Mese: giugno 2012

E’ nato un nuovo stato Africano? (2° puntata) Interessi regionali e internazionali. Scenari possibili

Questa è la seconda puntata. Clicca qui per leggere la prima parte

 

tuaregL’azione del Mnla ha portato alla presa di tutta la parte del paese che si trova a Nord del fiume Niger. In seguito il Movimento di Liberazione proclamò l’indipendenza. Proclamazione non ancora riconosciuta da nessuno stato sovrano. Pochi giorni dopo quella proclamazione, Alcuni gruppi armati che dichiarano di appartenere direttamente o di essere vicini ad Al Qaeda aumentano l’intensità delle loro azioni e conquistano anche loro una parte del territorio.

Anche se i media internazionali hanno spesso fatto l’amalgama, bisogna fare la parte delle cose però. Un conto è Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) un conto sono i ribelli del MNLA.

 

 

Il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad è un movimento di liberazione che viene da una lunga storia di lotta per l’indipendenza del popolo tuareg. Questo popolo che è stato macellato dalla divisione coloniale dell’Africa in cinque porzioni spartite tra Algeria, Libia, Niger, Mali e Burkina Faso. I Tuareg hanno sempre avuto una religiosità molto particolare, mai rigida. Le donne Tuareg godono di potere e di libertà come o forse più dei maschi. Probabilmente la società fino al recente incontro con le religioni monoteiste è stata di stampo matriarcale. Il movimento di liberazione Tuareg anche se spesso accusato dai francesi di estremismo religioso, accusa che rivolgevano del resto a tutti i ribelli in Nord Africa, è sempre stata di stampo laico.

Al Qaeda nel Magreb Islamico invece è un elemento estraneo alla terra dei Tuareg e a tutta la zona dello Sahel dove si muove, traffica, combatte e complotta da ormai una decina di anni. L’AQMI è una eredità della guerra civile algerina. I suoi leader storici, Hassan Hettab e Amari Saïfi (Abdel Razak El Para) sono “ex” ufficiali dei reparti di élite dell’esercito algerino. Entrambi arrestati poi liberati (messi sotto controllo giudiziario-dice la giustizia algerina) senza nessuna forma seria di processo. Così sarebbe anche l’attuale leader dell’Aqmi Abdelmalek Droukdal, secondo molte fonti.

L’AQMI non sarebbe altro, secondo la ricercatrice Hélène Claudot-Hawad del CNRS (il sito delll’agenzia Touareg “Tamoust” sul quale è stato pubblicato non funziona più, leggerne una copia su quest’altro sito), che una invenzione in join-venture algero-statunitense per creare disordini nella zona dello Sahel e giustificarne la militarizzazione.

Secondo elemento importante la prossimità del Sud del Niger, le cui lotte sono storicamente legate a quelle del Sud Mali. E chi dice Sud Niger dice uranio e chi dice uranio in Africa dice Areva, il colosso francese del nucleare. E per gli interessi delle sue multinazionali, Parigi ha fomentato più di un golpe e più di un massacro “interetnico”. Uno di più uno di meno non cambierebbe molto nel suo bilancio.

Perché se sopra il Sahel sembra tutta sabbia, dentro le sue viscere cela tesori enormi ancora tutti da sfruttare.

 

È in questa situazione caotica che accade la separazione del Nord del Mali dalla parte Sud. La proclamazione del nuovo stato dell’Azawad libero non è stata riconosciuta da nessuno. Perché nessuno sa che posizione conviene prendere. Lo stato maliano è in uno stato avanzato di putrefazione. La classe politica è discreditata. I gruppi di militari più corrotti gli uni degli altri si sparano a vista in pieno centro di Bamako, la capitale. I soldati hanno buttato le armi e sono scapati dal nord. In molte città i ribelli sono entrati senza combattimento.

L’altra formazione è quella di “Ansar Eddine” (i partigiani della religione) del mercenario di origine tuareg Iyad Ag Ghali. Un uomo dal passato buio che ha preso parte alla ribellione del 1990 ed era uno dei leader più in vista nella firma degli accordi di Tamanraset. Ma in seguito perse sempre di più contatto con la sua gente e si avvicinò di più dai cerchi del potere maliano e poi dopo aver esercitato la funzione di ambasciatore in Arabia Saudita cominciò la sua deriva integralista con relazioni e finanziamenti da non molto ben identificate reti internazionali.

 

La presenza di questi gruppi integralisti che stanno scatenando l’esasperazione della popolazione locale, con l’adozione di regole assurde che vietano tutto e le conversioni forzate dei cristiani e la distruzione di mausolei e luoghi di culto non conformi alla loro nozione di religiosità… Questa presenza pesante sta minando fortemente l’immagine del MNLA soprattutto che la stampa internazionale non fa niente per spiegare bene le forze in campo. Un amalgama che potrebbe, se sarà necessario giustificare un intervento militare internazionale per salvare l’Azawad dal solito Al Qaeda, nemico in certi casi e alleato in altri.

 

Ma perché l’autonomia dell’Azawad crea così tanto imbarazzo?

Una delle ragioni è dovuta alla situazione dell’Africa. Il continente nero è stato diviso amministrativamente dalle potenze coloniali. Vedendo la divisione con il senno di oggi, si capisce che chi l’ha fatta l’ha proprio pensata come un regalo avvelenato. Le linee rette tracciate con il righello dai geometri degli eserciti francese, inglese, spagnolo, belga e portoghese, e in seguito ufficializzate durante il Congresso di Berlino del 1884-1885, tagliano popolazioni intere e le spartiscono a piccoli gruppi in nazioni che spesso non hanno nessuna base storica.

All’indipendenza dei paesi africani all’inizio degli anni 60′, ci si rese conto di essere in un vero e proprio rompi capo, che se rimesso in causa avrebbe creato disordine e guerre senza fine. Per ciò gli stati africani membri dell’Organizzazione dell’Unità Africana, nel 1964, firmarono un trattato che sancisce l’intangibilità delle frontiere ereditate dal colonialismo.

Questo principio rispettato a lungo, nonostante si sia svelato spesso una specie di gabbia nella quale era difficile trovare soluzioni a certi conflitti detti etnici, è stato a pena superato con la divisione dell’ex più grande nazione africana il Sudan in due nazioni indipendenti Nord-Sudan e Sud-Sudan.

La liberazione dell’Azawad, regione a maggioranza Tuareg e Peul potrebbe portare i Tuareg sparsi sui 4 altri paesi (Niger, Libia, Algeria e Burkina Faso) a voler farne altrettanto.

E inoltre il riconoscimento di una spartizione ottenuta da un movimento di liberazione potrebbe dare fuoco a tutti i movimenti di liberazione presenti sul continente. Per questo la posizione dell’Unione Africana è senza ombra di dubbio a favore di un intervento militare internazionale per ristabilire “ la sovranità nazionale”.

L’MNLA ha provato la via della negoziazione con gli integralisti, “per evitare un conflitto fratricida”, dando l’occasione alle agenzie internazionali di parlare di fusione. Così facendo ha dao prova di grande ingenuità politica. Perché bisogna essere ingenui per pensare di poter negoziare qualcosa di durevole con un movimento indefinibile e incomprensibile come Al Qaeda. La seconda mossa se si conferma è stata un attimo più intelligente. Si è parlato di un incontro informale in cui elementi dell’esercito Maliano, organizzazione della società civile e il Mnla si sarebbero incontrati per risolvere la situazione della presenza degli elementi integralisti sul territorio. Incontro ispirato probabilmente alle manifestazioni sempre più numerose di insofferenza della popolazione nei confronti dei Jihadisti. (vedere sopra la manifestazione di donne a Kidal)

 

Il futuro della zona dipenderà un po’ dalla gestione di questa crisi e molto dalla comunità internazionale. Questa crisi potrebbe portare ad un miglioramento della situazione dei Tuareg e dei popoli del Nord del Sahel, come potrebbe portare ad un ennesima guerra di sterminio.

Per questo è importante restare attenti e seguire quello che succede in Mali, anche quando i riflettori dei media ci invitano a guardare tutti altrove. Non bisogna lasciare i popoli della regione soli in mano ai terroristi, alle spie, ai mercenari e alle multinazionali.

E’ nato un nuovo stato Africano? (2° puntata) Interessi regionali e internazionali. Scenari possibili

Questa è la seconda puntata. Clicca qui per leggere la prima parte

 

tuaregL’azione del Mnla ha portato alla presa di tutta la parte del paese che si trova a Nord del fiume Niger. In seguito il Movimento di Liberazione proclamò l’indipendenza. Proclamazione non ancora riconosciuta da nessuno stato sovrano. Pochi giorni dopo quella proclamazione, Alcuni gruppi armati che dichiarano di appartenere direttamente o di essere vicini ad Al Qaeda aumentano l’intensità delle loro azioni e conquistano anche loro una parte del territorio.

Anche se i media internazionali hanno spesso fatto l’amalgama, bisogna fare la parte delle cose però. Un conto è Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) un conto sono i ribelli del MNLA.

 

 

Il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad è un movimento di liberazione che viene da una lunga storia di lotta per l’indipendenza del popolo tuareg. Questo popolo che è stato macellato dalla divisione coloniale dell’Africa in cinque porzioni spartite tra Algeria, Libia, Niger, Mali e Burkina Faso. I Tuareg hanno sempre avuto una religiosità molto particolare, mai rigida. Le donne Tuareg godono di potere e di libertà come o forse più dei maschi. Probabilmente la società fino al recente incontro con le religioni monoteiste è stata di stampo matriarcale. Il movimento di liberazione Tuareg anche se spesso accusato dai francesi di estremismo religioso, accusa che rivolgevano del resto a tutti i ribelli in Nord Africa, è sempre stata di stampo laico.

Al Qaeda nel Magreb Islamico invece è un elemento estraneo alla terra dei Tuareg e a tutta la zona dello Sahel dove si muove, traffica, combatte e complotta da ormai una decina di anni. L’AQMI è una eredità della guerra civile algerina. I suoi leader storici, Hassan Hettab e Amari Saïfi (Abdel Razak El Para) sono “ex” ufficiali dei reparti di élite dell’esercito algerino. Entrambi arrestati poi liberati (messi sotto controllo giudiziario-dice la giustizia algerina) senza nessuna forma seria di processo. Così sarebbe anche l’attuale leader dell’Aqmi Abdelmalek Droukdal, secondo molte fonti.

L’AQMI non sarebbe altro, secondo la ricercatrice Hélène Claudot-Hawad del CNRS (il sito delll’agenzia Touareg “Tamoust” sul quale è stato pubblicato non funziona più, leggerne una copia su quest’altro sito), che una invenzione in join-venture algero-statunitense per creare disordini nella zona dello Sahel e giustificarne la militarizzazione.

Secondo elemento importante la prossimità del Sud del Niger, le cui lotte sono storicamente legate a quelle del Sud Mali. E chi dice Sud Niger dice uranio e chi dice uranio in Africa dice Areva, il colosso francese del nucleare. E per gli interessi delle sue multinazionali, Parigi ha fomentato più di un golpe e più di un massacro “interetnico”. Uno di più uno di meno non cambierebbe molto nel suo bilancio.

Perché se sopra il Sahel sembra tutta sabbia, dentro le sue viscere cela tesori enormi ancora tutti da sfruttare.

 

È in questa situazione caotica che accade la separazione del Nord del Mali dalla parte Sud. La proclamazione del nuovo stato dell’Azawad libero non è stata riconosciuta da nessuno. Perché nessuno sa che posizione conviene prendere. Lo stato maliano è in uno stato avanzato di putrefazione. La classe politica è discreditata. I gruppi di militari più corrotti gli uni degli altri si sparano a vista in pieno centro di Bamako, la capitale. I soldati hanno buttato le armi e sono scapati dal nord. In molte città i ribelli sono entrati senza combattimento.

L’altra formazione è quella di “Ansar Eddine” (i partigiani della religione) del mercenario di origine tuareg Iyad Ag Ghali. Un uomo dal passato buio che ha preso parte alla ribellione del 1990 ed era uno dei leader più in vista nella firma degli accordi di Tamanraset. Ma in seguito perse sempre di più contatto con la sua gente e si avvicinò di più dai cerchi del potere maliano e poi dopo aver esercitato la funzione di ambasciatore in Arabia Saudita cominciò la sua deriva integralista con relazioni e finanziamenti da non molto ben identificate reti internazionali.

 

La presenza di questi gruppi integralisti che stanno scatenando l’esasperazione della popolazione locale, con l’adozione di regole assurde che vietano tutto e le conversioni forzate dei cristiani e la distruzione di mausolei e luoghi di culto non conformi alla loro nozione di religiosità… Questa presenza pesante sta minando fortemente l’immagine del MNLA soprattutto che la stampa internazionale non fa niente per spiegare bene le forze in campo. Un amalgama che potrebbe, se sarà necessario giustificare un intervento militare internazionale per salvare l’Azawad dal solito Al Qaeda, nemico in certi casi e alleato in altri.

 

Ma perché l’autonomia dell’Azawad crea così tanto imbarazzo?

Una delle ragioni è dovuta alla situazione dell’Africa. Il continente nero è stato diviso amministrativamente dalle potenze coloniali. Vedendo la divisione con il senno di oggi, si capisce che chi l’ha fatta l’ha proprio pensata come un regalo avvelenato. Le linee rette tracciate con il righello dai geometri degli eserciti francese, inglese, spagnolo, belga e portoghese, e in seguito ufficializzate durante il Congresso di Berlino del 1884-1885, tagliano popolazioni intere e le spartiscono a piccoli gruppi in nazioni che spesso non hanno nessuna base storica.

All’indipendenza dei paesi africani all’inizio degli anni 60′, ci si rese conto di essere in un vero e proprio rompi capo, che se rimesso in causa avrebbe creato disordine e guerre senza fine. Per ciò gli stati africani membri dell’Organizzazione dell’Unità Africana, nel 1964, firmarono un trattato che sancisce l’intangibilità delle frontiere ereditate dal colonialismo.

Questo principio rispettato a lungo, nonostante si sia svelato spesso una specie di gabbia nella quale era difficile trovare soluzioni a certi conflitti detti etnici, è stato a pena superato con la divisione dell’ex più grande nazione africana il Sudan in due nazioni indipendenti Nord-Sudan e Sud-Sudan.

La liberazione dell’Azawad, regione a maggioranza Tuareg e Peul potrebbe portare i Tuareg sparsi sui 4 altri paesi (Niger, Libia, Algeria e Burkina Faso) a voler farne altrettanto.

E inoltre il riconoscimento di una spartizione ottenuta da un movimento di liberazione potrebbe dare fuoco a tutti i movimenti di liberazione presenti sul continente. Per questo la posizione dell’Unione Africana è senza ombra di dubbio a favore di un intervento militare internazionale per ristabilire “ la sovranità nazionale”.

L’MNLA ha provato la via della negoziazione con gli integralisti, “per evitare un conflitto fratricida”, dando l’occasione alle agenzie internazionali di parlare di fusione. Così facendo ha dao prova di grande ingenuità politica. Perché bisogna essere ingenui per pensare di poter negoziare qualcosa di durevole con un movimento indefinibile e incomprensibile come Al Qaeda. La seconda mossa se si conferma è stata un attimo più intelligente. Si è parlato di un incontro informale in cui elementi dell’esercito Maliano, organizzazione della società civile e il Mnla si sarebbero incontrati per risolvere la situazione della presenza degli elementi integralisti sul territorio. Incontro ispirato probabilmente alle manifestazioni sempre più numerose di insofferenza della popolazione nei confronti dei Jihadisti. (vedere sopra la manifestazione di donne a Kidal)

 

Il futuro della zona dipenderà un po’ dalla gestione di questa crisi e molto dalla comunità internazionale. Questa crisi potrebbe portare ad un miglioramento della situazione dei Tuareg e dei popoli del Nord del Sahel, come potrebbe portare ad un ennesima guerra di sterminio.

Per questo è importante restare attenti e seguire quello che succede in Mali, anche quando i riflettori dei media ci invitano a guardare tutti altrove. Non bisogna lasciare i popoli della regione soli in mano ai terroristi, alle spie, ai mercenari e alle multinazionali.

Spie e giornalisti. Le ragioni dei silenzi… tutti i silenzi

Foto Saed Saleem ShahzadSulla rivista Internazionale (N. 950 25/30 maggio) è stato ripreso un ormai vecchio articolo del giornalista statunitense Dexter Filkins, vincitore del premio Pulizer 2009. L’articolo di Filkins, una lunga inchiesta sull’uccisione di Sayed Saleem Shahzad, un giornalista pakistano specializzato nelle questioni di sicurezza e terrorismo, era uscito sul New Yorker nel mese di settembre 2011 sotto il titolo THE JOURNALIST AND THE SPIES.

 

Un lungo lavoro d’inchiesta con testimonianze di colleghi, parenti e amici della vittima. Oltre a fonti dei servizi segreti pakistani e statunitensi. Scopriamo in Saleem Shahzad un giornalista freelance che navigava in acque poco sicure, in quella zona grigia dove è difficile distinguere la spia dal criminale e dal terrorista.

Shahzad era andato varie volte nel cuore del Waziristan pakistano, la terra dei talebani e ha intervistato vari esponenti di spicco della guerriglia dei mullah e della così detta rete Al Qaeda. Ha scritto molti pezzi molto imbarazzanti per i servizi segreti e per l’esercito Pakistano. Ma forse l’ha fatto, come si capisce dall’articolo di Filkins, perché era appoggiato da esponenti dello stesso esercito pakistano o di qualche servizio di intelligence straniero. Fatto sta che uno di questi suoi articoli, probabilmente l’ultimo sull’attacco terroristico a una base della marina pachistana, gli è costato la vita.

 

«At other times, like many Pakistani journalists, he seemed to spare the intelligence services from the most damning details in his notebooks.» – scrive Fiilkins. Cioè: “Altre volte, come molti giornalisti pakistani, sembrava sorvolare volutamente sui dettagli più compromettenti per i servizi segreti.”

Notare il tono sottilmente paternalista con il quale il premio Pulizer sottolinea la sottomissione dei giornalisti del paese del terzo mondo nei confronti delle loro autorità. Sottomissione che sicuramente contrasta con la grande libertà dei giornalisti del primo mondo.

Nel suo articolo, Filkins parla, usando spesso informazioni raccolte dallo stesso Shahzad, di collusioni gravi tra l’ISI, i servizi segreti pachistani, e i gruppi armati di matrice islamo-jihadista. Molti dei quali secondo lui sarebbero stati addirittura creati di sana pianta da questi servizi. Cosa nota ai più. Tra questi molti, vi sono anche i Talebani. Anche questa è una cosa nota ai più.

Ma la cosa nota a molta gente anche quelle ma che il signor Filkins non dice mai è che tante volte (troppe) i gruppi armati creati, finanziati, e addestrati dai “pakis” lo erano stati in subapalto per interessi dei servizi britannici e statunitensi.

La cosa più imbarazzante detta nei confronti della Cia è che, forse qualche volta, usa informazioni ottenute con la tortura. Tortura ovviamente praticata da servizi di paesi barbari (amici ma barbari comunque) come il Pakistan e l’Egitto.

 

Ora l’ottimo articolo del signor Filkins , che racconta la sorte riservata a Chahzad dopo il suo pezzo incriminato, ci spiega benissimo perché molti giornalisti pachistani non osano mettere in imbarazzo i servizi segreti del loro paese. Ma non ci dice niente su perché i loro colleghi appartenenti ai paesi anglosassoni osano ancora meno con i servizi dello Zio Sam e quelli della sua graziosissima maestà britannica.

Spie e giornalisti. Le ragioni dei silenzi… tutti i silenzi

Foto Saed Saleem ShahzadSulla rivista Internazionale (N. 950 25/30 maggio) è stato ripreso un ormai vecchio articolo del giornalista statunitense Dexter Filkins, vincitore del premio Pulizer 2009. L’articolo di Filkins, una lunga inchiesta sull’uccisione di Sayed Saleem Shahzad, un giornalista pakistano specializzato nelle questioni di sicurezza e terrorismo, era uscito sul New Yorker nel mese di settembre 2011 sotto il titolo THE JOURNALIST AND THE SPIES.

 

Un lungo lavoro d’inchiesta con testimonianze di colleghi, parenti e amici della vittima. Oltre a fonti dei servizi segreti pakistani e statunitensi. Scopriamo in Saleem Shahzad un giornalista freelance che navigava in acque poco sicure, in quella zona grigia dove è difficile distinguere la spia dal criminale e dal terrorista.

Shahzad era andato varie volte nel cuore del Waziristan pakistano, la terra dei talebani e ha intervistato vari esponenti di spicco della guerriglia dei mullah e della così detta rete Al Qaeda. Ha scritto molti pezzi molto imbarazzanti per i servizi segreti e per l’esercito Pakistano. Ma forse l’ha fatto, come si capisce dall’articolo di Filkins, perché era appoggiato da esponenti dello stesso esercito pakistano o di qualche servizio di intelligence straniero. Fatto sta che uno di questi suoi articoli, probabilmente l’ultimo sull’attacco terroristico a una base della marina pachistana, gli è costato la vita.

 

«At other times, like many Pakistani journalists, he seemed to spare the intelligence services from the most damning details in his notebooks.» – scrive Fiilkins. Cioè: “Altre volte, come molti giornalisti pakistani, sembrava sorvolare volutamente sui dettagli più compromettenti per i servizi segreti.”

Notare il tono sottilmente paternalista con il quale il premio Pulizer sottolinea la sottomissione dei giornalisti del paese del terzo mondo nei confronti delle loro autorità. Sottomissione che sicuramente contrasta con la grande libertà dei giornalisti del primo mondo.

Nel suo articolo, Filkins parla, usando spesso informazioni raccolte dallo stesso Shahzad, di collusioni gravi tra l’ISI, i servizi segreti pachistani, e i gruppi armati di matrice islamo-jihadista. Molti dei quali secondo lui sarebbero stati addirittura creati di sana pianta da questi servizi. Cosa nota ai più. Tra questi molti, vi sono anche i Talebani. Anche questa è una cosa nota ai più.

Ma la cosa nota a molta gente anche quelle ma che il signor Filkins non dice mai è che tante volte (troppe) i gruppi armati creati, finanziati, e addestrati dai “pakis” lo erano stati in subapalto per interessi dei servizi britannici e statunitensi.

La cosa più imbarazzante detta nei confronti della Cia è che, forse qualche volta, usa informazioni ottenute con la tortura. Tortura ovviamente praticata da servizi di paesi barbari (amici ma barbari comunque) come il Pakistan e l’Egitto.

 

Ora l’ottimo articolo del signor Filkins , che racconta la sorte riservata a Chahzad dopo il suo pezzo incriminato, ci spiega benissimo perché molti giornalisti pachistani non osano mettere in imbarazzo i servizi segreti del loro paese. Ma non ci dice niente su perché i loro colleghi appartenenti ai paesi anglosassoni osano ancora meno con i servizi dello Zio Sam e quelli della sua graziosissima maestà britannica.

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione

C.I.E di Milo : Intervista a Khlifa

Ingresso inaspettato all’interno del C.I.E di Milo . Centinaia le denunce fatte dagli ospiti contro le difficili condizioni del luogo.
Una delle testimonianze più dure è di Khlifa, tunisino rinchiuso da mesi nel C.I.E e selvaggiamente picchiato dopo la tentata fuga da un Ospedale di Trapani …

KHLIFA , RACCONTACI COME TI SEI PROCURATO QUESTE LESIONI ? 



KHLIFA 30 ANNI

Dovevo fare una radiografia alla mano destra dolorante da ormai parecchie settimane , chiesi invano per giorni di essere visitato fino a quando non decisero di portarmi in un ospedale di Trapani per una radiografia. Scortato e trasferito con una volante, all’arrivo all’ospedale tentai la fuga . Raggiunsi la strada nei pressi dell’ospedale,  stavo correndo quando una volante m’investi . Una volta a terra mi bloccarono, uno di loro per farmi stare fermo mi bloccò la testa tenendomi per i capelli , per poi  picchiarmi con calci e manganelli sul busto e sulle gambe. Mi misero le manette ai polsi e una volta a bordo della volante che stava facendo ritorno nel C.I.E mi picchiarono di nuovo colpendomi nel torso e nelle parti intime del corpo minacciandomi ” se parli ti finisce male ” . Guarda come sono ridotto, viviamo come dei cani ,ogni volta che protestiamo o tentiamo la fuga , entrano con gli idranti colpendoci con dei getti d’acqua violentissimi….

                                                 LE  LESIONI SUL CORPO DI KHLIFA 

Il racconto di Khlifa viene interrotto da un altro tunisino che ci mostra nervosamente altri lividi dietro il collo del connazionale :

”Ci trattano come dei cani, guarda come lo hanno ridotto , inoltre quattro ore prima che arrivaste pulirono da cima a fondo lo spazio dove adesso ci  troviamo e portarono delle sedie e dei tavoli nuovi all’interno delle stanze,  nascondendo alcuni  migranti con evidenti lividi nel corpo in un altra sezione del C.I.E inaccessibile ai giornalisti , se solo poteste organizzare una visita a sorpresa del centro per  poterne vedere le reali condizioni ”












C.I.E : Centro d’identificazione ed espulsione