Mese: ottobre 2012

L’incendio di Aleppo

Il testo che segue, pubblicato in arabo da un anonimo sul sito All4syria.info (all4syria.info/Archive/56755) e poi ripreso su vari siti (ad esempio qui) e Facebook è importante per diversi motivi. Ci dice molto: su un evento riportato dai media in…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace. Il vecchio Alfred Bernha…

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace.

Il vecchio Alfred Bernhard Nobel, dichiarava nel suo testamento: 

(…) il capitale, dai miei esecutori testamentari impiegato in sicuri investimenti, dovrà costituire un fondo i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità. Detto interesse verrà suddiviso in cinque parti uguali da distribuirsi nel modo seguente: una parte alla persona che abbia fatto la scoperta o l’invenzione più importante nel campo della fisica; una (…) nell’ambito della chimica; una (…)nel campo della fisiologia o della medicina; una (…)nell’ambito della letteratura, (…) una parte infine alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.

Il buon vecchio Alfred era un grande scienziato ma una persona molto ingenua dal punto di vista politico, sembra. Lo dimostrò una prima volta inventando un potente esplosivo non pensando ai possibili usi militari, e una seconda volta affidando la sua eredità ad istituzioni espressione delle monarchie scandinave per promuovere niente meno che la pace nel mondo.

Nella mia lingua si dice che un giorno il pastorello andò a trovare lo sciacallo e gli disse: “senti, io devo andare in viaggio e ti chiedo di sorvegliare le mie pecore in mia assenza.” Il povero sciacallo si mise a piangere. “Ma perchè piangi”-chiese il pastorello. – “Ho paura che sia solo uno scherzo.” – rispose lo sciacallo singhiozzando.

Il premio è molto presto diventato uno strumento politico in mano alle potenze occidentali. La pace intesa dalla giuria di Stoccolma era una specie di Pax romana che va sempre a favore del loro campo. Potente strumento di propaganda durante la guerra fredda. Oggi si è messa al servizio della guerra infinità andando a premiare persone più che discutibili come Kissinger, Anwar El Sadat, Menachem Begin, Yasser Arafat, Shimon Peres, Yitzhak Rabin, Martti Ahtisaari e Barack Obama.

Oggi la comissione premia la Comunità Europea, con la motivazione che «Il lavoro della UE rappresenta la “fratellanza tra le nazioni”…».

Ma forse il breve comunicato stampa della Fondazione non è abbastanza dettagliato e molti di noi avrebbe bisogno di una rinfrescatina per capire quale lavoro è stato un esempio di Fratellanza. Per cui ecco qui sotto un elenco di azioni degne di un Nobel, essendo il Nobel quello che è diventato:

– per aver fatto finta di decolonizzare e poi istituito in Asia e Africa un sistema neocoloniale ancora più criminale;

– Per le sue multinazionali che hanno sfruttato, distrutto, avvelenato il suolo africano e per aver fomentato massacri, genocidi, guerre dette tribali o etniche per proteggere i loro interessi nel continente;

– Per aver contribuito attivamente alla corsa all’armamento e all’inquinamento nucleare del pianeta;

– Per aver partecipato a rianimare e finanziare i nazionalismi e l’estremismo religioso in Europa dell’est et in vari paesi socialisti o non allineati;

– Per aver contribuito generosamente alle guerre dette “contro il terrore” delle multinazionali del petrolio in Medio Oriente;

– Per il sostegno anche militare a vari dittatori sanguinari attraverso il mondo;

– Per la sua florida industria bellica;

– Per i traffici di rifiuti tossici;

– Per il contributo delle sue banche nel gioco da strozzino nei confronti del terzo mondo e non solo;

– Per i muri, il filo spinato e l’esercito alzati di fronte ai migranti, che hanno prodotto centinaia di migliaia di morti nei mari, nelle montagne e nei deserti;

– Per aver favorito l’erosione di capitali dal pubblico verso il privato, la speculazione e i paradisi fiscali;

– Per la pesantezza e l’inutilità della sua burocrazia;

– Per le decine migliaia di funzionari strapagati a fare un bel niente;

– Per gli sprechi delle sue sedi a Bruxelles e a Strasburgo;

– E in fine per essersi completamente sottomessa alla logica delle banche e della speculazione finanziaria…

E tante altre cose ancora che potremo enumerare per giorni e giorni…

 

A questo punto, se questo Nobel lo prendono tutti, Dall’Africa, Dall’Asia e Dall’America latina arriva un grido di indignazione che cresce sempre di più. Vogliamo anche noi i nostri premi Nobel per la pace e li vogliamo subito. Abbiamo anche noi dei candidati da presentare. Candidati che hanno credenziali migliori di tutti quelli finora premiati.

 

Vogliamo il Premio postumo per Pinochet, per il Cile, lo vogliamo anche per Rafael Trujillo per San Domingo, lo vogliamo per i generali argentini degli anni 70 e 80, per quelli del Brasile, lo vogliamo per le Farc, i narcos e i paramilitari in Colombia.

 

Vogliamo molte premiazioni per l’Asia, Polpot e i generali della Birmania in testa. Saddam e L’Ayatollah Khomeini.

 

Vogliamo il trofeo del premio nobel sempre in Africa come la coppa Jules Rimet rimasta per sempre in Brasile. Abbiamo dal nostro continente un lunghissimo elenco di persone da premiare:

Idi Amin Dada dall’Uganda, Charles Taylor per la Liberia, Jean Kambanda per il Rwanda, i generali algerini della guerra sporca ex aequo con gli Emiri dei Gruppi Islamici Armati. Vogliamo un premio per Joseph Kony in Uganda ma soprattutto lo vogliamo per l’imperatore Bocassa Primo e ultimo.

 

L'Imperatore Bocassa I°

L’Imperatore Bocassa I°

Vogliamo un premio Nobel Postumo per Bocassa I

La venerabile casa di Stoccolma ha di nuovo pubblicato il suo verdetto. Premio Nobel per vari contributi nel campo della scienza, un premio nobel per la letteratura e uno nel campo della politica detto Premio Nobel per la Pace.

Il vecchio Alfred Bernhard Nobel, dichiarava nel suo testamento: 

(…) il capitale, dai miei esecutori testamentari impiegato in sicuri investimenti, dovrà costituire un fondo i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità. Detto interesse verrà suddiviso in cinque parti uguali da distribuirsi nel modo seguente: una parte alla persona che abbia fatto la scoperta o l’invenzione più importante nel campo della fisica; una (…) nell’ambito della chimica; una (…)nel campo della fisiologia o della medicina; una (…)nell’ambito della letteratura, (…) una parte infine alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.

Il buon vecchio Alfred era un grande scienziato ma una persona molto ingenua dal punto di vista politico, sembra. Lo dimostrò una prima volta inventando un potente esplosivo non pensando ai possibili usi militari, e una seconda volta affidando la sua eredità ad istituzioni espressione delle monarchie scandinave per promuovere niente meno che la pace nel mondo.

Nella mia lingua si dice che un giorno il pastorello andò a trovare lo sciacallo e gli disse: “senti, io devo andare in viaggio e ti chiedo di sorvegliare le mie pecore in mia assenza.” Il povero sciacallo si mise a piangere. “Ma perchè piangi”-chiese il pastorello. – “Ho paura che sia solo uno scherzo.” – rispose lo sciacallo singhiozzando.

Il premio è molto presto diventato uno strumento politico in mano alle potenze occidentali. La pace intesa dalla giuria di Stoccolma era una specie di Pax romana che va sempre a favore del loro campo. Potente strumento di propaganda durante la guerra fredda. Oggi si è messa al servizio della guerra infinità andando a premiare persone più che discutibili come Kissinger, Anwar El Sadat, Menachem Begin, Yasser Arafat, Shimon Peres, Yitzhak Rabin, Martti Ahtisaari e Barack Obama.

Oggi la comissione premia la Comunità Europea, con la motivazione che «Il lavoro della UE rappresenta la “fratellanza tra le nazioni”…».

Ma forse il breve comunicato stampa della Fondazione non è abbastanza dettagliato e molti di noi avrebbe bisogno di una rinfrescatina per capire quale lavoro è stato un esempio di Fratellanza. Per cui ecco qui sotto un elenco di azioni degne di un Nobel, essendo il Nobel quello che è diventato:

– per aver fatto finta di decolonizzare e poi istituito in Asia e Africa un sistema neocoloniale ancora più criminale;

– Per le sue multinazionali che hanno sfruttato, distrutto, avvelenato il suolo africano e per aver fomentato massacri, genocidi, guerre dette tribali o etniche per proteggere i loro interessi nel continente;

– Per aver contribuito attivamente alla corsa all’armamento e all’inquinamento nucleare del pianeta;

– Per aver partecipato a rianimare e finanziare i nazionalismi e l’estremismo religioso in Europa dell’est et in vari paesi socialisti o non allineati;

– Per aver contribuito generosamente alle guerre dette “contro il terrore” delle multinazionali del petrolio in Medio Oriente;

– Per il sostegno anche militare a vari dittatori sanguinari attraverso il mondo;

– Per la sua florida industria bellica;

– Per i traffici di rifiuti tossici;

– Per il contributo delle sue banche nel gioco da strozzino nei confronti del terzo mondo e non solo;

– Per i muri, il filo spinato e l’esercito alzati di fronte ai migranti, che hanno prodotto centinaia di migliaia di morti nei mari, nelle montagne e nei deserti;

– Per aver favorito l’erosione di capitali dal pubblico verso il privato, la speculazione e i paradisi fiscali;

– Per la pesantezza e l’inutilità della sua burocrazia;

– Per le decine migliaia di funzionari strapagati a fare un bel niente;

– Per gli sprechi delle sue sedi a Bruxelles e a Strasburgo;

– E in fine per essersi completamente sottomessa alla logica delle banche e della speculazione finanziaria…

E tante altre cose ancora che potremo enumerare per giorni e giorni…

 

A questo punto, se questo Nobel lo prendono tutti, Dall’Africa, Dall’Asia e Dall’America latina arriva un grido di indignazione che cresce sempre di più. Vogliamo anche noi i nostri premi Nobel per la pace e li vogliamo subito. Abbiamo anche noi dei candidati da presentare. Candidati che hanno credenziali migliori di tutti quelli finora premiati.

 

Vogliamo il Premio postumo per Pinochet, per il Cile, lo vogliamo anche per Rafael Trujillo per San Domingo, lo vogliamo per i generali argentini degli anni 70 e 80, per quelli del Brasile, lo vogliamo per le Farc, i narcos e i paramilitari in Colombia.

 

Vogliamo molte premiazioni per l’Asia, Polpot e i generali della Birmania in testa. Saddam e L’Ayatollah Khomeini.

 

Vogliamo il trofeo del premio nobel sempre in Africa come la coppa Jules Rimet rimasta per sempre in Brasile. Abbiamo dal nostro continente un lunghissimo elenco di persone da premiare:

Idi Amin Dada dall’Uganda, Charles Taylor per la Liberia, Jean Kambanda per il Rwanda, i generali algerini della guerra sporca ex aequo con gli Emiri dei Gruppi Islamici Armati. Vogliamo un premio per Joseph Kony in Uganda ma soprattutto lo vogliamo per l’imperatore Bocassa Primo e ultimo.

 

L'Imperatore Bocassa I°

L’Imperatore Bocassa I°

L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










L’evoluzione della ” Harga ”

E’ passato un mese da quel tragico 7 settembre 2012  , quando una barcone con a bordo 130 migranti tunisini affonda a largo dell’isola di Lampione provocando l’ennesima tragedia del mare e consegnando al cimitero del mare Nostrum gli ennesimi corpi senza vita di ragazzi cercatori di felicità . Ancora oggi le autorità italiane sono alla ricerca , senza successo ,  di una verità , una prova , un pezzo di barca che provi l’esistenza di un altro classico naufragio di ” clandestini ” . I sopravvissuti continuano a riportare verità discordanti sull’accaduto . 

In seguito ad una mia recente inchiesta  svoltasi la scorsa estate nei quartieri popolari di Tunisi sono venute a galla nuove verità circa le attuali partenze di ” Harragas ” tunisini verso  ” l’El Dorado ” europea , dove la percentuale di sopravvivenza alla traversata è direttamente proporzionale alla somma che si paga . 



Quartiere El Ouardia / Tunisi –  23 Giugno 2012 



E’ una calda giornata di Giugno  nel quartiere popolare di ” El Ouardia ” , un quartiere martoriato dalla miseria e dove l’anno scorso  42 ragazzi  persero la vita in un misterioso naufragio.    Eravamo io e la collega di origini inglesi Eleanor Mortimer , eravamo impegnati a girare il documentario ” the price of freedom ” e  dovevamo incontrare un certo ”Slaità ” nomignolo di un ragazzotto di 18 anni rimpatriato  dalle autorità italiane l’anno scorso,  dopo soli due settimane di permanenza in terra italiana . Dovevamo intervistarlo per farci raccontare il suo rimpatrio avvenuto prima del 5 Aprile 2011 , data della stipulazione dell’accordo anti-immigrazione tra l’allora premier tunisino El Beji Caid Sebsi e Silvio Berlusconi .  ”Slaita” ci raccontò con aria quasi annoiata del suo rimpatrio in Tunisia , questo  fino a quando non gli ponemmo la fatidica domanda ” Riproverai la traversata verso l’Italia ? ” L’intervista ci scappò di mano e il ragazzo si trasformò in un fiume in piena di racconti ed informazioni , ci raccontò di come erano cambiate le modalità di partenza dalla Tunisia , ci parlò di un suo amico sbarcato direttamente in Sicilia dopo aver pagato 4 milioni di dinari , l’equivalente di 2 mila euro , ad un gruppo di pescatori-trafficanti di una non specificata città costiera del centro sud tunisino. Ci raccontò di come quei pescatori  abbiano procurato al suo amico dei  documenti falsi per farlo apparire , agli occhi delle severe autorità marittime tunisine , come un giovane pescatore alle prese con la sua prima battuta di pesca . Una vera e propria  ” Harga ” mascherata a battuta di pesca dai loschi trafficanti tunisini . Infine il trasbordo , che avvenne in alto e mare e a notte fonda , a bordo di un peschereccio siciliano  . Da una parte due pescherecci impegnati in una battuta di pesca , dall’altra 10 giovani ragazzi che saltano da un peschereccio all’altro , un salto che gli permetterà di cambiare vita ,  il salto che li porterà in Italia  , la terra promessa per intere generazioni di tunisini .  L’arrivo in Sicilia fu tra le più tranquille , secondo il racconto dell’amico di viaggi di ” Slaita ” , niente emittenti televisive , niente bagliori blu delle volanti della polizia italiane come l’anno scorso a Lampedusa , solo una piccola cittadina siciliana che dorme e un furgoncino che li attende per portarli in un piccolo casolare di campagna dove passeranno una settimana per poi ricominciare l’avventura europea .  ” Slaita ” ci confermò che il suo viaggio si svolgerà in questo modo  , nel frattempo dovrà attendere  il via libera dai pescatori- trafficanti raccogliendo denaro per la sua nuova avventura ….


La Goulette –  24 Giugno 2012 


” Porto vecchio ” de la Goulette  

La Goulette è una ridente città di mare distante 20 chilometri dal centro di Tunisi , dovevamo incontrare due giovani ragazzi , Safi e Ala’a , li trovammo mentre erano  intenti a farsi delle bracciate nelle acque del vecchio porto della città .  Li intervistammo al prezzo di un pacco di sigarette a testa su una piccola barchetta ormeggiata . Il loro contatto mi fu segnalato da ” Slaita ” dopo che gli chiesi se conosceva altri aspiranti ” Harragas ” . All’inizio ero convinto di trovarmi di fronte ad altri ragazzi che si dovranno spacciare per pescatori  per poter ” bruciare la frontiera” ,  e invece no , Safi e Ala’a pagheranno 2 milioni di dinari per farsi trasportare sino a largo delle coste della Sicilia per poi farsi gettare in mare e continuare a nuoto gli ultimi cento / duecento metri di mare che li divide dal proprio sogno . La stessa versione che sentii l’anno scorso quando , nei pressi di Mazara del Vallo ,  incontrai due ragazzi tunisini con i vestiti umidi e sporchi di sale  . I due ragazzi si danno il cambio per farsi intervistare ,  all’inizio pensai che erano li solo per farsi qualche tuffo e combattere il gran caldo , e invece vidi che sia uno che l’altro una volta in acqua attuavano delle faticosissime bracciate per raggiungere una boa distante cento metri dal porto dove ci trovavamo , mi dissero che si stavano allenando per ” il grande giorno ” . Una volta a destinazione dovranno raggiungere a nuoto  le spiagge della città siciliana  . Mi dissero che i trafficanti , rimpatriati l’anno scorso dalle autorità italiane , non avevano più alcun interesse a sbarcare in Italia , e quindi per prevenire eventuali arresti e rovinose ( per gli affari )  permanenze nei C.I.E ( Centri d’identificazione ed espulsione ) gettavano il carico umano in mare e facevano ritorno in Tunisia dove da li organizzavano altri viaggi  e cosi altri affari . Anche per Safi e Ala’a   la ” harga ” da quattro milioni è più sicura di quella da due …..

In seguito a queste testimonianze una domanda sorge spontanea : siamo sicuri che il 7 settembre 2012 a largo dell’isola di Lampione ci sia stato un naufragio ? 

HARGA :  Termine maghrebino usata per indicare il superamento illegale della frontiera

HARRAGAS  : Termine maghrebino che vuol dire ” Coloro che bruciano la frontiera ” 










Tunisia: la nuova strategia della paura?

Un anno e mezzo fa sceglievamo per il nostro libro proprio il titolo “non ho piu paura“. La Tunisia si era liberata dalla paura del proprio ditttaore, l’occidente si era scoperto nudo di fronte alle proprie paure dell’altro, rilanciando un nuovo interesse e fascino per le cosiddette privameve arabe. Oggi piu’ voci si sollevano su una strategia piu’ o meno strutturata di rilancio della paurain Tunisia. Come descitto abilmente in un articolo di Abdelwaheb Medded, dietro la “tolleranza” dell’attuale governo dei salafiti, ci sarebbe un’alimentazione del principo che ricentralizza attorno allo stato  l’onere di proteggere la sicurezza dei cittadini della violenza. Un principio che viene ricordato ogni venerdi attraverso imponenti schieramenti di forze all’orrario della preghiera. Per far crollare la libertà si deve rilasciare sulla paura, o deliberatamente reintrodurre la paura di forze estremiste. Non solo si finisce per incoraggiare gli abusi dei criminali salafiti, ma corpo di polizia e giudici trasformano le vittime in colpevoli. La sensazione di insicurezza e terrore cresce e si diffonde, quando le figure di autorità si mescolano con i delinquenti e criminali, tirandosi da parte, come e’ successo con li attacchi all’ambasciata e alla scuola americana, o ci si rende protagonisti di crimini verognosi come lo stupro della giovane commesso dalle forze di polizia. Difficile in questi contesti rimare dell’ormai nostalgico “jamais plus peur” post-rivoluzionario, ma e’ chiaro che cedere alla paura non fa altro che dare spazio e far vincere la strategia piu’ o meno nascosta dietro gli eventi delle ultime settimane.

Tunisia: la nuova strategia della paura?

Un anno e mezzo fa sceglievamo per il nostro libro proprio il titolo “non ho piu paura“. La Tunisia si era liberata dalla paura del proprio ditttaore, l’occidente si era scoperto nudo di fronte alle proprie paure dell’altro, rilanciando un nuovo interesse e fascino per le cosiddette privameve arabe. Oggi piu’ voci si sollevano su una strategia piu’ o meno strutturata di rilancio della paurain Tunisia. Come descitto abilmente in un articolo di Abdelwaheb Medded, dietro la “tolleranza” dell’attuale governo dei salafiti, ci sarebbe un’alimentazione del principo che ricentralizza attorno allo stato  l’onere di proteggere la sicurezza dei cittadini della violenza. Un principio che viene ricordato ogni venerdi attraverso imponenti schieramenti di forze all’orrario della preghiera. Per far crollare la libertà si deve rilasciare sulla paura, o deliberatamente reintrodurre la paura di forze estremiste. Non solo si finisce per incoraggiare gli abusi dei criminali salafiti, ma corpo di polizia e giudici trasformano le vittime in colpevoli. La sensazione di insicurezza e terrore cresce e si diffonde, quando le figure di autorità si mescolano con i delinquenti e criminali, tirandosi da parte, come e’ successo con li attacchi all’ambasciata e alla scuola americana, o ci si rende protagonisti di crimini verognosi come lo stupro della giovane commesso dalle forze di polizia. Difficile in questi contesti rimare dell’ormai nostalgico “jamais plus peur” post-rivoluzionario, ma e’ chiaro che cedere alla paura non fa altro che dare spazio e far vincere la strategia piu’ o meno nascosta dietro gli eventi delle ultime settimane.

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Velate o violentate?

..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

Velate o violentate?

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..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

Velate o violentate?

..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

Velate o violentate?

..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

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Corrado la Martire – Virtual space within the Arab Uprising: from online activism to offline liberation

  7 – 9 ottobre 2012 Seminario dottorale internazionale “Diritti di cittadinanza movimenti sociali e mutamenti politici in Africa” http://unior.it/index2.php?action=view_news&id_news=4420&content_id=6934&content_id_start=1&titolo=Anno+2012 Articoli correlati: Corrado la Martire – Il modello economico dei…
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  2. Dott. la Martire: proposte di lavori per seminario Šarī‘a, Stato e maṣlaḥa nel pensiero islamico contemporaneo Seminario: Šarī‘a, Stato e maṣlaḥa nel pensiero islamico contemporaneo in  STORIA CONTEMPORANEA DELL’ECONOMIA DEL MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA A.a. 2011-2012 Proposte per i lavori degli studenti • Presentazione dei lavori……
  3. Seminario: pensiero sunnita radicale, moderato e riformista. Šarī‘a, Stato e maṣlaḥa nel pensiero islamico contemporaneo DAAM- Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo UNIOR- Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”   Šarī‘a, Stato e maṣlaha nel pensiero islamico contemporaneo   Il seminario avrà una durata complessiva……

Corrado la Martire – Il modello economico dei Fratelli Musulmani

  African Studies Conference Pavia University, Faculty of Political Science 18- 20 September 2012   http://www-3.unipv.it/webdsps/conferenza/documenti/panel36.html Articoli correlati: I Fratelli Musulmani nel panorama politico egiziano Anche l’ultimo sforzo sembra ormai…
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Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

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Tunisia: donne sempre in prima fila

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Tunisia: donne sempre in prima fila

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