Categoria: ShotOfWhisky

Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete

Che ne dite questa estate di tuffarsi nell’universo del web e blog writing. Con me e la brava Miriam Bertoli. Nel mio laboratorio dedicato in particolare al blog writing discuteremo di come individuare un argomento, scegliere un titolo e scrivere un testo in grado di catturare la curiosità dei lettori.

Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

Ecco DOVE e COME iscriversi.

Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete
Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
Per qualsiasi informazione è possibile scrivere a: [email protected].

Preiscrizione entro: venerdì 14 giugno

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Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

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Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
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Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
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Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
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Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

Ecco DOVE e COME iscriversi.

Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete
Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
Per qualsiasi informazione è possibile scrivere a: [email protected].

Preiscrizione entro: venerdì 14 giugno

Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete

Che ne dite questa estate di tuffarsi nell’universo del web e blog writing. Con me e la brava Miriam Bertoli. Nel mio laboratorio dedicato in particolare al blog writing discuteremo di come individuare un argomento, scegliere un titolo e scrivere un testo in grado di catturare la curiosità dei lettori.

Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

Ecco DOVE e COME iscriversi.

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Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
Per qualsiasi informazione è possibile scrivere a: [email protected].

Preiscrizione entro: venerdì 14 giugno

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Che ne dite questa estate di tuffarsi nell’universo del web e blog writing. Con me e la brava Miriam Bertoli. Nel mio laboratorio dedicato in particolare al blog writing discuteremo di come individuare un argomento, scegliere un titolo e scrivere un testo in grado di catturare la curiosità dei lettori.

Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

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di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
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Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
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Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
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Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete

Che ne dite questa estate di tuffarsi nell’universo del web e blog writing. Con me e la brava Miriam Bertoli. Nel mio laboratorio dedicato in particolare al blog writing discuteremo di come individuare un argomento, scegliere un titolo e scrivere un testo in grado di catturare la curiosità dei lettori.

Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

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Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
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Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

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Preiscrizione entro: venerdì 14 giugno

Web e blog writing: scrivere per farsi leggere ed entrare in relazione, fuori e dentro la rete

Che ne dite questa estate di tuffarsi nell’universo del web e blog writing. Con me e la brava Miriam Bertoli. Nel mio laboratorio dedicato in particolare al blog writing discuteremo di come individuare un argomento, scegliere un titolo e scrivere un testo in grado di catturare la curiosità dei lettori.

Quando si apre un blog spesso si dedica troppo poco tempo al “cosa” (l’argomento) per preoccuparsi del “come” (il tema, lo spazio web, i plugin, i social network) ritrovandosi poi a competere con colossi della comunicazione e arrancando per ottenere lettori e commenti ai post.

Ecco DOVE e COME iscriversi.

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Ca’ Foscari Summer School 2013
di Miriam Bertoli, Elisa Pierandrei
 
Descrizione: Qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente comunichiamo attraverso contenuti testuali digitali. Il laboratorio esplora le caratteristiche della scrittura online e presenta gli strumenti per una scrittura efficace. In particolare verrà approfondito in una giornata dedicata il tema del blog writing: cos’è un blog e come aprire e gestire un blog di successo. Nel corso del laboratorio sono previsti momenti di esercitazione individuale e di gruppo, per mettere subito in pratica quanto appreso.

Scopo: Trasferire le principali competenze di scrittura per il web e approfondire caratteristiche e tecniche del blog writing.

Prerequisiti: conoscenza delle dinamiche della comunicazione scritta; conoscenza di base degli strumenti web (uso e-mail, motori di ricerca, ecc).
Attrezzatura necessaria: laptop personale da portare a lezione.

Partecipanti: minimo 10 – massimo 20
Durata: 14 ore – 2 moduli da 7 ore
Dove: Complesso di San Sebastiano
Calendario: venerdì 21 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 22 dalle 10:00 alle 13:00;  venerdì 28 giugno dalle 14:00 alle 18:00 e sabato 29 giugno dalle 10:00 alle 13:00

Il sito Summer School è www.unive.it/summerschool  e la pagina relativa ai laboratori è: http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=150973.
Le modalità di iscrizione sono reperibili nelle sezione “Ammissione” del sito.
Per qualsiasi informazione è possibile scrivere a: [email protected].

Preiscrizione entro: venerdì 14 giugno

Writers attack: Dal Cairo a Venezia.

E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

Writers attack: Dal Cairo a Venezia.

E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

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E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

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Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

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E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

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realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
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Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
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Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
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E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

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Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

Writers attack: Dal Cairo a Venezia.

E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

Writers attack: Dal Cairo a Venezia.

E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
Stories Interactivity Temporary E-ducation Space.

Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
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Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
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E’ un po’ di settimane che non aggiorno piu’ questo mio blog. Ma come ho già scritto, per le news dal mondo arabo adesso mi dovete seguire su Urban Cairo, il blog dedicato a cultura, arte e social change nel mondo arabo sul sito de Linkiesta.it . Oggi, pero’, qualcosa da raccontarvi ce l’ho. I graffiti del Cairo sbarcano all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con una mia presentazione. Ecco maggiori info sull’evento.

 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

Due giorni intensi di incontri e confronti intorno ai nuovi modi di documentazione, comunicazione
e produzione on web dei linguaggi artistici contemporanei. Una ventina di interventi a sondare la
grande ricchezza di esperienze che vengono maturando nel mondo che ha sostituito gli atomi
con i bit come aveva preconizzato Negroponte. Ma si può ancora parlare di una realtà virtuale
distinta da quella che abbiamo intorno? Oppure è nell’ormai continuo interscambio fra la rete e la
realtà che si stanno generando le nuove modalità non solo della partecipazione, ma anche della
creatività contemporanea?

Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
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Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
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Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
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Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
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 S.I.T.E.S all’Accademia di Belle Arti di Venezia

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Martedì 23 e mercoledì 24 aprile, in quattro sessioni sia alla mattina che al pomeriggio nell’Aula
Magna dell’Accademia di Belle Arti di Venezia saranno aperti al pubblico gli incontri di S.I.T.E.S
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
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Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

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Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
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Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
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Intervengono: Giulio Alessandri, Michela Arfiero e Giovanni Pozzi, Gianfranco Bettin, Marco
Biraghi, Elena Bordignon, Riccardo Caldura, Alberto Giorgio Cassani, Vincenzo Chiarandà e Anna
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Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

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24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

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Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
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Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
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Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
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Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
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Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
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Stuart Tovini, Michael Connor, Luca Farulli, Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, Alessandro
Fossato, Manuel Frara, Daniele Gasparinetti, Filippo Innocenti, Lisa La Pietra, Alessandro
Ludovico, Marotta&Russo, Guido Molinari, Fabrizio Panozzo, Elisa Pierandrei, Valentina Tanni.

PER I  GRAFFITI DEL CAIRO L’APPUNTAMENTO E’:

24 aprile – dalle 10.00 alle 13.00 – Terza sessione di lavori

Temporary

Intervengono:

Elena Bordignon (www.atpdiary.com)
Dalla carta stampata al digitale: come cambia il modo di raccontare l’arte contemporanea;
Michela Arfiero e Giordano Pozzi (www.fruitoftheforest)
Flip-side – Un nuovo approccio alle nuove forme di editoria digitale;
Manuel Frara (Accademia di Belle Arti di Venezia)
Timelapse. Appunti per una panoramica sull’intervallo del tempo della fruizione nell’opera d’arte oggi;
Daniele Gasparinetti (www.xing.it)
Lo spam della terra;
Elisa Pierandrei (giornalista e arabista)
Urban Cairo. Street art dal nuovo Egitto.
Coordinano: Marotta&Russo

Risveglio berbero

Popolazione autoctona dell’Africa settentrionale, nei secoli ha sviluppato una letteratura, una musica e forme artistiche diverse da quelle arabe. Gli Stati hanno sempre emarginato queste espressioni e anche le recenti rivolte non sembrano aver cambiato le cose. Sul numero di Popoli di febbario (www.popoli.info) un mio reportage dal Marocco fino all’Oasi egiziana di Siwa, passando per la provincia algerina della Cabilia. Scaricalo qui o abbonati a Popoli!

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Manal and Alaa: A love story

As you have probably noticed, I am now using this blog only occasionally. For those of you who have missed the news, I am now blogging on the Italian online magazine Linkiesta.it . The blog is called Urban Cairo (here). They actually did like the name …

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FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

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+1 713.223.5522 ext 26,
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Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
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Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
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Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
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Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
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Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
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+1 713.223.5522 ext 26,
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Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
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+1 713.223.5522 ext 26,
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Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
[email protected]
Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

For more information or visuals, please contact:
Vinod Hopson, Press Coordinator,
+1 713.223.5522 ext 26,
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Karin von Roques, Biennial Curator, [email protected]

 
ABOUT FOTOFEST INTERNATIONAL
Founded in 1983, FotoFest International was established to promote international awareness of museum-quality photo-based art from around the world. FotoFest is a non-profit photographic arts and education organization based in Houston, Texas. The first FotoFest Biennial was held in 1986. It is the first and longest running photographic arts festival in the United States. It is considered as one of the leading international photography Biennials in the world.

As an international platform for serious photographic arts exhibitions, the FotoFest Biennial has become known as a showcase for the discovery and presentation of important new work and new talent from around the world. The Biennial takes place citywide in Houston with participation from the leading art museums, art galleries, non-profit art spaces, universities and civic spaces. The Arab exhibitions will take place in FotoFest’s headquarters gallery and three to four additional FotoFest art spaces.

The Biennial has an audience of 275,000 people from thirty-one countries. This audience includes a select group of 150 museum curators, gallerists, publishers, editors, photography collectors, directors of non-profit art spaces and international festivals from Asia, Europe, Latin America, Canada and the United States.

FotoFest 2014 for Contemporary Photography by Arab Artists

FotoFest is the United States‘ Oldest and Longest-running Photography Festival . Last year it was devoted to Russian photographers and photo-related art.
The next issue is scheduled on 2014 and will be devoted to Arab artists in the photography, video, photo-based installation fields. Pretty impressive choice for me … . 
[PRESS RELEASE] – Huston Texas –  FotoFest International announces the theme and dates for the FOTOFEST 2014 BIENNIAL, the 15th International Biennial of Photography and Photo-related Art. The Biennial will focus on Contemporary Arab Photographic Art, including video and multi-media installations. The Biennial will showcase more than 40 contemporary Arab artists using photography and related visual media to address a broad range of aesthetic and cultural values impacting Arab culture. The FotoFest 2014 International Biennial takes place March 15 through April 27, 2014, in Houston, Texas.

“The FotoFest 2014 Biennial will present a focused selection of the best contemporary photography, video and photo-based installation art being done by Arab artists in the Middle East and North Africa,” says FotoFest Senior Curator and Artistic Director Wendy Watriss. “The Biennial will emphasize ideas and subjects important to contemporary Arab artists working with these media.”

To realize the Biennial’s Arab exhibitions and programs, FotoFest has commissioned one of the world’s leading experts on contemporary Arab art, Karin Adrian von Roques, as the principal curator. Ms. von Roques has worked for over 20 years in the Middle East with exhibitions and publications on contemporary Arab art. She is one of the first curators in Europe to have initiated a series of exhibitions strategically aimed at bringing the work of Arab artists to the attention of a broader, international public.

“The FotoFest 2014 Biennial will be the first presentation of contemporary photo-based and video art from the Arab countries to be done in the United States in recent years,” says Ms. von Roques. “We are looking at the work of the most important artists from several Arab countries.”

Photography and video are particularly important mediums for creative expression in contemporary Arab societies. With the expansion of Internet in the 1990s, a whole generation of younger people took up photography and video as a way to present artistic ideas.

“In looking at the works of many contemporary Arab artists working with photography, we have seen a number in common,” says Ms. von Roques. “The FotoFest 2014 Biennial will feature some of these recurring subjects including: the emergence of secular art and culture in modern societies; the desert as metaphor; religion and faith in everyday life; a sense of belonging and feelings of estrangement; the complexities of East-West relationships; the rapidity of social, economic and environmental change, particularly in the Gulf region; the position of women in Arab societies; and the recent political changes in so many Arab countries.”

FotoFest’s Artistic Director and Senior Curator, Wendy Watriss, known for her expertise in international photography and close working relationships with artists throughout the world, is collaborating with Ms. von Roques on the selection of artists and artworks for the biennial exhibitions.

“We are very pleased to be working with Karin von Roques,” says Fred Baldwin, FotoFest Chairman. “Having curated exhibitions worldwide with contemporary Arab artists, she is a respected and knowledgeable authority on the region and its cultures. She is one of the world’s major consultants on contemporary art in this field.”

The Contemporary Arab Photographic Art exhibitions will be accompanied by the non-thematic, biennial Discoveries of the Meeting Place exhibition of works by 10 artists selected by multiple curators from the FotoFest 2012 portfolio review. The 2014 edition of FotoFest’s renowned Meeting Place, a 16-day international portfolio review, takes place March 15–April 2, 2014. FotoFest’s International Fine Print Auction is scheduled for Monday, March 24, 2014, with special programs for collectors.

Over 100 museums, art galleries, non-profit art centers and corporate spaces will participate in the FotoFest 2014 Biennial. In addition, there will be accompanying lectures, forums, special tours and a four-color Biennial catalogue and hardcover book on the Arab exhibitions.

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Hello! In an attempt to reach more audience in Italy I managed to get published now on the Italian online news magazine Linkiesta.it . It is under a blog called Urban Cairo and devoted to the Arab cultural scene not only in Cairo (but mostly in Cairo)….

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Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

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Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

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First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

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First published in Israel 2008,
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

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First published in Israel 2008,
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[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

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Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

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La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

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La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
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La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

An Egyptian avant-garde

Five rebellious, avant-garde Egyptian writers and painters founded in 1939 a movement that for the first time in modern Egypt linked politics to art – The Art & Freedom Group. Though surrealism prevailed amongst the founders, the group was an eclectic cluster of some of the most important creative forces Egypt had ever seen.

Convinced that Egypt was “a sick and failing society”, the 5 outspoken protagonists (GeorgeHenein, RamsesYounan, Fouad & AnwarKamelandKamelelTelmessani) stated that art did not exist merely as ‘art for art’s sake’, but rather‘art presented itself as the means to liberate Egypt’, with the defiant use of the pen and brush.

Fast forward to Egypt in 2012, with a newly democratically elected president and a confused society, we are presenting the works of 9 Egyptian artists whose work echoes the legacy of the Art & Freedom group, acting as agents for social change for a free liberated Egypt.

An Egyptian avant-garde

Five rebellious, avant-garde Egyptian writers and painters founded in 1939 a movement that for the first time in modern Egypt linked politics to art – The Art & Freedom Group. Though surrealism prevailed amongst the founders, the group was an eclectic cluster of some of the most important creative forces Egypt had ever seen.

Convinced that Egypt was “a sick and failing society”, the 5 outspoken protagonists (GeorgeHenein, RamsesYounan, Fouad & AnwarKamelandKamelelTelmessani) stated that art did not exist merely as ‘art for art’s sake’, but rather‘art presented itself as the means to liberate Egypt’, with the defiant use of the pen and brush.

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Five rebellious, avant-garde Egyptian writers and painters founded in 1939 a movement that for the first time in modern Egypt linked politics to art – The Art & Freedom Group. Though surrealism prevailed amongst the founders, the group was an eclectic cluster of some of the most important creative forces Egypt had ever seen.

Convinced that Egypt was “a sick and failing society”, the 5 outspoken protagonists (GeorgeHenein, RamsesYounan, Fouad & AnwarKamelandKamelelTelmessani) stated that art did not exist merely as ‘art for art’s sake’, but rather‘art presented itself as the means to liberate Egypt’, with the defiant use of the pen and brush.

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Convinced that Egypt was “a sick and failing society”, the 5 outspoken protagonists (GeorgeHenein, RamsesYounan, Fouad & AnwarKamelandKamelelTelmessani) stated that art did not exist merely as ‘art for art’s sake’, but rather‘art presented itself as the means to liberate Egypt’, with the defiant use of the pen and brush.

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A Beautiful Tango

A post about Hassan Hajjaj can only be followed by one about Hindi Zahra, a good friend of him. A modern Cheikha Rimitti or a Moroccan Omm Kalthoum. Call her what you want. But please, take 5 minutes to listen to her voice. Here you find a short bio from her post psychedelic web-site.

“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

Her Beautiful Tango.

A Beautiful Tango

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“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

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“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

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“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

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“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

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“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

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A Beautiful Tango

A post about Hassan Hajjaj can only be followed by one about Hindi Zahra, a good friend of him. A modern Cheikha Rimitti or a Moroccan Omm Kalthoum. Call her what you want. But please, take 5 minutes to listen to her voice. Here you find a short bio from her post psychedelic web-site.

“The story of a Berber girl born in Morocco. Her father was in the army and her mother a housewife, occasional actress and singer of village repute. Among her uncles were musicians, into the post-psychedelic Moroccan scene of the time. She grew up to the sound of divas ¾ raï and châabi, like Cheikha Rimitti, and the great Egyptian Oum Khalsoum ¾ between traditional Berber music and desert rock’n’roll, with the blues of the great Malian Ali Farka Touré and the sensual folk music of Ismaël Lo in the wings. All this before she set out across the Mediterranean to join her father in Paris. She left school and got her first job at 18 in the Louvre. “This was my meeting with art. As a child, I was contemplative, in touch with nature. The paintings gave me the same sensations.” Read more here.

Her Beautiful Tango.

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Hassan Hajjaj’s rockstar portraits

This Sunday, head to 32 Calvert Avenue, London, UK, for the Larache Winter Sale with winter tea,
wine and live music to keep the cold out.
— with Hassan Hajjaj.

[Orlando Reader for The Guardian] – Hassan Hajjaj’s first memories of photography are from his childhood in Morocco. His mother would occasionally dress him in clothes sent from his father in England, cover him in perfume and take the whole family to the local photography studio for a family portrait. 
Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
Read more on the Guardian.

 

Hassan Hajjaj’s rockstar portraits

This Sunday, head to 32 Calvert Avenue, London, UK, for the Larache Winter Sale with winter tea,
wine and live music to keep the cold out.
— with Hassan Hajjaj.

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Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
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This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
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[Orlando Reader for The Guardian] – Hassan Hajjaj’s first memories of photography are from his childhood in Morocco. His mother would occasionally dress him in clothes sent from his father in England, cover him in perfume and take the whole family to the local photography studio for a family portrait. 
Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
Read more on the Guardian.

 

Hassan Hajjaj’s rockstar portraits

This Sunday, head to 32 Calvert Avenue, London, UK, for the Larache Winter Sale with winter tea,
wine and live music to keep the cold out.
— with Hassan Hajjaj.

[Orlando Reader for The Guardian] – Hassan Hajjaj’s first memories of photography are from his childhood in Morocco. His mother would occasionally dress him in clothes sent from his father in England, cover him in perfume and take the whole family to the local photography studio for a family portrait. 
Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
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Hassan Hajjaj’s rockstar portraits

This Sunday, head to 32 Calvert Avenue, London, UK, for the Larache Winter Sale with winter tea,
wine and live music to keep the cold out.
— with Hassan Hajjaj.

[Orlando Reader for The Guardian] – Hassan Hajjaj’s first memories of photography are from his childhood in Morocco. His mother would occasionally dress him in clothes sent from his father in England, cover him in perfume and take the whole family to the local photography studio for a family portrait. 
Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
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Hassan Hajjaj’s rockstar portraits

This Sunday, head to 32 Calvert Avenue, London, UK, for the Larache Winter Sale with winter tea,
wine and live music to keep the cold out.
— with Hassan Hajjaj.

[Orlando Reader for The Guardian] – Hassan Hajjaj’s first memories of photography are from his childhood in Morocco. His mother would occasionally dress him in clothes sent from his father in England, cover him in perfume and take the whole family to the local photography studio for a family portrait. 
Then there were the street photographers in Larache, the harbour town where he lived until the age of fourteen, “who would take pictures of you on a plastic horse, wearing cowboy hats and so on…” There is a similar colour and spontaneity to My Rockstars: Volume 1, a series of studio portraits Hajjaj has been working on since 1998, exhibited for the first time at The Third Line gallery in Dubai last month.
This is only the latest in what has been a busy few years for Hajjaj, exhibiting his work in Europe, Africa and the Middle East: in 2009 his photographs were featured in the Bamako Rencontres Biennale, this year he exhibited work in Riad Yima, a house he designed himself, featured in the Marrakech Biennale.
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Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Monocle at Doha Tribeca Film Festival

Political revolutions and their aftermath are fertile conditions for filmmakers. Monocle took a front-row seat at the Doha Tribeca Film Festival (17-24 Nov), to witness the cinema of change emerging in the Arab region.

Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


Having spent the last 12 months trawling through hundreds of flicks to bring only the best to Diff 2012, the dedicated Diff programmers are the most qualified to advise on what to watch.
 All seven give tabloid! their top picks for the week and tips on how do to the Dubai International Film Festival 2012.


Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


Choice cut: “I encourage Dubai audiences to be risky with their choices.”

Diff in a sentence: “A unique celebration of international cinema providing a rare opportunity for the people of Dubai to see a broad range of wonderful, life-changing films.”



Top picks:
 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

Read more on Gulf News

Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


Having spent the last 12 months trawling through hundreds of flicks to bring only the best to Diff 2012, the dedicated Diff programmers are the most qualified to advise on what to watch.
 All seven give tabloid! their top picks for the week and tips on how do to the Dubai International Film Festival 2012.


Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


Choice cut: “I encourage Dubai audiences to be risky with their choices.”

Diff in a sentence: “A unique celebration of international cinema providing a rare opportunity for the people of Dubai to see a broad range of wonderful, life-changing films.”



Top picks:
 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


Having spent the last 12 months trawling through hundreds of flicks to bring only the best to Diff 2012, the dedicated Diff programmers are the most qualified to advise on what to watch.
 All seven give tabloid! their top picks for the week and tips on how do to the Dubai International Film Festival 2012.


Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


Choice cut: “I encourage Dubai audiences to be risky with their choices.”

Diff in a sentence: “A unique celebration of international cinema providing a rare opportunity for the people of Dubai to see a broad range of wonderful, life-changing films.”



Top picks:
 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


Having spent the last 12 months trawling through hundreds of flicks to bring only the best to Diff 2012, the dedicated Diff programmers are the most qualified to advise on what to watch.
 All seven give tabloid! their top picks for the week and tips on how do to the Dubai International Film Festival 2012.


Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


Choice cut: “I encourage Dubai audiences to be risky with their choices.”

Diff in a sentence: “A unique celebration of international cinema providing a rare opportunity for the people of Dubai to see a broad range of wonderful, life-changing films.”



Top picks:
 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


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Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


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Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


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Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

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Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


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Top picks:
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The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
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is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


Having spent the last 12 months trawling through hundreds of flicks to bring only the best to Diff 2012, the dedicated Diff programmers are the most qualified to advise on what to watch.
 All seven give tabloid! their top picks for the week and tips on how do to the Dubai International Film Festival 2012.


Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


Choice cut: “I encourage Dubai audiences to be risky with their choices.”

Diff in a sentence: “A unique celebration of international cinema providing a rare opportunity for the people of Dubai to see a broad range of wonderful, life-changing films.”



Top picks:
 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

Read more on Gulf News

Dubai International Film Festival choice cuts

Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
 poses during a photo session at the 69th Venice Film Festival
on August 31, 2012 at Venice Lido. “Wadjda”
is competing in the Orizzonti section of the festival.
AFP PHOTO / TIZIANA FABI
As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

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Nashen Moodley, Director of Asia Africa Programmes


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 Back to 1942 (China): “It’s a great epic which is both stylish and moving.” (December 13, 8pm, Madinat Arena)

Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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Film director of “Wadjda”, Haifaa Al Mansour of Saudi Arabia,
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Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

[Kelly Crane for GULF NEWS] – Unless you’re unemployed, on a sabbatical or enjoying a holiday, with 161 films from 43 countries screening at this year’s Dubai International Film Festival there just aren’t enough hours in the day to see them all.


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Lesson of the Evil (Japan): “The legendary Japanese director Mike Takashi will join us at Diff for the presentation of his very gory and very disturbing film.” (December 11, 9.30pm MoE 12; December 13, 10.30pm, MoE 10.)


The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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As the vast majority of the readers of this blog are not from Italy (in order from USA, Italy, Egypt, Russia, Germany, UK, France, Morocco … and some, sometimes, even from Mongolia!), I keep posting also in English. Last week I attended the premier in Milan of the first ever full-length feature film entirely made in Saudi Arabia. “Wadjda,” (in Italian “La bicicletta verde”) directed by Haiffa Al-Mansour, that is about an 11-year-old girl growing up on the outskirts of Riyadh who dreams of getting and riding a green bicycle. It is a moving and uplifting movie, with reare footage of real life in Saudi Arabia. Everyone should try to watch it. So I decided today to post something also about Arab movies. Here it comes a list of must-see movies at Dubai Inernational Film Festival 2012 (9th Edition, 9-16 Decembre 2012) still ongoig in Dubai. It is not only about Arab movies, but it is also about what Arabs watch.

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The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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The Thieves (Korea): “This is an exhilarating heist film, filled with twists and turns, and spectacular stunts.” (December 11, 6.15pm, MoE 2; December 13, 3.15pm, MOE 1).

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"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
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Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

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Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
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Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

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Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

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"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
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Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
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Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

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Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

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"It’s not the End of the World"

Ieri il bel blog Editoriaraba ha ospitato un mio post. Ho partecipato infatto all’interessante iniziativa rivolta dall’amministratrice ai suoi lettori arabisti di realizzare una top ten dei loro autori preferiti. 
Eccone, qui sotto, uno stralcio. Si tratta di giovani autori, già tradotti in italiano, e ancora – credo tutti – disponibili (in libreria o su richiesta delle case editrici). Ahime’ ho dovuto scartare quello che piu’ di tutti mi ha appassionato negli anni di studio dell’arabo, perchè credo che sia fuori stampa. Si tratta del marocchino Driss Chraibi (1926-2007) autore della serie dell’ispettore Ali (tipo il tenente Colombo orientale). Comunque, torniamo a noi … .
Vertigo, dello scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (trad. di Barbara Teresi, 2012). E’ un giallo ricco di suspense in cui la denuncia della corruzione si mescola all’immancabile ironia egiziana. Al Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, il fotografo Ahmad Kamal assiste per caso all’omicidio di due corrotti uomini d’affari, noti per i loro legami con i vertici del potere.Vertigo è diventata anche una serie Tv andata in onda durante il Ramadan 2012. Pero’ i telespettatori ci trovano una sorpresa: Kamal è invece una donna, interpretata dalla splendida attrice tunisina Hind Sabri che abbiamo già visto recitare in un’altra serie araba di successo. E’ quella tratta dal libro Che il velo sia da sposa di Ghada Abdel Aal (uscito in italiano nel 2010).
Beirut I Love You, della scrittrice libanese Zena el Khalil (trad. di Santina Mobiglia, 2010). Ha scelto internet, nella forma di un blog, per sfogare le sue paure, l’artista libanese Zena El Khalil. Era il 2006 e la sua Beirut si sgretolava sotto i raid degli israeliani. The Guardian ha pubblicato le sue cronache che alla fine hanno ispirato un libro. In Italia: Beirut, I Love You. Inoltre, oggi è anche una installazione, Beirut, I Love You – A Work in Progress, realizzata sempre dall’artista Zena el Khalil in collaborazione con il regista Gigi Roccati, come parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s Not The End Of The World. Il lavoro è frutto dei tre anni di collaborazione nell’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato da Zena in un film lungometraggio ancora da realizzare, per la regia di Gigi Roccati.
metro 
Metro, del disegnatore egiziano Magdi Al Shafee (trad. di Ernesto Pagano, 2010). Metro‭ ‬è la prima graphic novel egiziana‭, ‬e la sua storia è quasi un romanzo a sé‭.‬ Magdy El Shafee‭, ‬illustratore e intellettuale egiziano‭, ‬l’aveva terminata nel 2008‭: ‬è un thriller a fumetti‭, ‬storia d’amore e romanzo politico metropolitano‭, ‬protagonista un giovane programmatore informatico‭, ‬Shehab‭, ‬coinvolto in una rapina da un politico corrotto‭. ‬Ma soprattutto nei disegni si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni‭, ‬prima della rivoluzione del 2011, cadenzati dalle fermate della metropolitana che portano nomi dei capi di stato‭: ‬Nasser‭, ‬Sadat‭, ‬Mubarak‭. ‬All’epoca fu abbastanza per una confisca immediata del volume‭,‬ l’arresto dell’editore‭ (‬celebre blogger egiziano‭) ‬e un processo concluso con una multa per ‬اaver compromesso la moralità pubblica. E’ uscita nel 2010 la sua traduzione integrale in italiano‭ e nel 2012 quella in inglese, ‬testimonianza di un mondo arabo del fumetto che fra censura e denuncia sociale sta conquistando nuovo pubblico‭.
[…]
Rapsodia irachena, dello scrittore iracheno Sinan Antoon (trad. di Ramona Ciucani, 2010). Acclamato poeta iracheno in esilio, ma anche scrittore e traduttore (fra gli altri del memorabile Mahmoud Darwish) e disturbatore dello status quo. Sinan Antoon si è trasferito negli Stati Uniti subito dopo la prima Guerra del Golfo. E a Baghdad ci è tornato solo nel luglio 2003, per girarci un documentario in cui racconta il suo viaggio nella città sotto l’occupazione americana. In questo suo romanzo d’esordio, dal titolo Rapsodia irachena, ci parla della vita sotto un regime, quello iracheno di Saddam, in costante stato di belligeranza. Sullo sfondo la prima di una serie di guerre che ha distrutto un popolo un tempo incredibilmente ricco, non solo di cultura. Siamo negli anni ’80 e l’Iraq è in guerra con l’Iran. Attraverso le memorie che appartengono alla vita di un prigioniero contrario al regime, Rapsodia irachena ci regala in poche pagine una miniatura inedita della dolorosa vita in quegli anni, di cui si sa veramente poco. Sinan Antoon è anche co-fondatore e co-editor del sito bilingue di critica e cultura sul mondo arabo Jadaliyya.
[…]
Leggi il post intero QUI su Editoriaraba.

Sulla letteratura palestinese ho invece rintracciato un post di Paola Caridi che fa riferimento ad un suo articolo, dal titolo “Il vero romanzo palestinese è un pezzo rap”, recentemente pubblicato sulla stampa nazionale. Ne riporta il contenuto QUI sul suo blog Arabinvisibili.  

 

Yasmine Hamdan & Friends

Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
Date & Time: Wednesday, December 19, 2012 at 8:00pm

Yasmine Hamdan & Friends

Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
Date & Time: Wednesday, December 19, 2012 at 8:00pm

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Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

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With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
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Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

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Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
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Yasmine Hamdan & Friends

Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
Date & Time: Wednesday, December 19, 2012 at 8:00pm

Yasmine Hamdan & Friends

Three winters ago, Yasmine Hamdan was known as Y.A.S., a pairing, or an encounter of her own culture and that of Mirwais’s electropop music. For ten years she dominated the Arab underground scene from Beirut, becoming its icon as the front woman of the band Soapkills (along with Zeid Hamdan).
Yasmine is back, precise and crisp clear. She embraces a new project under her own name. The album is the result of an intensive studio collaboration between Yasmine and the producer Marc Collin. A battle is waged through the echoing of Arabic music, from the great productions of the 50s and 60s recorded in Beirut and Cairo, as well as the super sexy Choubi from Iraq, and the very soulful Samri from Kuwait.
In a code-free environment, the artists created a universe of sounds where Yasmine’s vocal swings interpret folk ballads over electronic vibes, as synthesizers, on each song, give accents to a sensuality that belongs to our time.

Performance, 15 min

Musical guests: Marc Collin’s ghost, Charbel Haber, Walid Sadek & other special guests.
With the collaboration of Alia Hamdan, Ziad Nawfal & friends.
Location: Beirut Art Center
Date & Time: Wednesday, December 19, 2012 at 8:00pm

Writers attack. Nella primavera araba.

Su Exibart.com . Ecco un estratto.
L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
[ … ]
Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
Leggi l’intervista completa QUI.

 

 

Writers attack. Nella primavera araba.

Su Exibart.com . Ecco un estratto.
L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
[ … ]
Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
Leggi l’intervista completa QUI.

 

 

Writers attack. Nella primavera araba.

Su Exibart.com . Ecco un estratto.
L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
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Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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[ … ]
Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
Leggi l’intervista completa QUI.

 

 

Writers attack. Nella primavera araba.

Su Exibart.com . Ecco un estratto.
L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
Leggi l’intervista completa QUI.

 

 

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Su Exibart.com . Ecco un estratto.
L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
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Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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L’intervista – I muri come “social network” del presente. I graffiti che raccontano le proteste al Cairo oggi, come a New York quaranta anni fa. Ma con una radicalizzazione politica e l’aiuto della tecnologia. Abbiamo intervistato Elisa Pierandrei, giornalista e arabista che nel 2011 ha vissuto i fatti in presa diretta, da quell’osservatorio privilegiato che è stato piazza Tahrir al Cairo. E che oggi pubblica un e-book sul fenomeno dei graffiti made in Medio Oriente [di Matteo Bergamini] 
[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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[ … ]
Il fumetto del libanese George Abou Mahya,
Beirut è una sorta di Gotham City mediorientale
I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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I ragazzi di piazza Tahrir hanno adottato un mezzo linguistico che fa parte della cultura occidentale, soprattutto statunitense. Eppure hanno assimilato tag e  bombolette come “modus operandi” di stampo politico. Pensi che in Occidente non sarebbe più possibile una corrispondenza del genere?
«I murales politici in Egitto, Tunisia e Libia sono espressione di una parte della scena culturale metropolitana giovanile fortemente globalizzata. È un fenomeno che fa riferimento ad altre rivoluzioni accadute altrove, in tempi non troppo lontani. Mi riferisco, ad esempio, alla rivoluzione portoghese dei Garofani, nel 1974. Anche all’epoca il linguaggio visivo servì ad amplificare i messaggi politici e creò nuove forme di intervento nello spazio pubblico. I rivoluzionari portoghesi si espressero attraverso adesivi, murales, manifesti politici, caricature, vignette e fotomontaggi».
Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
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«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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Hai detto che i muri delle città arabe sono un “social network fisico”. Spesso le autorità sono intervenute a rimuovere parole, disegni e invocazioni, messi in scena ad esempio dall’artista iraniano Maziar Mohktari con la serie di stampe Palinsest: ad Isfahan durante la notte i muri cittadini vengono invasi da scritte inneggianti la libertà e la rivoluzione. All’alba le medesime scritte vengono cancellate con vernice gialla dagli addetti delle pulizie al servizio del governo. Qual è la forza e la funzione del graffito urbano in Medio Oriente?
«Come spiega bene la gallerista Stefania Angarano nell’introduzione a Urban Cairo, “i graffiti sono riproducibili all’infinito, grazie alla tecnica dello stencil di velocissima esecuzione, spesso piccoli e quindi adattabili a qualunque spazio, sono realizzabili da chiunque, anche da chi artista non è”. Sono anche il volto pacifista della guerriglia urbana, grazie alla quale nei mesi delle rivolte arabe i volti delle vittime hanno sostituito nella memoria collettiva il ritratto dell’egiziano Mubarak o quello del tunisino Ben Ali. Il solo fatto di esistere come movimento, che ha un obiettivo comune ed è capace a volte di coordinarsi,  è stato e continua ad essere un atto di grande resistenza, in un contesto urbano pieno zeppo di divieti».
[ … ]
Urban Cairo è anche un e-book: quanto conta la condivisione in questo preciso periodo storico? Che cosa è necessario al rinnovamento europeo, prendendo esempio dalla vicina primavera araba? 
«Pensare alla primavera araba in formato e-book (che ha una mappa interattiva dei graffiti del Cairo) è stata la sfida che cercavo. Quando l’editore mi ha contattata per chiedermi se volevo partecipare al lancio di una nuova collana di e-book sul giornalismo narrativo e investigativo non ho avuto grosse esitazioni. L’e-book  promuove il libero e rapido scambio di idee, ovunque tu sia. In metro, in aereo, in treno, sul tuo smartphone o su un tablet o un e-reader. Inoltre per me era importante esprimermi attraverso un mezzo di comunicazione digitale, per rafforzare l’idea che le rivolte arabe sono un segno del cambiamento dei tempi e comunicarne l’urgenza. Ho sempre considerato molto stimolante la lettura di “The medium is the message”, dell’intramontabile Marshall McLuhan. A volte mi sembra che noi europei non abbiamo una visione altrettanto elaborata della funzione dei nuovi media».
 
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Manga oltre il terrorismo

Insieme ai colleghi Francesco Pistocchini ed Enrico Casale abbiamo pubblicato su Popoli (www.popoli.info) di dicembre una inchiesta sul mondo dei fumetti arabi dal titolo “Se un fumetto fa primavera”. Io naturalmente ho scritto degli algerini, mentre francesco è stato a Yella, Let’s Comics a Beirut. Enrico ha invece incontrato ed intervistato una giovane e formidabile fumettista tunisina. Che vive a Milano.
Qui di seguito uno stralcio del mio pezzo sull’Algeria e il link per leggere e scaricare tutto l’articolo.
Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
ospite di FIBDA 2012.

MANGA OLTRE IL TERRORISMO

ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

Oggi la situazione è diversa … (vai su www.popoli.info e scarica il PDF dell’articolo intero)

Manga oltre il terrorismo

Insieme ai colleghi Francesco Pistocchini ed Enrico Casale abbiamo pubblicato su Popoli (www.popoli.info) di dicembre una inchiesta sul mondo dei fumetti arabi dal titolo “Se un fumetto fa primavera”. Io naturalmente ho scritto degli algerini, mentre francesco è stato a Yella, Let’s Comics a Beirut. Enrico ha invece incontrato ed intervistato una giovane e formidabile fumettista tunisina. Che vive a Milano.
Qui di seguito uno stralcio del mio pezzo sull’Algeria e il link per leggere e scaricare tutto l’articolo.
Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
ospite di FIBDA 2012.

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ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

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Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
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«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

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ospite di FIBDA 2012.

MANGA OLTRE IL TERRORISMO

ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

Oggi la situazione è diversa … (vai su www.popoli.info e scarica il PDF dell’articolo intero)

Manga oltre il terrorismo

Insieme ai colleghi Francesco Pistocchini ed Enrico Casale abbiamo pubblicato su Popoli (www.popoli.info) di dicembre una inchiesta sul mondo dei fumetti arabi dal titolo “Se un fumetto fa primavera”. Io naturalmente ho scritto degli algerini, mentre francesco è stato a Yella, Let’s Comics a Beirut. Enrico ha invece incontrato ed intervistato una giovane e formidabile fumettista tunisina. Che vive a Milano.
Qui di seguito uno stralcio del mio pezzo sull’Algeria e il link per leggere e scaricare tutto l’articolo.
Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
ospite di FIBDA 2012.

MANGA OLTRE IL TERRORISMO

ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

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Insieme ai colleghi Francesco Pistocchini ed Enrico Casale abbiamo pubblicato su Popoli (www.popoli.info) di dicembre una inchiesta sul mondo dei fumetti arabi dal titolo “Se un fumetto fa primavera”. Io naturalmente ho scritto degli algerini, mentre francesco è stato a Yella, Let’s Comics a Beirut. Enrico ha invece incontrato ed intervistato una giovane e formidabile fumettista tunisina. Che vive a Milano.
Qui di seguito uno stralcio del mio pezzo sull’Algeria e il link per leggere e scaricare tutto l’articolo.
Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
ospite di FIBDA 2012.

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ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

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Insieme ai colleghi Francesco Pistocchini ed Enrico Casale abbiamo pubblicato su Popoli (www.popoli.info) di dicembre una inchiesta sul mondo dei fumetti arabi dal titolo “Se un fumetto fa primavera”. Io naturalmente ho scritto degli algerini, mentre francesco è stato a Yella, Let’s Comics a Beirut. Enrico ha invece incontrato ed intervistato una giovane e formidabile fumettista tunisina. Che vive a Milano.
Qui di seguito uno stralcio del mio pezzo sull’Algeria e il link per leggere e scaricare tutto l’articolo.
Abime, del marocchino Omar Ennaciri,
ospite di FIBDA 2012.

MANGA OLTRE IL TERRORISMO

ALGERI – Il fumetto è in cerca di un ruolo da protagonista nella nuova produzione culturale e letteraria araba. Anche in Algeria, dove un festival del fumetto, fra i più interessanti del Nord Africa, sta provando a mettere insieme creativi e case editrici. Si chiama Festival international de la bande dessinée d’Alger (Fibda, 6-13 ottobre 2012) e, come sempre accade con i festival, gioca un ruolo chiave nell’innescare nuova creatività e aiutare gli autori a farsi pubblicare. Dal 2008 ha infilato cinque edizioni di seguito e oggi è un appuntamento fisso per gli autori arabi del genere. In Algeria, un pubblico esisteva già, grazie all’impegno di un collettivo di autori fra cui Slim, Haroun, Aider, Maz, Melouah, Tenani, Dilem che, dopo essersi occupati di fumetto per bambini, all’inizio degli anni Novanta avevano lanciato una rivista di vignette di satira politica: El Manchar. Gli anni di piombo del terrorismo islamico hanno però interrotto l’esperienza.

«Con questa rivista stavamo rompendo tanti tabù: sesso, politica, religione – spiega Haroun, uno dei padri del fumetto in Algeria -. Poi sono arrivate le minacce dei fondamentalisti islamici e allora abbiamo dovuto chiudere». Il disegnatore e intellettuale algerino fa riferimento ai fatti accaduti nei primi anni Novanta, quando il Fronte islamico di salvezza, un partito islamico, vinse le elezioni. L’intervento delle forze militari, prima che fossero assegnati i seggi in Parlamento, rovesciò il neoeletto partito. Iniziarono così gli attentati.

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Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

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Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

Cairo Film Fest opening; artists divided

(ANSAmed) – The 35th Cairo International Film Festival kicked off with a low-key ceremony last night, despite week-long tensions throughout the country. Devoid of international stars, the gala took place in a heavily guarded Opera House as Egypt’s fi…

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

El Barnameg? Puntata rinviata

Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
Dal 23 novembre torna in Tv, dopo una meritata pausa estiva, l’ex You Tube sensation, oggi anchor televisivo, Bassem Youssef soprannominato il Jon Stewart egiziano. Un ex cardiochirurgo di 38 anni, dagli occhi blu, che conduce una seguitissima trasmissione, mezz’ora di attualità con interviste e recensioni di libri, che si intitola “El Barnameg” (Il Programma). Lanciata nel marzo 2011 su You Tube con il titolo di B+ Show, consisteva in episodi di pochi minuti, realizzati, a basso costo, in un appartamento del Cairo. L’obiettivo era fare satira politica sui servizi televisivi forvianti messi in onda dai canali di Stato. Il successo è stato così grande che sono piovuti inviti ad andare in onda sulle emittenti satellitari arabe Al Jazeera e MBC, alle quali pero’ il conduttore all’epoca preferi’ gli sudi dell’egiziana ONtv. Con il suo programma adesso in onda su CBC Egypt, Youssef spera di insegnare un nuovo modo di fare giornalismo in Egitto. Nell’episodio di esordio su ONtv, in onda nel mese di Ramadan 2011, ha preso di mira i media siriani accusandoli di usare la stessa propaganda imbevuta di ipocrisia del vecchio sistema egiziano. In un’altra puntata ha denunciato il silenzio del mondo arabo sulle atrocità perpetrate dal regime di Damasco. Risultato? Una pagina Facebook che si chiama Ultras Bassem Youssef e conta oltre 100mila fan, nonché un tour negli States, questa estate, durante il quale ad un certo punto è stato ospite proprio del Daily Show di Jon Stewart di cui è un accanito fan. Bassem Youssef era uno dei medici che ha prestato soccorso ai civili feriti nei 18 giorni di manifestazioni che all’inizio del 2011 hanno costretto l’ex presidente Hosni Mubarak alle dimissioni. All’epoca, era in attesa di partire per andare a prestare servizio negli Usa.

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Mentre l’Egitto è ancora in piazza per rivendicare il rispetto dei suoi diritti, l’emittente CBC Egypt ha deciso di cancellare la trasmissione di ieri di El Barnameg, programma di satira politica condotto dal popolarissimo Bassem Youssef (il Jon Stewart egiziano). Ma di chi e di che cosa stiamo parlando? Su questo blog ve ne avevo già parlato. Ecco una update.
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