Giorno: 25 aprile 2016

25 aprile, al Cairo

Erano un centinaio. Non di più. Un centinaio di manifestanti (pacifici) in una delle piazze più conosciute del centro residenziale del Cairo. Piazza al Messaha. Per chi ha vissuto al Cairo, la piazza dove ci sono una delle migliori pasticcerie della città, il McDonald e il Goethe Institut. Una piazza della media borghesia egiziana, inRead more

25 aprile, al Cairo

Erano un centinaio. Non di più. Un centinaio di manifestanti (pacifici) in una delle piazze più conosciute del centro residenziale del Cairo. Piazza al Messaha. Per chi ha vissuto al Cairo, la piazza dove ci sono una delle migliori pasticcerie della città, il McDonald e il Goethe Institut. Una piazza della media borghesia egiziana, inRead more

25 aprile, al Cairo

Erano un centinaio. Non di più. Un centinaio di manifestanti (pacifici) in una delle piazze più conosciute del centro residenziale del Cairo. Piazza al Messaha. Per chi ha vissuto al Cairo, la piazza dove ci sono una delle migliori pasticcerie della città, il McDonald e il Goethe Institut. Una piazza della media borghesia egiziana, inRead more

25 aprile, al Cairo

Erano un centinaio. Non di più. Un centinaio di manifestanti (pacifici) in una delle piazze più conosciute del centro residenziale del Cairo. Piazza al Messaha. Per chi ha vissuto al Cairo, la piazza dove ci sono una delle migliori pasticcerie della città, il McDonald e il Goethe Institut. Una piazza della media borghesia egiziana, inRead more

Crisi siriana: un nuovo ordine mondiale all’orizzonte?

Di Elias Sahhab. As-Safir (23/04/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo. La crisi siriana, anche se è più opportuno parlare di guerra civile, dura da oltre cinque anni. La pesante ingerenza delle potenze internazionali e regionali, i milioni di profughi e le decine di migliaia di morti e feriti l’hanno trasformata in una piccola guerra […]

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La sfida delle 100 parole arabe intelligenti di Fahd Al-Fraikh

Barakabits (8/04/2016). Avete mai pensato a come potrebbero apparire le parole se rappresentassero il loro significato graficamente? Questo esperimento, già provato con l’Inglese, è stato fatto anche con la lingua Araba da Fahd Al-Fraikh con La sfida delle 100 parole intelligenti. Fahd è laureato in Ingegneria Informatica (nello specifico in Computer Networks) ma ha sempre avuto […]

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I messaggi di Israele dal Golan alla Palestina

Di Matanis Shehadeh. Al-Araby al-Jadeed (23/04/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone. Lo scorso 17 aprile, Israele ha annunciato ufficialmente che la sua occupazione del Golan siriano sarebbe stata definitiva, ma, in effetti, non aveva alcun bisogno di dichiarazioni ufficiali per chiarire di non aver intenzione di restituirlo o per cominciare il suo processo […]

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C’è una lacrima nel mio tè / 2

Quando nel 1867 il britannico James Taylor impiantò la prima piantagione, Sri Lanka era ancora famosa per la produzione del caffè che, trapiantato nell’isola dagli olandesi, era diventato una coltura davvero importante coi britannici e doveva raggiungere il suo picco produttivo nel 1870 con oltre 100mila ettari coltivati. Ma la Hemileia vastatrix, un fungo che “arrugginisce” le foglie del caffè, era in agguato e nel giro di pochi anni “Devasting Emily”, come era soprannominata la malattia del caffè, fece piazza pulita del chicco di Arabica che, agli inizi del 1900, resisteva solo su un decimo degli ettari un tempo coltivati. Il tè diventò la chiave di volta dell’economia di piantagione della Lacrima dell’Oceano indiano. La pianta era arrivata dalla Cina nel 1824 ed era stata interrata, a scopo ornamentale, nel Royal Botanical Garden di Kandy (nella foto in alto), forse il posto ancor oggi più affascinante della città. James Taylor, uno scozzese arrivato a Sri Lanka nel 1854, ebbe l’intuizione vincente e provò a fare del tè una coltura intensiva. Taylor, che aveva studiato in India i sistemi di coltivazione del tè, cominciò con meno di un ettaro nel 1867 mentre la “Emily” devastava le piantagioni di caffè. Nel 1872 impiantò la prima fabbrica che essiccava e impacchettava il tè e nel 1875 fece partire la sua prima nave per il Regno Unito. L’epopea del tè srilankese era cominciata ma l’accelerazione vera arriverà qualche anno dopo, quando nel 1890 il milionario Sir Thomas Johnstone Lipton – un nome che è ancora oggi associato all’intramontabile bevanda – sbarcò a Ceylon e conobbe Taylor. I due studiarono come fare del nero liquido derivato dal decotto della Camellia sinensis un oro nero che trasformasse le tenere foglioline della pianta asiatica in sonanti monete d’argento con l’effigie della regina Vittoria. E ci riuscirono. Un anno dopo la morte di Taylor, un milione di pacchetti del suo tè raggiungevano gli Stati Uniti.

La storia del tè a Sri Lanka è dunque britannica e tale rimarrà sino agli anni Settanta del secolo scorso quando, nel 1972 e nel 1975, due leggi dello Stato ormai indipendente dal 1948 nazionalizzeranno le piantagioni sottraendole alle Corporation e decretando la fine dello sfruttamento coloniale.

C’è una lacrima nel mio tè / 2

Quando nel 1867 il britannico James Taylor impiantò la prima piantagione, Sri Lanka era ancora famosa per la produzione del caffè che, trapiantato nell’isola dagli olandesi, era diventato una coltura davvero importante coi britannici e doveva raggiungere il suo picco produttivo nel 1870 con oltre 100mila ettari coltivati. Ma la Hemileia vastatrix, un fungo che “arrugginisce” le foglie del caffè, era in agguato e nel giro di pochi anni “Devasting Emily”, come era soprannominata la malattia del caffè, fece piazza pulita del chicco di Arabica che, agli inizi del 1900, resisteva solo su un decimo degli ettari un tempo coltivati. Il tè diventò la chiave di volta dell’economia di piantagione della Lacrima dell’Oceano indiano. La pianta era arrivata dalla Cina nel 1824 ed era stata interrata, a scopo ornamentale, nel Royal Botanical Garden di Kandy (nella foto in alto), forse il posto ancor oggi più affascinante della città. James Taylor, uno scozzese arrivato a Sri Lanka nel 1854, ebbe l’intuizione vincente e provò a fare del tè una coltura intensiva. Taylor, che aveva studiato in India i sistemi di coltivazione del tè, cominciò con meno di un ettaro nel 1867 mentre la “Emily” devastava le piantagioni di caffè. Nel 1872 impiantò la prima fabbrica che essiccava e impacchettava il tè e nel 1875 fece partire la sua prima nave per il Regno Unito. L’epopea del tè srilankese era cominciata ma l’accelerazione vera arriverà qualche anno dopo, quando nel 1890 il milionario Sir Thomas Johnstone Lipton – un nome che è ancora oggi associato all’intramontabile bevanda – sbarcò a Ceylon e conobbe Taylor. I due studiarono come fare del nero liquido derivato dal decotto della Camellia sinensis un oro nero che trasformasse le tenere foglioline della pianta asiatica in sonanti monete d’argento con l’effigie della regina Vittoria. E ci riuscirono. Un anno dopo la morte di Taylor, un milione di pacchetti del suo tè raggiungevano gli Stati Uniti.

La storia del tè a Sri Lanka è dunque britannica e tale rimarrà sino agli anni Settanta del secolo scorso quando, nel 1972 e nel 1975, due leggi dello Stato ormai indipendente dal 1948 nazionalizzeranno le piantagioni sottraendole alle Corporation e decretando la fine dello sfruttamento coloniale.

C’è una lacrima nel mio tè / 2

Quando nel 1867 il britannico James Taylor impiantò la prima piantagione, Sri Lanka era ancora famosa per la produzione del caffè che, trapiantato nell’isola dagli olandesi, era diventato una coltura davvero importante coi britannici e doveva raggiungere il suo picco produttivo nel 1870 con oltre 100mila ettari coltivati. Ma la Hemileia vastatrix, un fungo che “arrugginisce” le foglie del caffè, era in agguato e nel giro di pochi anni “Devasting Emily”, come era soprannominata la malattia del caffè, fece piazza pulita del chicco di Arabica che, agli inizi del 1900, resisteva solo su un decimo degli ettari un tempo coltivati. Il tè diventò la chiave di volta dell’economia di piantagione della Lacrima dell’Oceano indiano. La pianta era arrivata dalla Cina nel 1824 ed era stata interrata, a scopo ornamentale, nel Royal Botanical Garden di Kandy (nella foto in alto), forse il posto ancor oggi più affascinante della città. James Taylor, uno scozzese arrivato a Sri Lanka nel 1854, ebbe l’intuizione vincente e provò a fare del tè una coltura intensiva. Taylor, che aveva studiato in India i sistemi di coltivazione del tè, cominciò con meno di un ettaro nel 1867 mentre la “Emily” devastava le piantagioni di caffè. Nel 1872 impiantò la prima fabbrica che essiccava e impacchettava il tè e nel 1875 fece partire la sua prima nave per il Regno Unito. L’epopea del tè srilankese era cominciata ma l’accelerazione vera arriverà qualche anno dopo, quando nel 1890 il milionario Sir Thomas Johnstone Lipton – un nome che è ancora oggi associato all’intramontabile bevanda – sbarcò a Ceylon e conobbe Taylor. I due studiarono come fare del nero liquido derivato dal decotto della Camellia sinensis un oro nero che trasformasse le tenere foglioline della pianta asiatica in sonanti monete d’argento con l’effigie della regina Vittoria. E ci riuscirono. Un anno dopo la morte di Taylor, un milione di pacchetti del suo tè raggiungevano gli Stati Uniti.

La storia del tè a Sri Lanka è dunque britannica e tale rimarrà sino agli anni Settanta del secolo scorso quando, nel 1972 e nel 1975, due leggi dello Stato ormai indipendente dal 1948 nazionalizzeranno le piantagioni sottraendole alle Corporation e decretando la fine dello sfruttamento coloniale.