Giorno: 18 aprile 2016

Tunisia: basta con i gelsomini, il popolo vuole dignità

Di Mabrouka M’Barek. Middle East Eye (18/04/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Cinque anni dopo le rivolte arabe, la Tunisia è visto come l’ultimo paese della regione dove l’ondata rivoluzionaria del 2011 ha garantito la stabilità politica. Lo scorso anno il Quartetto premiato con il Nobel della Pace ha celebrato la “democrazia pluralista” del paese. Tuttavia, un […]

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Post coloniale: rubare è il nostro mestiere. Il caso Koh-i-Nur

Da oggi il titolo di questo post potrebbe essere causa di una citazione per danni. E si perché le diatribe post coloniali non finiscono mai e, sorprendentemente, anche chi ne ha subito gli effetti è pronto a riconoscere che in molti casi furto non fu. Non sempre ovviamente: chiedetelo un po’ ai Greci che ne pensano dei frontoni del Partenone che si trovano al British Museum o agli Etiopi se son contenti che la stele di Axum ad Axum sia tornata. Ma oggi,  davanti alla Suprema corte indiana il General Solicitor  Ranjit Kumar, che esprimeva l’opinione del governo, ha dato ragione ai britannici sul famoso diamante Koh-i-Nur (Montagna di luce), gemma che adorna la corona di sua Maestà britannica da più di un secolo: 108 carati di diamante che sono un pezzo di Storia, coloniale e non. La causa sul diritto alla proprietà, l’ha promossa una Ong indiana, la All India Human Rights & Social Justice Front che però, oltre alla corona britannica, adesso ha contro il governo di Narendra Modi.

Quel diamante ha una lunga storia, anzi un’epopea che provo a riassumere in due parole: le origini sono incerte, probabilmente indiane, nell’Andra Pradesh, dove la gemma regale fu trovata pare nel XIII secolo. Finì nelle mani della dinastia indù dei Kakatiya, regno che fu poi spodestato dal sultanato di Delhi. Ma c’è chi dice che quella pietra già adornasse i tesori dei re ben prima della nascita di Cristo. A Delhi comunque siede  Babur, un uomo di origini turco mongole (discendeva da Tamerlano e Gengis Khan) ma molto influenzato dalla cultura persiana che nel ‘500 fonda in India l’impero moghul. Babur, che volle essere seppellito a Kabul (conquistata nel 1504)- e  dove tuttora si trova la sua tomba nei giardini che portano il suo nome –  si accaparra la gemma che diventa il “diamante di Babur”, un re “afgano” a Delhi (anche se era originario della valle del Fergana, Babur si era, come dire, afganizzato e aveva fatto di quella città – dove alla fine volle essere seppellito per “vederne il cielo” – un giardino). Il gioiello entra dunque nella sfera afgano-persiana della storia e ancor di più quando diviene la pietra di Nader Shah, lo scià di Persia (1736–47) conquistatore, tra l’altro, dell’Afghanistan e in grado di invadere l’India battendo le truppe moghul. Ma gli afgani erano in agguato e quando il suo impero collassa, la gemma passa nelle mani di Ahmad Shāh Durrānī, il creatore di un regno afgano a tutti gli effetti, fondatore di quel che oggi consideriamo il Paese dell’Hindukush (muore nel 1772). Un suo discendente (su cui ci siamo a  lungo dilungati), Shah Shuja (1785-1842), diviene proprietario della pietra che però non gli porta fortuna. Uomo reinsediato al trono afgano dai britannici, sarà costretto alla fuga durante la quale porterà con sé la Montagna di luce.

Babur il grande: sopra Nader Shah

Shah Shuja chiede ospitaltà al re guerriero sikh  Ranjit Singh, che lo ospita a Lahore ma gli chiede in cambio la pietra, chissà se promettendogli un ritorno in Afghanistan. La pietra per Ranjit è il coronamento di un potere assoluto e ne fa dono a un tempio di Puri, in Orissa. Ma nel 1849 (Ranjit muore nel 1839), dopo la seconda guerra anglo-sikh, i britannici prendono possesso del Punjab e si accaparrano la pietra che viene ceduta alla Regina Vittoria mentre la Compagnia delle Indie si pappa tutto il resto dei beni del maharaja sconfitto.

Certo la pietra fu ceduta e non trafugata e vi è traccia di quei passaggi di mano sanciti da un trattato. Ma è una storia di vincitori e vinti e di una pietra, asiatica a tutti gli effetti, che la Regina d’Oltremanica voleva per sé in Europa (o meglio, nel Regno Unito). Potremmo chiosare che Vittoria forse non immaginava che, dall’India, avrebbe guadagnato un diamante ma, da lì a breve, nel 1947 avrebbe perso la perla dell’Impero: e cioè l’India intera, comprese le montagne dell’Andra Pradesh da cui proveniva la bella Koh-i-Nur

Post coloniale: rubare è il nostro mestiere. Il caso Koh-i-Nur

Da oggi il titolo di questo post potrebbe essere causa di una citazione per danni. E si perché le diatribe post coloniali non finiscono mai e, sorprendentemente, anche chi ne ha subito gli effetti è pronto a riconoscere che in molti casi furto non fu. Non sempre ovviamente: chiedetelo un po’ ai Greci che ne pensano dei frontoni del Partenone che si trovano al British Museum o agli Etiopi se son contenti che la stele di Axum ad Axum sia tornata. Ma oggi,  davanti alla Suprema corte indiana il General Solicitor  Ranjit Kumar, che esprimeva l’opinione del governo, ha dato ragione ai britannici sul famoso diamante Koh-i-Nur (Montagna di luce), gemma che adorna la corona di sua Maestà britannica da più di un secolo: 108 carati di diamante che sono un pezzo di Storia, coloniale e non. La causa sul diritto alla proprietà, l’ha promossa una Ong indiana, la All India Human Rights & Social Justice Front che però, oltre alla corona britannica, adesso ha contro il governo di Narendra Modi.

Quel diamante ha una lunga storia, anzi un’epopea che provo a riassumere in due parole: le origini sono incerte, probabilmente indiane, nell’Andra Pradesh, dove la gemma regale fu trovata pare nel XIII secolo. Finì nelle mani della dinastia indù dei Kakatiya, regno che fu poi spodestato dal sultanato di Delhi. Ma c’è chi dice che quella pietra già adornasse i tesori dei re ben prima della nascita di Cristo. A Delhi comunque siede  Babur, un uomo di origini turco mongole (discendeva da Tamerlano e Gengis Khan) ma molto influenzato dalla cultura persiana che nel ‘500 fonda in India l’impero moghul. Babur, che volle essere seppellito a Kabul (conquistata nel 1504)- e  dove tuttora si trova la sua tomba nei giardini che portano il suo nome –  si accaparra la gemma che diventa il “diamante di Babur”, un re “afgano” a Delhi (anche se era originario della valle del Fergana, Babur si era, come dire, afganizzato e aveva fatto di quella città – dove alla fine volle essere seppellito per “vederne il cielo” – un giardino). Il gioiello entra dunque nella sfera afgano-persiana della storia e ancor di più quando diviene la pietra di Nader Shah, lo scià di Persia (1736–47) conquistatore, tra l’altro, dell’Afghanistan e in grado di invadere l’India battendo le truppe moghul. Ma gli afgani erano in agguato e quando il suo impero collassa, la gemma passa nelle mani di Ahmad Shāh Durrānī, il creatore di un regno afgano a tutti gli effetti, fondatore di quel che oggi consideriamo il Paese dell’Hindukush (muore nel 1772). Un suo discendente (su cui ci siamo a  lungo dilungati), Shah Shuja (1785-1842), diviene proprietario della pietra che però non gli porta fortuna. Uomo reinsediato al trono afgano dai britannici, sarà costretto alla fuga durante la quale porterà con sé la Montagna di luce.

Babur il grande: sopra Nader Shah

Shah Shuja chiede ospitaltà al re guerriero sikh  Ranjit Singh, che lo ospita a Lahore ma gli chiede in cambio la pietra, chissà se promettendogli un ritorno in Afghanistan. La pietra per Ranjit è il coronamento di un potere assoluto e ne fa dono a un tempio di Puri, in Orissa. Ma nel 1849 (Ranjit muore nel 1839), dopo la seconda guerra anglo-sikh, i britannici prendono possesso del Punjab e si accaparrano la pietra che viene ceduta alla Regina Vittoria mentre la Compagnia delle Indie si pappa tutto il resto dei beni del maharaja sconfitto.

Certo la pietra fu ceduta e non trafugata e vi è traccia di quei passaggi di mano sanciti da un trattato. Ma è una storia di vincitori e vinti e di una pietra, asiatica a tutti gli effetti, che la Regina d’Oltremanica voleva per sé in Europa (o meglio, nel Regno Unito). Potremmo chiosare che Vittoria forse non immaginava che, dall’India, avrebbe guadagnato un diamante ma, da lì a breve, nel 1947 avrebbe perso la perla dell’Impero: e cioè l’India intera, comprese le montagne dell’Andra Pradesh da cui proveniva la bella Koh-i-Nur

L’affaire Regeni in Egitto: le ripercussioni dell’ipocrisia europea

Di Basheer M. Nafi (15/04/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo Recentemente il presidente egiziano el-Sisi, in un discorso alla nazione, ha sottolineato l’inutilità di ricorrere a bugie o inganni e ha esortato gli egiziani a fidarsi solamente delle sue parole. Eppure, l’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni ha mostrato al mondo il vero volto […]

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Fiera Internazionale del Libro Abu Dhabi: l’Italia ospite d’onore

La 26° edizione della “Fiera Internazionale del Libro di Abu Dhabi” (Abu Dhabi International Book Fair) si svolgerà dal 27 aprile prossimo al 3 maggio. L’ospite d’onore quest’anno è l’Italia. Si legge nel sito ufficiale:”Famosa in tutto il mondo grazie al suo patrimonio culturale, l’Italia è conosciuta per la sua gente accogliente e per un’eredità letteraria profonda. L’industria editoriale […]

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Yemen: colloqui di pace in Kuwait rimandati

(Agenzie). I colloqui di pace in Kuwait previsti per oggi, volti a porre fine a più di un anno di guerra civile in Yemen, sono stati rimandati.  Nonostante il cessate il fuoco annunciato infatti, nel Paese i combattimenti non si fermano. Le delegazioni che rappresentano rispettivamente i ribelli Houthi e il partito dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh – principali antagonisti dell’Arabia […]

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Il mondo arabo sull’orlo dell’abisso

Di Bashir al-Baker. Al-Araby al-Jadeed (16/04/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone. Solo un breve passo separa Iraq, Siria, Yemen e Libia dal baratro: sembra di assistere, in questi quattro paesi, ai brevi attimi prima della caduta in una spirale di devastazione totale, da cui è impossibile tornare indietro se non prendendo posizione, e […]

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Quel giorno a Bandung quando nacquero i non allineati

Cerano una volta Tito, Sukarno, Nasser, Ciu e tanti altri che provarono a superare il bipolarismo Usa Urss, quello della Guerra fredda (e del terrore atomico). I non allineati ci provarono anche se è andata male. Fu un esperimento importante.  Oggi proviamo a raccontare la conferenza di Bandung,  a Wikiradio alle 14. Era il 18 aprile 1955

Le trasmissioni in podcast – dopo la messa in onda, si possono sentire  qui

Repertorio

frammento da African Conference in Bandung – Warner Pathé News

– Conferenza di Belgrado – Settimana Incom 02118 dell’8/9/1961 – Archivio Luce

– Discorso di apertura dell’indonesiano Sukarno

– intervista di Andrea Barbato al ministro degli esteri indiano Krishna Menon tratta dal programma televisivo Quel giorno- Morte di Gandhi – Archivi Rai

– Estratti delle conclusioni e del decalogo della Conferenza di Bandung tratti dal programma radiofonico: I Paesi non-allineati. Passato e Presente. Come si arrivò alla Conferenza di Bandung, 1,8 agosto 1971 – Terzo Programma – Archivi Rai

Quel giorno a Bandung quando nacquero i non allineati

Cerano una volta Tito, Sukarno, Nasser, Ciu e tanti altri che provarono a superare il bipolarismo Usa Urss, quello della Guerra fredda (e del terrore atomico). I non allineati ci provarono anche se è andata male. Fu un esperimento importante.  Oggi proviamo a raccontare la conferenza di Bandung,  a Wikiradio alle 14. Era il 18 aprile 1955

Le trasmissioni in podcast – dopo la messa in onda, si possono sentire  qui

Repertorio

frammento da African Conference in Bandung – Warner Pathé News

– Conferenza di Belgrado – Settimana Incom 02118 dell’8/9/1961 – Archivio Luce

– Discorso di apertura dell’indonesiano Sukarno

– intervista di Andrea Barbato al ministro degli esteri indiano Krishna Menon tratta dal programma televisivo Quel giorno- Morte di Gandhi – Archivi Rai

– Estratti delle conclusioni e del decalogo della Conferenza di Bandung tratti dal programma radiofonico: I Paesi non-allineati. Passato e Presente. Come si arrivò alla Conferenza di Bandung, 1,8 agosto 1971 – Terzo Programma – Archivi Rai

L’Italia alla Fiera internazionale del Libro di Abu Dhabi 2016

L’Italia è il paese ospite d’onore alla prossima Fiera internazionale del Libro di Abu Dhabi, che quest’anno si svolge dal 27 aprile al 3 maggio. Il programma culturale completo ancora non è stato diffuso, ma intanto sono online i nomi degli autori italiani – più o meno noti – che parteciperanno agli incontri e dibattiti … Continua a leggere L’Italia alla Fiera internazionale del Libro di Abu Dhabi 2016