Giorno: 30 maggio 2015

Siria: Daesh lancia assalto su Hasakeh

(agenzie). I militanti Daesh (ISIS) hanno lanciato un attacco alla città di Hasakeh, centro chiave della Siria nord-orientale da sempre contesa tra i combattenti curdi del PKK e le forze del regime siriano. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, l’attacco arriva un giorno dopo che le milizie curde hanno giustiziato 20 civili accusati di […]

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Mawazine 2015: un’edizione da non perdere

(Le360). Dal 29 maggio al 6 giugno, si svolge a Rabat la 14ª edizione del Festival Mawazine – Ritmi del Mondo, quest’anno con una programmazione ricchissima. Oltre a numerosi artisti nazionali e regionali, numerose anche le stelle della scena internazionale, a cominciare dalla superstar americana Jennifer Lopez che ieri si è esibita per la serata di apertura […]

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Arabia Suadita: moglie Raif Badawi cerca sostegno della Francia

(Agenzie). Ensaf Haidar, la moglie del blogger e attivista saudita Raif Badawi, condannato lo scorso anno a  1.000 frustate per “insulto all’islam”, ha chiesto alla Francia di appoggiare una domanda di liberazione redatta da diverse associazioni per la difesa dei diritti umani, come Reporter Senza Frontiere (RSF) e Amnesty International. Da parte sua, Romain Nadal, […]

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Libano: USA emanano allerta di viaggio per motivi di sicurezza

(Agenzie). Il Dipartimento di Stato americano ha invitato i suoi cittadini ad evitare di recarsi in Libano a causa di motivi di sicurezza. La dichiarazione del Dipartimento inoltre avvisa gli americani che vivono e lavorano in Libano che corrono dei rischi restando nel Paese. Le autorità statunitensi hanno dichiarato che il governo libanese non può garantire […]

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Una storia vera nell’ultimo spettacolo del Freedom Theatre

Di Fiona Dunlop. Your Middle East (21/05/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo. Sembra che niente di quello che riguarda la Palestina sia esente da accese reazioni, nemmeno l’ultima produzione del Freedom Theatre, dal titolo “The Siege” (L’assedio). Concepito per un tour nel Regno Unito, il primo in Gran Bretagna di questa dinamica compagnia di teatro […]

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Siria: sale il numero di vittime dell’attacco nella provincia di Aleppo

(Agenzie). Attivisti locali hanno dichiarato che il numero delle vittime del bombardamento del regime nella provincia di Aleppo è salito a 71, dopo una stima iniziale di 45 morti. Questa mattina, il regime siriano ha sganciato barili bomba sul villaggio di Al-Bab, a circa 40 km nord-est da Aleppo. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani […]

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Immigrazione: oltre 4.000 migranti recuperati in 24 ore nel Mediterraneo

(Agenzie). Circa 4.200 migranti sono stati recuperati nelle acque del Mediterraneo nell’intera giornata di venerdì, mentre 17 corpi senza vita sono stati ritrovati in alcune delle 22 imbarcazioni che hanno lanciato l’appello al soccorso, secondo quanto riferito dalla Guardia Costiera italiana. Si tratta del più alto numero di soccorsi in così poche ore degli ultimi anni, esattamente […]

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Iraq, ONU: 85.000 persone fuggite da Ramadi

(Agenzie). Circa 85.000 persone sono fuggite da Ramadi da quando la città è caduta nelle mani dei militanti Daesh (ISIS) due settimane fa. A riferirlo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR) , il cui portavoce William Spindler ha specificato che in totale sono 180.000 le persone che dall’inizio di aprile hanno lasciato la città e […]

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Nucleare iraniano: inizio negoziati decisivi a Ginevra

(Agenzie). Il segretario di Stato americano John Kerry e la sua controparte iraniana, il ministro degli Esteri Mohhammad Javad Zarif, hanno iniziato oggi a Ginevra la sessione decisiva di negoziati sul programma nucleare, in vista della scadenza del 30 giugno per il raggiungimento di un accordo definitivo. Dopo l’accordo provvisorio del novembre 2013 e l’intesa […]

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Yemen: coalizione attacca capitale, nonostante arrivo inviato ONU

(Agenzie). La coalizione araba a guida saudita ha condotto attacchi aerei sulla città di Sana’a, capitale dello Yemen, nel corso della notte, a poche ore dopo l’arrivo dell’inviato speciale delle Nazioni Unite Ismail Ould Cheikh Ahmed. Tra gli obiettivi degli attacchi anche una delle residenze dell’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, nel villaggio di Sanhan, a […]

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Egitto: liberato attivista figlio di prominente membro della Fratellanza

(Agenzie). Le autorità egiziane hanno rilasciato Mohammad Soltan, figlio di un membro di spicco della Fratellanza Musulmana, che era stato condannato all’ergastolo con l’accusa di aver finanziato un sit-in anti-governo e di aver diffuso “false informazioni”. Mohammad è un cittadino con doppia cittadinanza egiziana-americana, studente dell’Università dello Stato dell’Ohio e attivista in Egitto. Ha proclamato […]

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Siria, Aleppo: barili bomba del regime uccidono almeno 45 civili

(Agenzie). Una serie di barili bomba sono stati lanciati dal regime siriani sulla provincia di Aleppo uccidendo almeno 45 civili, secondo quanto riferito dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, che aggiunge che “dozzine sono rimasti feriti”. “Gli elicotteri del regime hanno sganciato barili bomba sulla città di Al-Baba”, ha specificato l’Osservatorio. Al-Bab, a circa 40 […]

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USA: protesta anti-islam fuori moschea di Phoenix

(Agenzie). Più di 200 manifestanti, alcuni armati, hanno protestato contro l’islam e il profeta Muhammad fuori dalla moschea del Centro della Comunità Islamica di Phoenix, in Arizona (USA), nella giornata di venerdì, settimane dopo gli incidenti all’evento anti-musulmano in Texas. Molti sono intervenuti inscenando una controprotesta gridando slogan come “Andate a casa, nazisti”, mentre la polizia […]

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Migranti e polemiche nel Sudest asiatico

  • Aung San Suu Kyi
    Travolta dalle polemiche

Una riunione dove sono invitati 17 Paesi ma che i ministri degli Esteri snobbano. Un summit sulla crisi dei migranti ma nel quale la parola rohingya è tabù. Un vertice dove tutto viene rimandato, il Myanmar fa la voce grossa e il dramma dei profughi  asiatici resta un’emergenza senza risposta. E, sullo sfondo, l’immagine piena di crepe di Aung San Suu Kyi: un’icona internazionale dei diritti che sembra andare ogni giorno di più irrimediabilmente in pezzi dopo che persino il Dalai Lama, pur con la consueta gentilezza, l’ha censurata. E’ la sintesi di una giornata nella quale il vertice convocato a Bangkok sulla crisi ha visto il Myanmar al centro dei riflettori ma senza che alla fine si concludesse granché: i birmani avevano del resto minacciato di far addirittura saltare il  summit se la parola rohingya fosse anche solo apparsa sugli inviti. Un buon inizio.

 Il ministro degli Esteri della Thailandia Tanasak Patimapragorn ha detto all’apertura dei lavori che era necessario fare qualcosa per risolvere la crisi dei migranti imbarcatisi nel Nord del Golfo del Bengala di cui già oltre 3mila sono sbarcati in Indonesia, Malaysia e Thailandia. Ha anzi aggiunto che altri 600 sono appena arrivati nel suo Paese (che però è disponibile solo a offrire aiuto sanitario di emergenza per poi rimettere la gente in mare). Ma le orecchie che stavano a sentirlo non erano quelle di chi ha in mano il bastone del comando: Indonesia, Malaysia e Myanmar – i Paesi con  Thailandia e Bangladesh più coinvolti nella crisi – non hanno mandato a Bangkok i loro ministri ma solo dei funzionari pur se di livello. A quello birmano, il direttore generale agli Esteri Htin Linn, tocca uno scontro diretto con Volker Turk, assistente dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (anche il Palazzo di Vetro ha mandato le seconde file) che era andato al cuore del problema e cioè al fatto che i Rohingya birmani sono senza documenti e dunque cittadinanza.

 “Puntarci il dito addosso non condurrà da nessuna parte” ribatte l’inviato birmano e accusa l’Unhcr di essere male informata. Gli sembra – dice – che nel meeting non aleggia “spirito di cooperazione”. Non si va, nelle parole di qualche relatore, molto più in là se non nel riconoscimento che l’Asean, l’associazione dei Paesi del Sudest asiatico, ha ignorato evidenze che sono in realtà un problema politico. Un segreto di pulcinella per un’alleanza regionale che ha sempre fatto della “non ingerenza” la sua Bibbia anche se proprio la dittatura birmana aveva scalfito, per la prima volta, una tradizione voluta da una lunga teoria di dittatori – da Marcos a Suharto – che hanno fatto la storia di questa fetta di mondo. Una fetta di mondo dove Aung San Suu Kyi aveva un posto di tutto rispetto.

Il “silenzio” di Aung San Suu Kyi sembra essere  cancellare la sua storia ed è un tacere che ai più sembra incomprensibile. Suscita perplessità negli attivisti di organismi come Human Rights Watch, che non esitano a definire l’emarginazione dei Rohingya una pratica da pulizia etnica, e suscita perplessità nelle persone che, come Suu Kyi, hanno avuto il Nobel: personaggi come Desmond Tutu o, appunto, il Dalai Lama che pure è apparso considerare la difficoltà politica in cui la Nobel si muove nel Myanmar. Oceano di Saggezza sa infatti che il caso che riguarda oltre un milione e trecentomila rohingya (indocumentati) è il classico caso che gli oppositori della Lega nazionale per la democrazia aspettano per contenere il consenso ad Aung San Suu Kyi e ai suoi sodali. Nondimeno il Dalai Lama, nell’intervista a The Australian che ha fatto il giro del mondo, pur riconoscendo la difficoltà della Nobel in una nazione dove esprimere simpatia a un gruppo minoritario musulmano comporta un’evidente perdita di consensi, ha detto che Suu Kyi dovrebbe “fare qualcosa”. Qualcosa che chi la difende dice che la Nobel avrebbe fatto. E’ il caso del suo biografo Peter Popham (The Lady and the Peacock: The Life of Aung San Suu Kyi) che sostiene che i media hanno ignorato molti discorsi in cui lei aveva preso posizione sulla vicenda. Ma certo la sua è stata una posizione debole, una voce troppo flebile – troppo compromessa –  rispetto a quel che ci si aspetta. Polemiche. E non è la prima volta.

Negli anni Novanta un articolo sul Journal de Geneve che contestava la giovane e bella figlia dell’eroe nazionale birmano destò scalpore. Aung San Suu Kyi non era ancora l’icona che divenne dopo ma già era una luce nelle tenebre birmane. Eppure il giornale bastonava duro. Poi, più tardi, la polemica quando suo marito entrò nella fase terminale di un tumore. Lei si rifiutò di uscire dal Paese (la giunta al governo l’avrebbe permesso proprio per liberarsene) perché aveva fiutato il trabocchetto: i suoi sostenitori si infiammarono. Pure, a qualcuno sembrò che i suoi ideali umani finissero  a metterne in ombra il lato umano. Il prezzo di essere un Nobel.

Turchia: tensioni elettorali e conflitti storici

Di Ceren Kenar. Middle East Eye (28/05/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo Nonostante le elezioni parlamentari del 7 giugno in Turchia si inscrivano nel quadro dei conflitti interni e regionali, sembra che le consultazioni riguarderanno in gran parte le scelte politiche del presidente Recep Tayyip Erdoğan e del suo partito Giustizia e Sviluppo (AKP). Dopo […]

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