Mese: luglio 2015

Crollano i prezzi del petrolio dopo l’accordo sul nucleare iraniano

(Agenzie). I prezzi del petrolio sono scesi di più di 1 dollaro dopo l’annuncio del raggiungimento di una accordo sul programma nucleare tra l’Iran e i Paesi del 5+1, che prevede una graduale rimozione delle sanzioni imposte alla Repubblica Islamica. Alcuni analisti sostengono che ci vorranno mesi prima che l’Iran possa ripristinare del tutto la […]

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Palestina: dialoghi Israele-UE su situazione Cisgiordania

(Haaretz). Le autorità israeliane hanno dichiarato la scorsa settimana di essere disposte ad avviare i colloqui con l’Unione europea per discutere della situazione in Cisgiordania. Il primo round degli incontri è previsto per settembre. Un alto funzionario a Gerusalemme, ha detto che mentre l’UE vorrebbe discutere della costruzione di insediamenti e sulle iniziative che potrebbero minacciare la soluzione dei due […]

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Donne e Mediterraneo nello sguardo di tre fotografe

napoli med 110Le foto di Cristina Mastrandrea, Michela Fabbrocino e Zoe Vincenti, nell’ambito della mostra Mediterraneo: fotografie tra terre e mare2015”, allestita alla Biblioteca Nazionale di Napoli fino al 16 luglio, mostrano i propri sguardi di donne sulle donne del Mediterraneo.

Agenzia per energia atomica firma roadmap con l’Iran

(Agenzie).  L’Agenzia per l’energia atomica internazionale dell’ONU ha firmato una tabella di marcia con l’Iran, con l’obiettivo di risolvere tutte le questioni in sospeso che ha circa il programma nucleare del paese entro la fine dell’anno, ha dichiarato il direttore generale dell’AIEA. L’accesso al sito militare di Parchin in Iran, che l’agenzia aveva ripetutamente cercato, è […]

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Gli arabi di fronte a un Iran crescente

Di Raghida Dergham. Al-Arabiya (13/07/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Che stile di governo iraniano nascerà sulla scia dell’eventuale accordo sul nucleare che potrebbe essere concluso a breve? Ne scaturirà un’epoca d’oro per la Repubblica islamica, con un’iniezione di centinaia di miliardi di dollari e l’affermazione dell’Iran come potenza regionale, come ha detto […]

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Alma Mater di Yuval Avital, voci di nonne

avital 110Installazione icono-sonora dell’artista israeliano: una foresta di 140 altoparlanti di pietra e terracotta da cui si diffondono voci di donne, canti delle nonne, suoni della natura. Un’opera con tante culture diverse. Alla Fabbrica del Vapore di Milano fino al 29 agosto.

Human Rights Watch critica limitazioni di viaggio introdotte in Tunisia

(Al Huffington Post Maghreb). Secondo le stime delle Nazioni Unite, sono circa 5.000 i tunisini che hanno lasciato il Paese per unirsi alle fila delle organizzazioni estremiste in Medio Oriente, facendo della Tunisia “il primo esportatore di jihadisti” al mondo. Al fine di lottare contro queste partenze, il ministero dell’Interno impedisce ad alcuni cittadini sospetti di recarsi […]

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Luca Rastello, una voce libera ci ha lasciato

rastello 110Operatore sociale, ottimo giornalista e scrittore di libri impegnati. Luca Rastello è stato inviato di Diario, ha diretto: Narcomafie, Indice, Osservatorio Balcani e Caucaso; ha lavorato per l’Espresso, D, nelle redazioni di Repubblica a Milano e Torino. Impegnato in molte battaglie umanitarie.

Nucleare iraniano: raggiunto accordo tra Iran e 5+1

(Agenzie). Dopo ore di trattative, sarebbe stato finalmente raggiunto un accordo sul programma nucleare iraniano a Vienna tra i rappresentati della Repubblica Islamica e quelli dei Paesi del gruppo 5+1, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche iraniane all’agenzia Reuters. Catherine Ray, portavoce della politica estera europea, ha riferito con un tweet che avrà luogo alle 10.30 […]

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Israele “Stato ebraico”: vince la diplomazia?

Articolo di Silvia Di Cesare. “Israele è lo Stato-nazione del popolo ebraico, basato sui fondamenti della libertà, della giustizia e della pace secondo la visione dei profeti d’Israele, e sostiene la parità per tutti i suoi cittadini”. È questa la versione “soft” della proposta di legge sullo “Stato ebraico” approvata il 13 luglio dai membri […]

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Ministro Esteri iraniano: i negoziati non termineranno lunedì

(Agenzie). Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha dichiarato che i negoziati sul nucleare tra Iran e i paesi del 5+1 non termineranno quest’oggi. Sono state smentite anche le voci che preannunciavano un incontro ministeriale iraniano per lunedì sera. Sembrano però intensificarsi i lavori dei negoziatori per trovare un accordo definitivo. Il ministro degli Esteri Fabius […]

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Egitto: identificati i sospettati per attacco al consolato italiano

(Agenzie). Il quotidiano egiziano Al-Youm Al-Sabeh ha pubblicato le foto dei tre sospettati per l’attacco di sabato 11 luglio al consolato italiano del Cairo. I sospettati sarebbero tre egiziani Samir Hassan, Tariq Abdul Sattar e Hussein Barakat, secondo quanto riferito da fonti della sicurezza. L’attacco, rivendicato dal gruppo terrorista Daesh, ha provocato la morte di una persona. […]

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Marocco: donne prosciolte da accuse di indecenza

(Agenzie). Il tribunale marocchino ha assolto due donne accusate di “atti osceni” per aver indossato abiti in pubblico, ha dichiarato il loro avvocato, dopo che il loro caso ha suscitato una protesta nazionale. “Questa è una vittoria non solo per queste due donne, ma per tutti i membri della società civile che si sono mobilitati”, ha detto l’avvocato […]

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Whisky e ghiaccio, shukran.

“Cosa le posso offrire? Gradirebbe un whisky?” Un whisky con molto, molto ghiaccio alle sei del pomeriggio, in una vecchia casa di Zamalek, l’isola in mezzo al Nilo, quartiere bene del Cairo. “No grazie, non ce la posso fare… Mi scusi la domanda: ma come fate con questo caldo ad aver desiderio di un whisky […]

Whisky e ghiaccio, shukran.

“Cosa le posso offrire? Gradirebbe un whisky?” Un whisky con molto, molto ghiaccio alle sei del pomeriggio, in una vecchia casa di Zamalek, l’isola in mezzo al Nilo, quartiere bene del Cairo. “No grazie, non ce la posso fare… Mi scusi la domanda: ma come fate con questo caldo ad aver desiderio di un whisky […]

Israele invaderà la Cisgiordania?

Di Adnan Abu Amer. Al- Monitor (09/07/2015). Traduzione e sintesi Alessandro Balduzzi Le relazioni tra Israele e l’Autorità Palestinese (AP) sono entrate in una fase di stallo politico a partire dall’aprile del 2014, ovverosia dalla sospensione delle negoziazioni dirette dal segretario di Stato americano John Kerry. Altra pietra miliare nei rapporti bilaterali è la rivelazione, […]

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Yemen: attacchi della coalizione su Sana’a nonostante la tregua ONU

(Agenzie). Attacchi aerei della coalizione saudita-araba su Sana’a, capitale dello Yemen, hanno causato la morte di almeno 21 civili e il ferimento di altri 45, secondo quanto riportato da residenti locali e fonti mediche. L’attacco arriva nel pieno della tregua, negoziata dalle Nazioni Unite, iniziata lo scorso venerdì per permettere la distribuzioni di aiuti umanitari […]

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Il Marocco e la lotta all’analfabetismo

(Barakabits). Si chiama Project Literacy ed è un progetto globale che si concentra sulla promozione e il miglioramento dell’alfabetizzazione mondiale. Questo progetto ha recentemente registrato che in Marocco il tasso di alfabetizzazione è il più alto all’interno dell’area MENA. Visto come un esempio circa progressi compiuti in termini di promozione dell’alfabetizzazione, in particolare tra le donne, il Marocco ha registrato enormi […]

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Siria: la cittadella di Aleppo danneggiata da bombardamenti

(Agenzie). L’esplosione di una bomba ha danneggiato una parte della Cittadella di Aleppo nella zona storica della città vecchia. L’agenzia stampa siriana SANA ha detto che l’esplosione è avvenuta nei pressi della cittadella, che risale al 13° secolo e che fa parte dei siri patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede nel Regno Unito, ha […]

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Arabia Saudita: nuovo rimpasto di governo

(Agenzie). Un decreto reale ha nominato Ministro Khalid bin Abdulrahman al Issa come capo della corte reale, sostituendo Hamad bin Abdulaziz al Suwailem. Suwailem aveva ricoperto la carica dalla fine di aprile quando prese il posto del potente figlio di Salman, principe Mohammed bin Salman. Allora la nomina faceva parte di una grande riorganizzazione che vide il figlio del re […]

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Workshop per danzatrici e musicisti a Civitella del Tronto

Care amiche e amici di Arabpress, con grande piacere vi segnalo i prossimi workshop estivi che si terranno presso Civitella del Tronto (Te) dal 7 al 9 agosto 2015. Vi riporto integralmente il testo ufficiale di presentazione del corso, dove troverete tutte le informazioni e i contatti utili per le persone interessate. A presto! I workshop a Civitella del Tronto (TE) per […]

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Ghiya Rushidat, dalla Giordania verso nuovi orizzonti

Cari amici, oggi vi aggiorno sulle attività di una musicista giordana che già intervistai diverso tempo fa, per Arabpress. La sua musica mi fa pensare ad una placida armonia di linguaggi, esperienze e tradizioni che formano un ponte sonoro tra il mondo arabofono e quello occidentale. Ghiya Rushidat è compositrice e pianista, molto attiva nella […]

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Perché le moschee in Tunisia sono “fuori controllo”?

Di Mongi Khadraoui. Al-Chourouk (09/07/2015). Traduzione e sintesi di Alice Bondì. Lungo il corso dei secoli, le moschee sono sempre state oggetto di conflitti fra correnti e sette religiose e fra militanti dell’ambito religioso e politico. Soprattutto durante l’epoca di Bourguiba, di pari passo con la sua percezione della modernità, l’ambito religioso era stato istituzionalizzato […]

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Libia: siglato un accordo in Marocco, ma senza il parlamento di Tripoli

(Agenzie). A Skhirat, in Marocco, le parti in conflitto in Libia hanno finalmente siglato un accordo “di pace e di riconciliazione” proposto dall’inviato delle Nazioni Unite Bernardino Leon, nonostante l’assenza della delegazione del parlamento di Tripoli. Alla cerimonia per la firma erano infatti presenti i rappresentati del parlamento di Tobruk, delle municipalità, dei partiti politici […]

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Per il suo 18° compleanno, Malala apre una scuola femminile tra Libano e Siria

(Agenzie). L’attivista pakistana Malala Yousfazai, Nobel per la Pace nel 2013, ha festeggiato il suo 18° compleanno inaugurando una scuola femminile dedicata alle giovani siriane rifugiate nei campi profughi della Valle della Bekaa, in Libano, sul confine siriano. La “Malala Yousafzai All-Girls School” offrirà insegnamento e istruzione a ragazze tra i 14 e i 18 […]

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Turchia: milizie curde annunciano attacchi a dighe

(Agenzie). Milizie curde dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) hanno annunciato che attaccheranno i siti di dighe in costruzione nella regione sud-orientale della Turchia, un altro ostacolo al processo di pace turco-curdo. Le KCK hanno motivato il loro annuncio dicendo che la costruzione di posti di blocco militari, dighe e strade per scopi militari costituiscono […]

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La Siria nel mare magnum della disinformazione

Lorenzo Galbiati, Fouad Roueiha, Alberto Savioli

Della guerra civile in Siria i media si occupano sempre meno, le notizie ora escono solo se l’ISIS compie qualche azione particolarmente grave. Anche i programmi di approfondimento, come lo speciale di Piazza Pulita di Formigli dell’8 giugno 2015, si occupano essenzialmente di narrare la nascita del gruppo  Stato Islamico, e l’attenzione si concentra su dove e come vengono reclutati i suoi militanti.…

La Siria nel mare magnum della disinformazione è un articlo pubblicato su Nazione Indiana.

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Lorenzo Galbiati, Fouad Roueiha, Alberto Savioli

Della guerra civile in Siria i media si occupano sempre meno, le notizie ora escono solo se l’ISIS compie qualche azione particolarmente grave. Anche i programmi di approfondimento, come lo speciale di Piazza Pulita di Formigli dell’8 giugno 2015, si occupano essenzialmente di narrare la nascita del gruppo  Stato Islamico, e l’attenzione si concentra su dove e come vengono reclutati i suoi militanti.…

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Lorenzo Galbiati, Fouad Roueiha, Alberto Savioli

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Arabia Saudita: inaugurato progetto di espansione della Grande Moschea

(Agenzie). Il Re dell’Arabia Saudita Salman bin Abdulaziz ha inaugurato cinque nuovi progetti nell’ambito della terza espansione della Grande Moschea. I progetti di espansione comprendono cortili, gallerie, edifici per strutture di servizio e la prima circonvallazione. Lo ha riferito un’agenzia di stampa saudita. Il re è stato informato del modello di tutto il progetto di espansione, che […]

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Tangeri e il ramadan in 18 foto

Tutto inizia con l’iftar. È ramadan. La sensazione di chi come me è digiuno non di cibo ma di mondo arabo in generale, è quella di essermi appena svegliata da uno strano sogno. Dopo una giornata lenta e dormiente in cui l’attesa è scandita solo dalla preghiera e dalla pazienza, la città riprende vita, si […]

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Libia: nuovo accordo di pace raggiunto senza parlamento di Tripoli

(Al-Arabiya). I leader politici libici hanno raggiunto una nuova versione di un accordo di pace mediato dall’ONU, mettendo sotto pressione la leadership di Tripoli al fine di firmare e costruire un governo di unità nazionale. La speranza è quella di porre fine al caos del paese. Il governo di Tripoli ha partecipato alle precedenti fasi di trattative, ma ha rifiutato di […]

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La distruzione del patrimonio dall’Eufrate a Tiberiade

Di Yousef Melhem al-Hashem. Al-Hayat (10 luglio 2015). Traduzione e sintesi di Laura Giacobbo. La questione dell’attacco al patrimonio culturale mondiale emerge attraverso l’attacco ai monumenti e ai punti di riferimento archeologici nella regione mediorientale e la disastrosa intersezione si manifesta tra i distruttori della nostra storia antica e il saccheggio dei reperti archeologici. Pochi […]

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“Non siamo numeri”: il dolore di Gaza

Di Yusuf Abu Watfa. Al-Araby al-Jadeed (08/07/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti. Maisoon Bashir è una dei tanti ragazze e ragazzi palestinesi che attraverso le sue storie e i post scritti in lingua inglese mostra al mondo la propria esperienza e quelle di migliaia di giovani che patiscono la sofferenza quotidiana dell’assedio e della distruzione […]

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Egitto: Daesh rivendica attacco a consolato italiano al Cairo

(Agenzie). Daesh (ISIS) ha rivendicato l’attacco contro il consolato italiano del Cairo, dove questa mattina un’autobomba è esplosa di fronte alla sede diplomatica. L’attacco ha provocato la morte di una persona e il ferimento di almeno altre 9, secondo il ministero della Salute, specificando che nessun cittadino italiano è rimasto coinvolto. Da parte sua, il primo […]

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«Non ha la licenza in Israele», spenta la tv palestinese

Una tv palestinese per gli arabo-israeliani che trasmette nello Stato ebraico grazie ai soldi di Ramallah? No, grazie. O, meglio, mai e poi mai, come sembra abbia detto pochi giorni fa il premier Benjamin Netanyahu. Irritato, raccontano, quando gli hanno fatto vedere qualche secondo di F48, la tv generalista nuova di zecca il cui nome […]

Siria: inviato ONU “proposta di pace entro fine mese”

(Al-Bawaba). L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria dovrà presentare un’iniziativa di pace entro la fine di questo mese  atta a metter fine alla guerra nel Paese. Staffan de Mistura “intende mettere a punto entro la fine del mese di luglio le sue proposte per il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, riguardo una via da seguire per […]

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Yemen: interrotta la tregua umanitaria

(Agenzie). Il cessate il fuoco mediato dall’ONU è durato solo poche ore. Attacchi aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha rotto la tregua colpendo la capitale Sanaa poco dopo la sua entrata in vigore alla mezzanotte ora locale di venerdì, facendo riprecipitare il Paese nella violenza . La tregua umanitaria è stata pensata per aiutare i civili assediati […]

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Egitto, bomba al consolato: “Messaggio mafioso ai Paesi che sostengono Al Sisi”

In Egitto il secondo anniversario della deposizione del presidente Mohammed Morsi, avvenuto il 3 luglio del 2013, ha coinciso con uno dei periodi di maggior escalation terroristica nel paese. L’attacco al consolato italiano di oggi è solo l’ultimo di una sanguinosa serie e potrebbe mostrare un cambio di strategia da parte delle organizzazioni jihadiste che sino […]

L’articolo Egitto, bomba al consolato: “Messaggio mafioso ai Paesi che sostengono Al Sisi” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Egitto, bomba al consolato: “Messaggio mafioso ai Paesi che sostengono Al Sisi”

In Egitto il secondo anniversario della deposizione del presidente Mohammed Morsi, avvenuto il 3 luglio del 2013, ha coinciso con uno dei periodi di maggior escalation terroristica nel paese. L’attacco al consolato italiano di oggi è solo l’ultimo di una sanguinosa serie e potrebbe mostrare un cambio di strategia da parte delle organizzazioni jihadiste che sino […]

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In Egitto il secondo anniversario della deposizione del presidente Mohammed Morsi, avvenuto il 3 luglio del 2013, ha coinciso con uno dei periodi di maggior escalation terroristica nel paese. L’attacco al consolato italiano di oggi è solo l’ultimo di una sanguinosa serie e potrebbe mostrare un cambio di strategia da parte delle organizzazioni jihadiste che sino […]

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In Egitto il secondo anniversario della deposizione del presidente Mohammed Morsi, avvenuto il 3 luglio del 2013, ha coinciso con uno dei periodi di maggior escalation terroristica nel paese. L’attacco al consolato italiano di oggi è solo l’ultimo di una sanguinosa serie e potrebbe mostrare un cambio di strategia da parte delle organizzazioni jihadiste che sino […]

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Egitto: diverse reazioni per la serie TV sugli ebrei egiziani

Di Ismael el-Kholy. Al-Monitor (08/07/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti. “Harat al-Yahud” (Il Quartiere Ebraico) è una serie TV inedita trasmessa durante il mese di Ramadan di quest’anno. Il quartiere ebraico è un’area di Mousky, nel centro del Cairo, dove ebrei, musulmani e cristiani vivono pacificamente dal 1848. Il telefilm narra la storia d’amore […]

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È morto Omar Sharif, volto del Dottor Zivago

(Agenzie). È morto all’età di 83 anni l’attore egiziano Omar Sharif. L’artista che ha interpretato il ruolo del Dottor Zivago è morto per un attacco di cuore nella clinica per pazienti malati di Alzheimer  dove era ricoverato. Il figlio Tarek aveva recentemente dichiarato la malattia del padre, star internazionale protagonista di film come Lawrence D’Arabia e […]

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Unione Europa prolunga congelamento sanzioni Iran

(Agenzie). L’Unione europea ha esteso il congelamento delle sanzioni nei confronti dell’Iran fino a lunedì, è la seconda mossa che l’UE mette in atto  per concedere più tempo ai colloqui di Vienna, tesi a concordare un accordo nucleare. “Per dare più tempo per i negoziati in corso per giungere ad una soluzione a lungo termine della questione nucleare iraniana, […]

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Arabia Saudita: la pausa in Yemen sarà “inutile”

(Agenzie). Una pausa umanitaria in Yemen sarà “inutile”, perché i ribelli e i loro alleati non hanno dimostrato alcuna disponibilità a rispettarla, ha dichiarato un funzionario saudita. Le Nazioni Unite hanno annunciato la pausa, con effetto dalle ore 21 di venerdì, per consentire agli aiuti umanitari di raggiungere milioni di yemeniti sull’orlo della carestia. “Credo che la […]

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Il lato oscuro di Palmira, la sua prigione

Di Omar Abdullah. Syria Deeply (08/07/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio. Per molti siriani, Palmira evoca ricordi di un Paese che ora sembra sfaldarsi nella Storia. Musa, farmacista di 33 anni, a Palmira è cresciuto e ha lavorato come guida turistica per pagarsi l’università. “Ho visitato le rovine migliaia di volte, le antiche rocce […]

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Speciale Ramadan: pide, il pane turco

Oggi, il nostro percorso attraverso i piatti più preparati durante il Ramadan ci porta in ‪‎Turchia‬, dove andiamo a scoprire la ricetta della pide (o più comunemente conosciuta come pita), il famoso pane turco! Ingredienti: 500g di farina 1 bustina di lievito istantaneo 300ml di acqua tiepida 125ml di latte tiepido 1 cucchiaio di burro […]

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Bahrein: artista celebra Ramadan in modo anomalo

(Al-Arabiya). Mentre il mese sacro del Ramadan è comunemente dedito alla preghiera, al cibo e alla famiglia, un’artista del Bahrein ha scelto di celebrare il Ramadan attraverso l’arte in modo anomalo. Thajba Najeeb, che attualmente espone il suo lavoro presso la Ramadan Tent of the Capital Club in Bahrain, si propone di portare un “tocco di colore” durante questo mese […]

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Shubbak Festival: una finestra sul mondo arabo a Londra

(Agenzie). Lo Shubbak Festival, evento biennale dedicato al panorama culturale contemporaneo del mondo arabo, torna a Londra con la sua terza edizione dall’11 al 26 luglio. Il nome dell’evento non è certo casuale: infatti, shubbak in arabo significa ‘finestra’ e sta a indicare che il festival è una vetrina sul panorama artistico e culturale del […]

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Iran: USA minacciano di chiudere negoziati su nucleare

(Agenzie). Il Segretario di Stato Usa John Kerry ha minacciato di chiudere i colloqui sul nucleare qualora i diplomatici non concludano un accordo con l’Iran nelle prossime ore. Un altro ritardo questa volta potrebbe complicare gli sforzi americani per attuare rapidamente qualsiasi tipo di accordo. Gli iraniani hanno risposto immediatamente, accusando gli Stati Uniti e i loro […]

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Tunisia: un muro alle frontiere con la Libia

El Watan News (09/07/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo Mercoledì, il primo ministro tunisino Habib Essid ha annunciato che la costruzione di un muro di sabbia e di fossati lungo la frontiera con la Libia, decisa all’indomani dell’attentato al museo del Bardo e iniziata lo scorso 10 aprile, si concluderà entro la fine del 2015. […]

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Arabia Saudita: muore il principe Saud al-Faisal, ex ministro Esteri

(Al-Arabiya). L’ex ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il principe Saud al-Faisal, è morto all’età di 75 anni. Il principe era stato da poco destituito dalla sua carica come ministro dopo 40 anni di servizio, essendo stato nominato nel 1975, il più lungo periodo di servizio nella storia globale. Il principe era stato sostituito lo scorso 29 aprile […]

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Pace in Afghanistan? Forse ci siamo. I problemi della guerriglia con Daesh

Il sacro Corano: interpretazioni diverse
e realpolitik

Pace è una parola grossa e forse è rischioso menzionarla in queste ore per l’Afghanistan. Ma l’incontro che si è svolto ieri a Murree in Pakistan è più di una promessa. E’ stato il primo incontro ufficiale di un processo negoziale che, non a caso,  inizia in Pakistan. E’ il primo passo ufficiale tra il governo di Kabul, che vi ha mandato i responsabili dell’Alto commissariato di pace, e i talebani che si riconoscono nella shura di Quetta di mullah Omar, la fazione più importante dei talebani afgani. Anche un uomo della  Rete Haqqani avrebbe partecipato.  Dall’incontro trapela poco se non i soliti temi di un’agenda trascinatasi per  anni ma che negli ultimi mesi, dal Qatar alla Norvegia, ha visto incontri preliminari informali sfociati adesso in un inizio ufficiale. A dopo il Ramadan il prossimo incontro. Tutti i commenti sono positivi.

C‘è intanto da segnalare  la notizia che oggi campeggia un po’ su tutti i siti afgani e pachistani e riguarda la morte in Afghanistan di Shahidullah Shahid, ex portavoce dei talebani pachistani (Ttp), espulso nel 2014 proprio per le sue simpatie dichiarate verso il Califfato: era ritenuto uno dei personaggi  più importanti affiliatisi a Daesh. Dire che Shahidullah  sia il capo del progetto califfale in Afghanistan è un po’ forzato (in realtà a capo della formazione ci sarebbe stato – dice l’intelligence afgana – Hafiz Saeed, anche lui ucciso da poco), ma la sua morte è un duro colpo per il progetto del Grande Khorasan, regione che il Califfato vorrebbe dotto il suo dominio e che comprenderebbe Afghanistan e  Pakistan. Il fatto che siaa stato ucciso in Afghanistan la dice anche lunga sulle migrazioni del jihadismo locale (era originario del Waziristan).

Daesh è un problema in Pakistan e lo sta diventando anche in Afghanistan. Ma è un problema non solo per i governi quanto per la guerriglia. In Pakistan ha contribuito a spaccare il fronte jihadista divisosi in diverse formazioni tra cui la  Tehreek-i-Taliban Pakistan Jamaatul Ahrar (Ttpja) o Ahrarul Hind anche se questo non vuol dire che questi gruppi aderiscano all’Is. In Afghanistan ha fatto apertamente schierare la leadership del movimento talebano contro gli affiliati a Daesh, ritenuti degli stranieri con un’agenda che non c’entra nulla con quella nazionalista tipica della guerriglia afgana (infine vi sono le diatribe ideologico religiose e la diffidenza verso wahabiti e salafiti). Daesh è un problema anche per Al Qaeda cui sottrae uomini e risorse. Nondimeno, sostengono gli analisti pachistani, Daesh guarda con favore solo a gruppi omogenei e consolidati e non ama le galassie tipiche della guerriglia afgana e pachistana molto legata ai clan tribali (Ttp è sempre stato controllato dai  Meshud del Waziristan: quando al comando è salito un uomo dello Swat – mullah Fazlullah – sono iniziati i problemi).

Al momento siamo in una fase di transizione. Anche questo spinge a un accordo sia tra governi (Kabul e Islamabad) sia nella direzione del processo negoziale. Un modo, anche, per fermare le mire di Al Bagdadi.

Turismo in forte calo nei paesi del Nord Africa

(Agenzie). Mentre la Grecia rimane tra le mete preferite per l’estate, i paesi del Nord Africa, e in particolare Tunisia, Marocco ed Egitto sembrano essere in forte calo, con circa il 30% in meno di prenotazioni. Ciò emerge dalla ricerca della Camera di Commercio di Milano in collaborazione con Fiavet-Confcommercio Milano. Secondo le statistiche, le mete più gettonate restano l’Italia, […]

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Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Marocco, politica vietata agli uomini di religione

Vietato agli uomini di religione fare politica: l’Islam fuori dalla politica. Forse bisogna essere cauti, perché è difficile far fuori l’islam dalla politica quando a fare politica poi sono sempre delle persone e quindi dei musulmani, ma il passo è stato fatto, almeno in un paese, il Marocco. È da Rabat infatti che parte ancora […]

Essere bambini in Siria

Di Harun Yahya. Middle East Monitor (03/07/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio. Safi è un ragazzo di Latakia, in Siria. Un giorno mentre era a scuola, un barile-bomba è stato sganciato sull’edificio da uno degli elicotteri del regime siriano. Schegge della bomba gli hanno sfigurato il volto e alcune gli si sono conficcate nella […]

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Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale

“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/

 

Turchia: nuovi siti aggiunti alla lista del patrimonio UNESCO

(Agenzie). L’antica città di Efeso, i Giardini di Hevsel e la Fortezza di Diyarbakir sono entrate a far parte della lista del patrimonio dell’UNESCO, portando così a 15 il numero dei siti della Turchia. I Giardini di Hevsel costituiscono un terreno fertile tra la Fortezza di Diyarbakir e la valle del fiume Tigri. La Fortezza è […]

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Yemen: governo accetta la tregua “condizionale”

(Agenzie). Il governo yemenita ha dichiarato alle Nazioni Unite che accetteràuna tregua per porre fine più di tre mesi di combattimenti a condizione che “garanzie” siano state soddisfatte, ha affermato il portavoce Rajeh Badi. “Le autorità yemenite hanno informato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon del suo accordo di attuare una tregua nei prossimi giorni”, […]

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Ministro russo: “negoziati Iran nella fase più difficile”

(Agenzie). I colloqui nucleari tra l’Iran e le sei grandi potenze mondiali sono entrati nella fase più difficile, ma tutte le parti coinvolte stanno lavorando a nuove proposte presentate da Teheran, ha dichiarato il vice ministro delle Finanze russo Sergei Ryabkov. “Questi colloqui sono come un alpinista che sta per raggiungere la vetta: il 95 per […]

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Autorità israeliane: “due cittadini israeliani rapiti da Hamas”

(Agenzie). Un funzionario della sicurezza israeliana ha dichiarato che Hamas starebbe trattenendo con la forza due cittadini israeliani nella Striscia di Gaza da circa un anno. Le prime informazioni riguardano un israeliano di origine etiope, probabilmente affetto da disturbi mentali, che lo scorso settembre avrebbe superato il muro di confine con la Striscia di Gaza. Il funzionario ha parlato […]

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Alla scoperta dell’Iran attraverso i fumetti di Marjane Satrapi

Oggi voglio parlarvi di un’autrice che rimane un po’ ai margini geografici della letteratura di cui parla solitamente questo blog. Ciò nonostante ho deciso che non potevo perdere l’occasione per scrivere di lei. Il suo libro più famoso, “Persepolis”, è stato il mio primo graphic novel e anche quello che ho prestato di più ai […]

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Turchia: il monopolio post-elettorale di Erdoğan

Di Murat Yetkin. Hürriyet Daily News (08/07/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. Un mese dopo le elezioni parlamentari che avrebbero dovuto innescare immediatamente una nuova dialettica politica in Turchia, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del presidente Recep Tayyip Erdoğan e del primo ministro Ahmet Davutoğlu, mantiene il suo ruolo egemonico alla guida del Paese. […]

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I finalisti del “Palestine Book Award”

Ancora un premio letterario, ma questa volta anglofono e dedicato esclusivamente alla Palestina: è il “Palestine Book Award”, che premia libri scritti/tradotti in inglese che hanno come tema proprio la Palestina, i cui titoli finalisti sono stati da poco annunciati sul sito di Middle East Monitor, organizzatore e sponsor del premio.  I sette libri sono: … Continue reading I finalisti del “Palestine Book Award”

I finalisti del “Palestine Book Award”

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La matrice libica del terrorismo

Jeune Afrique (07/07/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. Secondo Wolfram Lacher, ricercatore all’Istituto tedesco per gli Affari Internazionali e la Sicurezza, “se l’Algeria era in passato l’epicentro dei movimenti jihadisti, la Libia è dove dimora il loro futuro”. Dopo la caduta del regime del colonnello Muammar Gheddafi, le formazioni islamiche radicali si sono rapidamente ricostituite, […]

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Libia: Tripoli respinge piano per la pace ONU

(Agenzie). Il parlamento di Tripoli ha respinto la proposta per la risoluzione della crisi politici in Libia proposta dalle Nazioni Unite, benché si sia reso disponibile a continuare il dialogo per raggiungere un accordo con la parte rivale. Omar Hamidan, portavoce del Congresso Nazionale Generale di Tripoli, ha riferito che la bozza di accordo “non […]

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Afghanistan: abolita nomina donna giudice a Corte Suprema

(Agenzie). Anisa Rasouli, la prima donna nella storia dell’Afghanistan a essere nominata membro della Corte Suprema non è riuscita a ottenere la carica per non aver ottenuto l’approvazione del parlamento. La Rasoul ha infatti ottenuto solo 88 dei 97 voti favorevoli necessari alla sua nomina come giudice in seno alla Corte. Zahir Qadir, presidente del parlamento […]

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Egitto: attivisti per i diritti umani contro il progetto di legge anti-terrorismo

(Agenzie). Diverse organizzazioni per i diritti umani in Egitto hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale criticano il progetto di legge anti-terrorismo (adottato dal governo lo scorso 1° luglio e in attesa dell’avallo da parte del presidente) in quanto essa imporrebbe “uno stato di emergenza implicito e indefinito” e stabilirebbe “una magistratura parallela ed eccezionale”. […]

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Yemen: Daesh rivendica nuovo attacco contro moschea sciita a Sana’a

(Agenzie). Militanti Daesh (ISIS) hanno rivendicato la responsabilità per l’attacco con un’autobomba contro una moschea sciita della capitale yemenita, nel quale una persona ha perso la vita mentre altre 5 sono rimaste ferite. La bomba esplosa alla moschea di Al-Raoudh, nell’area sud-est di Sana’a, è stata fatta esplodere mentre i fedeli se ne andavano dopo […]

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Umm Kulthum: la diva eterna

(El País). A 40 anni dalla sua morte, Umm Kulthum, la leggenda della canzone araba, continua a far sognare i suoi fan. Dal 2007, ogni giovedì al centro culturale Al Sawy viene celebrato ciò che gli organizzatori amano chiamare “il ritorno” della diva eterna con uno spettacolo di burattini che si muovono in perfetta sincronia con la musica […]

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Turchia: omosessuali minacciati di morte da gruppo islamista ad Ankara

(Agenzie). A poco più di una settimana dalla dura repressione del gay pride di Istanbul da parte della polizia turca, un gruppo islamista ha affisso per le strade di Ankara dei manifesti in cui gli omosessuali vengono minacciati di morte. L’organizzazione islamista, quasi sconosciuta, che si fa chiamare Giovane Difesa Islamica, ha rivendicato la responsabilità dell’affissione […]

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Il rapporto ONU sui crimini di guerra durante l’attacco a Gaza

Di Richard Falk. The Palestine Chronicle (06/07/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi. Esattamente un anno fa, per 51 giorni – dal 7 luglio al 26 agosto – Israele lanciava il terzo grande attacco militare su Gaza degli ultimi sei anni. “Barriera Protettiva” – questo il nome dato all’operazione dalle Forze di Difesa Israeliane – […]

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Il sound affascinante del Trio Joubran

Di Jessica Purkiss. Middle East Monitor (02/06/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti. Il Trio Joubran, una band palestinese composta da tre fratelli di Nazaret, si è recentemente esibita a Londra davanti ad un pubblico gremito. La band ha cantato insieme alla celebre cantante algerina Souad Massi la cui musica mescola suoni arabi, influenze rock e folk, […]

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Iran: estesi colloqui sul nucleare

(Al-Bawaba).  Il Responsabile della politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini ha dichiarato che i colloqui tra l’Iran e i Paesi del 5 + 1  sul programma nucleare continueranno”per i prossimi due giorni.” “Stiamo continuando le trattative per i prossimi due giorni”, ha detto ai giornalisti Mogherini durante una pausa dai negoziati nella capitale austriaca, Vienna. Mogherini ha […]

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Perché gli arabi devono risolvere ora le crisi in Libia e Yemen

Di Raghida Dergham. Al-Arabiya (06/07/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Le Nazioni Unite hanno per le mani due opportunità cruciali che vale la pena sostenere perché né in Libia né in Yemen ci sono alternative. La situazione in questi due Paesi, così come in Siria, è straziante e richiede interventi urgenti. L’inviato ONU […]

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Turchia: opposizioni contro Erdogan per stallo governativo

(Agenzie). I deputati dell’opposizione hanno accusato il presidente turco Tayyip Erdogan Martedì dello stallo degli sforzi per formare un governo di coalizione , un mese dopo che il Partito AK da lui fondato ha perso la sua maggioranza parlamentare. Le votazioni del 7 giugno hanno tolto all’AKP il potere di governare da solo, per la prima […]

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Aereo Turkish Airlines atterrato a Delhi per allarme bomba

(Agenzie). Un aereo della Turkish Airlines durante il volo Istanbul-Bangkok è atterrato nella capitale indiana, Nuova Delhi, oggi martedì 7 luglio, dopo un presunto allarme bomba. Lo ha dichiarato un funzionario della sicurezza indiano. “C’è stato un allarme bomba su un aereo della Turkish Airlines con 148 passeggeri e quindi hanno deciso di atterrare a New Delhi”. Lo ha detto […]

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Iran: accordo sul nucleare ancora lontano

(Agenzie). Le potenze mondiali rischiano di perdere un altro termine per definire un accordo sul nucleare iraniano. Nonostante i vari incontri atti a risolvere una situazione di stallo da ormai 13 anni con l’Iran, sembra non si riesca ad arrivare ad una conclusione.  Un segno che fa capire quanto siano diventati complessi i negoziati, è l’incontro fino a notte […]

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Siria: attacco suicida al-Nusra uccide 25 soldati ad Aleppo

(Agenzie). Un attentatore suicida appartenente ad al-Nusra, affiliato siriano di al-Qaeda, ha ucciso 25 soldati fedeli al regime del presidente Bashar al-Assad, in un attacco contro una base militare nella parte occidentale di Aleppo. Lo ha confermato un gruppo di monitoraggio con sede nel Regno Unito. L’attaccante si è fatto esplodere all’interno di un veicolo “davanti ad […]

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Chi c’è dietro gli attacchi in Egitto?

Di Abdulrahman al-Rasheed. Asharq al-Awsat (05/07/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Gli eventi della scorsa settimana hanno impedito agli egiziani di celebrare il primo anniversario del generale Abdel Fattah El Sisi alla carica di presidente del Paese. Infatti, l’assassinio del procuratore generale, Hisham Barakat, ucciso in seguito all’esplosione di un’autobomba al centro del Cairo, e […]

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Franco Scaglia è nella Gerusalemme (celeste)

Un giornalista. Senza aggettivi, perché non servono, in questo caso. Un giornalista. Uno scrittore prolifico e noto, concentrato soprattutto su un luogo a lui carissimo: Gerusalemme. Un manager della tv pubblica, come presidente di RaiCinema: vecchio stampo, aziendalista, sempre più appartenente ad altri (migliori) tempi. Un uomo di teatro, presidente dell’Argentina, del Teatro di Roma. […]

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La Tunisia e il miraggio del turismo: di falsi miti non si campa

Se considerare il turismo come settore chiave dell’economia tunisina è un falso mito, le politiche governative per sostenerlo sono da 50 anni insostenibili. A pochi giorni dall’attacco di Sousse, ecco che il ministero del Turismo annuncia nuove misure per rilanciare il settore. Fallimentari a priori, diseguali e ingiuste.

 

 

06 Luglio 2015
di: 
Debora Del Pistoia da Tunisi

La Tunisia e il miraggio del turismo: di falsi miti non si campa

Se considerare il turismo come settore chiave dell’economia tunisina è un falso mito, le politiche governative per sostenerlo sono da 50 anni insostenibili. A pochi giorni dall’attacco di Sousse, ecco che il ministero del Turismo annuncia nuove misure per rilanciare il settore. Fallimentari a priori, diseguali e ingiuste.

 

 

06 Luglio 2015
di: 
Debora Del Pistoia da Tunisi

Il caso El Hanaoui e le falle nel nostro sistema di integrazione

In questo primo anniversario della nascita dell’Is e con la lotta al terrorismo in casa nostra, abbiamo scoperto e a malincuore un mondo parallelo dell’immigrazione, quella che più fa paura perché è imprevedibile, inaspettata. Quella di chi è nato e cresciuta in Europa ma che guarda altrove, lontano, dimostrando di aver covato un odio senza […]

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“Le influenze dell’Oriente sulla musica europea nel Medio Evo”, una pubblicazione di Anello Capuano e Louis Soret

Cari lettori, come promesso sin dalla prima delle mie interviste ad Anello Capuano, ci occuperemo di una vecchia e ormai introvabile pubblicazione, curata a suo tempo dal nostro amico, insieme al musicista e musicologo Louis Soret. Si tratta di un articolo pubblicato a New Delhi, in India, sulla rivista Istar (N° 1, 1984) dedicato alle influenze […]

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Balleremo fino a crollare: Badke in scena allo Shubbak festival

La Dabka è un tipico ballo palestinese che prende il nome dal verbo arabo che significa “sbattere i piedi per terra”. È una danza che esprime la voglia di un popolo di sentirsi unito, la felicità di condividere momenti importanti della vita con la propria comunità. La Dabka è al centro dell’opera teatrale Badke, in scena […]

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Coalizione USA lancia attacchi aerei contro Daesh a Raqqa

(Agenzie). La coalizione guidata dagli Stati Uniti ha lanciato una serie di attacchi aerei mirati su Raqqa per colpire Daesh (ISIS).  La coalizione ha parlato di questa operazione come di quella più lunga effettuata in Siria fino ad oggi. Almeno dieci persone sono state uccise e molte altre sono state ferite. Almeno 16 attacchi aerei sono stati segnalati già tra sabato e domenica, […]

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Turchia: comandi militari discutono intervento

(Agenzie). L’esercito turco ha convocato una riunione dei comandanti delle truppe d’istanza lungo il confine fortificato con la Siria per discutere di un possibile intervento nel Paese, ha riferito il quotidiano Hurriyet. La Turchia ha aumentato le sue difese militari sul confine durante la scorsa settimana. La presenza così forte della Turchia al confine ha alimentato l’idea […]

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Il Ramadan in Francia: tra ottimismo e preoccupazione

Di Auras Zibaui. Al-Hayat (04/07/2015). Traduzione e sintesi Alessandro Balduzzi. L’attacco a uno stabilimento di produzione di gas nei pressi di Lione perpetrato da Yassin Salhi, immigrato di origine marocchina, ha gettato un’ombra sul sacro mese di Ramadan tra i membri della comunità araba e islamica in Francia. Sin dalla strage alla rivista satirica Charlie […]

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Sulukule, (ex) quartiere rom di Istanbul

Sulukule: Story of a 1000 year-old Roma settlement | babelmed | women - migration - mediterraneanCon più di mille anni di storia, è diventato il simbolo della discriminazione subita da queste comunità in Turchia. L’intervista di babelmed a Derya Nuket Özer, fondatrice della Sulukule Platform.

Il primo Rom al Parlamento turco

First Roma in the Turkish parliament: Education  first! | babelmed | mediterranean cultureLe comunità presenti nel Paese hanno finalmente un loro rappresentante al Parlamento Nazionale: Özcan Purçu. Eletto il 7 giugno scorso con il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), vuole contribuire a risolvere i problemi dell’educazione dei bambini, che possono causare povertà e spingere verso attività illecite.

Egitto: distrutto tunnel sotterraneo al confine con Gaza

(Agenzie). Forze egiziane hanno scoperto e distrutto un tunnel sotterraneo di 1,5 km  sotto il confine di Gaza, l’esercito egiziano ha detto. Fonti della sicurezza egiziana hanno detto all’agenzia di stampa Ma’an che il tunnel è stato trovato dalle guardie di frontiera egiziane nella zona sud di Rafah Dayniya. Otto sacchi di materiale esplosivo TNT e una […]

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Yemen: inviato ONU nel Paese per cessate il fuoco

(Agenzie). L’inviato dell’Onu Ismail Ould Cheikh Ahmed arriverà a Sanaa per discutere un cessate il fuoco degli scontri che incendiano il Paese. L’inviato ha incontrato il governo filo-Hadi in Arabia Saudita per convincerlo a accettare una pausa per consentire il passaggio di aiuti in paese devastato dalla guerra, secondo l’agenzia di stampa Reuters. Secondo le Nazioni Unite, più dell’80 […]

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Le vittime di molestie raccontano affinché la storia non muoia

Di Amina Khairy. Al-Hayat (02/07/2015). Traduzione e sintesi di Laura Giacobbo. “Non lasciare che la storia muoia”, così afferma l’hashtag con cui lavorano gli attivisti. Com’è evidente in questi giorni di Ramadan, in cui si moltiplicano gli annunci di vendita e acquisto, la donna è ancora categorizzata in modo televisivo e sociale, considerata elemento di […]

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Tunisia: dichiarato lo stato di emergenza

(Agenzie). Il presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha dichiarato lo stato di emergenza in Tunisia, a una settimana dall’attacco di Sousse nel quale sono morti quasi 40 turisti, di cui la maggior parte di nazionalità britannica. Lo stato di emergenza, che durerà 30 giorni, conferirà più potere al governo e alle forze di sicurezza e […]

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Nata la prima rivista femminile per le musulmane di Belgio e Olanda

(Asharq al-Awsat). A partire dallo scorso settembre, nelle edicole di Belgio e Olanda è disponibile “Aya”, una rivista femminile dedicata alle donne musulmane dei due Paesi europei. Di cadenza trimestrale e in lingua fiamminga, la redazione conta di uscire presto anche con una versione in lingua inglese. La rivista è specializzata soprattutto in moda, con consigli sulle ultime […]

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Yemen: ancora in discussione pausa combattimenti durante il Ramadan

(Agenzie). I ribelli sciiti Houthi dello Yemen hanno detto che si sta decidendo su una pausa nei combattimenti durante il mese sacro del Ramadan con le Nazioni Unite, anche per consentire le consegne di aiuti umanitari. Il portavoce degli Houthi Mohammed Abdul Salam ha scritto in un post sulla sua pagina Facebook di aver incontrato l’inviato speciale delle Nazioni […]

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Esercito siriano attacca città ribelle di Zabadani

(Agenzie). L’esercito siriano e le sue milizie alleate hanno lanciato un grande attacco alla città siriana di Zabadani in mano ai ribelli, che si trova a ovest della capitale siriana, vicino alla frontiera con il Libano.. Lo ha annunciato la stazione televisiva libanese del gruppo sciita Hezbollah. Per conquistare la città sono stati dispiegati sia artiglieria […]

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“Sognare Casilino 900”

casilino 110Il Piano nomadi del Comune di Roma, avviato nel luglio del 2009, a suon di sgomberi e rimpatri illeciti in aperta violazione dei diritti umani, raccontato dalla giornalista di babelmed Cristina Artoni nel reportage sullo smantellamento del campo rom più grande d’Europa.

Algeria-Tunisia: spiragli di solidarietà universale

Di Sofia Ouahib e Ryma Maria Benyakoub. El Watan. (03/07/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo Malgrado la strage perpetrata dai cartelli del jihad a Sousse, pochissime sono state le prenotazioni annullate nelle agenzie viaggi, che, al contrario, hanno registrato un aumento delle partenze per la Tunisia dopo la fine del mese sacro di Ramadan. In […]

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“Gitanas feministas”

diversdas 110Nove donne e un comune obiettivo: decostruire l’immagine poetica o distorta che troppo spesso continua a rappresentarle. L’associazione, fondata due anni fa, ha già coinvolto nuove rappresentanti in diverse città del Paese, tra cui Madrid, Murcia, Lugo e Valladolid, in vista del primo congresso femminista romanì internazionale.

Diploma gitano

Navarra 110L’Università di Navarra propone un nuovo diploma per l’anno accademico 2015-2016 dedicato alla “mediazione socio interculturale con la comunità gitana”.

Speciale Ramadan: erk soos, bevanda a base di liquirizia

Oltre al cibo, anche le bevande hanno un ruolo fondamentale nel quadro degli alimenti consumati durante il Ramadan. Oggi vi proponiamo quindi un drink diffuso in tutto il Levante arabo, sopratutto in Egitto: l’erk soos, a base di radice di liquirizia! Ingredienti: 50g di radice di liquirizia 4l di acqua zucchero bianco o di canna […]

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Gerusalemme: 230mila musulmani in preghiera alla moschea di Al-Aqsa

(Agenzie). Migliaia di palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme Est hanno marciato verso la moschea di Al-Aqsa per pregare il terzo venerdì di preghiera del mese sacro del Ramadan. Uomini oltre i 50 anni, bambini sotto i 12 anni e donne sopra i 30 sono stati autorizzati da parte dell’esercito israeliano ad entrare a Gerusalemme Est. Le autorità […]

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Kuwait: misure di sicurezza straordinarie alle preghiere del venerdì

(Agenzie). Le autorità del Kuwait hanno adottato misure di sicurezza straordinarie per sorvegliare le moschee sciite del Paese durante le preghiere del venerdì, alla luce dei fatti della scorsa settimana quando un militante Daesh (ISIS) si è fatto esplodere presso la moschea Al-Sadeq provocando la morte di più di 20 persone. Le moschee sciite sono […]

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Yemen: ‘chi altri offende, sé non sicura’

Di Lama Fakih. IRIN News. (24/06/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. La dimostrazione più tragicomica del fallimento delle trattative per un accordo di pace in Yemen, a Ginevra, tra i rappresentanti del governo, dei capi tribali e dei ribelli sciiti Houthi, è stato il lancio di una scarpa contro un esponente di spicco di questi […]

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ONU: gruppi libici rivali fanno pressioni per accettare accordo di pace

(Agenzie). I mediatori dell’ONU e il parlamento della Libia riconosciuto a livello internazionale hanno presentato un accordo di pace nel tentativo di raggiungere un accordo di pace con la leadership di Tripoli, sperando nella sua approvazione entro pochi giorni. Una dichiarazione ONU dice che hanno siglato l’accordo ai colloqui a Skhirat in Marocco, conclusi oggi venerdì 3 luglio. La quinta bozza di accordo […]

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Risoluzione ONU: no al legame tra terrorismo e religione

(Al-Bawaba). Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha votato a favore di una risoluzione riguardante la grave situazione dei diritti umani in Siria e ha ribadito che il terrorismo, comprese le azioni di Daesh, non può e non deve essere associato ad alcuna religione, nazionalità o civiltà. La risoluzione è stata approvata con […]

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Iran: accordo sul nucleare in vista

(Agenzie). Sembra che le potenze mondiali e Teheran siano vicine a un accordo sulla limitazione delle ambizioni nucleari dell’Iran e che la maratona negoziale sembri destinata a essere conclusa con successo “nei prossimi giorni”. Lo ha dichiarato uno dei massimi negoziatori russi.  “Non posso prevedere quante ore ci vorranno per risolvere questa situazione. Ma tutte le parti […]

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Esercito siriano bombarda ribelli ad Aleppo

(Agenzie). Le forze governative siriane hanno bombardato pesantemente le postazioni dei ribelli dentro e intorno alla città settentrionale di Aleppo. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha detto che i combattimenti tra i ribelli e le forze governative sono continuati fino all’alba di oggi, venerdì 3 luglio, così come gli attacchi aerei dell’esercito siriano. Una fonte militare […]

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Israele: chiusa strada al confine con Egitto

(Al-Bawaba). Le forze dell’esercito israeliano hanno ordinato la chiusura dell’Autostrada 12 al confine con l’Egitto, dopo gli scontri degli ultimi giorni nella Penisola del Sinai tra forze di sicurezza egiziane e i militanti islamisti. Il Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano Gadi Eisenkot ha dato l’ordine nella tarda notte di giovedi, il giorno dopo l’uccisione di 70 […]

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Turchia rinforza confine con Siria, ma nessuna incursione in programma

(Agenzie). La Turchia ha dispiegato ulteriori forze lungo parte del confine con la Siria mentre gli scontri a nord della città di Aleppo si fanno sempre più intensi tra i ribelli siriani e le forze del regime. Tuttavia, nonostante alcuni media turchi abbiano vociferato di un’incursione militare, il primo ministro Ahmet Davutoglu ha dichiarato che non […]

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Autorità Palestinese arresta 100 membri Hamas

(Agenzie). Le forze dell’Autorità Palestinese hanno arrestato 100 membri del movimento Hamas in Cisgiordania, in quello che è stato definito il più grande blitz nel suo genere negli ultimi 10 anni. Husam Badram, portavoce di Hamas, ha dichiarato che gli arresti sono un modo per fermare l’ondata di attacchi da parte dei palestinesi contro Israele. […]

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A chi giova l’estremismo religioso in Siria?

Di Faisal al-Qasim. Middle East Monitor (30/06/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio. Avete notato che all’inizio della rivoluzione siriana, ciò che infastidiva di più il regime di Bashar al-Assad era la richiesta di libertà da parte della gente? Abbiamo visto come le forze di sicurezza hanno inflitto abusi su chi protestava e si sono […]

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UNESCO: patrimonio dello Yemen in pericolo

(Agenzie). L’UNESCO ha definito due antiche città yemenite, Sanaa e Shibam, come patrimonio dell’umanità a rischio. L’Agenzia delle Nazioni Unite ha dichiarato che Sanaa, noto per i suoi numerosi siti islamici e le sue case di terra, “ha riportato gravi danni a causa del conflitto armato” in corso nel Paese tra i ribelli Houthi sostenuti e il governo saudita. […]

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Mali : 5 caschi blu uccisi in attacco

(Agenzie). Cinque caschi blu sono stati uccisi e altri sei gravemente feriti in un attacco contro il loro convoglio nel nord del Mali, ha dichiarato un portavoce per la missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite del paese. Due funzionari della sicurezza delle Nazioni Unite ha specificato che l’attacco è avvenuto vicino a Goundam, città a […]

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L’istruttrice delle jihadiste che ha lasciato l’Isis

Umm Asma era una delle più importanti amministratrici dell’organizzazione dello stato islamico. Aveva il ruolo fondamentale di accogliere e istruire le donne straniere che volevano abbracciare la causa dell’Is. Era lei che le riceveva alla frontiera turca per accompagnarle a Raqqa. Le rassicurava dando tutte le coordinate del nuovo mondo che le attendeva, consegnava l’Abaya […]

Egitto: attacco aereo uccide 23 militanti

(Agenzie). Le autorità egiziane hanno lanciato attacchi aerei contro obiettivi di militanti islamisti nella penisola del Sinai, uccidendo 23 combattenti dopo gli scontri mortali nella regione, hanno dichiarato le forze di sicurezza. Le fonti dicono che i morti avevano preso parte ai combattimento di mercoledì in cui 100 militanti e 17 soldati, tra cui quattro ufficiali, sono stati […]

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Tunisia: 12 arrestati legati all’attentato di Sousse

(Al-Bawaba). Le autorità tunisine hanno arrestato 12 persone sospettate di essere legate all’attacco terroristico di Sousse. Le forze dell’intelligence stanno continuando la ricerca di due uomini che hanno addestrato in un campo jihadista libico il colpevole dell’attacco nella spiaggia della località turistica tunisina, Seifeddine Rezgui, e gli attentatori Museo del Bardo. Trentotto turisti, cittadini per lo più […]

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Un museo sulla Nakba, per non uccidere la memoria

Di Alice Rothchild. Modoweiss (18/06/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Arrivato a Washington per lavorare a un master sulla trasformazione dei conflitti, Bshara Nassar si è subito reso conto che in città ci sono numerosi musei dedicati alla storia e alla cultura di popoli oppressi: il Museo Nazionale degli Indiani di America, il Museo dell’Olocausto, il Museo Laogai […]

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Turchia vieta i social media nelle scuole superiori

(Agenzie). Il ministero dell’Istruzione della Turchia ha emesso un divieto di utilizzo dei social media in tutte le scuole superiori turche. L’utilizzo e la condivisione di foto e filmati fatti e condivisi dall’interno delle scuole possono costare agli studenti un’azione disciplinare dal Consiglio della loro scuola. Lo ha riferito Hurriyet Daily News . Secondo quanto si legge, gli studenti che […]

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Egitto: adottati progetti di legge su anti-terrorismo ed elezioni

(Agenzie). Il governo egiziano ha approvato due progetti di legge, uno sulla lotta al terrorismo e uno sul processo elettorale, secondo quanto riferito dal ministero della Giustizia. Le autorità hanno dichiarato che la legge anti-terrorismo fornirà una “deterrenza equa e rapida” contro il terrorismo, aggiungendo inoltre che verranno adottate misure volte a bloccare l’arrivo di […]

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Qatar: cambio di rotta

Di Hussein Ibish. The New York Times (29/06/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti. E così, tra gli specialisti di politica estera è tornata di moda questa vecchia barzelletta: dopo il collasso dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda, il mondo ha scoperto con sorpresa che c’erano ancora due superpotenze, gli Stati Uniti e… […]

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Dubai ospiterà il primo edificio stampato in 3D

(Agenzie). Il ministero degli Affari del Governo degli Emirati Arabi Uniti ha annunciato che Dubai realizzerà il primo edificio al mondo stampato in 3D. Si tratterà di un edificio prototipo di un piano, con un’area di circa 185 mq e verrà realizzato stampando strato per strato con una stampante alta circa 20 piedi, come annunciato dal […]

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Egitto: due esplosioni sentite a Rafah

(Agenzie). Due esplosioni sono state sentite nella città di Rafah, al confine con la Striscia di Gaza, secondo quanto riferito da fonti della sicurezza e alcuni testimoni. Le ragioni delle esplosioni non sono ancora chiare. Il Sinai oggi è stato scosso da un’ondata di attacchi rivendicata dal gruppo affiliato da Daesh (ISIS) in Egitto a diversi […]

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Curdi siriani chiedono alla Turchia di non intervenire militarmente

(Agenzie). Il Partito dell’Unità Democratica, il principale partito curdo della Siria, ha messo in guardia la Turchia dall’intervenire militarmente in quanto minerebbe la pace internazionale e che le milizie curde sono pronte ad affrontare qualsiasi “aggressione”. “Un intervento militare nel Rojava avrebbe ripercussioni locali, regionali e internazionali e contribuirebbe a complicare la situazione politica in Siria […]

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Egitto: gruppo affiliato Daesh rivendica ondata di attacchi nel Sinai

(Agenzie). Un gruppo affiliato a Daesh (ISIS) che opera in Egitto ha rivendicato la responsabilità dell’ondata di attacchi ai diversi posti di blocco militari nella penisola del Sinai di oggi, nei quali sono morte decine di soldati. Gli attacchi arrivano a soli due giorni dall’attentato che è costato la vita al procuratore di Stato Hisham […]

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Le difficili condizioni della comunità LGBT in Turchia

Di Emre Deliveli. Hürriyet Daily News (29/06/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. “Velev ki ibneyim”, ovvero “Immagina che io sia un gay”: questo lo slogan della İstanbul Pride Week, che tradizionalmente culmina il 28 giugno sulla İstiklal Avenue. Un momento di rivendicazione dei diritti di LGBT, ma soprattutto un’occasione di emancipazione per l’intera società. Nondimeno, […]

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ONU: il mondo dovrebbe vergognarsi per la guerra in Siria

(Agenzie). Il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha detto Martedì che il mondo dovrebbe vergognarsi del fatto che tre anni dopo che le grandi potenze hanno approvato un progetto a Ginevra per portare la pace in Siria, la sofferenza della sua gente dilaga sempre più e il Paese è “sull’orlo di una caduta epocale”. Ban Ki-moon ha […]

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Yemen: gli Houthi uccidono civili ad Aden

(Agenzie). Milizie dei ribelli sciiti Houthi in Yemen hanno aperto il fuoco su un quartiere residenziale della città di Aden, uccidendo almeno 20 civili e ferendone più di 41. Le milizie Houthi e i loro alleati hanno preso di mira anche il distretto di Al-Mansura, lanciando 15 razzi Katyusha dalle loro postazioni nel quartiere di Dar Saad. Il lancio […]

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Baniyas, Nella fabbrica dei barili-bomba

(di Faruq Tayyibi, per Tamaddun. Traduzione dall’arabo di Claudia Avolio). Il barile-bomba − l’arma unica nel suo genere che le forze del regime hanno introdotto nell’arena del conflitto che imperversa nel […]

Baniyas, Nella fabbrica dei barili-bomba

(di Faruq Tayyibi, per Tamaddun. Traduzione dall’arabo di Claudia Avolio). Il barile-bomba − l’arma unica nel suo genere che le forze del regime hanno introdotto nell’arena del conflitto che imperversa nel […]

ONU: record di migranti nel Mediterraneo, oltre 137mila

(Naharnet). Un record di 137.000 persone hanno intrapreso il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo verso l’Europa nella prima metà del 2015, la maggior parte di loro in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni, hanno dichiarato le Nazioni Unite. “L’Europa sta vivendo una crisi di profughi di proporzioni storiche”, l’agenzia ONU per i rifugiati ha avvertito in un […]

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Daesh minaccia di rovesciare Hamas a Gaza

(Agenzie). Militanti di Daesh (ISIS) hanno minacciato di trasformare la Striscia di Gaza in un altro dei loro feudi in Medio Oriente, accusando Hamas, l’organizzazione che domina sul territorio palestinese, di non essere abbastanza severa circa l’applicazione delle leggi religiose. La dichiarazione video, rilasciata da una roccaforte Daesh in Siria, è una sfida pubblica rara per Hamas, che si oppone alle tregue con Israele […]

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Egitto: attacco a avamposto militare nel Sinai

(Agenzie).  Militanti islamici hanno attaccato diverse postazioni militari nella zona Nord del Sinai in Egitto, secondo quanto riferito da fonti della sicurezza e  da testimoni. Sarebbero 30 i soldati uccisi dallo scoppio di un autobomba, secondo fonti di sicurezza. Il Sinai del Nord è l’epicentro di una rivolta. I militanti hanno lanciato numerosi attacchi uccidendo […]

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Il revival islamista in Algeria

Di Dalia Ghanem-Yazbeck. Your Middle East (29/6/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo. Stando ai sondaggi e alle ultime consultazioni elettorali, i partiti islamici in Algeria sono in declino, a causa della loro incapacità, da un decennio a questa parte, di presentare un candidato seriamente eleggibile e, ancor più grave, di cavalcare l’onda del disagio sociale. […]

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Terza edizione per il “Prix de la littérature arabe”

Terza edizione per il premio letterario francese “Prix de la littérature arabe”, istituito congiuntamente nel 2013 dalla Fondation Jean-Luc Lagardère e l’Institut du monde arabe di Parigi, allo scopo di premiare la letteratura araba francofona e la letteratura araba tradotta in francese. Sette sono i titoli in gara quest’anno (tra parentesi l’editore francese e in maiuscolo … Continue reading Terza edizione per il “Prix de la littérature arabe”

Terza edizione per il “Prix de la littérature arabe”

Terza edizione per il premio letterario francese “Prix de la littérature arabe”, istituito congiuntamente nel 2013 dalla Fondation Jean-Luc Lagardère e l’Institut du monde arabe di Parigi, allo scopo di premiare la letteratura araba francofona e la letteratura araba tradotta in francese. Sette sono i titoli in gara quest’anno (tra parentesi l’editore francese e in maiuscolo … Continue reading Terza edizione per il “Prix de la littérature arabe”

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Terza edizione per il premio letterario francese “Prix de la littérature arabe”, istituito congiuntamente nel 2013 dalla Fondation Jean-Luc Lagardère e l’Institut du monde arabe di Parigi, allo scopo di premiare la letteratura araba francofona e la letteratura araba tradotta in francese. Sette sono i titoli in gara quest’anno (tra parentesi l’editore francese e in maiuscolo … Continue reading Terza edizione per il “Prix de la littérature arabe”