Giorno: 11 gennaio 2015

Gli arabi e la crisi delle libertà

Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (10/01/2015). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti. Viviamo in un periodo in cui le coscienze e le parole sono perseguitate, e vengono imposte restrizioni ai pacifisti. Ciò che è accaduto in Francia è solo un esempio di una lunga serie di crimini perpetrati da coloro che ritengono che il mondo […]

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Libano: sospetto presenza Daish dietro attacco a Tripoli

(Agenzie). Le prime informazione suggeriscono che l’attacco terroristico a Tripoli sia frutto di un’azione di Daish. Il ministro degli Interni libanese Machnouk ha dichiarato che l’attentato, che ha portato alla morte di 9 persone, è stato effettuato da “membri di Daish”. L’esercito libanese ha identificato i due attentatori nelle persone di Taha Samir al-Khayal, 22 anni, […]

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Io partecipo

di Sami El-Behiri. Elaph (11/01/2015). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.  Sono scioccato per le morti avvenute per mano dei terroristi in Iraq, Yemen, Siria o Libia. Detesto e odio il fatto che delle persone siano morte per mano di Daish, Al Qaeda, Al Nusra o qualsiasi fronte battente bandiera islamica. Ho iniziato a […]

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5 artisti arabi indie-pop per il 2015

5 giovani promesse della musica araba indie-pop da ascoltare nel 2015. 1) L’egiziana Youssra El Hawary (sopra il video). Nominata per gli ONE’s Honesty Oscars nel 2014 come “miglior inno attivista”, Youssra e i suoi accordi incorporano il mix perfetto tra uno stile innovativo folk/indie pop e una sentita critica sociale. 2) Dal Bahrein, Mo Zowayed . Voce delicata e sound […]

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“American Sniper”, o della negazione del nostro fanatismo

In un continuo gioco di sovrapposizioni tra elementi filmici e storici piegati alla coerente logica del “bene contro il male”, tipica della retorica della lotta al terrorismo, il celebre regista statunitense compie un pericoloso viaggio etnografico in un Iraq mai esistito. Nel quale non ci sono insorti, ma solo terroristi. 

 

 

11 Gennaio 2015
di: 
Alessio Marri

Essere o non essere Charlie, ma é questo, veramente, il problema?

Riposto la mia riflessione su Charlie Hebdo e i fatti di Parigi uscita oggi su Il Manifesto. A chi legge l’arabo, consiglio l’articolo di Al Akhbar che cito nel pezzo. Per chi è interessato a capire come i media arabi hanno coperto la questione, il buon pezzo di Haaretz (anche se privo di link in […]

Essere o non essere Charlie, ma é questo, veramente, il problema?

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Essere o non essere Charlie, ma é questo, veramente, il problema?

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Essere o non essere Charlie, ma é questo, veramente, il problema?

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La stampa marocchina esprime solidarietà con la Francia

Hespress. La Federazione marocchina degli editori giornalistici e il Sindacato nazionale della stampa marocchina hanno organizzato una manifestazione di fronte all’ambasciata di Francia a Rabat in segno di solidarietà con le vittime degli scontri armati dei giorni scorsi a Parigi e di sostegno alla rivista Charlie Hebdo. Da parte sua, Nureddin Miftah, presidente della Federazione, ha dichiarato […]

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Rafah: espansione della zona cuscinetto tra l’Egitto e Gaza

Di Adnan Abu Amer. Al-Monitor (09/01/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti. Proprio quando Hamas poteva sperare di migliorare le relazioni con Il Cairo, l’esercito egiziano ha iniziato una serie di operazioni tra la Striscia di Gaza e la penisola del Sinai. Il 31 dicembre scorso, infatti, Abdel Fattah Harhood, governatore del Sinai settentrionale, ha […]

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Sri Lanka tra Pechino e Santa sede

 Mentre con una rapidità stupefacente il neo presidente Sirisena sta già formando il suo governo a
poche ore dall’insediamento e dalla clamorosa sconfitta di Mahinda Rajapaksa, Sri Lanka aspetta un altro grande evento: l’arrivo del papa. Non si tratta di una visita pastorale come tante e arriva in un momento complesso che non ha mancato, prima delle elezioni, di suscitare polemiche nella base e tra la gerarchia progressista dell’isola, dove i cattolici sono una minoranza piccola ma presente e a cui stava a cuore che Bergolgio non si prestasse a speculazioni politiche da parte del presidente. Adesso non è ben chiaro come sarà il cerimoniale: Rajapaksa aveva affisso manifesti con la sua immagine e quella del papa e forse sperava di poterlo accogliere da presidente eletto per guadagnarsene la benedizione. Ai cattolici, tutti con Sirisena, la visita ormai concordata prima dello strappo di novembre (quando Rajapaksa ha indetto le elezioni prima della scadenza naturale del mandato) sembrava un rischio così alto da far consigliare a molti un rinvio.

La struttura dove parlerà il papa, che parte da Roma domani per essere a Colombo martedi, non è ancora terminata e si corre ai ripari lavorando di buona lena: leve, gru, ponteggi metallici, operai che punteggiano il lungomare su cui si affaccia la capitale e, poco più avanti, il palazzo presidenziale in questi giorni oggetto di speculazioni e rumor. La velocità con cui Rajapaksa ha ammesso la sconfitta, ha lasciato di stucco chi credeva che comunque il vecchio presidente non avrebbe mollato: un giornale locale sostiene addirittura che avesse in realtà deciso di ribaltare il tavolo, chiedendo al procuratore generale di preparare le carte per sbarrare la strada a Sirisena, e che avrebbe cambiato idea dopo il suo rifiuto. Scenario di fantasia?

Certo gli elementi del giallo ci sono tutti. E ci sono forse state tutte le pressioni possibili per portare a casa un risultato pacifico e forse alla fine concordato. Sirisena si insedia infatti addirittura il giorno stesso in cui Rajapaksa – senza avere in mano neppure i risultati definitivi – ammette la sconfitta. Questione di ore e l’India si congratula con calore. Poi è la volta di Londra, quindi di Washington. E si congratulano tutti quei Paesi che nel 2013 boicottarono il summit del Commonwealth a Colombo. Un primo ministro è già al lavoro: Ranil Wickremesinghe – un liberale già premier diverse volte – nemico acerrimo di Rajapaksa e personaggio che può restituire al Paese quel che l’ex presidente gli ha tolto: sia un’alleanza economica con Usa e Occidente che in questi anni passava invece per Pechino (potrebbe pare saltare un accordo da 1,5 miliardi di dollari con la Cina Communications Construction Co Ltd), sia un’immagine più collaborativa con le minoranze, soprattutto i tamil. Ranil fu l’uomo che tentò la via pacifica con la guerriglia delle Tigri durante la guerra al Nord durata più di cinque lustri.

Forse però degli equilibri etnico-religiosi sarà più Bergoglio che Sirisena ad occuparsi. Il papa si è fatto precedere da dichiarazioni come quella rilasciata all’agenzia Fides dal vescovo di Kandy Fernando Vianney, che ha evocato una “soluzione politica dell’era post-conflitto, basata sul principio del decentramento dei poteri, dell’unità e della riconciliazione”. Francesco – che ha in progetto una visita in area tamil – si presenta inoltre con una canonizzazione a tempo record del sacerdote secentesco Jospeh Vaz, amato da singalesi (la maggioranza dei cattolici srilankesi) e tamil.

Sul fronte della riconciliazione Sirisena ha fatto promesse ma fino a un certo punto: è disposto a mettere in piedi una commissioni che valuti crimini e violazioni della guerra ma anche lui, come Rajapaksa, non ne vuole sapere dell’Onu e delle sue inchieste così super partes da essere imbarazzanti per tutti. Sirisena, già segretario dello stesso partito di Rajapaksa, è stato ministro in diversi governi e le Tigri tamil lo avevano tanto in odio tanto da tentare nel 2008 di ammazzarlo. Ora guiderà un governo che ha dentro di tutto: dalla sinistra marxista ai liberisti, dai gruppi buddisti radicali ai musulmani. Forse più che alle minoranze penserà a come liberare Sri Lanka dall’abbraccio di Pechino e a come tenere in piedi la sua eterogenea coalizione.