Giorno: 22 dicembre 2012

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

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[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

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Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
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Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Palestina in Biennale. Spunti di riflessione sull’arte come occupazione

Dust and Dispute
First published in Israel 2008,
Umm el Fahem Gallery Publishing.
[EXIBART] – Torna alla carica il germe “Occupy”, negli ultimi mesi vagamente passato inosservato. Lo annuncia la Palestina, che sfodera nomi e temi della sua partecipazione alla prossima Biennale di Venezia.
Al Hoash è un’organizzazione no-profit di Gerusalemme che ha nella sua mission lo sviluppo dell’arte come elemento per “elevare” la comunicazione, l’innovazione, la libera espressione e l’orgoglio nazionale.

Una piattaforma per la conoscenza della popolazione palestinese e per la volontà di esprimersi, esplorare, capire e rafforzare la propria identità, non solo culturale, attraverso la pratica visiva.

Ma perché vi stiamo raccontando tutto ciò? Perché Al Hoash sarà il promotore della partecipazione palestinese alla rassegna, e metterà in scena “Otherwise Occupied”, progetto curato da Bruce Ferguson con Rawan Sharaf, con la partecipazione degli artisti Bashir Makhoul e Aissa Deebi, che come molti coscritti, per poter riuscire a vivere, sono emigrati, mettendo in atto durante tutto il loro percorso poetico l’idea che, per avvicinarsi alla Palestina, sia necessario impegnarsi in nuovi modi di pensare o immaginare la nazione, fosse davvero necessario vivere a distanza dai suoi confini.

Bashir Makhoul: http://www.bashirmakhoul.com/
Aissa Deebi: http://www.aissadeebi.com/

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

Passion Rouge tunisina

Gihen

E’ stato pubblicato in formato e-book, come la fortunata graphic novel iraniana Zahra’s Paradise, e per il momento solo in italiano, “Passion Rouge II: La Terza Chiave” (58 pagine € 6,99), spy story a fumetti di una delle poche autrici arabe del genere, la tunisina Gihèn Ben Mahmoud, da 5 anni a Milano. Il volume è il secondo capitolo (il primo uscì nel 2008 in francese, anche in Tunisia) di una storia ambientata nella Tunisia del periodo post rivoluzione, e consumata tra intrighi internazionali, giochi di potere, mistero e, naturalmente, amore.
La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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La protagonista è una donna molto bella e sexy, Elyssa Haddad, vedova di un ex politico libanese e amministratore unico della più grande azienda farmaceutica del Medio Oriente. Insomma, in questo fumetto non ci sono supereroi ma a farla da padrona sono la gente e le strade delle metropoli arabe.
All’altrettanto bella e sexy autrice di questo fumetto, Gihè Ben Mahmoud, capelli corti e arruffati, occhi sempre disegnati da una riga di kajal, abbiamo chiesto che cosa non indosserebbe mai. Lei ci ha risposto: “Mai dire mai. Credo pero’ che sia il burqa. Lo considero una cosa che non ha niente a che fare con la religione musulmana”.

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