Il mio primo libro è uscito nel 1990. Era una dettagliata, dettagliatissima ricerca sulle origini della Scissione di Palazzo Barberini e la nascita della socialdemocrazia italiana tra 1945 e 1947. Fonti primarie, interviste, archivi in giro per l’Europa e negli Stati Uniti: anni di lavoro, duri e in alcuni momenti molto belli. Ho visto cheRead more
Giorno: 12 gennaio 2016
Attacco al cuore dell’Europa
Istanbul è Costantinopoli, nel senso che la parola “Istanbul” è un succedaneo del termine con cui Costantino, il pontifex maximus, ribattezzò Bisanzio, l’11 maggio del 330. “Istan”, sta per “Costantino” […]
Siria: Assad sta scegliendo la sua opposizione
Di Raed Omari. Al-Arabiya (11/01/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Il ministro degli Esteri siriano Walid Muallem ha chiesto una lista delle “organizzazioni terroristiche” in vista dei prossimi colloqui di pace. Ma cosa dice del suo regime che dal 2011 è stato responsabile di 300.000 morti? E che dire dello shock provocato a […]
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Marocco: sepolta viva (quasi)
Dichiarata morta, una donna stava per essere sepolta viva prima che i parenti si rendessero conto che ancora respirava. Lo riporta il sito marocchino Bladi.net. Fatima Nabil, il nome della 57enne data per deceduta, aveva già raggiunto il cimitero di Berrechid, a 40 km da Casablanca, quando fortunatamente i parenti, sentendo dei sospiri, le hanno […]
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Isola di Lèros: partenze e arrivi
Anja continua a raccontarci la sua esperienza come volontaria e attivista della staffetta #overthefortress a Lèros nel Mar Egeo.
Si ringrazia l’Avv. Cristian Valle per la segnalazione.
Pubblichiamo l’ordinanza del Tribunale di Napoli che ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria ad una cittadina del Bangladesh…
Lo sviluppo psicofisico del minore giustifica la permanenza dei genitori sul territorio nazionale
Le buone ragioni per abrogare il reato di clandestinità: un atto necessario e di onestà
Premessa ¶
Si discute molto, in questi giorni, dell’opportunità di abrogare il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello…
Tunisia: scoperto un fossile di coccodrillo di 10 metri
(Agenzie). Machimosaurus rex, così l’hanno chiamato gli scienziati, misura circa 10 metri per 3 tonnellate di peso. Stiamo parlando del fossile di coccodrillo marino riesumato nel deserto tunisino, il più grande mai scoperto nella sua categoria. L’annuncio è stato dato lunedì dalla rivista scientifica Cretaceous Research. Dell’immensa bestia, vissuta 120 milioni di anni fa, restano il cranio e qualche osso, […]
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Turchia: 10 morti e 15 feriti nell’esplosione a Istanbul (video)
(Agenzie). Ancora ignote le cause dell’esplosione avvenuta martedì mattina a Istanbul, nel quartiere Sultanahmet, l’epicentro turistico della città. Sono almeno 10 i morti e 15 i feriti. Tra le vittime 9 sono cittadini tedeschi. Secondo alcune fonti, un kamikaze si è fatto esplodere vicino a un gruppo di turisti europei. Le forze di polizia e le ambulanze […]
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Migranti: Turchia darà permesso lavoro ai rifugiati siriani
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Annuncio dopo visita ad Ankara vicepresidente Ue Timmermans
articoli, migrano
via RSS diAnsamed — ANSA.it
Iraq: pericolo di costruzione di una trincea curda
Di Osama Mahdy. Elaph (10/01/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. L’approssimarsi della conclusione dei lavori di una trincea curda intorno alla regione del Kurdistan iracheno ha fatto nascere il timore a Baghdad di una possibile divisione della regione e di separazione dell’Iraq stesso. Fonti irachene hanno diffuso lo stesso timore asserendo che lo scopo ultimo della […]
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Frammenti di Haifa (e altre storie)
Lo scorso ottobre è uscita la traduzione italiana di Frammenti di Haifa (ed. Fila 37, 2015), di Khulud Khamis, attivista e scrittrice slovacco-palestinese di nazionalità israeliana che vive a Haifa. La protagonista del libro – apprendo dal sito Internet della casa editrice – si chiama Maisoon, ed è una giovane donna palestinese, atea ma nata … Continua a leggere Frammenti di Haifa (e altre storie) →
Il processo di pace "must go on" (per ora senza i talebani)
Pace in salita. La scalata la guida il Pakistan |
Per adesso la montagna ha partorito un topolino ma non era immaginabile andare oltre. Riunitosi ieri per la prima volta a Islamabad, il Quadrilateral Coordination Committee, che comprende Afghanistan, Pakistan, Cina e Usa, ha fissato il suo secondo incontro a Kabul fra una settimana e ha sopratutto messo nero su bianco che il negoziato di pace coi talebani deve andare avanti. Come? Si vedrà.
Alla riunione c’erano per il Pakistan il ministro degli Esteri Aizaz Ahmad Chaudhry e Sartaj Aziz, ascoltato consigliere del premier Nawaz Sharif, per l’Afghanistan il vice ministro degli esteri Hekmat Khalil Karzai, e gli inviati speciali americano e cinese: Richard Olson e Deng Xijun. Dietro le quinte, il potentissimo capo delle forze armate pachistane Raheel Sharif, l’architetto di questa nuova stagione negoziale. Tutti favorevoli al processo di pace ma, per ora, senza i talebani, rimasti il convitato di pietra di questo incontro quadrangolare dove erano presenti i principali protagonisti della guerra afgana. Un incontro (il primo) tra governo e talebani si era tenuto in Pakistan in luglio ma tutto era poi collassato sia per l’annuncio della morte di mullah Omar sia per le polemiche interne ai talebani sull’opportunità di parteciparvi. Infine, ai colloqui era seguita un’ondata di attentati e stragi, spesso senza rivendicazione, che avevano fatto montare un fortissimo sentimento anti pachistano negli afgani: clima che ha richiesto mesi per ricucire lo strappo.
L’inviato speciale per l’Afghanistan ambasciatore Deng Xijun. I cinesi stanno giocando la partita |
Per ora dunque c’è almeno un accordo di principio e una “road map” da negoziare il 18 gennaio assieme forse a una lista top secret in cui il Pakistan avrebbe messo i nomi dei talebani disposti al dialogo. Tra loro ci sarebbe anche il capo, mullah Mansur, che viene considerato più malleabile di Omar.
Ma sono solo illazioni e per ora restano una notizia senza conferme da parte del movimento in turbante.
Alla vigilia dell’appuntamento di Islamabad ha intanto visto la luce l’ennesimo rapporto sulla situazione militare. Si tratta, ha scritto il magazine tedesco Der Spiegel, di un dossier “segreto” della Nato di cui il settimanale è venuto in possesso. Il rapporto, in totale controtendenza rispetto a quello del Pentagono presentato al Congresso americano a fine anno, non risparmia nulla alle forze di sicurezza afgane, incapaci, secondo la Nato, di far fronte alla minaccia talebana. Spiegel scrive che secondo l’Alleanza solo uno dei 101 battaglioni di fanteria è “pronto per il combattimento” e che dieci battaglioni non sarebbero nemmeno in grado di essere operativi. Benzina sul fuoco poi ce la mette proprio un americano, il generale John Campbell che dall’agosto 2014 è al comando della missione Resolute Support che ha sostituito Isaf con soli compiti di addestramento. I talebani avrebbero il controllo di fette di Paese sempre più vaste mentre – aggiunge il rapporto – e continua a salire il numero dei morti: nel solo 2015 oltre 8mila vittime militari afgane (una media di 22 al giorno) con perdite aumentate del 42% rispetto all’anno prima.
Alla Nato non sono soddisfatti: mirano a far crescere Resolute Support? |
I conti non tornano se il rapporto del Pentagono era assai più moderato nel giudizio e se la stessa missione di sostegno e formazione della Nato finisce, indirettamente, per ammettere di non essere in grado di fornire l’addestramento necessario. Viene da chiedersi se dietro al dossier “top secret”, che è però finito sui giornali, non ci sia il desiderio di aumentare Resolute Support chiedendo ai Paesi aderenti di far crescere i propri contingenti. Certo il problema esiste: proprio ieri il presidente della Commissione sicurezza dalla Camera, Mirdad Nejrabi, ha accusato il governo di non essere in grado di gestire la guerra. Accusa accompagnata dalle rivelazioni di Karim Atal a capo del Consiglio provinciale dell’Helmand del Sud secondo cui il 40% dei soldati di stanza nell’area sarebbero “fantasmi” i cui salari andrebbero nelle tasche dei comandanti. E ce n’è ancora per il presidente Ghani, sotto schiaffo perché accusato di mettere in piedi commissioni di indagine che non approdano a nulla, come nel caso della caduta di Kunduz in mano ai talebani l’anno scorso sulla quale ancora si aspetta un rapporto dettagliato. Inverno difficile e una primavera che rischia di portare, con la stagione secca, nuovi guai sul piano militare e su quello politico.
Il processo di pace "must go on" (per ora senza i talebani)
Pace in salita. La scalata la guida il Pakistan |
Per adesso la montagna ha partorito un topolino ma non era immaginabile andare oltre. Riunitosi ieri per la prima volta a Islamabad, il Quadrilateral Coordination Committee, che comprende Afghanistan, Pakistan, Cina e Usa, ha fissato il suo secondo incontro a Kabul fra una settimana e ha sopratutto messo nero su bianco che il negoziato di pace coi talebani deve andare avanti. Come? Si vedrà.
Alla riunione c’erano per il Pakistan il ministro degli Esteri Aizaz Ahmad Chaudhry e Sartaj Aziz, ascoltato consigliere del premier Nawaz Sharif, per l’Afghanistan il vice ministro degli esteri Hekmat Khalil Karzai, e gli inviati speciali americano e cinese: Richard Olson e Deng Xijun. Dietro le quinte, il potentissimo capo delle forze armate pachistane Raheel Sharif, l’architetto di questa nuova stagione negoziale. Tutti favorevoli al processo di pace ma, per ora, senza i talebani, rimasti il convitato di pietra di questo incontro quadrangolare dove erano presenti i principali protagonisti della guerra afgana. Un incontro (il primo) tra governo e talebani si era tenuto in Pakistan in luglio ma tutto era poi collassato sia per l’annuncio della morte di mullah Omar sia per le polemiche interne ai talebani sull’opportunità di parteciparvi. Infine, ai colloqui era seguita un’ondata di attentati e stragi, spesso senza rivendicazione, che avevano fatto montare un fortissimo sentimento anti pachistano negli afgani: clima che ha richiesto mesi per ricucire lo strappo.
L’inviato speciale per l’Afghanistan ambasciatore Deng Xijun. I cinesi stanno giocando la partita |
Per ora dunque c’è almeno un accordo di principio e una “road map” da negoziare il 18 gennaio assieme forse a una lista top secret in cui il Pakistan avrebbe messo i nomi dei talebani disposti al dialogo. Tra loro ci sarebbe anche il capo, mullah Mansur, che viene considerato più malleabile di Omar.
Ma sono solo illazioni e per ora restano una notizia senza conferme da parte del movimento in turbante.
Alla vigilia dell’appuntamento di Islamabad ha intanto visto la luce l’ennesimo rapporto sulla situazione militare. Si tratta, ha scritto il magazine tedesco Der Spiegel, di un dossier “segreto” della Nato di cui il settimanale è venuto in possesso. Il rapporto, in totale controtendenza rispetto a quello del Pentagono presentato al Congresso americano a fine anno, non risparmia nulla alle forze di sicurezza afgane, incapaci, secondo la Nato, di far fronte alla minaccia talebana. Spiegel scrive che secondo l’Alleanza solo uno dei 101 battaglioni di fanteria è “pronto per il combattimento” e che dieci battaglioni non sarebbero nemmeno in grado di essere operativi. Benzina sul fuoco poi ce la mette proprio un americano, il generale John Campbell che dall’agosto 2014 è al comando della missione Resolute Support che ha sostituito Isaf con soli compiti di addestramento. I talebani avrebbero il controllo di fette di Paese sempre più vaste mentre – aggiunge il rapporto – e continua a salire il numero dei morti: nel solo 2015 oltre 8mila vittime militari afgane (una media di 22 al giorno) con perdite aumentate del 42% rispetto all’anno prima.
Alla Nato non sono soddisfatti: mirano a far crescere Resolute Support? |
I conti non tornano se il rapporto del Pentagono era assai più moderato nel giudizio e se la stessa missione di sostegno e formazione della Nato finisce, indirettamente, per ammettere di non essere in grado di fornire l’addestramento necessario. Viene da chiedersi se dietro al dossier “top secret”, che è però finito sui giornali, non ci sia il desiderio di aumentare Resolute Support chiedendo ai Paesi aderenti di far crescere i propri contingenti. Certo il problema esiste: proprio ieri il presidente della Commissione sicurezza dalla Camera, Mirdad Nejrabi, ha accusato il governo di non essere in grado di gestire la guerra. Accusa accompagnata dalle rivelazioni di Karim Atal a capo del Consiglio provinciale dell’Helmand del Sud secondo cui il 40% dei soldati di stanza nell’area sarebbero “fantasmi” i cui salari andrebbero nelle tasche dei comandanti. E ce n’è ancora per il presidente Ghani, sotto schiaffo perché accusato di mettere in piedi commissioni di indagine che non approdano a nulla, come nel caso della caduta di Kunduz in mano ai talebani l’anno scorso sulla quale ancora si aspetta un rapporto dettagliato. Inverno difficile e una primavera che rischia di portare, con la stagione secca, nuovi guai sul piano militare e su quello politico.
Il processo di pace "must go on" (per ora senza i talebani)
Pace in salita. La scalata la guida il Pakistan |
Per adesso la montagna ha partorito un topolino ma non era immaginabile andare oltre. Riunitosi ieri per la prima volta a Islamabad, il Quadrilateral Coordination Committee, che comprende Afghanistan, Pakistan, Cina e Usa, ha fissato il suo secondo incontro a Kabul fra una settimana e ha sopratutto messo nero su bianco che il negoziato di pace coi talebani deve andare avanti. Come? Si vedrà.
Alla riunione c’erano per il Pakistan il ministro degli Esteri Aizaz Ahmad Chaudhry e Sartaj Aziz, ascoltato consigliere del premier Nawaz Sharif, per l’Afghanistan il vice ministro degli esteri Hekmat Khalil Karzai, e gli inviati speciali americano e cinese: Richard Olson e Deng Xijun. Dietro le quinte, il potentissimo capo delle forze armate pachistane Raheel Sharif, l’architetto di questa nuova stagione negoziale. Tutti favorevoli al processo di pace ma, per ora, senza i talebani, rimasti il convitato di pietra di questo incontro quadrangolare dove erano presenti i principali protagonisti della guerra afgana. Un incontro (il primo) tra governo e talebani si era tenuto in Pakistan in luglio ma tutto era poi collassato sia per l’annuncio della morte di mullah Omar sia per le polemiche interne ai talebani sull’opportunità di parteciparvi. Infine, ai colloqui era seguita un’ondata di attentati e stragi, spesso senza rivendicazione, che avevano fatto montare un fortissimo sentimento anti pachistano negli afgani: clima che ha richiesto mesi per ricucire lo strappo.
L’inviato speciale per l’Afghanistan ambasciatore Deng Xijun. I cinesi stanno giocando la partita |
Per ora dunque c’è almeno un accordo di principio e una “road map” da negoziare il 18 gennaio assieme forse a una lista top secret in cui il Pakistan avrebbe messo i nomi dei talebani disposti al dialogo. Tra loro ci sarebbe anche il capo, mullah Mansur, che viene considerato più malleabile di Omar.
Ma sono solo illazioni e per ora restano una notizia senza conferme da parte del movimento in turbante.
Alla vigilia dell’appuntamento di Islamabad ha intanto visto la luce l’ennesimo rapporto sulla situazione militare. Si tratta, ha scritto il magazine tedesco Der Spiegel, di un dossier “segreto” della Nato di cui il settimanale è venuto in possesso. Il rapporto, in totale controtendenza rispetto a quello del Pentagono presentato al Congresso americano a fine anno, non risparmia nulla alle forze di sicurezza afgane, incapaci, secondo la Nato, di far fronte alla minaccia talebana. Spiegel scrive che secondo l’Alleanza solo uno dei 101 battaglioni di fanteria è “pronto per il combattimento” e che dieci battaglioni non sarebbero nemmeno in grado di essere operativi. Benzina sul fuoco poi ce la mette proprio un americano, il generale John Campbell che dall’agosto 2014 è al comando della missione Resolute Support che ha sostituito Isaf con soli compiti di addestramento. I talebani avrebbero il controllo di fette di Paese sempre più vaste mentre – aggiunge il rapporto – e continua a salire il numero dei morti: nel solo 2015 oltre 8mila vittime militari afgane (una media di 22 al giorno) con perdite aumentate del 42% rispetto all’anno prima.
Alla Nato non sono soddisfatti: mirano a far crescere Resolute Support? |
I conti non tornano se il rapporto del Pentagono era assai più moderato nel giudizio e se la stessa missione di sostegno e formazione della Nato finisce, indirettamente, per ammettere di non essere in grado di fornire l’addestramento necessario. Viene da chiedersi se dietro al dossier “top secret”, che è però finito sui giornali, non ci sia il desiderio di aumentare Resolute Support chiedendo ai Paesi aderenti di far crescere i propri contingenti. Certo il problema esiste: proprio ieri il presidente della Commissione sicurezza dalla Camera, Mirdad Nejrabi, ha accusato il governo di non essere in grado di gestire la guerra. Accusa accompagnata dalle rivelazioni di Karim Atal a capo del Consiglio provinciale dell’Helmand del Sud secondo cui il 40% dei soldati di stanza nell’area sarebbero “fantasmi” i cui salari andrebbero nelle tasche dei comandanti. E ce n’è ancora per il presidente Ghani, sotto schiaffo perché accusato di mettere in piedi commissioni di indagine che non approdano a nulla, come nel caso della caduta di Kunduz in mano ai talebani l’anno scorso sulla quale ancora si aspetta un rapporto dettagliato. Inverno difficile e una primavera che rischia di portare, con la stagione secca, nuovi guai sul piano militare e su quello politico.