
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Angelo Galante.
Ordinanza del Tribunale di Palermo che ha concesso la protezione sussidiaria ad un
cittadino maliano.
Nella fattispecie il Giudice ha…
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Antonietta Cozza.
Due sentenze emesse dal TAR Lazio — Roma avverso due provvedimenti emessi dal Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l…
#Overthefortress a Idomeni. Iniziato lo sgombero del campo e la deportazione dei migranti
Da giorni circolavano voci di sgombero imminente e, ieri, molti giornali europei riportavano la notizia definendo molto probabibile l…
#Overthefortress a Idomeni. E’ iniziato lo sgombero del campo
Da giorni circolavano voci di sgombero imminente e, ieri, molti giornali europei riportavano la notizia definendo molto probabibile l…
Il corpo nel romanzo siriano contemporaneo
Luogo simbolico della lotta tra individuo e collettività, il corpo mette in luce le logiche di potere che ostacolano l’affermazione individuale all’interno della società. Proprio il corpo – anzi, la […]
Il corpo nel romanzo siriano contemporaneo
Luogo simbolico della lotta tra individuo e collettività, il corpo mette in luce le logiche di potere che ostacolano l’affermazione individuale all’interno della società. Proprio il corpo – anzi, la […]
Il corpo nel romanzo siriano contemporaneo
Luogo simbolico della lotta tra individuo e collettività, il corpo mette in luce le logiche di potere che ostacolano l’affermazione individuale all’interno della società. Proprio il corpo – anzi, la […]
Il corpo nel romanzo siriano contemporaneo
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Il corpo nel romanzo siriano contemporaneo
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Il movimento Ennahdha in Tunisia contro i Fratelli Musulmani in Egitto
Di Sayid el-Shahat. Youm7 (23/05/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Solo il futuro potrà giudicare la serietà del partito tunisino Ennahdha che di recente ha presentato un nuovo programma basato sulla separazione dell’azione religiosa da quella politica. Non resta che attendere quindi la risposta popolare a questo cambiamento, che per lunghi anni ha testimoniato […]
L’articolo Il movimento Ennahdha in Tunisia contro i Fratelli Musulmani in Egitto sembra essere il primo su Arabpress.
La polizia greca comincia lo sgombero del campo profughi di Idomeni.
http://ift.tt/1Tw8KHp ¶
La polizia greca comincia lo sgombero del campo profughi di Idomeni.
In morte di mullah Mansur*
Mullah Mansur è morto. Almeno così si crede. L’uomo che dal luglio 2015 ha sostituito
l’evanescente mullah Omar alla guida dei Talebani è stato ucciso sabato pomeriggio da un drone americano, mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. I Talebani non hanno confermato ufficialmente la notizia, ma i più alti membri dell’amministrazione Usa e i funzionari dell’intelligence afghana si dicono certi: Mansur è stato ucciso. «Perché era l’ostacolo maggiore al processo di pace», ha dichiarato dal Myanmar il segretario di Stato Usa John Kerry, convinto che con l’uscita di scena del loro leader i Talebani siano disposti a sedersi al tavolo negoziale.
Ashraf Ghani. La svolta dopo l’ennesimo attentato |
Mullah Mansur ha faticato molto, in questi mesi, a tenere le redini del movimento. Nato nel 1960 nella provincia meridionale di Kandahar, roccaforte dei Talebani, già governatore-ombra della sua provincia di nascita e ministro dell’Aviazione civile e dei trasporti all’epoca dell’Emirato islamico d’Afghanistan, dal 2013 Mansur è il leader de facto del movimento. Da allora, ha ristabilito il primato della shura di Quetta, uno dei tre principali centri di potere talebano, sulla shura di Peshawar e su quella di Miran Shah (la rete Haqqani), marginalizzando i principali antagonisti, cooptando gli indecisi e ottenendo il controllo di buona parte dei fondi – in diminuzione – provenienti dai tradizionali sponsor regionali. La sua nomina a leader assoluto, nel luglio 2015, è stata fortemente contestata da alcuni turbanti neri, tra cui il figlio del mullah Omar, Yacub, che poi gli ha concesso l’appoggio; Qayyum Zakir, già a capo della Commissione militare; Tayyeb Aghha, che in polemica con la nomina ha lasciato l’Ufficio di rappresentanza politica di Doha, di cui era responsabile. Tutti e tre, ora, vantano le credenziali giuste per potergli succedere.
La regione beluci in Pakistan. Mansur veniva dall’Iran? |
I più accreditati rimangono gli uomini scelti nel luglio 2015 come vice di Mansur. Uno è il maulawi Haibatullah Akhundzada, religioso rispettato e autorevole, già uomo di fiducia del mullah Omar, che può vantare ottime doti da mediatore e la provenienza da Kandahar, l’area da cui proviene la “vecchia guardia” talebana. L’altro è Sirajuddin Haqqani, che dal 2005 ha sostituito il padre Jalaluddin alla guida della rete Haqqani, il network di islamisti che opera principalmente nelle province di confine tra Afghanistan e Pakistan. Capo di un vero e proprio impero finanziario, spietato sul campo di battaglia e abile negoziatore, Sirajuddin Haqqani può vantare rapporti consolidati con i servizi segreti pakistani, che di certo non rinunceranno a “esprimere” il proprio candidato.
Ma che partita si gioca dietro la presunta morte del capo talebano? Tutti guardano a Islamabad che ha condannato la violazione del suo spazio areo in Belucistan, una linea rossa oltrepassata solo in rarissimi casi dai droni statunitensi che concentrano la loro azione nelle aree tribali del Pakistan occidentale. Islamabad protesta sempre ma questa volta tutto fa supporre che non si tratti di uno sdegno di maniera. L’uomo al centro del caso è un mullah da sempre indicato come vicino al Pakistan e dunque il cavallo buono per poter controllare un possibile processo negoziale. Ora si dice, dal Pentagono alla Nato, che Mansur era invece l’impedimento principale e che dunque andava eliminato: una svolta iniziata forse nell’aprile scorso quando, dopo l’ennesima strage talebana a Kabul, il presidente afghano Ghani ha cambiato idea sul negoziato e deciso per una stretta senza esclusione di colpi contro il movimento diretto da Mansur che alla pace preferisce gli attentati. In realtà per Mansur decidere il passo negoziale, di cui qualche segnale seppur debole si è visto, richiedeva la necessità di avere alle spalle un movimento compatto diretto da una leadership forte e indiscussa. E non era questo il caso: Mansur era contestato da diverse fazioni e in rotta con elementi chiave del movimento. Sapeva che la sua leadership era tanto fragile quanto poco compatto è il movimento dei turbanti neri. La presa di Kunduz, nell’ottobre del 2015, fu la sua prima prova di forza, la necessità di dimostrare che non era da meno di mullah Omar. E del resto, se Mansur faceva la faccia dura, i suoi nemici – gli invasori americani – non son certo stati da meno: a Kunduz andando a caccia di guerriglieri colpirono un ospedale e in questi mesi – dietro la richiesta del negoziato – gli americani non hanno mai smesso i loro raid segreti sia in Afghanistan, sia in Pakistan. Attività che non conosciamo e che gli stessi afgani e pachistani vedono soltanto ex post quando a chiedere vendetta sono i parenti dei civili uccisi. Ora un raid colpisce e punisce il numero uno della guerriglia, forse l’uomo su cui Islamabad contava e forse persino il più acerrimo nemico di Daesh, vissuto da Mansur come l’ennesima minaccia alla compattezza del movimento. Missione compiuta dunque? Si, ma non certo a favore di un processo negoziale che non è affatto detto possa ripartire dopo la morte del leader talebano.
a due mani con Giuliano Battiston per il manifesto oggi in edicola
In morte di mullah Mansur*
Mullah Mansur è morto. Almeno così si crede. L’uomo che dal luglio 2015 ha sostituito
l’evanescente mullah Omar alla guida dei Talebani è stato ucciso sabato pomeriggio da un drone americano, mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. I Talebani non hanno confermato ufficialmente la notizia, ma i più alti membri dell’amministrazione Usa e i funzionari dell’intelligence afghana si dicono certi: Mansur è stato ucciso. «Perché era l’ostacolo maggiore al processo di pace», ha dichiarato dal Myanmar il segretario di Stato Usa John Kerry, convinto che con l’uscita di scena del loro leader i Talebani siano disposti a sedersi al tavolo negoziale.
Ashraf Ghani. La svolta dopo l’ennesimo attentato |
Mullah Mansur ha faticato molto, in questi mesi, a tenere le redini del movimento. Nato nel 1960 nella provincia meridionale di Kandahar, roccaforte dei Talebani, già governatore-ombra della sua provincia di nascita e ministro dell’Aviazione civile e dei trasporti all’epoca dell’Emirato islamico d’Afghanistan, dal 2013 Mansur è il leader de facto del movimento. Da allora, ha ristabilito il primato della shura di Quetta, uno dei tre principali centri di potere talebano, sulla shura di Peshawar e su quella di Miran Shah (la rete Haqqani), marginalizzando i principali antagonisti, cooptando gli indecisi e ottenendo il controllo di buona parte dei fondi – in diminuzione – provenienti dai tradizionali sponsor regionali. La sua nomina a leader assoluto, nel luglio 2015, è stata fortemente contestata da alcuni turbanti neri, tra cui il figlio del mullah Omar, Yacub, che poi gli ha concesso l’appoggio; Qayyum Zakir, già a capo della Commissione militare; Tayyeb Aghha, che in polemica con la nomina ha lasciato l’Ufficio di rappresentanza politica di Doha, di cui era responsabile. Tutti e tre, ora, vantano le credenziali giuste per potergli succedere.
La regione beluci in Pakistan. Mansur veniva dall’Iran? |
I più accreditati rimangono gli uomini scelti nel luglio 2015 come vice di Mansur. Uno è il maulawi Haibatullah Akhundzada, religioso rispettato e autorevole, già uomo di fiducia del mullah Omar, che può vantare ottime doti da mediatore e la provenienza da Kandahar, l’area da cui proviene la “vecchia guardia” talebana. L’altro è Sirajuddin Haqqani, che dal 2005 ha sostituito il padre Jalaluddin alla guida della rete Haqqani, il network di islamisti che opera principalmente nelle province di confine tra Afghanistan e Pakistan. Capo di un vero e proprio impero finanziario, spietato sul campo di battaglia e abile negoziatore, Sirajuddin Haqqani può vantare rapporti consolidati con i servizi segreti pakistani, che di certo non rinunceranno a “esprimere” il proprio candidato.
Ma che partita si gioca dietro la presunta morte del capo talebano? Tutti guardano a Islamabad che ha condannato la violazione del suo spazio areo in Belucistan, una linea rossa oltrepassata solo in rarissimi casi dai droni statunitensi che concentrano la loro azione nelle aree tribali del Pakistan occidentale. Islamabad protesta sempre ma questa volta tutto fa supporre che non si tratti di uno sdegno di maniera. L’uomo al centro del caso è un mullah da sempre indicato come vicino al Pakistan e dunque il cavallo buono per poter controllare un possibile processo negoziale. Ora si dice, dal Pentagono alla Nato, che Mansur era invece l’impedimento principale e che dunque andava eliminato: una svolta iniziata forse nell’aprile scorso quando, dopo l’ennesima strage talebana a Kabul, il presidente afghano Ghani ha cambiato idea sul negoziato e deciso per una stretta senza esclusione di colpi contro il movimento diretto da Mansur che alla pace preferisce gli attentati. In realtà per Mansur decidere il passo negoziale, di cui qualche segnale seppur debole si è visto, richiedeva la necessità di avere alle spalle un movimento compatto diretto da una leadership forte e indiscussa. E non era questo il caso: Mansur era contestato da diverse fazioni e in rotta con elementi chiave del movimento. Sapeva che la sua leadership era tanto fragile quanto poco compatto è il movimento dei turbanti neri. La presa di Kunduz, nell’ottobre del 2015, fu la sua prima prova di forza, la necessità di dimostrare che non era da meno di mullah Omar. E del resto, se Mansur faceva la faccia dura, i suoi nemici – gli invasori americani – non son certo stati da meno: a Kunduz andando a caccia di guerriglieri colpirono un ospedale e in questi mesi – dietro la richiesta del negoziato – gli americani non hanno mai smesso i loro raid segreti sia in Afghanistan, sia in Pakistan. Attività che non conosciamo e che gli stessi afgani e pachistani vedono soltanto ex post quando a chiedere vendetta sono i parenti dei civili uccisi. Ora un raid colpisce e punisce il numero uno della guerriglia, forse l’uomo su cui Islamabad contava e forse persino il più acerrimo nemico di Daesh, vissuto da Mansur come l’ennesima minaccia alla compattezza del movimento. Missione compiuta dunque? Si, ma non certo a favore di un processo negoziale che non è affatto detto possa ripartire dopo la morte del leader talebano.
a due mani con Giuliano Battiston per il manifesto oggi in edicola
In morte di mullah Mansur*
Mullah Mansur è morto. Almeno così si crede. L’uomo che dal luglio 2015 ha sostituito
l’evanescente mullah Omar alla guida dei Talebani è stato ucciso sabato pomeriggio da un drone americano, mentre era in viaggio nel Belucistan pachistano. I Talebani non hanno confermato ufficialmente la notizia, ma i più alti membri dell’amministrazione Usa e i funzionari dell’intelligence afghana si dicono certi: Mansur è stato ucciso. «Perché era l’ostacolo maggiore al processo di pace», ha dichiarato dal Myanmar il segretario di Stato Usa John Kerry, convinto che con l’uscita di scena del loro leader i Talebani siano disposti a sedersi al tavolo negoziale.
Ashraf Ghani. La svolta dopo l’ennesimo attentato |
Mullah Mansur ha faticato molto, in questi mesi, a tenere le redini del movimento. Nato nel 1960 nella provincia meridionale di Kandahar, roccaforte dei Talebani, già governatore-ombra della sua provincia di nascita e ministro dell’Aviazione civile e dei trasporti all’epoca dell’Emirato islamico d’Afghanistan, dal 2013 Mansur è il leader de facto del movimento. Da allora, ha ristabilito il primato della shura di Quetta, uno dei tre principali centri di potere talebano, sulla shura di Peshawar e su quella di Miran Shah (la rete Haqqani), marginalizzando i principali antagonisti, cooptando gli indecisi e ottenendo il controllo di buona parte dei fondi – in diminuzione – provenienti dai tradizionali sponsor regionali. La sua nomina a leader assoluto, nel luglio 2015, è stata fortemente contestata da alcuni turbanti neri, tra cui il figlio del mullah Omar, Yacub, che poi gli ha concesso l’appoggio; Qayyum Zakir, già a capo della Commissione militare; Tayyeb Aghha, che in polemica con la nomina ha lasciato l’Ufficio di rappresentanza politica di Doha, di cui era responsabile. Tutti e tre, ora, vantano le credenziali giuste per potergli succedere.
La regione beluci in Pakistan. Mansur veniva dall’Iran? |
I più accreditati rimangono gli uomini scelti nel luglio 2015 come vice di Mansur. Uno è il maulawi Haibatullah Akhundzada, religioso rispettato e autorevole, già uomo di fiducia del mullah Omar, che può vantare ottime doti da mediatore e la provenienza da Kandahar, l’area da cui proviene la “vecchia guardia” talebana. L’altro è Sirajuddin Haqqani, che dal 2005 ha sostituito il padre Jalaluddin alla guida della rete Haqqani, il network di islamisti che opera principalmente nelle province di confine tra Afghanistan e Pakistan. Capo di un vero e proprio impero finanziario, spietato sul campo di battaglia e abile negoziatore, Sirajuddin Haqqani può vantare rapporti consolidati con i servizi segreti pakistani, che di certo non rinunceranno a “esprimere” il proprio candidato.
Ma che partita si gioca dietro la presunta morte del capo talebano? Tutti guardano a Islamabad che ha condannato la violazione del suo spazio areo in Belucistan, una linea rossa oltrepassata solo in rarissimi casi dai droni statunitensi che concentrano la loro azione nelle aree tribali del Pakistan occidentale. Islamabad protesta sempre ma questa volta tutto fa supporre che non si tratti di uno sdegno di maniera. L’uomo al centro del caso è un mullah da sempre indicato come vicino al Pakistan e dunque il cavallo buono per poter controllare un possibile processo negoziale. Ora si dice, dal Pentagono alla Nato, che Mansur era invece l’impedimento principale e che dunque andava eliminato: una svolta iniziata forse nell’aprile scorso quando, dopo l’ennesima strage talebana a Kabul, il presidente afghano Ghani ha cambiato idea sul negoziato e deciso per una stretta senza esclusione di colpi contro il movimento diretto da Mansur che alla pace preferisce gli attentati. In realtà per Mansur decidere il passo negoziale, di cui qualche segnale seppur debole si è visto, richiedeva la necessità di avere alle spalle un movimento compatto diretto da una leadership forte e indiscussa. E non era questo il caso: Mansur era contestato da diverse fazioni e in rotta con elementi chiave del movimento. Sapeva che la sua leadership era tanto fragile quanto poco compatto è il movimento dei turbanti neri. La presa di Kunduz, nell’ottobre del 2015, fu la sua prima prova di forza, la necessità di dimostrare che non era da meno di mullah Omar. E del resto, se Mansur faceva la faccia dura, i suoi nemici – gli invasori americani – non son certo stati da meno: a Kunduz andando a caccia di guerriglieri colpirono un ospedale e in questi mesi – dietro la richiesta del negoziato – gli americani non hanno mai smesso i loro raid segreti sia in Afghanistan, sia in Pakistan. Attività che non conosciamo e che gli stessi afgani e pachistani vedono soltanto ex post quando a chiedere vendetta sono i parenti dei civili uccisi. Ora un raid colpisce e punisce il numero uno della guerriglia, forse l’uomo su cui Islamabad contava e forse persino il più acerrimo nemico di Daesh, vissuto da Mansur come l’ennesima minaccia alla compattezza del movimento. Missione compiuta dunque? Si, ma non certo a favore di un processo negoziale che non è affatto detto possa ripartire dopo la morte del leader talebano.
a due mani con Giuliano Battiston per il manifesto oggi in edicola
Racconti da Idomeni ai confini della fortezza Europa. 5/10 Maggio 2016
“Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove…
Sembra di ritornare al 2010, quando dopo i respingimenti collettivi in Libia eseguiti direttamente…
7 boats carrying 850 illegal migrants were intercepted off Sabratha coast on Sunday, Libyan Coast Guard has declared.
Turchia: la polizia di frontiera uccide e ferisce richiedenti asilo
Articolo originale ¶
(Istanbul) — Secondo quanto oggi rilasciato da Human Rights Watch, le guardie di frontiera turche sparano e picchiano…
Le deportazioni migranti ai tempi di Renzi & Alfano
Prima l’identificazione e l’invito a dimenticare nome, cognome e luogo di provenienza in cambio di un numero identificativo che dovrai…
Pubblichiamo un decreto della Corte d’Appello di Bari dello scorso anno in cui si autorizza ai…
Scarica il decreto
Ciechi per scelta
Aeroporto di Kos. Lascio Kos.
Quello che ero è già andato via da tempo, insieme alle promesse mai mantenute e alle giacche e alle cravatte…
Il modus operandi dei trafficanti di migranti
Frontex, l’agenzia che controlla le frontiere esterne dell’Unione Europea, stima che solo nel 2015 le organizzazioni criminali hanno…
Resoconto del Women Legal Team di ritorno da Idomeni
L’associazione di donne Le Mafalde di Prato ha organizzato un gruppo di avvocate ed esperte in tema di immigrazione e protezione…
Il sogno d’Israele: fare del Sinai un ghetto per i Palestinesi
mcc43 L’intento persecutorio è come quei semi che non seccano mai e aspettano le condizioni per germogliare come malapianta. I Palestinesi vogliono uno stato? Si lascino espellere dalla Palestina! Questo il seme malefico che Israele interra nella comunità internazionale nel 2009 con un dettagliato piano per annettersi la Cisgiordania e spostare i Palestinesi nel Sinai, cui dovrebbe, almeno in parte, rinunciare […]
Il sogno d’Israele: fare del Sinai un ghetto per i Palestinesi
mcc43 L’intento persecutorio è come quei semi che non seccano mai e aspettano le condizioni per germogliare come malapianta. I Palestinesi vogliono uno stato? Si lascino espellere dalla Palestina! Questo il seme malefico che Israele interra nella comunità internazionale nel 2009 con un dettagliato piano per annettersi la Cisgiordania e spostare i Palestinesi nel Sinai, cui dovrebbe, almeno in parte, rinunciare […]
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Ancona. Manifestazione per i diritti dei rifugiati
In 300 alla manifestazione dei richiedenti asilo. L’operato della Commissione Territoriale 2015, diffusi dal Ministero dell’Interno…
Aggiornamenti dal Premio Appiani di Elbabookfest
Qualche settimana fa vi avevo detto che Elbabookfest, festival dell’editoria indipendente di Rio nell’Elba,ha lanciato un premio per la traduzione (dedicato a Lorenzo Appiani), e che questa prima edizione è dedicata alle traduzioni letterarie dall’arabo in italiano. Oggi vi dico che: la scadenza per presentare la domanda di partecipazione è stata prorogata al 27 maggio…quindi, … Continua a leggere Aggiornamenti dal Premio Appiani di Elbabookfest →
Aggiornamenti dal Premio Appiani di Elbabookfest
Qualche settimana fa vi avevo detto che Elbabookfest, festival dell’editoria indipendente di Rio nell’Elba,ha lanciato un premio per la traduzione (dedicato a Lorenzo Appiani), e che questa prima edizione è dedicata alle traduzioni letterarie dall’arabo in italiano. Oggi vi dico che: la scadenza per presentare la domanda di partecipazione è stata prorogata al 27 maggio…quindi, … Continua a leggere Aggiornamenti dal Premio Appiani di Elbabookfest →
L’Europa e i suoi tentativi di tenere l’immigrazione a distanza
Di Abdul Nour bin Antar. Al-Araby al-Jadeed (21/05/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone. Nell’affrontare il problema dell’immigrazione, l’Europa si avvale di una serie di strumenti, fra i quali la stipula di trattative con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Lo scopo principale è che essi accolgano i migranti respinti alle porte dell’UE, […]
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Il cinema iraniano sotto i riflettori del Festival di Cannes
Di Ali Noorani. Your Middle East (20/05/2016). Traduzione e sintesi di Giuliana Puccia. I limiti politici, religiosi e culturali sono sempre stati un ostacolo per i registi e gli attori iraniani, dal momento che ogni pellicola deve essere approvata dalle autorità del paese prima che ne sia concessa la distribuzione al grande pubblico. Tutte queste restrizioni sono […]
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USA e Arabia Saudita: un tempo amici, ora ad un passo dal confronto militare?
Di Abdel Bari Atwan. Ray al-Youm (19/05/2016). Traduzione e sintesi di Rachida Razzouk. Il Senato degli Stati Uniti d’America ha approvato un disegno di legge che consentirà di processare i principi sauditi per il loro presunto coinvolgimento negli attentati dell’11 settembre. L’istituzione americana, con questo provvedimento, dichiara guerra giudiziaria all’Arabia Saudita segnando, così, la fine dei rapporti […]
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USA e Arabia Saudita: un tempo amici, ora ad un passo dal confronto militare?
Di Abdel Bari Atwan. Ray al-Youm (19/05/2016). Traduzione e sintesi di Rachida Razzouk. Il Senato degli Stati Uniti d’America ha approvato un disegno di legge che consentirà di processare i principi sauditi per il loro presunto coinvolgimento negli attentati dell’11 settembre. L’istituzione americana, con questo provvedimento, dichiara guerra giudiziaria all’Arabia Saudita segnando, così, la fine dei rapporti […]
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foto di Antonio Nicolini Va in frantumi l’accordo Unione Europea-Turchia, la Turchia minaccia di…
One-for-one: For each Syrian returned to Turkey, a Syrian migrant is resettled in the EU. Priority is given to those who have not tried to…
Mondo arabo: Paesi e capitali / 2
Mondo arabo: Paesi e capitali della Lega araba. I nomi dei Paesi arabi e delle loro capitali – 2. Dalla Libia allo Yemen. Lessico geografico e politico.
Mondo arabo: Paesi e capitali / 2
Mondo arabo: Paesi e capitali della Lega araba. I nomi dei Paesi arabi e delle loro capitali – 2. Dalla Libia allo Yemen. Lessico geografico e politico.
Mondo arabo: Paesi e capitali / 2
Mondo arabo: Paesi e capitali della Lega araba. I nomi dei Paesi arabi e delle loro capitali – 2. Dalla Libia allo Yemen. Lessico geografico e politico.
Mondo arabo: Paesi e capitali / 2
Mondo arabo: Paesi e capitali della Lega araba. I nomi dei Paesi arabi e delle loro capitali – 2. Dalla Libia allo Yemen. Lessico geografico e politico.
Come la rivoluzione siriana mi ha trasformata
(di Budour Hassan. Traduzione dall’inglese di Paolo D’Urbano*). Il mondo gira intorno alla Palestina, o così pensavo fino al 2011. Ho sempre pensato che la causa palestinese fosse la prova […]
Come la rivoluzione siriana mi ha trasformata
(di Budour Hassan. Traduzione dall’inglese di Paolo D’Urbano*). Il mondo gira intorno alla Palestina, o così pensavo fino al 2011. Ho sempre pensato che la causa palestinese fosse la prova […]
Siria: il rischio della mancanza di uno Stato
Di Michel Kilo. Al-Araby al-Jadeed (19/05/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi. Lo Stato della rivoluzione siriana non è la nazione degli Assad anzi, non è mai stato un vero Stato sotto il loro governo. La Siria è piuttosto il paese della rivoluzione assente, almeno fino ad oggi. Intendendo, con questo termine, la mancanza del popolo siriano nelle […]
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Siria: il rischio della mancanza di uno Stato
Di Michel Kilo. Al-Araby al-Jadeed (19/05/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi. Lo Stato della rivoluzione siriana non è la nazione degli Assad anzi, non è mai stato un vero Stato sotto il loro governo. La Siria è piuttosto il paese della rivoluzione assente, almeno fino ad oggi. Intendendo, con questo termine, la mancanza del popolo siriano nelle […]
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Si ringrazia l’Avv. Laura Mazza per la segnalazione.
Pubblichiamo un’ordinanza del Tribunale Civile di Milano — sezione Protezione Internazionale — che ha riconosciuto lo status di rifugiato…
Skype non è la soluzione: più di 190mila persone chiedono a Avramopoulos di agire ORA
La petizione di Rania, la ragazza di 20 anni scappata dalla Siria e bloccata al campo di Idomeni, è stata sottofirmata da più di 190mila…
Si ringrazia l’Avv. Fabrizio Ippolito D’Avino per la segnalazione ed il commento.
Il Tribunale di Venezia nel riconoscere ad un cittadino maliano (proveniente dalla zona di Kayes) lo status di protezione sussidiaria…
Dublino è morto lunga vita a Dublino
Articolo originale “Dublin is dead! Long Live Dublin!”
Segnaliamo il caso di un cittadino georgiano trattenuto presso il CIE di Restinco in Brindisi che…
La storia del cittadino georgiano è la seguente:
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione.
Il tribunale di Genova nell’accogliere il ricorso presentato, fa un breve escursus sulla normativa vigente che tutela i richiedenti asilo…
Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione
Il tribunale di Genova nel accogliere il ricorso presentato, fa un breve escursus sulla normativa vigente che tutela i richiedenti asilo…
E’ illegittimo qualsiasi Hot spot per identificare i migranti in mare
I diritti non potranno mai essere effettivamente garantiti in modo adeguato in alto mare.
Persone oltre i confini. Le rivendicazioni di Idomeni all’interno della Fortezza Europa
Contribuisci e promuovi il progetto “No Border Wi-Fi a Idomeni e le altre attività di socialità”: http://linkpdb.me/9878
Disperazione e rabbia a Idomeni
Contribuisci e promuovi i progetti di #overthefortress a Idomeni: http://linkpdb.me/9878
L’Egitto di Mohammed Sobhi
Di Samir Atallah. Asharq al-Awsat (18/05/2016). Traduzione e sintesi di Letizia Vaglia. In Egitto torna in auge il dibattito sulla sua identità: sarà araba o egiziana? Ma se talvolta la disquisizione tocca livelli intellettuali abbastanza alti, in altre occasioni risulta priva di fondamento. A mio avviso, questa questione continua a tornare all’ordine del giorno perché non […]
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L’Egitto di Mohammed Sobhi
Di Samir Atallah. Asharq al-Awsat (18/05/2016). Traduzione e sintesi di Letizia Vaglia. In Egitto torna in auge il dibattito sulla sua identità: sarà araba o egiziana? Ma se talvolta la disquisizione tocca livelli intellettuali abbastanza alti, in altre occasioni risulta priva di fondamento. A mio avviso, questa questione continua a tornare all’ordine del giorno perché non […]
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Consiglio di lettura: “Ouatann. Ombre sul mare” di Azza Filali
Un’avvocatessa tunisina scopre che la sua casa di famiglia, che si trova in un piccolo paese vicino a Biserta, è stata segretamente affittata in nero dal custode. Come se non bastasse gli inquilini sono due uomini immischiati con la malavita tunisina. Come in un giallo, le pedine si muovono piano, fino alla fine, quando si […]
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Consiglio di lettura: “Ouatann. Ombre sul mare” di Azza Filali
Un’avvocatessa tunisina scopre che la sua casa di famiglia, che si trova in un piccolo paese vicino a Biserta, è stata segretamente affittata in nero dal custode. Come se non bastasse gli inquilini sono due uomini immischiati con la malavita tunisina. Come in un giallo, le pedine si muovono piano, fino alla fine, quando si […]
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Se i poeti perdono: incontro con Ibrahim Nasrallah a Salerno
La rassegna Femminile palestinese, giunta alla sua terza edizione, ospita oggi a Salerno lo scrittore e poeta giordano – palestinese Ibrahim Nasrallah. Dal comunicato stampa: “Ibrahim Nasrallah ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ’Aways” per la poesia nel 1997. È anche romanziere, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo. … Continua a leggere Se i poeti perdono: incontro con Ibrahim Nasrallah a Salerno →
Se i poeti perdono: incontro con Ibrahim Nasrallah a Salerno
La rassegna Femminile palestinese, giunta alla sua terza edizione, ospita oggi a Salerno lo scrittore e poeta giordano – palestinese Ibrahim Nasrallah. Dal comunicato stampa: “Ibrahim Nasrallah ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ’Aways” per la poesia nel 1997. È anche romanziere, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo. … Continua a leggere Se i poeti perdono: incontro con Ibrahim Nasrallah a Salerno →
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La rassegna Femminile palestinese, giunta alla sua terza edizione, ospita oggi a Salerno lo scrittore e poeta giordano – palestinese Ibrahim Nasrallah. Dal comunicato stampa: “Ibrahim Nasrallah ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ’Aways” per la poesia nel 1997. È anche romanziere, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo. … Continua a leggere Se i poeti perdono: incontro con Ibrahim Nasrallah a Salerno →
La proposta di Alfano, la creazione di nuovi Hotspot galleggianti, trova il consenso dell’UNHCR.
Ma “a condizione che sia rispettato il diritto di asilo”.
Now 1 in 2 Worlds Refugees Live in Urban Areas
La primavera tunisina sboccia a Torino
La stagione della rinascita della natura dopo il letargo invernale, ma anche il segnale del risveglio delle idee: “Primavera a Tunisi”, mostra fotografica a cura di Rosita Ferrato, presidente del Caffè dei Giornalisti, che sarà allestita dal 20 al 22 maggio nel giardino di Palazzo Cisterna a Torino, riassume bene questa duplice lettura.
Si ringrazia l’Avv. Pietro Sgarbi per la segnalazione
Accoglimento del ricorso presentato nell’interesse di un richiedente la protezione proveniente dalla Nigeria ha cassato l’impugnata…
Si ringrazia l’Avv. Laura Mazza per la segnalazione.
Pubblichiamo una interessante ordinanza del TAR Lombardia — Milano — che ha accolto l’istanza cautelare avanzata dalla ricorrente statuendo…
Patto africano per fermare i migranti
Il piano del governo. Vertice Italia-Africa alla Farnesina.
Taranto — No alla procedura hotspot: la città prenda parola
Taranto, Venerdì 13 maggio 2016 ¶
Con questo appello ribadiamo il nostro no al sistema hotspot.
Cani sciolti
Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
Cani sciolti
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Cani sciolti
Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
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letturearabe di Jolanda Guardi
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Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
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Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
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Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
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Muhammad Aladdin, Cani sciolti, trad. di Barbara Benini, Il Sirente, Fagnano Alto 2015 Ho letto il nome di Muhammad Aladdin per la prima volta in un saggio di Muhammad Barrada (Al-riwàya al-‘arabiyya wa-rihàn at-tajdìd, Dàr as-saydi, Dubai 2011) … Continua a leggere→
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letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
La sofferenza dimenticata dei Baha’i in Yemen
Di Hind al-Eryani. Middle East Eye (16/05/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. Durante la mia vita, ho incontrato solo tre donne di fede Baha’i. Una era amica di un mio parente ed era fuggita dal razzismo predominante in Iran durante gli anni ’90 trovando rifugio in Yemen. La seconda aveva vissuto in Yemen per 15 […]
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La sofferenza dimenticata dei Baha’i in Yemen
Di Hind al-Eryani. Middle East Eye (16/05/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. Durante la mia vita, ho incontrato solo tre donne di fede Baha’i. Una era amica di un mio parente ed era fuggita dal razzismo predominante in Iran durante gli anni ’90 trovando rifugio in Yemen. La seconda aveva vissuto in Yemen per 15 […]
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Commenti su Sono di Palmira e dico che Asad non è meglio dell’Isis di radek
E’ evidente che per i media è preferibile vivere a Palmira sotto l’Isis composta da fanatici stranieri, che a Damasco sotto il laico regime i Assad.
Non rimane che attendere con ansia la caduta della sunnita Deir Ezzor difesa da un generale Druso e da soldati sunniti.
Ovvio che nuclei della società siriana (sunniti) sono stati organizzati per destabilizzare il regime. Ma la parte prevalente è rimastra leale al sistema. 5 anni di guerra e 60.000 soldati siriani caduti (in prevalenza sunniti) come si spiegherebbero?
A Beirut la letteratura internazionale si interroga su conflitti, migrazioni e identità
Qual è il ruolo dello scrittore oggi? Come la letteratura interpreta i problemi delle società contemporanee? Serve ancora, oggi, la letteratura? E a chi? A questi e ad altri interrogativi cercano di rispondere i nove autori invitati dalla Casa internazionale degli scrittori a Beirut (Beyt al-kottab ad-douali), che il 20 e 21 maggio si incontreranno … Continua a leggere A Beirut la letteratura internazionale si interroga su conflitti, migrazioni e identità →
A Beirut la letteratura internazionale si interroga su conflitti, migrazioni e identità
Qual è il ruolo dello scrittore oggi? Come la letteratura interpreta i problemi delle società contemporanee? Serve ancora, oggi, la letteratura? E a chi? A questi e ad altri interrogativi cercano di rispondere i nove autori invitati dalla Casa internazionale degli scrittori a Beirut (Beyt al-kottab ad-douali), che il 20 e 21 maggio si incontreranno … Continua a leggere A Beirut la letteratura internazionale si interroga su conflitti, migrazioni e identità →
Confini d’Europa — La parabola di Idomeni
Contribuisci e promuovi i progetti di #overthefortress a Idomeni: http://linkpdb.me/9878
Roma — Le vite non sono pacchi
18 maggio 2016 — Nella mattinata di ieri 17 maggio, un nutrito gruppo di richiedenti asilo e rifugiati accolti presso il CARA di…
Sbarco a Catania: porto sempre più blindato grazie a Frontex
Riceviamo e pubblichiamo. ¶
Oggi alle ore 12 è approdata la nave della guardia costiera Peluso con a bordo oltre 200 migranti in…
ASGI 20/23 giugno Roma: corso intensivo per operatori legali
In partenza il corso intensivo di aggiornamento per operatori legali specializzati nel settore della protezione internazionale di A.S.G.I.
Video interviste di Over the fortress da Idomeni
La prossima trasmissione in diretta Live visibile sulla pagina Facebook di Melting Pot andrà in onda sabato 21 Maggio alle 18:30 ¶
Dopo la…
“Quel velo sul tuo volto”: uno spaccato sul mondo arabo-musulmano nel volume di Nicola Lofoco
È stato presentato ieri, 17 maggio 2016, nella cornice degli eleganti uffici della Federazione Unitaria Italiana Scrittori a Roma il volume “Quel velo sul tuo volto” del giornalista e blogger Nicola Lofoco, edito da Les Flaneurs Edizioni. Il libro, il cui sottotitolo recita “La donna musulmana e le interpretazioni del Corano, oggi”, fornisce una dettagliata […]
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“Quel velo sul tuo volto”: uno spaccato sul mondo arabo-musulmano nel volume di Nicola Lofoco
È stato presentato ieri nella cornice degli eleganti uffici della Federazione Unitaria Italiana Scrittori a Roma il volume “Quel velo sul tuo volto” del giornalista e blogger Nicola Lofoco, edito da Les Flaneurs Edizioni. Il libro, il cui sottotitolo recita “La donna musulmana e le interpretazioni del Corano, oggi”, fornisce una dettagliata panoramica sulla situazione […]
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
In this paper, I will analyze some crucial aspects of Muslim women’s formal political participation in some European countries; in addition, I will focus on the Italian case with the help of a series of interviews with Muslim women who play an active role in local political councils. The study shows how in European politics, […]
Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Il peso delle donne musulmane nella vita politica Europea
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Una nuova visita a Istanbul
Di Mustafa al-Labad. As-Safir (16/05/2016). Traduzione e sintesi di Silvia Lobina. Solo una settimana separa la Turchia dalla prossima conferenza del partito al governo Giustizia e Sviluppo (AKP), durante la quale sarà nominato il nuovo primo ministro, successore dell’attuale Ahmet Davutoglu, dimissionato sotto la pressione del leader Erdogan. Il paese vive in uno stato di attesa […]
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Una nuova visita a Istanbul
Di Mustafa al-Labad. As-Safir (16/05/2016). Traduzione e sintesi di Silvia Lobina. Solo una settimana separa la Turchia dalla prossima conferenza del partito al governo Giustizia e Sviluppo (AKP), durante la quale sarà nominato il nuovo primo ministro, successore dell’attuale Ahmet Davutoglu, dimissionato sotto la pressione del leader Erdogan. Il paese vive in uno stato di attesa […]
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Sono aumentati gli arrivi dall’Egitto, e spesso si tratta di ragazzi egiziani, in molti casi minori…
CAIRO, May 17 (Aswat Masriya) — As Egypt’s rights defendants continue to voice concerns about purported enforced disappearance cases…
Due coraggiosi registi e attivisti sahrawi che documentano le violazioni dei diritti umani
“Sono sempre in pericolo, anche quando non sto riprendendo” dice Mariem Zafri, attivista digitale sahrawi sul rischio concreto per il suo lavoro di video attivista.
Due coraggiosi registi e attivisti sahrawi che documentano le violazioni dei diritti umani
“Sono sempre in pericolo, anche quando non sto riprendendo” dice Mariem Zafri, attivista digitale sahrawi sul rischio concreto per il suo lavoro di video attivista.
Si ringrazia per la segnalazione l’ Avv. Uljana Gazidede
In particolare questa ordinanza sottolinea la violazione de D.P.R. N.445 “Disposizioni legislative in materia di documentazione…
Il decreto di espulsione è nullo se non è stato notificato il diniego dalla prefettura.
Si ringrazia per la segnalazione l’ Avv. Uljana Gazidede ¶
Questo caso del gdp Rimini affronta il vizio procedurale in caso di espulsione…
Migranti: Europol-Interpol 90% flusso gestito da criminali
Migranti: Europol-Interpol, 90% flusso gestito da criminali
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Cosa avrebbero dovuto vedere la Merkel, Tusk e Timmermans durante la loro visita in Turchia.
Benvenuti al City Plaza Hotel: l’albergo per profughi della Grecia
I nuovi ospiti del City Plaza Hotel, nel centro di Atene, possono andarsene in qualsiasi momento, ma per il momento non possono lasciare la…
Accordo UE-Turchia: sopralluogo in Grecia di ASGI dal 15 al 19 giugno 2016
Dopo il primo viaggio del marzo scorso, durante la carovana #overthefortress, per osservare la condizione giuridica dei migranti nel campo…
Mercoledì 11 maggio a Roma un folto gruppo di richiedenti asilo e rifugiati del C.A.R.A.
Per l’ennesima volta i richiedenti asilo e i rifugiati vengono considerati semplici oggetti da spostare dove più conviene sulla scia di un…
Mahi Binebine presenta il suo “Il grande salto” a Roma
La redazione di Babelmed organizza oggi a Roma un incontro con lo scrittore marocchino Mahi Binebine, in occasione della pubblicazione in italiano del suo romanzo Il grande salto. Il romanzo era uscito in Francia per Flammarion nel 2010, con il titolo Les étoiles de Sidi Moumen, e la vicenda narrata trae spunto da una serie … Continua a leggere Mahi Binebine presenta il suo “Il grande salto” a Roma →
Mahi Binebine presenta il suo “Il grande salto” a Roma
La redazione di Babelmed organizza oggi a Roma un incontro con lo scrittore marocchino Mahi Binebine, in occasione della pubblicazione in italiano del suo romanzo Il grande salto. Il romanzo era uscito in Francia per Flammarion nel 2010, con il titolo Les étoiles de Sidi Moumen, e la vicenda narrata trae spunto da una serie … Continua a leggere Mahi Binebine presenta il suo “Il grande salto” a Roma →
Al Brennero si firma la pace sulla pelle dei migranti
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Dopo settimane di annunci preoccupanti e reazioni irritate, Austria e Italia hanno trovato un accordo: Vienna non…
Un pomeriggio al Salone Internazionale del Libro di Torino
Erano molti anni che non riuscivo ad andare al Salone Internazionale del Libro di Torino. Prima, era una tappa obbligata con la scuola: abitando vicino a Cuneo, le scuole ci portavano quasi tutti gli anni in gita, e anche dopo è sempre stato un appuntamento fisso. Da quando mi sono trasferita a Roma, però, non sono […]
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Un pomeriggio al Salone Internazionale del Libro di Torino
Erano molti anni che non riuscivo ad andare al Salone Internazionale del Libro di Torino. Prima, era una tappa obbligata con la scuola: abitando vicino a Cuneo, le scuole ci portavano quasi tutti gli anni in gita, e anche dopo è sempre stato un appuntamento fisso. Da quando mi sono trasferita a Roma, però, non sono […]
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L’Iran e la sua immaturità politica
Di Tariq al-Homayed. Asharq al-Awsat (14/05/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo. Gli ‘ulama di al-Azhar non esagerano quando etichettano come “immaturità politica” la decisione dell’Iran di impedire ai propri cittadini di partecipare all’annuale pellegrinaggio alla Mecca. Questa, insieme all’uso strumentale che fa della religione islamica, è la prova della poca credibilità che ha il regime iraniano […]
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L’Iran e la sua immaturità politica
Di Tariq al-Homayed. Asharq al-Awsat (14/05/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo. Gli ‘ulama di al-Azhar non esagerano quando etichettano come “immaturità politica” la decisione dell’Iran di impedire ai propri cittadini di partecipare all’annuale pellegrinaggio alla Mecca. Questa, insieme all’uso strumentale che fa della religione islamica, è la prova della poca credibilità che ha il regime iraniano […]
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Blogging day per Ahmed Naji
Nel giorno in cui PEN America assegnerà il premio PEN/Barbey Freedom to Write Award al blogger, giornalista e scrittore egiziano Ahmed Naji (anche Nagy), condannato a due anni di carcere, gli attivisti di Egypt Art on Trial/ضد محاكمة الخيال hanno indetto una giornata di scrittura e blogging per Naji. L’obbiettivo è quello di tenere alta … Continua a leggere Blogging day per Ahmed Naji →
Blogging day per Ahmed Naji
Nel giorno in cui PEN America assegnerà il premio PEN/Barbey Freedom to Write Award al blogger, giornalista e scrittore egiziano Ahmed Naji (anche Nagy), condannato a due anni di carcere, gli attivisti di Egypt Art on Trial/ضد محاكمة الخيال hanno indetto una giornata di scrittura e blogging per Naji. L’obbiettivo è quello di tenere alta … Continua a leggere Blogging day per Ahmed Naji →
Omaggio agli scrittori dal mondo arabo a Trieste
L’Università di Trieste mercoledì 18 maggio organizza una tavola rotonda dal titolo “Omaggi mediterranei: scrittrici e scrittori dal mondo arabo”, durante la quale studiosi e studiose ricorderanno il poeta palestinese Mahmud Darwish, la sociologa e scrittrice marocchina Fatema Mernissi, la scrittrice e saggista algerina Assia Djebbar e il poeta e intellettuale tunisino Abdelwahab Meddeb. “Una … Continua a leggere Omaggio agli scrittori dal mondo arabo a Trieste →
Omaggio agli scrittori dal mondo arabo a Trieste
L’Università di Trieste mercoledì 18 maggio organizza una tavola rotonda dal titolo “Omaggi mediterranei: scrittrici e scrittori dal mondo arabo”, durante la quale studiosi e studiose ricorderanno il poeta palestinese Mahmud Darwish, la sociologa e scrittrice marocchina Fatema Mernissi, la scrittrice e saggista algerina Assia Djebbar e il poeta e intellettuale tunisino Abdelwahab Meddeb. “Una … Continua a leggere Omaggio agli scrittori dal mondo arabo a Trieste →
L’accordo Sykes-Picot si sgretola nel suo centenario
Di James Reinl. Middle East Eye (12/05/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. I centenari sono raramente in ottima salute. Sicuramente non lo è l’accordo Sykes-Picot, che celebra il suo 100° compleanno lunedì 16 maggio. L’accordo segreto per dividere il vasto territorio dell’Impero Ottomano in zone d’influenza inglesi e francesi ha fatto precipitare la […]
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Conflict Is Key to Understanding Migration
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The West’s current focus on the refugee crisis in Europe obscures the larger truths of a global crisis of…
Come schiavi in libertà
di Raùl Zecca Castel* Junior ha 23 anni. È scappato da Haiti, la sua terra natale, quando ne aveva appena 17, in fuga dalla violenza delle…
Passaggi: Le parole di Jabra Ibrahim Jabra per la giornata della Nakba
La Nakba, la catastrofe, si celebra oggi per ricordare le ingiustizie che i palestinesi hanno subito e continuano a subire. Nel 1948, oggi, nasceva lo Stato di Israele, per volere delle potenze occidentali. L’occupazione e il conseguente esodo della popolazione palestinese erano già iniziati l’anno precedente in maniera più consistente, ma a partire da quella […]
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Egitto. Di sovranità e impunita repressione
Arresti preventivi, rastrellamenti, oltre 50 persone incarcerate, tra cui l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdallah, dell’organizzazione che sta fornendo consulenza per il caso Regeni. E’ questa la risposta del regime egiziano alle manifestazioni contro la vendita delle isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, paradigma di un malcontento popolare mai sopito.
Egitto. Di sovranità e impunita repressione
Arresti preventivi, rastrellamenti, oltre 50 persone incarcerate, tra cui l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdallah, dell’organizzazione che sta fornendo consulenza per il caso Regeni. E’ questa la risposta del regime egiziano alle manifestazioni contro la vendita delle isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, paradigma di un malcontento popolare mai sopito.
Egitto. Di sovranità e impunita repressione
Arresti preventivi, rastrellamenti, oltre 50 persone incarcerate, tra cui l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdallah, dell’organizzazione che sta fornendo consulenza per il caso Regeni. E’ questa la risposta del regime egiziano alle manifestazioni contro la vendita delle isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, paradigma di un malcontento popolare mai sopito.
Egitto. Di sovranità e impunita repressione
Arresti preventivi, rastrellamenti, oltre 50 persone incarcerate, tra cui l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdallah, dell’organizzazione che sta fornendo consulenza per il caso Regeni. E’ questa la risposta del regime egiziano alle manifestazioni contro la vendita delle isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, paradigma di un malcontento popolare mai sopito.
Egitto. Di sovranità e impunita repressione
Arresti preventivi, rastrellamenti, oltre 50 persone incarcerate, tra cui l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdallah, dell’organizzazione che sta fornendo consulenza per il caso Regeni. E’ questa la risposta del regime egiziano alle manifestazioni contro la vendita delle isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, paradigma di un malcontento popolare mai sopito.
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
A gennaio i riflettori si sono riaccesi sulle proteste scoppiate in Tunisia. Lontani dalla Capitale e dai centri del potere politico, i giovani prosegono in un’azione dirompente di ridefinizione degli spazi pubblici e delle frontiere interne.
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
A gennaio i riflettori si sono riaccesi sulle proteste scoppiate in Tunisia. Lontani dalla Capitale e dai centri del potere politico, i giovani prosegono in un’azione dirompente di ridefinizione degli spazi pubblici e delle frontiere interne.
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
A gennaio i riflettori si sono riaccesi sulle proteste scoppiate in Tunisia. Lontani dalla Capitale e dai centri del potere politico, i giovani prosegono in un’azione dirompente di ridefinizione degli spazi pubblici e delle frontiere interne.
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
A gennaio i riflettori si sono riaccesi sulle proteste scoppiate in Tunisia. Lontani dalla Capitale e dai centri del potere politico, i giovani prosegono in un’azione dirompente di ridefinizione degli spazi pubblici e delle frontiere interne.
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
A gennaio i riflettori si sono riaccesi sulle proteste scoppiate in Tunisia. Lontani dalla Capitale e dai centri del potere politico, i giovani prosegono in un’azione dirompente di ridefinizione degli spazi pubblici e delle frontiere interne.
Palestina. “Dalle ceneri della Nakba risorgeremo per resistere”
La famiglia di Mahmoud Zwahre è stata cacciata dal villaggio nel quale aveva vissuto per generazioni nel 1948. I suoi nonni trovarono rifugio nel villaggio di Al-Ma’sara, nei Territori Palestinesi Occupati, dove Mahmoud è nato, cresciuto, e diventato un leader dei Comitati di Resistenza Popolare. In queste righe, spiega che significato abbia oggi la Nakba per lui.
Palestina. “Dalle ceneri della Nakba risorgeremo per resistere”
La famiglia di Mahmoud Zwahre è stata cacciata dal villaggio nel quale aveva vissuto per generazioni nel 1948. I suoi nonni trovarono rifugio nel villaggio di Al-Ma’sara, nei Territori Palestinesi Occupati, dove Mahmoud è nato, cresciuto, e diventato un leader dei Comitati di Resistenza Popolare. In queste righe, spiega che significato abbia oggi la Nakba per lui.
Palestina. “Dalle ceneri della Nakba risorgeremo per resistere”
La famiglia di Mahmoud Zwahre è stata cacciata dal villaggio nel quale aveva vissuto per generazioni nel 1948. I suoi nonni trovarono rifugio nel villaggio di Al-Ma’sara, nei Territori Palestinesi Occupati, dove Mahmoud è nato, cresciuto, e diventato un leader dei Comitati di Resistenza Popolare. In queste righe, spiega che significato abbia oggi la Nakba per lui.
Palestina. “Dalle ceneri della Nakba risorgeremo per resistere”
La famiglia di Mahmoud Zwahre è stata cacciata dal villaggio nel quale aveva vissuto per generazioni nel 1948. I suoi nonni trovarono rifugio nel villaggio di Al-Ma’sara, nei Territori Palestinesi Occupati, dove Mahmoud è nato, cresciuto, e diventato un leader dei Comitati di Resistenza Popolare. In queste righe, spiega che significato abbia oggi la Nakba per lui.
Palestina. “Dalle ceneri della Nakba risorgeremo per resistere”
La famiglia di Mahmoud Zwahre è stata cacciata dal villaggio nel quale aveva vissuto per generazioni nel 1948. I suoi nonni trovarono rifugio nel villaggio di Al-Ma’sara, nei Territori Palestinesi Occupati, dove Mahmoud è nato, cresciuto, e diventato un leader dei Comitati di Resistenza Popolare. In queste righe, spiega che significato abbia oggi la Nakba per lui.
Iraq, Siria, Palestina: perché la religione non c’entra
A fronte di dibattiti pubblici sempre più islamofobici ed etnocentrici, spesso focalizzati sulla costruzione dell’arabo-musulmano come “pericoloso” in quanto irrimediabilmente “diverso”, Enrico Bartolomei ed Estella Carpiche affrontano la questione del paradigma religioso-confessionale con cui spesso vengono interpretati il Medio Oriente e il mondo arabo, a approndiscono la critica avviata dal gruppo di studiosi de “
Iraq, Siria, Palestina: perché la religione non c’entra
A fronte di dibattiti pubblici sempre più islamofobici ed etnocentrici, spesso focalizzati sulla costruzione dell’arabo-musulmano come “pericoloso” in quanto irrimediabilmente “diverso”, Enrico Bartolomei ed Estella Carpiche affrontano la questione del paradigma religioso-confessionale con cui spesso vengono interpretati il Medio Oriente e il mondo arabo, a approndiscono la critica avviata dal gruppo di studiosi de “
Iraq, Siria, Palestina: perché la religione non c’entra
A fronte di dibattiti pubblici sempre più islamofobici ed etnocentrici, spesso focalizzati sulla costruzione dell’arabo-musulmano come “pericoloso” in quanto irrimediabilmente “diverso”, Enrico Bartolomei ed Estella Carpiche affrontano la questione del paradigma religioso-confessionale con cui spesso vengono interpretati il Medio Oriente e il mondo arabo, a approndiscono la critica avviata dal gruppo di studiosi de “
Iraq, Siria, Palestina: perché la religione non c’entra
A fronte di dibattiti pubblici sempre più islamofobici ed etnocentrici, spesso focalizzati sulla costruzione dell’arabo-musulmano come “pericoloso” in quanto irrimediabilmente “diverso”, Enrico Bartolomei ed Estella Carpiche affrontano la questione del paradigma religioso-confessionale con cui spesso vengono interpretati il Medio Oriente e il mondo arabo, a approndiscono la critica avviata dal gruppo di studiosi de “
Iraq, Siria, Palestina: perché la religione non c’entra
A fronte di dibattiti pubblici sempre più islamofobici ed etnocentrici, spesso focalizzati sulla costruzione dell’arabo-musulmano come “pericoloso” in quanto irrimediabilmente “diverso”, Enrico Bartolomei ed Estella Carpiche affrontano la questione del paradigma religioso-confessionale con cui spesso vengono interpretati il Medio Oriente e il mondo arabo, a approndiscono la critica avviata dal gruppo di studiosi de “
Iraq. La rivoluzione dei giovani
I movimenti giovanili iracheni che manifestano da mesi contro la corruzione del governo stanno inventando nuove forme di cittadinanza. E in un paese martoriato dalla guerra, investono in dialogo e cultura.
Iraq. La rivoluzione dei giovani
I movimenti giovanili iracheni che manifestano da mesi contro la corruzione del governo stanno inventando nuove forme di cittadinanza. E in un paese martoriato dalla guerra, investono in dialogo e cultura.
Iraq. La rivoluzione dei giovani
I movimenti giovanili iracheni che manifestano da mesi contro la corruzione del governo stanno inventando nuove forme di cittadinanza. E in un paese martoriato dalla guerra, investono in dialogo e cultura.
Iraq. La rivoluzione dei giovani
I movimenti giovanili iracheni che manifestano da mesi contro la corruzione del governo stanno inventando nuove forme di cittadinanza. E in un paese martoriato dalla guerra, investono in dialogo e cultura.
Iraq. La rivoluzione dei giovani
I movimenti giovanili iracheni che manifestano da mesi contro la corruzione del governo stanno inventando nuove forme di cittadinanza. E in un paese martoriato dalla guerra, investono in dialogo e cultura.
Libia. La “guerra al terrorismo” che impedisce la riconciliazione nazionale
Dopo aver riconosciuto il Parlamento di Tobruk come l’unico rappresentante del popolo libico nell’agosto 2014, l’Occidente vuole adesso applicare l’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 che prevede un governo di unità nazionale a Tripoli, suscettibile di fare appello alla comunità internazionale per condurre la guerra contro il terrorismo e l’organizzazione dello Stato Islamico a Sirte.
Libia. La “guerra al terrorismo” che impedisce la riconciliazione nazionale
Dopo aver riconosciuto il Parlamento di Tobruk come l’unico rappresentante del popolo libico nell’agosto 2014, l’Occidente vuole adesso applicare l’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 che prevede un governo di unità nazionale a Tripoli, suscettibile di fare appello alla comunità internazionale per condurre la guerra contro il terrorismo e l’organizzazione dello Stato Islamico a Sirte.
Libia. La “guerra al terrorismo” che impedisce la riconciliazione nazionale
Dopo aver riconosciuto il Parlamento di Tobruk come l’unico rappresentante del popolo libico nell’agosto 2014, l’Occidente vuole adesso applicare l’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 che prevede un governo di unità nazionale a Tripoli, suscettibile di fare appello alla comunità internazionale per condurre la guerra contro il terrorismo e l’organizzazione dello Stato Islamico a Sirte.
Libia. La “guerra al terrorismo” che impedisce la riconciliazione nazionale
Dopo aver riconosciuto il Parlamento di Tobruk come l’unico rappresentante del popolo libico nell’agosto 2014, l’Occidente vuole adesso applicare l’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 che prevede un governo di unità nazionale a Tripoli, suscettibile di fare appello alla comunità internazionale per condurre la guerra contro il terrorismo e l’organizzazione dello Stato Islamico a Sirte.
Libia. La “guerra al terrorismo” che impedisce la riconciliazione nazionale
Dopo aver riconosciuto il Parlamento di Tobruk come l’unico rappresentante del popolo libico nell’agosto 2014, l’Occidente vuole adesso applicare l’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 che prevede un governo di unità nazionale a Tripoli, suscettibile di fare appello alla comunità internazionale per condurre la guerra contro il terrorismo e l’organizzazione dello Stato Islamico a Sirte.
Siria. La lotta necessaria contro l’indifferenza
“Esilio dalla Siria” è l’ultimo libro di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani italo-siriano che ripercorre 5 anni di conflitto. Un viaggio tra le macerie di un paese, e delle nostre coscienze.
Cecilia Dalla Negra
Siria. La lotta necessaria contro l’indifferenza
“Esilio dalla Siria” è l’ultimo libro di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani italo-siriano che ripercorre 5 anni di conflitto. Un viaggio tra le macerie di un paese, e delle nostre coscienze.
Cecilia Dalla Negra
Siria. La lotta necessaria contro l’indifferenza
“Esilio dalla Siria” è l’ultimo libro di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani italo-siriano che ripercorre 5 anni di conflitto. Un viaggio tra le macerie di un paese, e delle nostre coscienze.
Cecilia Dalla Negra
Siria. La lotta necessaria contro l’indifferenza
“Esilio dalla Siria” è l’ultimo libro di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani italo-siriano che ripercorre 5 anni di conflitto. Un viaggio tra le macerie di un paese, e delle nostre coscienze.
Cecilia Dalla Negra
Siria. La lotta necessaria contro l’indifferenza
“Esilio dalla Siria” è l’ultimo libro di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani italo-siriano che ripercorre 5 anni di conflitto. Un viaggio tra le macerie di un paese, e delle nostre coscienze.
Cecilia Dalla Negra
Migranti: navi Ue preparano ingresso in acque libiche
http://ift.tt/1OuczKS
Mogherini, Eunavfor Med addestrerà guardia costiera
migrano
news e agenzie italiane
via RSS diAnsamed — ANSA…
Palestina. “Se i poeti perdono”, a Salerno Ibrahim Nasrallah
“Se i poeti perdono” è il titolo del reading con Ibrahim Nasrallah, uno dei massimi poeti palestinesi, che sarà ospite della rassegna “Femminile palestinese” curata da Maria Rosaria Greco.
Palestina. “Se i poeti perdono”, a Salerno Ibrahim Nasrallah
“Se i poeti perdono” è il titolo del reading con Ibrahim Nasrallah, uno dei massimi poeti palestinesi, che sarà ospite della rassegna “Femminile palestinese” curata da Maria Rosaria Greco.
Pozzallo (Ragusa), sbarchi e trattenimento amministrativo: Hotspot da sempre.
1) Meno di mille richiedenti asilo, ricollocati dall’Italia verso altri paesi europei da quando sono stati aperti i primi Hotspot in…
Pozzallo (Ragusa), sbarchi e trattenimento amministrativo: Hotspot da sempre.
1) Meno di mille richiedenti asilo, ricollocati dall’Italia verso altri paesi europei da quando sono stati aperti i primi Hotspot in…
Palestina: dalla Nakba alla rivoluzione
L’opinione di Al-Quds. Al-Quds al-Arabi (13/05/2016). Traduzione e sintesi di Giuliana Puccia. Oggi i palestinesi ricordano l’anniversario della Nakba, quella catastrofe avvenuta in concomitanza con la giornata della fondazione dello Stato di Israele, un evento che ha sconvolto la storia del popolo arabo. La questione ebraica era un affare europeo per esprimere il fenomeno antisemita che aveva […]
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Sono pronti i piani per i nuovi Hotspots galleggianti davanti alle coste libiche.
MIGRANTS will be processed at sea in a bid to control the crisis on the central Mediterranean, under leaked EU plans.
Presidio a Ventimiglia — Basta torture! Basta deportazioni!
Presidio sotto il municipio di Ventimiglia
domenica 15 maggio — ore 17 ¶
La situazione sta precipitando velocemente.
A Ventimiglia si intensifica la repressione sui migranti
Gli eventi degli ultimi giorni hanno decisamente superato la visita di Corrado della settimana scorsa.
Londra sconfigge l’islamofobia
Di Noureddine Miladi. Middle East Monitor (13/05/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Il 6 maggio, Sadiq Khan è stato eletto Primo Cittadino di Londra, il “primo sindaco musulmano di una grande città europea”. Khan è nato a Londra, da un’umile famiglia pakistana. Dopo aver studiato sodo, si è laureato in Giurisprudenza alla University of North London. Dopo la […]
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Mentre l’ONU decide della missione di pace nel Sahara Occidentale, i Sahrawi chiedono diritti umani
Proteste su tutto il territorio occupato del Sahara Occidentale invocano autodeterminazione e diritti umani.
Mentre l’ONU decide della missione di pace nel Sahara Occidentale, i Sahrawi chiedono diritti umani
While international diplomats met this week to determine the future of the UN’s peacekeeping mission in Western Sahara, demonstrators throughout the occupied territory are calling for self-determination and human rights.
Call for Papers for Sixth Istanbul Human Security Conference 2016 (19-20-21 October)
Call for Papers for the panel—“Protecting People or Protecting Orders? Displacement in the Middle East and North Africa (MENA) Region” to take place at the sixth Istanbul Human Security Conference, The Human Security Implications of the Refugee Crisis: Evaluating Current Policies and Discussing Potential Solutions, 19-20-21 October 2016. This panel will be under the “Responses […]
Call for Papers for Sixth Istanbul Human Security Conference 2016 (19-20-21 October)
Call for Papers for the panel—“Protecting People or Protecting Orders? Displacement in the Middle East and North Africa (MENA) Region” to take place at the sixth Istanbul Human Security Conference, The Human Security Implications of the Refugee Crisis: Evaluating Current Policies and Discussing Potential Solutions, 19-20-21 October 2016. This panel will be under the “Responses […]
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Call for Papers for the panel—“Protecting People or Protecting Orders? Displacement in the Middle East and North Africa (MENA) Region” to take place at the sixth Istanbul Human Security Conference, The Human Security Implications of the Refugee Crisis: Evaluating Current Policies and Discussing Potential Solutions, 19-20-21 October 2016. This panel will be under the “Responses […]
Attivisti siriani allarmati per un possibile massacro nella prigione di Hama
Gli attivisti temono per la sorte di oltre 800 detenuti, prigionieri politici, nel carcere siriano di Hama, dopo le proteste per rivendicare i propri diritti.
Profughi il posto a Tempelhof è solo su prenotazione
Germania. Reportage dall’ex aeroporto, il più grande centro di accoglienza della capitale tedesca.
Migranti primo ok a addestramento Ue guardia costiera libica
Migranti, primo ok a addestramento Ue guardia costiera libica
http://ift.tt/1WvdNgU
On line il libro “Storie da Idomeni. Racconti della marcia Over The Fortress”
Raccogliamo in questo libro le testimonianze e le riflessioni scritte al ritorno di quella straordinaria esperienza che è stata la March…
Diciannove giorni in un centro per migranti del Canada
Un documentario racconta il Margaret Chisholm di Calgary, un centro provvisorio per chi fugge dalla guerra e spera di rifarsi una vita in…
Atti criminali. L’Europa e i profughi
Lo spirito del Migration Compact, la proposta del governo Renzi all’Ue, è lo stesso dell’accordo fatto dall’Europa con la Turchia.
I numeri dell’asilo
Riportiamo dal sito del Ministero dell’Interno i dati ufficiali aggiornati in materia di diritto di asilo.
Ahdaf Soueif
[Per un paio di giorni ho letto una serie di post sul tema “cosa sia da considerare letteratura araba se solo quella scritta in arabo o anche in altre lingue”. Piuttosto che inserirmi nella discussione ho pensato di pubblicare qui … Continua a leggere→
Ahdaf Soueif
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Ahdaf Soueif
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letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Ahdaf Soueif
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letturearabe di Jolanda Guardi
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letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
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letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
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letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Le sfide degli intellettuali nella Siria di oggi
Di Akram al-Beni. Al-Hayat (6/05/2016). Traduzione e sintesi di Rachida Razzouk I venti del cambiamento hanno messo gli intellettuali siriani davanti a nuovi orizzonti, spinti dalla speranza di rafforzare il loro ruolo per la promozione di una società libera e sana. L’eccessiva violenza ha messo alla prova la profondità delle loro scelte umane e la […]
L’articolo Le sfide degli intellettuali nella Siria di oggi sembra essere il primo su Arabpress.
Le conseguenze della guerra in Yemen sulle gravidanze
Di Nasser al-Sakkaf. Middle East Eye (10/05/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia La maggior parte degli ospedali di Ta’izz sono chiusi a causa della guerra. Da aprile 2015 Ta’izz è stata teatro di combattimenti feroci tra i ribelli Houti e i combattenti fedeli al Presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, sostenuti dai Sauditi. Secondo Fahd […]
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Le conseguenze della guerra in Yemen sulle gravidanze
Di Nasser al-Sakkaf. Middle East Eye (10/05/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia La maggior parte degli ospedali di Ta’izz sono chiusi a causa della guerra. Da aprile 2015 Ta’izz è stata teatro di combattimenti feroci tra i ribelli Houti e i combattenti fedeli al Presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, sostenuti dai Sauditi. Secondo Fahd […]
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Alfano lo aveva promesso e lo ha fatto.
LasciateCIEntrare consegna i rapporti ACCOGLIERE, LA VERA EMERGENZA e INCASTRATI al Ministero dell’Interno
Trento — La protesta in città dei richiedenti asilo: “Abbiamo bisogno dei documenti”
Trento — Circa ottanta richiedenti asilo questa mattina hanno deciso di mettersi in marcia e attraversare le vie cittadine.
Over the fortress live from Idomeni’s Camp at Greek-Macedonian border on facebook
Everyone is invited to share and join the live stream!
Over the fortress in diretta dal campo di Idomeni
Invitiamo tutti a condividere questo post e la diretta!
Over the fortress in diretta dal Campo di Idomeni
Invitiamo tutti a condividere questo post e la diretta!
Dopo la stagione dei respingimenti collettivi in mare, culminata con la condanna dell’Italia da…
parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo ( caso Hirsi) per i respingimenti effettuati nel 2009 ( e proseguiti nel 2010) verso la…
Lampedusa, mercoledì 11 maggio — Lunedì è partita una nave con circa 150 migranti a bordo…
Nel primo pomeriggio di ieri i migranti hanno accettato di spostarsi in una villa comunale a poca distanza da piazza Garibaldi, dove da…
Il provvedimento d’espulsione del cittadino straniero è nullo se tradotto erroneamente
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv.Giorgio Bisagna.
La sindrome da ritorno
La testimonianza di un medico volontario a Ventimiglia, un luogo sospeso, dal futuro incerto
via Migrano http://ift.tt/1rV5w9e
La frontiera europea come infrastruttura di sorveglianza
Lo scorso 6 aprile 2016 la Commissione ha presentato il suo nuovo Smart Border Package, proponendo la creazione di quella che si candida a…
Fuggiti dalla guerra ostaggi in Europa
Nove Onlus, giovane associazione no profit che si occupa di aiuti umanitari, educazione e sviluppo socio economico in Afghanistan e Italia…
Gli immigrati gambiani rischiano la morte per trovare una vita ancora più amara in Europa
Ringraziamo Antonio Sciuto per la segnalazione di questa ordinanza e il suo commento.
Con l’ordinanza in allegato la prima sezione del Tribunale civile di Milano (il ricorso è stato seguito dall’Avv. Mauro Manuela, ndr.) ha…
Ringraziamo Antonio Sciuto per la segnalazione di questa ordinanza e il suo commento.
Con l’ordinanza in allegato la prima sezione del Tribunale civile di Milano (il ricorso è stato seguito dall’Avv. Mauro Manuela, ndr.) ha…
Roma non alza muri
Roma non alza muri
Romanzo arabo e “Orientalismo”
Leggo oggi un post di editoriaraba intitolato “Se la letteratura è orientalismo”, che confuta alcune affermazioni pubblicate sulla carta stampata in occasione del Salone del Libro di Torino e che mi hanno dato da pensare. Preciso che quel che segue nulla ha … Continua a leggere→
Romanzo arabo e “Orientalismo”
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Romanzo arabo e “Orientalismo”
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Romanzo arabo e “Orientalismo”
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)
Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Romanzo arabo e “Orientalismo”
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Le elezioni municipali danno speranza al futuro del Libano
Di Lina Khatib e Bassem Deaibess. Middle East Eye (09/05/2016). Traduzione di Roberta Papaleo. La scorsa domenica, con il primo turno di municipali, dopo quattro anni in Libano si sono svolte delle elezioni. Per anni, la politica libanese è rimasta congelata: ciò ha quindi conferito una rinnovata importanza alle votazioni municipali, come unica chance per il […]
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Le elezioni municipali danno speranza al futuro del Libano
Di Lina Khatib e Bassem Deaibess. Middle East Eye (09/05/2016). Traduzione di Roberta Papaleo. La scorsa domenica, con il primo turno di municipali, dopo quattro anni in Libano si sono svolte delle elezioni. Per anni, la politica libanese è rimasta congelata: ciò ha quindi conferito una rinnovata importanza alle votazioni municipali, come unica chance per il […]
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Le elezioni municipali danno speranza al futuro del Libano
Di Lina Khatib e Bassem Deaibess. Middle East Eye (09/05/2016). Traduzione di Roberta Papaleo. La scorsa domenica, con il primo turno di municipali, dopo quattro anni in Libano si sono svolte delle elezioni. Per anni, la politica libanese è rimasta congelata: ciò ha quindi conferito una rinnovata importanza alle votazioni municipali, come unica chance per il […]
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“Il protagonismo delle donne in terra d’Islam” di Leila Karami e Biancamaria Scarcia Amoretti
Uno dei temi che maggiormente affascina studiosi ed opinione pubblica nell’ambito del mondo islamico è senza dubbio rappresentato dalla condizione della donna, dalle mille sfaccettature che la condizione ed il ruolo femminile riveste in tutti i paesi in cui la religione islamica permea in maniera più o meno determinante la vita pubblica e privata dei […]
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“Il protagonismo delle donne in terra d’Islam” di Leila Karami e Biancamaria Scarcia Amoretti
Uno dei temi che maggiormente affascina studiosi ed opinione pubblica nell’ambito del mondo islamico è senza dubbio rappresentato dalla condizione della donna, dalle mille sfaccettature che la condizione ed il ruolo femminile riveste in tutti i paesi in cui la religione islamica permea in maniera più o meno determinante la vita pubblica e privata dei […]
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“Il protagonismo delle donne in terra d’Islam” di Leila Karami e Biancamaria Scarcia Amoretti
Uno dei temi che maggiormente affascina studiosi ed opinione pubblica nell’ambito del mondo islamico è senza dubbio rappresentato dalla condizione della donna, dalle mille sfaccettature che la condizione ed il ruolo femminile riveste in tutti i paesi in cui la religione islamica permea in maniera più o meno determinante la vita pubblica e privata dei […]
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Ventimiglia: Ci spiace ma il centro è chiuso
via Migrano http://ift.tt/1TE2Ym0
Ventimiglia: Ci spiace ma il centro è chiuso
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Se la letteratura è orientalista
Spiace, e molto, dover ritornare sul programma Anime arabe del prossimo Salone del Libro di Torino. Spiace perché questa storia mi ha personalmente affaticata, ma francamente alcune recenti esternazioni apparse su vari media mi hanno lasciata molto perplessa e infastidita. Secondo il direttore del Salone (articolo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, domenica … Continua a leggere Se la letteratura è orientalista →
Se la letteratura è orientalista
Spiace, e molto, dover ritornare sul programma Anime arabe del prossimo Salone del Libro di Torino. Spiace perché questa storia mi ha personalmente affaticata, ma francamente alcune recenti esternazioni apparse su vari media mi hanno lasciata molto perplessa e infastidita. Secondo il direttore del Salone (articolo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, domenica … Continua a leggere Se la letteratura è orientalista →
Se la letteratura è orientalista
Spiace, e molto, dover ritornare sul programma Anime arabe del prossimo Salone del Libro di Torino. Spiace perché questa storia mi ha personalmente affaticata, ma francamente alcune recenti esternazioni apparse su vari media mi hanno lasciata molto perplessa e infastidita. Secondo il direttore del Salone (articolo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, domenica … Continua a leggere Se la letteratura è orientalista →
Se la letteratura è orientalista
Spiace, e molto, dover ritornare sul programma Anime arabe del prossimo Salone del Libro di Torino. Spiace perché questa storia mi ha personalmente affaticata, ma francamente alcune recenti esternazioni apparse su vari media mi hanno lasciata molto perplessa e infastidita. Secondo il direttore del Salone (articolo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, domenica … Continua a leggere Se la letteratura è orientalista →
Si ringrazia per la segnalazione e le note l’Avv. Valerio Corsa.
Pubblichiamo un’ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce — in persona del G.U.
Si ringrazia per la segnalazione e le note l’Avv. Valerio Corsa.
Pubblichiamo un’ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce — in persona del G.U.
Il fallimento dell’hotspot di Lampedusa: proteste in piazza per chiedere dignità e chiarezza
Domenica 8 maggio — Nelle scorse settimana avevamo già denunciato la disastrosa situazione dell’hotspot di contrada Imbriacola, a Lampedusa…
Il fallimento dell’hotspot di Lampedusa: proteste in piazza per chiedere dignità e chiarezza
Domenica 8 maggio — Nelle scorse settimana avevamo già denunciato la disastrosa situazione dell’hotspot di contrada Imbriacola, a Lampedusa…
La Turchia riammette 386 migranti irregolari a partire dal 20 Marzo: Ministero degli Affari Esteri
In linea con l’accordo di Marzo con l’Unione Europea, quasi 400 immigrati irregolari sono stati riammessi fino ad ora in Turchia, ha…
La Turchia riammette 386 migranti irregolari a partire dal 20 Marzo: Ministero degli Affari Esteri
In linea con l’accordo di Marzo con l’Unione Europea, quasi 400 immigrati irregolari sono stati riammessi fino ad ora in Turchia, ha…
Confine Egitto-Sudan: il nuovo ostacolo nelle trattative sulla Renaissance Dam?
Di Walaa Hussein. Al-Monitor (08/05/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Si teme che la disputa su Halayeb e Shalateen, una piccola regione di confine rivendicata sia dal Cairo che da Khartum, getterà un’ombra sul coordinamento egiziano-sudanese dei negoziati sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam tra i due paesi e l’Etiopia. Il 18 aprile scorso, […]
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Confine Egitto-Sudan: il nuovo ostacolo nelle trattative sulla Renaissance Dam?
Di Walaa Hussein. Al-Monitor (08/05/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Si teme che la disputa su Halayeb e Shalateen, una piccola regione di confine rivendicata sia dal Cairo che da Khartum, getterà un’ombra sul coordinamento egiziano-sudanese dei negoziati sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam tra i due paesi e l’Etiopia. Il 18 aprile scorso, […]
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Confine Egitto-Sudan: il nuovo ostacolo nelle trattative sulla Renaissance Dam?
Di Walaa Hussein. Al-Monitor (08/05/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Si teme che la disputa su Halayeb e Shalateen, una piccola regione di confine rivendicata sia dal Cairo che da Khartum, getterà un’ombra sul coordinamento egiziano-sudanese dei negoziati sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam tra i due paesi e l’Etiopia. Il 18 aprile scorso, […]
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Spagna — Air Europa e Swift Air si aggiudicano i “voli della vergogna”
Le due compagnie concludono per la terza volta l’accordo che gli permette di espellere i migranti irregolari, su voli commerciali.
Spagna — Air Europa e Swift Air si aggiudicano i “voli della vergogna”
Le due compagnie concludono per la terza volta l’accordo che gli permette di espellere i migranti irregolari, su voli commerciali.
Articolo originale
Sebastien Stein, coordinatore Médicos Sin Fronteras a bordo della Bourbon Argos
Articolo originale
Sebastien Stein, coordinatore Médicos Sin Fronteras a bordo della Bourbon Argos
CAS di Longobardi (Cz) visita della Campagna LasciateCIEntrare
Report della visita effettuata al Centro Accoglienza Straordinaria a Longobardi (Cz) il 06.02.2016
CAS di Longobardi (Cz) visita della Campagna LasciateCIEntrare
Report della visita effettuata al Centro Accoglienza Straordinaria a Longobardi (Cz) il 06.02.2016
La Turchia e la dittatura di Erdoğan
Di Jihad El-Khazen. Al-Hayat (09/05/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. La causa principale e forse la più importante alla base delle dimissioni di Ahmet Davotuğlu dalla carica di Primo Ministro della Turchia è da ricercare nelle tendenze dittatoriali del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che ha tentato di accaparrarsi quei poteri esecutivi che da più […]
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La Turchia e la dittatura di Erdoğan
Di Jihad El-Khazen. Al-Hayat (09/05/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. La causa principale e forse la più importante alla base delle dimissioni di Ahmet Davotuğlu dalla carica di Primo Ministro della Turchia è da ricercare nelle tendenze dittatoriali del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che ha tentato di accaparrarsi quei poteri esecutivi che da più […]
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La Turchia e la dittatura di Erdoğan
Di Jihad El-Khazen. Al-Hayat (09/05/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. La causa principale e forse la più importante alla base delle dimissioni di Ahmet Davotuğlu dalla carica di Primo Ministro della Turchia è da ricercare nelle tendenze dittatoriali del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che ha tentato di accaparrarsi quei poteri esecutivi che da più […]
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Filippine. Settemila isole per un giustizialista
Alla mezzanotte di ieri lo spoglio di due terzi delle schede elettorali per la scelta del nuovo presidente filippino non lasciava dubbi. La poltrona più alta già sembrava pronta per Rodrigo Digong Duterte, detto il “giustiziere”, già sindaco di Davao e uomo che ha incentrato la sua campagna elettorale all’insegna dello slogan “macelliamo i criminali”. Se non bastasse, Rody Duterte può contare sulle accuse di Human Right Watch per mille esecuzioni di criminali o supposti tali in 22 anni di servizio mentre le cronache ricordano il suo commento a caldo (poi ritrattato) dopo lo stupro di una missionaria australiana: tanto bella – aveva detto – che valeva la pena essere il primo. Ex magistrato, Duterte ha giocato la carta dell’uomo che viene da una famiglia non blasonata e che – in tre o sei mesi come ha promesso – imporrà legge e ordine spazzando via criminali piccoli e grossi. Se le leggi glielo impedissero? Ha minacciato di chiudere il parlamento. L’uomo che parla alla pancia della gente, un Trump con gli occhi a mandorla o un Salvini in salsa orientale, piace. Semplice e populista quanto basta, pugno duro quando ci vuole e, tanto per cambiare, la promessa di far fuori la corruzione ma soprattutto i criminali, come se la criminalità non fosse uno dei tanti prodotti sociali di un’ineguaglianza lineare tanto quanto il potere finora indiscusso di un pugno di famiglie, come quella degli Aquino da cui proviene il presidente uscente.
Ma in queste elezioni – che sceglievano anche senatori e 18mila funzionari locali – c’è anche un’altra famiglia nota che torna: i Marcos da cui esce candidato alla vicepresidenza Bongbong, figlio dell’ex dittatore Ferdinando spodestato decenni fa dalle piazze e sostituito proprio da una Aquino (Corazon). Suo figlio Benigno, presidente uscente, ha provato così – tra un Marcos e un Dutarte – ad agitare il ritorno della dittatura. A spaventarlo era soprattutto Dutarte, tanto che il presidente ha lanciato un appello a unire le forze per batterlo. Nelle Filippine (55 milioni di aventi diritto con quest’anno un’affluenza alle urne senza precedenti) non si va al ballottaggio: vince il più forte e il vicepresidente lo sceglie il popolo non il capo dello Stato. Benigno si è in sostanza rivolto a Grace Poe, ex educatrice e business woman di provata fede cattolica, l’unica nei sondaggi ad avere, con Manuel Roxas (già nel gabinetto Aquino) qualche chance – ma non da sola – rispetto agli altri candidati (cinque in tutto) in lizza.
Poe e Roxas, il pupillo del presidente, non si sono però accordati e così anche lo spauracchio della dittatura ha finito per contare poco, pur se la Poe faceva paura: per squalificarla dal torneo elettorale, alcuni mesi fa venne prodotto un certificato falso sul suo padre naturale (Grace è figlia adottiva di due famosi attori)… che sarebbe addirittura stato Bongbong Marcos! Per metterla in difficoltà è stato tirato fuori anche il fatto che il marito ha la cittadinanza americana, in un Paese da sempre filoamericano ma dove il risentimento per il padrino padrone è sempre forte.
Il palazzo presidenziale a Manila |
Cosa c’è sul piatto del nuovo presidente? Mali atavici, riforme e tensioni col colosso cinese per quel pugno di atolli sparsi su riserve di gas naturale che da anni fanno venire il mal di pancia ai Paesi affacciati sul Mar cinese meridionale, un nome che a Pechino sembra il riconoscimento evidente che Paracels e Spratlys son roba sua. Le Filippine sono tra i Paesi col contenzioso maggiore, sia sulle Spratlys sia su Scarborough Shoal (Huangyan per i cinesi), un’area a 160 chilometri dalle coste filippine e a 500 miglia marittime dalla Cina. Nonostante uno sviluppo in crescita, l’economia resta sempre un problema per un Paese che ha cento milioni di abitanti ma anche dieci milioni di emigrati che ingrassano le casse con le loro rimesse ma che fanno del Paese uno dei più grandi fornitori di manodopera all’estero. E restano i mali atavici che han fatto coniare proprio per l’economia filippina sin dai tempi di Marcos la locuzione “crony capitalism”, capitalismo di parentela, un refrain che torna a legarsi alla tradizione delle grandi famiglie che si succedono al potere e si scambiano favori. Dutarte promette pulizia e piace forse anche perché non viene dal giro della “Imperial Manila” ma è anzi un uomo della provincia, di quell’isola di Mindanao dove è attiva la guerriglia secessionista e il processo di pace, sempre sul filo del rasoio, al momento è in fase di stallo. Un altro grattacapo per chi siederà al palazzo presidenziale di Malacañang.
Filippine. Settemila isole per un giustizialista
Alla mezzanotte di ieri lo spoglio di due terzi delle schede elettorali per la scelta del nuovo presidente filippino non lasciava dubbi. La poltrona più alta già sembrava pronta per Rodrigo Digong Duterte, detto il “giustiziere”, già sindaco di Davao e uomo che ha incentrato la sua campagna elettorale all’insegna dello slogan “macelliamo i criminali”. Se non bastasse, Rody Duterte può contare sulle accuse di Human Right Watch per mille esecuzioni di criminali o supposti tali in 22 anni di servizio mentre le cronache ricordano il suo commento a caldo (poi ritrattato) dopo lo stupro di una missionaria australiana: tanto bella – aveva detto – che valeva la pena essere il primo. Ex magistrato, Duterte ha giocato la carta dell’uomo che viene da una famiglia non blasonata e che – in tre o sei mesi come ha promesso – imporrà legge e ordine spazzando via criminali piccoli e grossi. Se le leggi glielo impedissero? Ha minacciato di chiudere il parlamento. L’uomo che parla alla pancia della gente, un Trump con gli occhi a mandorla o un Salvini in salsa orientale, piace. Semplice e populista quanto basta, pugno duro quando ci vuole e, tanto per cambiare, la promessa di far fuori la corruzione ma soprattutto i criminali, come se la criminalità non fosse uno dei tanti prodotti sociali di un’ineguaglianza lineare tanto quanto il potere finora indiscusso di un pugno di famiglie, come quella degli Aquino da cui proviene il presidente uscente.
Ma in queste elezioni – che sceglievano anche senatori e 18mila funzionari locali – c’è anche un’altra famiglia nota che torna: i Marcos da cui esce candidato alla vicepresidenza Bongbong, figlio dell’ex dittatore Ferdinando spodestato decenni fa dalle piazze e sostituito proprio da una Aquino (Corazon). Suo figlio Benigno, presidente uscente, ha provato così – tra un Marcos e un Dutarte – ad agitare il ritorno della dittatura. A spaventarlo era soprattutto Dutarte, tanto che il presidente ha lanciato un appello a unire le forze per batterlo. Nelle Filippine (55 milioni di aventi diritto con quest’anno un’affluenza alle urne senza precedenti) non si va al ballottaggio: vince il più forte e il vicepresidente lo sceglie il popolo non il capo dello Stato. Benigno si è in sostanza rivolto a Grace Poe, ex educatrice e business woman di provata fede cattolica, l’unica nei sondaggi ad avere, con Manuel Roxas (già nel gabinetto Aquino) qualche chance – ma non da sola – rispetto agli altri candidati (cinque in tutto) in lizza.
Poe e Roxas, il pupillo del presidente, non si sono però accordati e così anche lo spauracchio della dittatura ha finito per contare poco, pur se la Poe faceva paura: per squalificarla dal torneo elettorale, alcuni mesi fa venne prodotto un certificato falso sul suo padre naturale (Grace è figlia adottiva di due famosi attori)… che sarebbe addirittura stato Bongbong Marcos! Per metterla in difficoltà è stato tirato fuori anche il fatto che il marito ha la cittadinanza americana, in un Paese da sempre filoamericano ma dove il risentimento per il padrino padrone è sempre forte.
Il palazzo presidenziale a Manila |
Cosa c’è sul piatto del nuovo presidente? Mali atavici, riforme e tensioni col colosso cinese per quel pugno di atolli sparsi su riserve di gas naturale che da anni fanno venire il mal di pancia ai Paesi affacciati sul Mar cinese meridionale, un nome che a Pechino sembra il riconoscimento evidente che Paracels e Spratlys son roba sua. Le Filippine sono tra i Paesi col contenzioso maggiore, sia sulle Spratlys sia su Scarborough Shoal (Huangyan per i cinesi), un’area a 160 chilometri dalle coste filippine e a 500 miglia marittime dalla Cina. Nonostante uno sviluppo in crescita, l’economia resta sempre un problema per un Paese che ha cento milioni di abitanti ma anche dieci milioni di emigrati che ingrassano le casse con le loro rimesse ma che fanno del Paese uno dei più grandi fornitori di manodopera all’estero. E restano i mali atavici che han fatto coniare proprio per l’economia filippina sin dai tempi di Marcos la locuzione “crony capitalism”, capitalismo di parentela, un refrain che torna a legarsi alla tradizione delle grandi famiglie che si succedono al potere e si scambiano favori. Dutarte promette pulizia e piace forse anche perché non viene dal giro della “Imperial Manila” ma è anzi un uomo della provincia, di quell’isola di Mindanao dove è attiva la guerriglia secessionista e il processo di pace, sempre sul filo del rasoio, al momento è in fase di stallo. Un altro grattacapo per chi siederà al palazzo presidenziale di Malacañang.
Filippine. Settemila isole per un giustizialista
Alla mezzanotte di ieri lo spoglio di due terzi delle schede elettorali per la scelta del nuovo presidente filippino non lasciava dubbi. La poltrona più alta già sembrava pronta per Rodrigo Digong Duterte, detto il “giustiziere”, già sindaco di Davao e uomo che ha incentrato la sua campagna elettorale all’insegna dello slogan “macelliamo i criminali”. Se non bastasse, Rody Duterte può contare sulle accuse di Human Right Watch per mille esecuzioni di criminali o supposti tali in 22 anni di servizio mentre le cronache ricordano il suo commento a caldo (poi ritrattato) dopo lo stupro di una missionaria australiana: tanto bella – aveva detto – che valeva la pena essere il primo. Ex magistrato, Duterte ha giocato la carta dell’uomo che viene da una famiglia non blasonata e che – in tre o sei mesi come ha promesso – imporrà legge e ordine spazzando via criminali piccoli e grossi. Se le leggi glielo impedissero? Ha minacciato di chiudere il parlamento. L’uomo che parla alla pancia della gente, un Trump con gli occhi a mandorla o un Salvini in salsa orientale, piace. Semplice e populista quanto basta, pugno duro quando ci vuole e, tanto per cambiare, la promessa di far fuori la corruzione ma soprattutto i criminali, come se la criminalità non fosse uno dei tanti prodotti sociali di un’ineguaglianza lineare tanto quanto il potere finora indiscusso di un pugno di famiglie, come quella degli Aquino da cui proviene il presidente uscente.
Ma in queste elezioni – che sceglievano anche senatori e 18mila funzionari locali – c’è anche un’altra famiglia nota che torna: i Marcos da cui esce candidato alla vicepresidenza Bongbong, figlio dell’ex dittatore Ferdinando spodestato decenni fa dalle piazze e sostituito proprio da una Aquino (Corazon). Suo figlio Benigno, presidente uscente, ha provato così – tra un Marcos e un Dutarte – ad agitare il ritorno della dittatura. A spaventarlo era soprattutto Dutarte, tanto che il presidente ha lanciato un appello a unire le forze per batterlo. Nelle Filippine (55 milioni di aventi diritto con quest’anno un’affluenza alle urne senza precedenti) non si va al ballottaggio: vince il più forte e il vicepresidente lo sceglie il popolo non il capo dello Stato. Benigno si è in sostanza rivolto a Grace Poe, ex educatrice e business woman di provata fede cattolica, l’unica nei sondaggi ad avere, con Manuel Roxas (già nel gabinetto Aquino) qualche chance – ma non da sola – rispetto agli altri candidati (cinque in tutto) in lizza.
Poe e Roxas, il pupillo del presidente, non si sono però accordati e così anche lo spauracchio della dittatura ha finito per contare poco, pur se la Poe faceva paura: per squalificarla dal torneo elettorale, alcuni mesi fa venne prodotto un certificato falso sul suo padre naturale (Grace è figlia adottiva di due famosi attori)… che sarebbe addirittura stato Bongbong Marcos! Per metterla in difficoltà è stato tirato fuori anche il fatto che il marito ha la cittadinanza americana, in un Paese da sempre filoamericano ma dove il risentimento per il padrino padrone è sempre forte.
Il palazzo presidenziale a Manila |
Cosa c’è sul piatto del nuovo presidente? Mali atavici, riforme e tensioni col colosso cinese per quel pugno di atolli sparsi su riserve di gas naturale che da anni fanno venire il mal di pancia ai Paesi affacciati sul Mar cinese meridionale, un nome che a Pechino sembra il riconoscimento evidente che Paracels e Spratlys son roba sua. Le Filippine sono tra i Paesi col contenzioso maggiore, sia sulle Spratlys sia su Scarborough Shoal (Huangyan per i cinesi), un’area a 160 chilometri dalle coste filippine e a 500 miglia marittime dalla Cina. Nonostante uno sviluppo in crescita, l’economia resta sempre un problema per un Paese che ha cento milioni di abitanti ma anche dieci milioni di emigrati che ingrassano le casse con le loro rimesse ma che fanno del Paese uno dei più grandi fornitori di manodopera all’estero. E restano i mali atavici che han fatto coniare proprio per l’economia filippina sin dai tempi di Marcos la locuzione “crony capitalism”, capitalismo di parentela, un refrain che torna a legarsi alla tradizione delle grandi famiglie che si succedono al potere e si scambiano favori. Dutarte promette pulizia e piace forse anche perché non viene dal giro della “Imperial Manila” ma è anzi un uomo della provincia, di quell’isola di Mindanao dove è attiva la guerriglia secessionista e il processo di pace, sempre sul filo del rasoio, al momento è in fase di stallo. Un altro grattacapo per chi siederà al palazzo presidenziale di Malacañang.
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Federico Lera.
Pubblichiamo un’ordinanza con cui il Tribunale di Genova ha riconosciuto la protezione umanitaria ad un cittadino del Senegal.
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Federico Lera.
Pubblichiamo un’ordinanza con cui il Tribunale di Genova ha riconosciuto la protezione umanitaria ad un cittadino del Senegal.
Boreano (Potenza) tra incendi mafiosi e rivendicazioni dei lavoratori migranti
Boreano è un puntino sulla carta geografica a nord della Basilicata, provincia di Potenza, ma è in questo piccolo borgo, e nella vicina…
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Federico Lera.
Pubblichiamo un’ordinanza del Tribunale di Genova che riconosce la protezione umanitaria ad un cittadino del Mali.
Si ringrazia per la segnalazione e le note l’Avv. Dora Zappia.
Con una recente pronuncia il Tribunale di Trieste, sottolineando la grave condizione socio politica del Paese — in particolare del Delta…
Migranti: Niger come la Turchia (attendendo gli altri)
Dopo Ankara, anche Niamey chiede denaro all’Ue per l’esternalizzazione delle frontiere
via Migrano http://ift.tt/1UMnyWN
La Commissione Europea propone “contributi di solidarietà” da parte degli stati che non accolgono…
Gli stati europei che rifiutano di accogliere i rifugiati potrebbero essere costretti a versare dei fondi nelle casse di quelli che lo…
A un anno dal naufragio: a quando verità e giustizia per i desaparecidos del Mediterraneo?
In Sicilia, oramai, nemmeno i lutti sono risparmiati alla militarizzazione.
L’Accordo di Parigi e i rifugiati ambientali: i limiti e le sfide per il futuro
L’articolo è tratto da MigraMundo (link originale), un portale brasiliano che si occupa di migrazioni.
Lampedusa “Mandateci via da questa prigione”
Scesi in piazza ieri, nel centro di Lampedusa, per chiedere di poter lasciare l’isola, dove sono bloccati da mesi, più di 70 rifugiati sono…
Una trasmissione che avrebbe potuto dare una impostazione diversa di quella generalmente diffusa…
dai media dominanti. Ed invece si è rimasti su una visione quantitativa del fenomeno immigrazione, rilanciando allarmi che allo stato dei…
La leggerezza si trasforma in dramma
Di Samir Atallah. Asharq al-Awsat (06/06/2016). Traduzione e sintesi di Giuliana Puccia. Abbiamo due opzioni: osservare la campagna elettorale di Donald Trump nel suo pieno contesto, americano e globale, o prenderla alla leggera, considerando il candidato americano solamente un buffone che si sposta da un’arena all’altra. Ho detto campagna e non movimento dato che la […]
L’articolo La leggerezza si trasforma in dramma sembra essere il primo su Arabpress.
La leggerezza si trasforma in dramma
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Samir Atallah, Asharq Al-Awsat (6/06/2016), Traduzione e sintesi di Giuliana Puccia. Abbiamo due opzioni: osservare la campagna elettorale di Donald Trump nel suo pieno contesto, americano e globale, o prenderla alla leggera, considerando il candidato americano solamente un buffone che si sposta da un’arena all’altra. Ho detto campagna e non movimento dato che la battaglia […]
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10° edizione per la Fiera internazionale del Libro della Palestina
A Ramallah, lo scorso 7 maggio è stata inaugurata la 10° edizione della Fiera internazionale del Libro della Palestina, che si terrà fino al prossimo 17 maggio. Il tema di quest’anno è: la Palestina legge, mentre il Paese ospite d’onore è il Kuwait. Secondo alcune fonti, 400 sono gli editori che partecipano alla Fiera, mentre … Continua a leggere 10° edizione per la Fiera internazionale del Libro della Palestina →
10° edizione per la Fiera internazionale del Libro della Palestina
A Ramallah, lo scorso 7 maggio è stata inaugurata la 10° edizione della Fiera internazionale del Libro della Palestina, che si terrà fino al prossimo 17 maggio. Il tema di quest’anno è: la Palestina legge, mentre il Paese ospite d’onore è il Kuwait. Secondo alcune fonti, 400 sono gli editori che partecipano alla Fiera, mentre … Continua a leggere 10° edizione per la Fiera internazionale del Libro della Palestina →
10° edizione per la Fiera internazionale del Libro della Palestina
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Cosa succede se Aleppo cade?
Di Azeem Ibrahim. Al-Arabya (07/05/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo. L’aspetto più significativo dell’attuale “cessate il fuoco” in Siria, ormai sull’orlo del baratro, è che la città di Aleppo sia stata inclusa nel piano di tregua solo all’ultimo minuto. I russi infatti non hanno interrotto le operazioni di bombardamento fino all’ultimo. Per quale motivo? Apparentemente […]
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Cosa succede se Aleppo cade?
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Shakespeare a Médenine
Alessia Carnevale Con l’estate alle porte, la città di Médenine sta lentamente e timidamente uscendo dal suo letargo invernale. I giorni si allungano, le serate iniziano ad essere un po’ più animate, e gli spazi aperti più frequentati. La 20esima edizione del Festival Nazionale del Teatro Sperimentale di Médenine ha sicuramente fatto da apripista per questa nuova stagione. Il festival, […]
Shakespeare a Médenine
Alessia Carnevale Con l’estate alle porte, la città di Médenine sta lentamente e timidamente uscendo dal suo letargo invernale. I giorni si allungano, le serate iniziano ad essere un po’ più animate, e gli spazi aperti più frequentati. La 20esima edizione del Festival Nazionale del Teatro Sperimentale di Médenine ha sicuramente fatto da apripista per questa nuova stagione. Il festival, […]
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Elezioni in Libano: shawarma e caffè
Di Pierre Akiki. Al-Araby al-Jadeed (07/05/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone. Ha inizio domenica la prima fase delle elezioni municipali in Libano, le prime alle quali i libanesi sono chiamati a partecipare sin dal 2010. Sei anni sono più che sufficienti per l’emergere di una nuova generazione di elettori, soprattutto per le numerose […]
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Musulmani in Regno Unito: la lotta all’integrazione
Di Yara al-Wazir. Al-Arabiya (07/05/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Sadiq Khan è diventato il primo sindaco musulmano di Londra. Questo è l’ultimo di una serie di significativi fatti accaduti nelle ultime du settimane: Malia Bouattia è diventata la prima donna musulmana a essere eletta a capo dell’Unione Nazionale degli Studenti nel Regno Unito. La […]
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Musulmani in Regno Unito: la lotta all’integrazione
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Musulmani in Regno Unito: la lotta all’integrazione
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L’ombra della Siria
Turchia: Ahmet Davutoğlu si dimette
(Meydan Gazetesi). Ahmet Davutoğlu, primo ministro e leader del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), lascia improvvisamente i suoi incarichi. Il congresso straordinario per eleggere il suo successore si terrà il prossimo 22 maggio. L’ormai ex primo ministro non si candiderà al Congresso e continuerà la sua vita come parlamentare. Ora sta iniziando un periodo d’importanza cruciale […]
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Turchia: Ahmet Davutoğlu si dimette
(Meydan Gazetesi). Ahmet Davutoğlu, primo ministro e leader del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), lascia improvvisamente i suoi incarichi. Il congresso straordinario per eleggere il suo successore si terrà il prossimo 22 maggio. L’ormai ex primo ministro non si candiderà al Congresso e continuerà la sua vita come parlamentare. Ora sta iniziando un periodo d’importanza cruciale […]
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Turchia: Ahmet Davutoğlu si dimette
(Meydan Gazetesi). Ahmet Davutoğlu, primo ministro e leader del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), lascia improvvisamente i suoi incarichi. Il congresso straordinario per eleggere il suo successore si terrà il prossimo 22 maggio. L’ormai ex primo ministro non si candiderà al Congresso e continuerà la sua vita come parlamentare. Ora sta iniziando un periodo d’importanza cruciale […]
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Nuova protesta pacifica nella piazza principale di Lampedusa
Aggiornamenti da Lampedusa, ore 11.30 — Ci ha appena contattato Chiara Pilotto, una turista veneta in vacanza a Lampedusa che sta seguendo…
Nuova protesta all’Hot Spot di Lampedusa
Riceviamo e pubblichiamo la nota del Collettivo Askavusa di Lampedusa con il comunicato delle persone “migranti” che ieri hanno dato vita…
Cucina marocchina: caliente di Tangeri
Con la ricetta di oggi, andiamo a scoprire una chicca della cucina marocchina, uno street food onnipresente per le strade della bella Tangeri: la caliente, torta di farina di ceci! Ingredienti: 200g di farina di ceci 2 uova (facoltative) ½ litro d’acqua 1 cucchiaino di sale 1 cucchiaino di cumino 100ml di olio pepe nero Preparazione: In un grande […]
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Cucina marocchina: caliente di Tangeri
Con la ricetta di oggi, andiamo a scoprire una chicca della cucina marocchina, uno street food onnipresente per le strade della bella Tangeri: la caliente, torta di farina di ceci! Ingredienti: 200g di farina di ceci 2 uova (facoltative) ½ litro d’acqua 1 cucchiaino di sale 1 cucchiaino di cumino 100ml di olio pepe nero Preparazione: In un grande […]
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I popoli arabi e il futuro della resistenza
Di Adil Suleiman. Al-Araby al-Jadeed (05/05/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi. Resistere è la cosa più nobile che gli esseri umani possono fare di fronte all’oppressione e all’ingiustizia, a difesa della fede e della terra, della nazione e dell’identità nello sforzo di sostenere i valori della libertà, del diritto e della giustizia. Questo permette all’uomo […]
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L’Italia aumenta i controlli sulla ferrovia del Brennero
La Fondazione Alexander Langer di Bolzano fa sapere con una nota che in questo momento il confine tra l’Italia e l’Austria non è ancora…
Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
http://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/attualita-culturale/Le-chiavi-di-lettura-occidentali-sui-confilitti-in-medio-oriente-un-paradigma-confessionale-Ne-parliamo-con-l-antropologa-sociale-Estella-Carpi-7299122.html Edizione del 06.05.2016 Le chiavi di lettura occidentali sui confilitti in medio oriente: un paradigma confessionale? Ne parliamo con l’ antropologa sociale Estella Carpi http://tp.srgssr.ch/p/rsi/embed?urn=urn:rsi:audio:7299080&autoplay=false&hideendscreen=1
Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
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Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
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Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
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Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
http://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/attualita-culturale/Le-chiavi-di-lettura-occidentali-sui-confilitti-in-medio-oriente-un-paradigma-confessionale-Ne-parliamo-con-l-antropologa-sociale-Estella-Carpi-7299122.html Edizione del 06.05.2016 Le chiavi di lettura occidentali sui confilitti in medio oriente: un paradigma confessionale? Ne parliamo con l’ antropologa sociale Estella Carpi http://tp.srgssr.ch/p/rsi/embed?urn=urn:rsi:audio:7299080&autoplay=false&hideendscreen=1
Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
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Il discorso confessionale e il fondamentalismo annesso (by Estella, May 2016)
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Over the fortress a Idomeni. Ritorno incerto
In volo vengo catapultata in quello che sembra un altro mondo,
fango misto a feci è il terreno su cui cammino, tende ricoperte di plastica…
Over the fortress Idomeni nuova linfa vitale
A Idomeni lo scorrere del tempo ha altri ritmi, difficilmente riesci a gestirlo.
L’Italia aumenta i controlli sulla ferroviaria del Brennero
La Fondazione Alexander Langer di Bolzano fa sapere con una nota che in questo momento il confine tra l’Italia e l’Austria non è ancora…
L’approvazione è prevista per mercoledì, nonostante il governo di Ankara non abbia rispettato tutte…
La Commissione Europea è pronta a promuovere la libertà di viaggio per i cittadini turchi nell’area Schengen senza necessità di visto…
Come funziona il Regolamento Dublino? Una scheda per operatori che lavorano con richiedenti asilo
Molte delle persone che arrivano in Europa per chiedere asilo vi fanno ingresso attraversando le frontiere esterne dell’Italia, ma non…
CIR: Le proposte della CE sulla riforma Dublino sono totalmente inadeguate
5 maggio 2016 — Il Consiglio Italiano per i Rifugiati — CIR è estremamente deluso dalle proposte presentate ieri dalla Commissione Europea…
Un ultimo passo per l’abolizione del visto
Di Emre Demir. Yarına Bakış, 05/05/2016. Traduzione e sintesi di Marta Calcaterra La Commissione Europea ha deciso di accordare ai cittadini turchi la liberalizzazione dei visti per viaggi che non superino 90 giorni all’interno dell’area Schengen, comprendente 26 paesi. Il ministro turco per gli affari UE, Volkan Bozkır, ha accolto positivamente la decisione e valuterà […]
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Marocco: Tangeri presto patrimonio dell’Unesco?
Al-Huffington Post Maghreb (06/05/2016). Tangeri sarà la decima meraviglia marocchina nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco? Questo è certamente il desiderio della Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Nord (APDN) della Wilaya di Tangeri-Tetouan-Al Hoceima e il Ministero della Cultura, che ha recentemente firmato un accordo tripartito ponendo le basi del progetto. “E l’inizio […]
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Marocco congela pretese di Ceuta e Melilla in cambio dell’accordo spagnolo
Di Husayn Majdubi. Al-Quds (04/05/2016). Traduzione e sintesi di Letizia Vaglia Durante la riunione del Consiglio di Sicurezza la Spagna ha deciso di appoggiare la Francia nell’emanazione del decreto 2285/2016, che riguarda la questione del Sahara occidentale. Nonostante le motivazioni che hanno spinto Madrid e Parigi fossero diverse, il filo conduttore rimane Rabat e la […]
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Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
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Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
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Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Movimenti sociali e artistici in Tunisia: la resistenza continua
Debora Del Pistoia, Responsabile COSPE per la Tunisia A gennaio di quest’anno i riflettori si sono riaccesi sulle manifestazioni e le proteste scoppiate in varie regioni della Tunisia a partire dalle vicende di Kasserine, città del centro ovest della Tunisia. In quel caso, la miccia che ha fatto esplodere la tensione è stato il tentativo di suicidio da parte di Ridha […]
Troppo spesso, oggi giorno, osservare la realtà che ci circonda risulta essere davvero disarmante.
Valentina Benvenuti
La mano dell’artista, il sorriso del bambino
Natura e poesia nelle opere di Nino Cordio – Dal 22 aprile all’11 maggio 2016.
Saranno esposte per la prima volta molte prove delle acqueforti dell’incisore scomparso a Roma nel 2000 ed una selezione di opere rappresentative della varietà di tecniche artistiche da lui utilizzate.
Festival Giornalisti del Mediterraneo: al via il concorso
Dal 6 all’11 settembre 2016 torna l’8^ edizione del Festival Giornalisti del Mediterraneo a Otranto. L’evento, promosso dal Comune di Otranto in partnership con l’Associazione “Terra del Mediterraneo”, conterà due sezioni tematiche nell’ambito delle quali i candidati potranno confrontarsi presentando i propri lavori entro il prossimo 24 giugno: “Terrorismo internazionale” e “Libertà di stampa, integrazione sociale, Europa”. […]
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Passaggi: “Un Giornale Militare” di Hassan Blasim
In Iraq, sotto il regime di Saddam Hussein la censura è stata una pratica talmente diffusa, che molti scrittori hanno smesso di scrivere o, quando lo facevano, creavano un testo “già censurato”, in modo tale da non incorrere in problemi con i servizi d’ordine. Hassan Blasim nel suo racconto “Un giornale militare” dà voce a un […]
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Libanesi, palestinesi e siriani
Di Muhammad Ali Farhat. Al-Hayat (05/05/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri. Nel contesto della suddivisione in Stati risultato dell’accordo Sykes-Picot, alcuni centri di studi americani ritengono il Libano, l’Iraq e i territori palestinesi come ‘Stati falliti’, senza menzionare la Siria perché, anche se sembra destinata a cadere, forse è ancora aperta a diverse possibilità. Il […]
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Il mare ci vince
Laura Federici presenta una serie di nuove opere caratterizzate da linguaggi diversi – grandi tavole a olio, video, interventi pittorici su fotografia – accomunate tuttavia da pochi, eletti soggetti, collegati da un fil rouge che si snoda intorno ai temi del tempo, del movimento, della memoria.
Festival au désert laboratorio nomade
Un progetto incentrato sull’incontro tra culture sotto forma di laboratorio musicale interculturale che coinvolge le comunità di immigrati.
Oltre ai concerti, in programma anche attività di avvicinamento e conoscenza tra comunità diverse, attraverso letture, installazioni, proiezioni, incontri.
MUZZIKA ! Aprile-Maggio 2016
La gioia di vivere debordante – e tutta maghrebina! – di una Sophia Charaï che vive in technicolor e in un’allegra babele linguistica. L’emozione pura del canto di Sandra Rumolino accompagnata da Kevin Seddiki. Il “Marock’n pop” dei fratelli Binobin per i quali la musica serve anche a suonare la sveglia per il mondo che va male. Il dialogo chitarra-violoncello del padre Pedro Soler e del figlio Gaspar Claus che continua, verso sonorità che si compensano e suonano nuove. Il blues del trio Deltas, che è come dire quando la dolcezza “angevina” incontra quella del Mali. E il tocco di Oriente che il contrabbassista Omer Avital porta nel jazz newyorchese. Colori, colori!
Impressioni di ritorno a Idomeni
Contribuisci e promuovi il progetto “No Border Wi-Fi a Idomeni e le altre attività di socialità”: http://linkpdb.me/9878
Novità editoriali: Ultimo giro al Guapa di Saleem Haddad
Un locale underground clandestino dove si radunano i gay di una capitale mediorientale, questo è il Guapa. Omosessualità, drag queen, scontri di piazza ma anche repressione e fondamentalismo islamico sono i binari sui quali si muove il romanzo di esordio di Saleem Haddad (foto). Vi aspetta nelle librerie “Ultimo giro al Guapa”, edito da e/o […]
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(Ben)venuti! — Indagine sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo a Milano e provincia
In seguito alla circolare dell’8 gennaio 2014 sono stati attivati i Centri di Accoglienza Straordinaria e si è quindi inaugurata una nuova…
La frontiera con il Marocco a sud di Melilla
Link all’articolo originale ¶
La barriera che circonda Melilla ¶
La struttura che separa fisicamente la Spagna dal Marocco è composta da…
La prima mostra personale del siriano Safwan Dahoul a Dubai
Barakabits (1/05/2016). Molte persone sono pervase dall’essenza di confusione che deriva dal mescolare sogno e realtà. Un artista siriano è riuscito a catturare i suoi sogni e a mescolarli con la realtà. Lui è Safwan Dahoul, siriano, uno dei più importanti pittori del mondo arabo che ha più volte dimostrato il suo talento. La sua ultima collezione sul tema del sogno continua: Still Dreaming è il nome del […]
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Negoziati in Yemen: una pratica futile?
Di Abdullah Hamidaddin. Al-Arabiya (02/05/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. I negoziati di pace in Kuwait si stanno trascinando da quando sono iniziati il 21 aprile scorso. All’inizio la delegazione dei ribelli ha fatto aspettare la delegazione del governo per due giorni. Poi i negoziati si sono fermati a causa di disaccordi su come erano […]
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Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina
Mesogea, SSML di Vicenza e la Fondazione Universitaria San pellegrino organizzano Mediterraneo in traduzione, una Summer school di traduzione lettera per francese, turco, ebraico e arabo, nella settimana dell’ 11 – 16 luglio a Messina. Gli aspiranti traduttori, già in possesso di un’ottima conoscenza della lingua in cui vogliono perfezionarsi, saranno seguiti da un tutor specifico … Continua a leggere Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina →
Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina
Mesogea, SSML di Vicenza e la Fondazione Universitaria San pellegrino organizzano Mediterraneo in traduzione, una Summer school di traduzione lettera per francese, turco, ebraico e arabo, nella settimana dell’ 11 – 16 luglio a Messina. Gli aspiranti traduttori, già in possesso di un’ottima conoscenza della lingua in cui vogliono perfezionarsi, saranno seguiti da un tutor specifico … Continua a leggere Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina →
Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina
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Summer school di traduzione letteraria per arabo, francese, ebraico e turco a Messina
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Divisione del sistema politico in Iraq: rinnovo o suicidio?
Di Hamid al-Kifay. Al-Hayat (03/05/2016). Traduzione e sintesi di Silvia Lobina. Lo sviluppo economico è alla base della stabilità politica in ogni paese, a prescindere dal suo regime politico, e il governo che fallisce questo obiettivo spinge il popolo a pensare ai possibili sostituti. Se il sistema è recente e debole, le alternative si fanno […]
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