Giorno: 21 gennaio 2016

Al Salone del Libro “Visioni” e cultura araba

lib to 2016 110Si svolgerà dal 12 al 19 maggio a Torino, al Lingotto, la 29^ edizione della kermesse internazionale. Dopo le polemiche e i buchi di bilancio, nuova progettualità e sostegni. Tra gli ospiti: il direttore del Museo del Bardo di Tunisi, Moncef Ben Moussa, il poeta siriano libanese Adonis, il narratore algerino Yasmina Khadra

Il Tagikistan taglia 13.000 barbe?

Ditemi se questo è il modo. Tagliano barbe e chiudono negozi dove si vendono veli. Tajikistan shaves 13,000 beards in ‘radicalism’ battle – Al Jazeera English In questo modo ci […]

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Pakistan, ancora una strage a scuola

Simbolo pacifista: Abdul Ghaffār Khān,
 detto anche Fakhr-e Afghān (orgoglio degli afghani),
 noto col nomignolo di Bāchā Khān (re dei capi)
 e conosciuto anche come
 Gandhi della frontiera o Gandhi musulmano

A distanza di poco più di un anno da quando un commando talebano ha attaccato una scuola militare a Peshawar uccidendo oltre 140 persone, lo scenario si ripete. Questa volta siamo alla Bacha Khan University di Charsadda, sempre nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa di cui Peshawar è la capitale. L’università è intitolata al pashtun della Frontiera del Nord Ovest (così si chiamava la provincia nel Raj britannico): un uomo che, alla fine degli anni Venti del secolo scorso, aveva fondato un movimento non violento ancor prima di Gandhi, anche se è ricordato come il “Gandhi musulmano”. Gli studenti stanno proprio commemorando il personaggio che è dunque un simbolo anche della lotta pacifista e di un islam non combattente. Il commando entra nell’ateneo: sarebbero in una decina a scalare le mura dell’edifico. Hanno armi automatiche e cinture esplosive (quest’ultima ipotesi è poi stata smentita dalle autorità: i guerriglieri volevano fuggire dopo l’attacco). Il massacro va in onda poco dopo anche se assai più contenuto rispetto alle aspettative. I morti tra chi era nell’istituto sarebbero (finora) almeno 21 ma non è chiaro se nel conto ci siano quattro guerriglieri che l’esercito sostiene di aver ucciso.
La battaglia dura ore e la resistenza dei mujaheddin viene vinta con difficoltà. Ma il rapido intervento delle forze di sicurezza sembra aver ridotto l’impatto che i terroristi volevano ottenere. La rivendicazione non tarda ad arrivare anche se con un giallo sulla firma. Si fa vivo lo stesso personaggio che già aveva rivendicato la strage di Peshawar, quell’Umar Mansur del Tehreek Taliban Pakistan (Ttp), i talebani pachistani. E’ il capo della fazione Geedar del cartello nato nel 2007 e la rivendicazione la posta sui social network. Ma, dopo qualche ora, arriva la smentita di uno dei portavoce storici del movimento, Mohammad Khorasani, che anzi condanna l’azione come contraria alla legge coranica. Le cose, come spesso accade, si confondono: dal 2014, dopo la morte di Hakimullah Meshud, il Ttp si è diviso in diverse fazioni e ha visto secessioni, espulsioni, lotte intestine. La smentita vuol dire che Mansur è fuori o che Khorasani non controlla più il cartello? E chi è uscito da che parte sta? Alcuni membri del Ttp sono passati a Daesh. Mansur a chi fa capo?

Intanto la polizia e l’esercito procedono ai riconoscimenti dei cadaveri e cercano di ricostruire le conversazioni telefoniche. Spunta – era già avvenuto per Peshawar – una pista afgana che, in effetti, porta a Mansur che nel vicino Paese avrebbe la sua base operativa. Un brutto colpo al tentativo che Pakistan e Afghanistan, con l’aiuto di Cina e Usa, stanno mettendo in piedi per creare le condizioni di un negoziato tra Kabul e i talebani afgani. Il fatto che il Ttp o una sua fazione più o meno in linea agiscano dall’Afghanistan non può che guastare i lavori già in salita di questa “Quadrilaterale” che si è già riunita a Islamabad e Kabul e che ha in agenda una nuova riunione a breve. Tutto si basa, per cominciare, sul tentativo di ristabilire buoni rapporti tra Islamabad e Kabul.

L’azione è comunque una risposta all’operazione Zarb e Azb, un chiodo fisso per Mansur che vuole punire militari traditori e politici apostati. Proprio nel dicembre scorso, i primi 18 mesi di Zarb e Azb – il cui compito era spazzare via la guerriglia locale e straniera dal Waziristan – sono stati definiti un grande successo che ha visto circa 30mila soldati impegnati nell’area tribale col sostegno dell’aviazione. Secondo le forze armate pachistane son stati uccisi 3.400 terroristi e distrutti 837 nascondigli. Oltre 13mila gli operativi militari. Le vittime tra i soldati ammontano a 488 morti e 1.914 feriti. Delle vittime civili invece non si sa nulla: nessuna secondo i militari, affermazione non verificabile. Quanto al numero degli sfollati, nel luglio 2014 erano – dice la stampa locale -– un milione… su una popolazione del Waziristan stimata tra le 4 e le 5oomila unità. Il 40% degli sfollati sarebbe ora – dice sempre l’esercito – rientrato a casa.

Zarb e Azb è stata accompagnata da una politica di ammorbidimento delle relazioni con Kabul e da un lavoro di pressione sui talebani afgani, che hanno finora sempre goduto del sostegno più o meno diretto di Islamabad che adesso invece li starebbe convincendo a trattare. Ma ecco che da quando questa politica è iniziata, stragi, attentati, attacchi sono aumentati e spesso senza firma o con firme e responsabilità confuse. Quest’attacco fa parte della strategia che vuole minare gli sforzi di pace? Possibilissimo e cosa c’è di meglio che far notizia ammazzando giovani studenti. Nell’università del Gandhi pachistano.

Pakistan, ancora una strage a scuola

Simbolo pacifista: Abdul Ghaffār Khān,
 detto anche Fakhr-e Afghān (orgoglio degli afghani),
 noto col nomignolo di Bāchā Khān (re dei capi)
 e conosciuto anche come
 Gandhi della frontiera o Gandhi musulmano

A distanza di poco più di un anno da quando un commando talebano ha attaccato una scuola militare a Peshawar uccidendo oltre 140 persone, lo scenario si ripete. Questa volta siamo alla Bacha Khan University di Charsadda, sempre nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa di cui Peshawar è la capitale. L’università è intitolata al pashtun della Frontiera del Nord Ovest (così si chiamava la provincia nel Raj britannico): un uomo che, alla fine degli anni Venti del secolo scorso, aveva fondato un movimento non violento ancor prima di Gandhi, anche se è ricordato come il “Gandhi musulmano”. Gli studenti stanno proprio commemorando il personaggio che è dunque un simbolo anche della lotta pacifista e di un islam non combattente. Il commando entra nell’ateneo: sarebbero in una decina a scalare le mura dell’edifico. Hanno armi automatiche e cinture esplosive (quest’ultima ipotesi è poi stata smentita dalle autorità: i guerriglieri volevano fuggire dopo l’attacco). Il massacro va in onda poco dopo anche se assai più contenuto rispetto alle aspettative. I morti tra chi era nell’istituto sarebbero (finora) almeno 21 ma non è chiaro se nel conto ci siano quattro guerriglieri che l’esercito sostiene di aver ucciso.
La battaglia dura ore e la resistenza dei mujaheddin viene vinta con difficoltà. Ma il rapido intervento delle forze di sicurezza sembra aver ridotto l’impatto che i terroristi volevano ottenere. La rivendicazione non tarda ad arrivare anche se con un giallo sulla firma. Si fa vivo lo stesso personaggio che già aveva rivendicato la strage di Peshawar, quell’Umar Mansur del Tehreek Taliban Pakistan (Ttp), i talebani pachistani. E’ il capo della fazione Geedar del cartello nato nel 2007 e la rivendicazione la posta sui social network. Ma, dopo qualche ora, arriva la smentita di uno dei portavoce storici del movimento, Mohammad Khorasani, che anzi condanna l’azione come contraria alla legge coranica. Le cose, come spesso accade, si confondono: dal 2014, dopo la morte di Hakimullah Meshud, il Ttp si è diviso in diverse fazioni e ha visto secessioni, espulsioni, lotte intestine. La smentita vuol dire che Mansur è fuori o che Khorasani non controlla più il cartello? E chi è uscito da che parte sta? Alcuni membri del Ttp sono passati a Daesh. Mansur a chi fa capo?

Intanto la polizia e l’esercito procedono ai riconoscimenti dei cadaveri e cercano di ricostruire le conversazioni telefoniche. Spunta – era già avvenuto per Peshawar – una pista afgana che, in effetti, porta a Mansur che nel vicino Paese avrebbe la sua base operativa. Un brutto colpo al tentativo che Pakistan e Afghanistan, con l’aiuto di Cina e Usa, stanno mettendo in piedi per creare le condizioni di un negoziato tra Kabul e i talebani afgani. Il fatto che il Ttp o una sua fazione più o meno in linea agiscano dall’Afghanistan non può che guastare i lavori già in salita di questa “Quadrilaterale” che si è già riunita a Islamabad e Kabul e che ha in agenda una nuova riunione a breve. Tutto si basa, per cominciare, sul tentativo di ristabilire buoni rapporti tra Islamabad e Kabul.

L’azione è comunque una risposta all’operazione Zarb e Azb, un chiodo fisso per Mansur che vuole punire militari traditori e politici apostati. Proprio nel dicembre scorso, i primi 18 mesi di Zarb e Azb – il cui compito era spazzare via la guerriglia locale e straniera dal Waziristan – sono stati definiti un grande successo che ha visto circa 30mila soldati impegnati nell’area tribale col sostegno dell’aviazione. Secondo le forze armate pachistane son stati uccisi 3.400 terroristi e distrutti 837 nascondigli. Oltre 13mila gli operativi militari. Le vittime tra i soldati ammontano a 488 morti e 1.914 feriti. Delle vittime civili invece non si sa nulla: nessuna secondo i militari, affermazione non verificabile. Quanto al numero degli sfollati, nel luglio 2014 erano – dice la stampa locale -– un milione… su una popolazione del Waziristan stimata tra le 4 e le 5oomila unità. Il 40% degli sfollati sarebbe ora – dice sempre l’esercito – rientrato a casa.

Zarb e Azb è stata accompagnata da una politica di ammorbidimento delle relazioni con Kabul e da un lavoro di pressione sui talebani afgani, che hanno finora sempre goduto del sostegno più o meno diretto di Islamabad che adesso invece li starebbe convincendo a trattare. Ma ecco che da quando questa politica è iniziata, stragi, attentati, attacchi sono aumentati e spesso senza firma o con firme e responsabilità confuse. Quest’attacco fa parte della strategia che vuole minare gli sforzi di pace? Possibilissimo e cosa c’è di meglio che far notizia ammazzando giovani studenti. Nell’università del Gandhi pachistano.

Redimorto

Nel mio elenco di jihadisti rimorti non avevo messo Abu Mu’sab al-Zarqawi. Anche lui è rimorto, ri-ferito, ri-catturato. Da Wikipedia: Reports of his death, detention and injuries Missing leg Claims […]

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L’impatto dell’attentato a Istanbul sui rifugiati siriani

Di Haid Haid. Now Lebanon (19/01/2016). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi. L’attentato che ha colpito uno dei luoghi turistici più famosi di Istanbul in Piazza Sultanahmet il 12 gennaio scorso non fa che aumentare la pressione sui rifugiati siriani, non solo in Turchia ma anche in Germania e nel resto d’Europa. Un siriano ha […]

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