Anno: 2015

Auguri a Filippo Grandi!

Non è per stupido campanilismo. Se sono contenta per la nomina di Filippo Grandi ad Alto Commissario dell’Unhcr non è per campanilismo. Sì, è italiano, e ne sono orgogliosa. L’elemento che fa la differenza, però, è la qualità. Professionale, e in ugual misura umana. Ci vuole alta professionalità e profonda umanità per fare il suoRead more

Da musulmani immigrati a cittadini italiani: la sfida dell’integrazione e del dialogo

Nel quadro del “Progetto Minareti e Campanili”, la rivista Confronti organizza, i prossimi 13 e 14 novembre, un incontro dal titolo “Da musulmani immigrati a cittadini italiani: la sfida dell’integrazione e del dialogo”, mirato a mettere in luce i meccanismi di integrazione e inclusione sociale dei molti musulmani che vivono oggi in Italia. Tra i vari […]

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Turchia: cancellato festival del raki, scoppia la polemica

(Agenzie). Le autorità turche hanno cancellato il festival annuale dedicato al raki, tipica bevanda turca aromatizzata all’anice, in seguito alle lamentele di diversi gruppi islamici, causando una feroce polemica nel Paese. La manifestazione, il Festival Mondiale del Raki, doveva avere luogo i prossimi 12 e 13 dicembre nella città di Adana, che affaccia sul Mar Mediterraneo, […]

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Libano: sessione legislativa straordinaria in parlamento

(Agenzie). Il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, ha presieduto oggi, giovedì, una sessione legislativa straordinaria dell’assemblea per discutere e approvare diversi progetti di legge in tema di finanza. Inoltre, tutti i partiti presenti hanno concordato la creazione di una commissione incaricata di preparare un nuova legge elettorale. La riunione è stata possibile grazie al […]

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MUZZIKA ! Novembre 2015

MUZZIKA ! Novembre 2015  | babelmed | culture méditerranéenneIl libanese Bachar Mar Khalife canta il dolore dell’esilio nel suo disco “Ya Balad”, colonna sonora di tutti gli esìli… Natacha Atlas si rivela una meravigliosa cantante jazz, cosa che non stupisce, perché il jazz è, come lei, musica meticcia e libera! Buda Musique ci offre un viaggio indietro nel tempo, nell’Egitto degli anni ’20 e…

“Il Manuale del perfetto Dittatore” e la satira universale di Willis from Tunis

Directinfo (09/11/2015). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. La vignettista tunisina Nadia Khiari continua le sue prese in giro ad opera del suo personaggio felino “Willis From Tunis”, pubblicata sotto forma di un manuale di 138 pagine intitolato “Le Manuel du Parfait Dictateur” (“Il Manuale del Perfetto Dittatore”) il cui contenuto può applicarsi a qualsiasi sistema […]

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Rogo di una famiglia palestinese e astuzie dello Shin Bet

mcc43 I Fatti  Notte del 31 luglio 2015: ignoti coloni ebrei appiccano il fuoco a una casa palestinese di Duma, Cisgiordania. Ali Dawabsheh, 18 mesi, è arso dalle fiamme, padre e madre muoiono nei giorni seguenti, sopravvive orrendamente ustionato Ahmad, quattro anni. L’indomani, il ministro israeliano della difesa Moshe’ Yaalon arresta Meir Ettinger e altri due giovani […]

Tunisia ospita Conferenza Internazionale Turismo e Media della UNTWO

(Agenzie). La Tunisia ospiterà, oggi e domani (12 e 13 novembre), la quarta edizione della Conferenza Internazionale sul Turismo e i Media dell’Organizzazione Mondiale per il Turismo (UNWTO). L’iniziativa, realizzata con il sostegno di CNN International, ha lo scopo di favorire la connessione tra le autorità turistiche e la comunità mediatica e di discutere nuove modalità di […]

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#NoAllMalePanels: donne musulmane americane vogliono cambiamento

(Agenzie). Un gruppo di donne musulmane negli Stati Uniti hanno istigato una Tweetstorm chiedendo una maggiore rappresentanza delle donne a parlare nei panel a conferenze, seminari ed eventi in cui si parla di musulmani. L’hashtag di Twitter #noallmalepanels, che ha iniziato all’inizio di questo mese, ha già ispirato un lungo dibattito online e ha portato anche un […]

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Sayada, Tunisia: le strane dimissioni di un sindaco innovativo

Armel Le Coz e Romain Slitine A seguito delle dimissioni del sindaco di Sayada, Lotfi Farhan, un tunisino estremamente impegnato nella transizione democratica e la cui esperienza municipale è servita da modello per i membri dell’Assemblea Costituente, Armel Le Coz1 e Romain Slitine,2 dell’associazione Démocratie Ouverte si domandano: “Quello che è appena successo a Sayada è il segno di una rimessa in discussione […]

Iraq: curdi e yazidi lanciano operazione per liberare Sinjar

(Agenzie). Le forze curde, a fianco di diverse unità militari yazidi, hanno lanciato un’operazione per la liberazione del villaggio di Sinjar controllato da Daesh (ISIS), nell’Iraq settentrionale. L’operazione, chiamata appunto “Liberare Sinjar”, mira a interrompere le strade intorno al villaggio utilizzate da Daesh per approvvigionarsi e mettersi in collegamento con Raqqa e Mosul. Negli ultimi […]

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Iran raddoppierà esportazioni gas in Iraq

(Agenzie). L’Iran raddoppierà le esportazioni di gas verso il vicino Iraq dal 2017 in base a un contratto firmato ieri, mercoledì 11 novembre. All’accordo di inviare da 20 a 35 milioni di metri cubi di gas al giorno per la città irachena meridionale di Bassora, segue un altro primo importante contratto tra i due Paesi per esportare […]

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Iran e Russia: non sono così allineati sulla Siria

Di Saheb Sadeghi. Al-Monitor (10/11/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi. Iran e Russia sono uniti da obiettivi comuni ed immediati in Siria, cosa che probabilmente varrà anche nel lungo termine in funzione anti-occidentale. Tuttavia, differenze tra Teheran e Mosca su alcuni aspetti del futuro della Siria, come la natura del governo e la ricostruzione […]

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Myanmar, il tempo del negoziato

Mentre anche il presidente in carica Thein Sein ammette apertamente la sconfitta congratulandosi ufficialmente con Aung San Suu Kyi, il futuro premier birmano prende carta e penna e gli scrive una lettera che manda anche al capo delle Forze armate Min Aung Hlaing e allo speaker uscente del parlamento Shwe Mann (un ex generale dello stesso partito di Sein). Invita insomma a sedere a uno stesso tavolo i tre protagonisti politici del Myanmar – tutti militari – per discutere del futuro. La risposta ancora non c’è ma le congratulazioni di Thein Sein, il generale che potrebbe passare alla Storia come l’uomo che ha garantito la transizione, parlano chiaro sebbene il suo portavoce abbia chiarito che l’agenda si discuterà solo dopo i risultati: Sein, dicono alla Lega, avrebbe promesso un trasferimento pacifico del potere e, nel messaggio ricevuto dal ministro dell’Informazione Ye Htut a nome del presidente, Thein Sein si sarebbe congratulato con la Nobel e la Lega per il risultato. Un risultato, che a parte le contestazioni di regola su chi avesse più o meno diritto a presentarsi, per ora non ha registrato che plausi: dagli osservatori europei e dalla Fondazione Carter, capitanata da Jason, primogenito dell’ex presidente americano. Le congratulazioni dei vari leader e governi stanno arrivando puntali.

In effetti la vittoria è macroscopica. Con la conta dei voti ancora a metà delle schede, la Bbc valuta che la Lega di Suu Kyi abbia ottenuto il 90% dei voti. Irrawaddy, il giornale online dell’opposizione storica al regime militare (seppur da anni ormai in abiti civili) attribuiva ieri sera alla Lnd 179 seggi alla Camera bassa (dove ne aveva 38) con una rappresentanza del 47%. Secondi sono i militari che hanno 110 seggi per default su 440 garantiti dalla Costituzione (25%); solo 17 seggi per ora al Partito di Thein Sein (3,9%). Alla Camera Alta la Lega ha per ora 77 dei 224 seggi (ne aveva…5), 56 i militari e solo 4 Thein Sein (ne aveva …122).


Non è la prima volta che Aung San Suu Kyi tenta un abboccamento ma prima, rilevano gli osservatori, la situazione parlamentare del suo Partito, boicottato in ogni modo alle passate tornate elettorali, era troppo fragile perché potessero anche solo darle ascolto. Adesso invece le posizioni di forza si sono ribaltate anche se la quota di militari nominati e i seggi comunque guadagnati dal Partito della solidarietà e Sviluppo di Sein conservano all’esercito un ruolo che resta importante. Se il voto resta costante i numeri potrebbero però dare alla Lega una maggioranza schiacciante che l’ex opposizione valuta attorno al 70%: tanto, tantissimo e sufficiente a nominare il premier ed esprimere la candidatura a presidente (carica che al momento Suu Kyi non può rivestire) ma non abbastanza per cambiare la Costituzione perché gli emendamenti alla Carta suprema richiedono oltre il 75% dei parlamentari. Solo un negoziato coi militari e i partiti minori dunque – ciò che la Nobel intende fare – potrebbe aprire la strada a una riforma della Carta per togliere il veto che grava sul candidato presidente se è sposato con uno straniero (suo marito era un professore britannico morto alcuni anni fa da cui ha avuto due figli ).

Negoziare dunque come per altro la Lega e la sua leader hanno sempre cercato di fare: non più tardi di qualche mese, in settembre, la Lega pubblicò sul suo sito internet un messaggio video di Aung San Suu Kyi in cui la Nobel faceva mostra di considerare con tutte le attenzioni Tatmadaw, le Forze armate birmane, un esercito che utilizza oltre due miliardi di dollari del budget nazionale e formato da 350mila soldati in gran parte volontari (teoricamente perché la coscrizione può esser resa obbligatoria).

Negoziare dunque e con prudenza: la Lega nazionale per la democrazia ha esortato i suoi sostenitori a evitare grandi celebrazioni almeno fino ai risultati definitivi che la Commissione elettorale rilascia col contagocce. Troppo entusiasmo, dicono alla Lnd, sarebbe rischioso. Non è un caso se in un’intervista alla Bbc martedì scorso – due giorni dopo il voto – Suu Kyi ha detto che il voto è stato libero (free) ma non equo (fair): ci sono state «intimidazioni». Il passato non è ancora passato.

Myanmar, il tempo del negoziato

Mentre anche il presidente in carica Thein Sein ammette apertamente la sconfitta congratulandosi ufficialmente con Aung San Suu Kyi, il futuro premier birmano prende carta e penna e gli scrive una lettera che manda anche al capo delle Forze armate Min Aung Hlaing e allo speaker uscente del parlamento Shwe Mann (un ex generale dello stesso partito di Sein). Invita insomma a sedere a uno stesso tavolo i tre protagonisti politici del Myanmar – tutti militari – per discutere del futuro. La risposta ancora non c’è ma le congratulazioni di Thein Sein, il generale che potrebbe passare alla Storia come l’uomo che ha garantito la transizione, parlano chiaro sebbene il suo portavoce abbia chiarito che l’agenda si discuterà solo dopo i risultati: Sein, dicono alla Lega, avrebbe promesso un trasferimento pacifico del potere e, nel messaggio ricevuto dal ministro dell’Informazione Ye Htut a nome del presidente, Thein Sein si sarebbe congratulato con la Nobel e la Lega per il risultato. Un risultato, che a parte le contestazioni di regola su chi avesse più o meno diritto a presentarsi, per ora non ha registrato che plausi: dagli osservatori europei e dalla Fondazione Carter, capitanata da Jason, primogenito dell’ex presidente americano. Le congratulazioni dei vari leader e governi stanno arrivando puntali.

In effetti la vittoria è macroscopica. Con la conta dei voti ancora a metà delle schede, la Bbc valuta che la Lega di Suu Kyi abbia ottenuto il 90% dei voti. Irrawaddy, il giornale online dell’opposizione storica al regime militare (seppur da anni ormai in abiti civili) attribuiva ieri sera alla Lnd 179 seggi alla Camera bassa (dove ne aveva 38) con una rappresentanza del 47%. Secondi sono i militari che hanno 110 seggi per default su 440 garantiti dalla Costituzione (25%); solo 17 seggi per ora al Partito di Thein Sein (3,9%). Alla Camera Alta la Lega ha per ora 77 dei 224 seggi (ne aveva…5), 56 i militari e solo 4 Thein Sein (ne aveva …122).

Non è la prima volta che Aung San Suu Kyi tenta un abboccamento ma prima, rilevano gli osservatori, la situazione parlamentare del suo Partito, boicottato in ogni modo alle passate tornate elettorali, era troppo fragile perché potessero anche solo darle ascolto. Adesso invece le posizioni di forza si sono ribaltate anche se la quota di militari nominati e i seggi comunque guadagnati dal Partito della solidarietà e Sviluppo di Sein conservano all’esercito un ruolo che resta importante. Se il voto resta costante i numeri potrebbero però dare alla Lega una maggioranza schiacciante che l’ex opposizione valuta attorno al 70%: tanto, tantissimo e sufficiente a nominare il premier ed esprimere la candidatura a presidente (carica che al momento Suu Kyi non può rivestire) ma non abbastanza per cambiare la Costituzione perché gli emendamenti alla Carta suprema richiedono oltre il 75% dei parlamentari. Solo un negoziato coi militari e i partiti minori dunque – ciò che la Nobel intende fare – potrebbe aprire la strada a una riforma della Carta per togliere il veto che grava sul candidato presidente se è sposato con uno straniero (suo marito era un professore britannico morto alcuni anni fa da cui ha avuto due figli ).

Negoziare dunque come per altro la Lega e la sua leader hanno sempre cercato di fare: non più tardi di qualche mese, in settembre, la Lega pubblicò sul suo sito internet un messaggio video di Aung San Suu Kyi in cui la Nobel faceva mostra di considerare con tutte le attenzioni Tatmadaw, le Forze armate birmane, un esercito che utilizza oltre due miliardi di dollari del budget nazionale e formato da 350mila soldati in gran parte volontari (teoricamente perché la coscrizione può esser resa obbligatoria).

Negoziare dunque e con prudenza: la Lega nazionale per la democrazia ha esortato i suoi sostenitori a evitare grandi celebrazioni almeno fino ai risultati definitivi che la Commissione elettorale rilascia col contagocce. Troppo entusiasmo, dicono alla Lnd, sarebbe rischioso. Non è un caso se in un’intervista alla Bbc martedì scorso – due giorni dopo il voto – Suu Kyi ha detto che il voto è stato libero (free) ma non equo (fair): ci sono state «intimidazioni». Il passato non è ancora passato.

“Suffragette” apre il 33° Torino Film Festival

torino 110A Torino dal 20 al 28 novembre 2015 con cinquanta anteprime mondiali. Quindici i film in concorso, di cui quattro italiani. Omaggio a Orson Welles a trent’anni dalla morte, protagonista del manifesto. Guest director è il regista Julien Temple. Madrina, l’eclettica attrice Chiara Francini. 

Siria: opposizioni contrarie a progetto di pace russo

Esponenti dell’opposizione siriana e commentatori del Golfo hanno respinto il progetto di proposta russa per un processo di pace in Siria, dichiarando che l’obiettivo di Mosca è stato quello di mantenere il presidente Bashar Assad al potere e marginalizzare le voci dissenzienti. La Russia, che con l’Iran è il più importante alleato di Assad , ha negato l’esistenza […]

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Egitto: al via il Cairo International Film Festival

(Agenzie). Al via quest’oggi , 11 novembre, la 37^ edizione del Cairo International Film Festival (CIFF) edizione che per la prima volta nella storia della manifestazione vede al posto di comando una donna, la direttrice Magda Wassef. Cancellato nel 2011 e di nuovo nel 2013 a causa della instabile situazione politica del paese, vi erano molti dubbi […]

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Migration Influxes and European Compassion: How Long Do We Need to Wait for an Informed Sustainability? (by Estella Carpi, November 2015)

(Photo taken from France24) http://trendsinstitution.org/?p=1520 Over the last two months, everyone with internet access has surely come across the picture of Aylan Kurdi, the Syrian toddler drowned in Turkish waters on a beach of Bodrum last September 2.  It seems the photo of Aylan, along with waves of refugees trying to cross to Eastern Europe […]

“Viaggio al termine dell’Islam” di Michael Muhammad Knight

Potremmo definirlo una sorta di diario religioso l’originale libro autobiografico scritto da Michael Muhammad Knight, newyorkese convertitosi all’Islam grazie alla lettura dei testi di Malcom X. Il libro racconta il suo viaggio-pellegrinaggio che dagli USA lo porta fino alla Mecca, attraversando il Pakistan, la Siria, l’Egitto e l’Etiopia. L’elemento sorprendente di questa opera sta nell’approccio […]

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Marocco: Forum MEDays sul Mediterraneo a Tangeri

(Agenzie). Il Forum Internazionale MEDays venne istituito nel 2008 e ospitato dalla città di Tangeri, porta del Marocco sull’Europa e sul Mediterraneo. Dopo il successo delle sue prime sette edizioni, il Forum MEDays si considera oggi come un incontro strategico a livello globale sia per il settore politico che economico, una piattaforma ideale per rafforzare le relazioni tra il Nord […]

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Russia propone nuova costituzione per la Siria

(Agenzie). La Russia ha fatto circolare un documento per porre fine ai quasi cinque anni di conflitto siriano, con la stesura di una nuova costituzione valida per un periodo transitorio di 18 mesi, che dovrebbe portare al referendum popolare e alle elezioni presidenziali anticipate. Il documento, ottenuto dalla Associated Press, non fa menzione delle eventuali dimissioni del presidente siriano […]

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Novità editoriali: “Islam, religione e politica” di Francesca Corrao

Esce il 12 novembre il saggio “Islam, religione e politica” di Francesca Corrao, docente di Lingua e Cultura Araba presso l’università LUISS di Roma. L’opera cerca di mettere chiarezza sulle tante ombre ormai associate all’Islam, parola che, per l’opinione pubblica, si collega a concetti come terrorismo e, solo per ultimo, Stato islamico. Il percorso intrapreso […]

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Tutti gli scenari del dopo voto birmano

Anche se bisognerà aspettare ancora diversi giorni per conoscere i risultati definitivi, la vittoria a grandi numeri per la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi è ormai una certezza. Ma una certezza non definitiva e dunque non priva di rischi. Anche se gli osservatori della Ue hanno confermato che i seggi elettorali birmani sono stati gestiti con correttezza, non hanno ad esempio potuto visitare quelli nelle caserme e la Lega stessa, per bocca del suo portavoce Win Htien, teme qualche colpo di coda: «La Commissione elettorale rilascia intenzionalmente i risultati col contagocce – ha detto ai reporter – e forse sta covando l’idea di qualche trucco o qualcosa di simile: non c’è infatti nessun senso nel dare i risultati un po’ alla volta. Non dovrebbe essere così». I risultati un po’ alla volta finiscono anche col ridimensionare qualche aspettativa creando così l’idea che i militari, che comunque per legge hanno diritto al 25% dei seggi delle due Camere, possano alla fine far girare i risultati a loro piacimento.

Irrawaddy, uno dei più noti siti d’opposizione (clandestino durante il regime militare) prova a fare due conti: secondo la Lega, il partito di Aung San Suu Kyi avrebbe in mano almeno 380 seggi nei due rami del parlamento (su 433 seggi alla Camera Bassa e 224 nell’Alta) il che le consegnerebbe la maggioranza. I militari ne hanno 166 ma sul totale degli scranni in parlamento (657) ne bastano comunque 329 per poter contare tanto da esprimere il premier, e i due candidati (uno per Camera) sia alla presidenza sia alla vice presidenza: quella della presidenza è una poltrona che in Birmania conta più di quella del primo ministro ed è fondamentale per formare il governo. E qui si entra nel campo delle speculazioni: la prima è che la Lega dovrebbe scegliere un altro candidato che non la sua leader visto che la Nobel ha tutte le carte in regola ma non quelle formali perché è stata sposata con uno straniero e stranieri sono i suoi figli, clausola studiata apposta per sbarrarle la strada. Ma Suu Kyi come primo ministro potrebbe anche cercare un accordo coi militari (come fa capire nel video postato sul sito della Lega già il 22 settembre scorso e come ha detto stamane chiedendo un incontro con Tatmadaw) e altri partiti per arrivare a cambiare la Costituzione, cosa non molto facile perché serve una maggioranza che la Lega da sola non può raggiungere visto che è necessario avere il 75% più uno dei voti dell’intero parlamento. Altro scenario è che si negozi un candidato terzo che vada bene ai militari e alla Lega prendendo tempo. Insomma, scenari apertissimi e sempre che tutto fili liscio.

Gli analisti birmani suggeriscono comunque anche un altro scenario: quello in cui i militari non solo resterebbero nelle loro baracche ma si laverebbero le mani della questione governo purché a loro siano riservati i ministeri chiave di Difesa e Interno, senza contare che tutte le leve dell’economia sono in loro potere. Un governo di facciata insomma, tanto per evitare sanzioni e salvare la faccia davanti al mondo. Continuando a guidare il Paese dal backstage.

* Nel video della Lnd, Aung San Suu Kyi  parla della possibile collaborazione tra la Lega e Tatmadaw, le Forze armate. Postato in settembre

Tutti gli scenari del dopo voto birmano

Anche se bisognerà aspettare ancora diversi giorni per conoscere i risultati definitivi, la vittoria a grandi numeri per la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi è ormai una certezza. Ma una certezza non definitiva e dunque non priva di rischi. Anche se gli osservatori della Ue hanno confermato che i seggi elettorali birmani sono stati gestiti con correttezza, non hanno ad esempio potuto visitare quelli nelle caserme e la Lega stessa, per bocca del suo portavoce Win Htien, teme qualche colpo di coda: «La Commissione elettorale rilascia intenzionalmente i risultati col contagocce – ha detto ai reporter – e forse sta covando l’idea di qualche trucco o qualcosa di simile: non c’è infatti nessun senso nel dare i risultati un po’ alla volta. Non dovrebbe essere così». I risultati un po’ alla volta finiscono anche col ridimensionare qualche aspettativa creando così l’idea che i militari, che comunque per legge hanno diritto al 25% dei seggi delle due Camere, possano alla fine far girare i risultati a loro piacimento.

Irrawaddy, uno dei più noti siti d’opposizione (clandestino durante il regime militare) prova a fare due conti: secondo la Lega, il partito di Aung San Suu Kyi avrebbe in mano almeno 380 seggi nei due rami del parlamento (su 433 seggi alla Camera Bassa e 224 nell’Alta) il che le consegnerebbe la maggioranza. I militari ne hanno 166 ma sul totale degli scranni in parlamento (657) ne bastano comunque 329 per poter contare tanto da esprimere il premier, e i due candidati (uno per Camera) sia alla presidenza sia alla vice presidenza: quella della presidenza è una poltrona che in Birmania conta più di quella del primo ministro ed è fondamentale per formare il governo. E qui si entra nel campo delle speculazioni: la prima è che la Lega dovrebbe scegliere un altro candidato che non la sua leader visto che la Nobel ha tutte le carte in regola ma non quelle formali perché è stata sposata con uno straniero e stranieri sono i suoi figli, clausola studiata apposta per sbarrarle la strada. Ma Suu Kyi come primo ministro potrebbe anche cercare un accordo coi militari (come fa capire nel video postato sul sito della Lega già il 22 settembre scorso e come ha detto stamane chiedendo un incontro con Tatmadaw) e altri partiti per arrivare a cambiare la Costituzione, cosa non molto facile perché serve una maggioranza che la Lega da sola non può raggiungere visto che è necessario avere il 75% più uno dei voti dell’intero parlamento. Altro scenario è che si negozi un candidato terzo che vada bene ai militari e alla Lega prendendo tempo. Insomma, scenari apertissimi e sempre che tutto fili liscio.

Gli analisti birmani suggeriscono comunque anche un altro scenario: quello in cui i militari non solo resterebbero nelle loro baracche ma si laverebbero le mani della questione governo purché a loro siano riservati i ministeri chiave di Difesa e Interno, senza contare che tutte le leve dell’economia sono in loro potere. Un governo di facciata insomma, tanto per evitare sanzioni e salvare la faccia davanti al mondo. Continuando a guidare il Paese dal backstage.

* Nel video della Lnd, Aung San Suu Kyi  parla della possibile collaborazione tra la Lega e Tatmadaw, le Forze armate. Postato in settembre

L’Afghanistan e il sogno europeo

Di Silvia Ayuso. El País (09/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Alle cinque di mattina, Kabul è una città fantasma che piano piano di risveglia. Le sue strade, che in poche ore si trasformeranno in una giungla, sono ancora vuote e scure, dato che il sole non ha ancora fatto capolino dalle montagne che circondano la […]

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Regione MENA registra i più bassi livelli di conoscenza dell’inglese

(Agenzie). Secondo un rapporto recentemente diffuso dalla Education First (EF), il MENA è l’unica regione al mondo a vivere un declino nella conoscenza della lingua inglese. Fatta eccezione per gli Emirati Arabi Uniti – che comunque si classificano nella fascia di “bassa conoscenza dell’inglese” – la maggior parte dei Paesi della regione finiscono in fondo […]

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Alessandria d’Egitto: l’eredità obsoleta

Di Samar Zarée. Ahram Hebdo (04-11-2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. “Stiamo assistendo a un vero e proprio peggioramento della città di Alessandria: il crollo continuo di edifici storici e l’aumento delle costruzioni abusive porterà presto ad una vera catastrofe.” Queste le parole dell’archeologo Ahmad Abdel-Fattah, che lancia un appello per salvare questa […]

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#TrueTunisia: per far scoprire la Tunisia agli europei (video)

(Al Huffington Post Maghreb). Su YouTube, la campagna #TrueTunisia è in pieno svolgimento. Da un’idea originale dell’Ufficio Nazionale del Turismo Tunisino (ONTT) attraverso il suo canale di YouTube “Discover Tunisia”, ci si affida a Deborah Geysen, giornalista, presentatrice ed esploratrice, per aiutarci a conoscere la Tunisia in 15 episodi che ci guidano passo passo alla scoperta di questo meraviglioso Paese. Attraverso questi video […]

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Siria: prossimi colloqui a Vienna sabato 14 novembre

(Agenzie). Il Segretario di Stato americano John Kerry si recherà a Vienna per un nuovo round di negoziati sul conflitto in Siria, che si terranno sabato prossimo, 14 novembre. I colloqui saranno la continuazione di un dialogo tra le 17 nazioni, insieme ai rappresentanti delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, per concordare un piano che ponga fine alla guerra […]

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Arabia Saudita: il Re incontra Matteo Renzi

(Agenzie). Il Re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz al-Saud, ha incontrato il Primo Ministro italiano Matteo Renzi a al-Yamamah Palace a Riyadh ieri, 9 novembre. Entrambi i leader hanno discusso delle relazioni bilaterali tra i due Paesi e dei modi per rafforzare ulteriormente i legami tra essi. Renzi ha sottolineato che il suo Paese ha dei rapporti strategici e […]

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Le due personalità del presidente Erdoğan

Di Khairallah Khairallah. Al-Arabiya (09/11/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Le ultime elezioni parlamentari in Turchia hanno registrato la vittoria del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), capeggiato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, e hanno permesso di analizzare la figura del presidente stesso. Quest’ultimo sembra racchiudere due personalità in uno sol uomo. La […]

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Myanmar. Le vittoria della Lega e i generali

Lo spoglio delle schede in Myanmar sta consegnando la vittoria alla Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi. Con un’affluenza dell’80% e primi risultati molto confortanti, l’euforia si è impadronita dell’opposizione birmana che rischia finalmente di vedere coronato un sogno che sembrava impossibile. Sarebbero insomma suoi la maggior parte dei deputati eletti (correvano una novantina di partiti con un totale di 6mila candidati) e in alcuni casi – dicono fonti del partito – con una maggioranza praticamente assoluta: come nella capitale dove la Lnd avrebbe vinto addirittura 44 dei 45 seggi in palio mentre a livello nazionale, secondo le proiezioni dell’opposizione, la Lega potrebbe ottenere sino al 70% degli scranni parlamentari. Tutto comunque resta ancora da vedere e lo spoglio (50mila i seggi elettorali) richiede tempo. Un tempo che sembra infinito.

Il nuovo parlamento eletto dai birmani entrerà comunque in funzione solo in marzo. C’è dunque tempo per vedere come andrà a finire quella che al momento appare una svolta ma sulla quale resta l’ombra lunga dei militari. Militari che governano dal 1962 quando rovesciarono il governo di U Nu restando da allora, sotto svariate forme, la casta con in mano le leve del potere politico e dell’economia. Da sempre in sostanza i generali birmani – riformisti o reazionari – hanno prodotto la leadership del Paese, dai dittatori della vecchia guardia come Ne Win al loro ultimo rampollo progressista, il generale Thein Sein, un uomo che ha smesso la divisa nel 2010 passando da primo ministro a interim a capo di un organismo civile seppur appoggiato dai militari (il Partito della solidarietà e dello sviluppo) grazie al quale, nel 2011, è diventato poi presidente della repubblica. Non va dimenticato che Thein Sein, che nel 2007 aveva sostituito il generale malato Soe Win su mandato di Than Shwe, il capo della famigerata giunta militare nota col nome di Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (Slorc), è comunque un uomo della casta anche se si deve a lui il processo di riforma che ha condotto alle elezioni attuali.

Nel 2008, a buon conto, il suo governo ha promosso un referendum costituzionale – tenutosi in
un’atmosfera di intimidazione e broglio diffuso – con cui i militari si sono garantiti principalmente due cose: un controllo del parlamento e l’impossibilità per Aung San Suu Kyi di diventare presidente, anche se nel 2010 la Nobel è poi stata liberata dal regime di arresti domiciliari che la obbligava a una residenza forzata nella sua casa di Yangoon. Come? La legge stabilisce che non può essere presidente del Myanmar chi abbia sposato uno straniero o i cui figli lo siano: Suu Kyi aveva un marito britannico e ha due figli col passaporto del Regno unito. Quanto al controllo sul parlamento, i militari si sono garantiti per Costituzione 56 seggi dei 224 (ossia il 25%) alla Camera alta o Camera delle nazionalità (Amyotha Hluttaw). Alla Camera bassa invece( Pyithu Hluttaw), i rappresentanti dell’esercito – che non vengono eletti ma nominati – hanno diritto a 110 seggi su 440 (sempre il 25%). Un peso in grado di determinare le maggioranze anche se questa volta potrebbe non essere così. E qui sta il punto.

Il simbolo delle Forze armate birmane (Tatmadaw)

Ma qual è il contesto e la cornice storica in cui si muovono i militari birmani e cosa dunque è lecito aspettarsi? Nel Sudest asiatico, e per certi versi in quasi tutta l’Asia, i militari hanno sempre avuto e hanno un ruolo determinante fatte rare eccezioni (come il Giappone o l’India, dove comunque il peso politico delle Forze armate è, seppur indiretto, molto importante). Dal Pakistan all’Indonesia, passando per la Thailandia, i militari hanno dettato legge per anni e in alcuni casi ancora lo fanno attraverso dittature più o meno mascherate tra cui quella di Bangkok è il caso più eclatante. Se non c’è una giunta militare c’è spesso il partito unico (Vietnam, Laos, Cina, Nord Corea) o governi “democratici” che si reggono, come in Cambogia, su un esercito sempre pronto a servire il premier. Nel Sudest asiatico, con la sola eccezione della Malaysia e delle Filippine o di piccoli staterelli come Timor Est, Singapore e Brunei, i militari son sempre stati onnipresenti: hanno in alcuni casi fatto notevoli passi indietro (l’Indonesia aveva una legge “birmana” che consentiva all’esercito di dominare il parlamento, ora non più) ma in altri (la Thailandia) sono tornati prepotentemente in scena per sistemare le cose (con l’accordo della casa reale).

Suharto, generale e presidente

Il passato recente è pieno di uomini in divisa, appoggio fondamentale per il dittatore di turno. I casi più noti sono le Filippine di Marcos (un civile) e l’Indonesia di Suharto (un generale). Le Filippine si sono avviate con difficoltà sulla strada di governi civili e democratici (anche se scontano un peso forte dei militari a cui la guerra civile nel Sud regala un ruolo di primo piano). L’Indonesia ha teoricamente chiuso quella stagione, conclusasi con l’uscita di scena di Suharto che però fu dimissionato – pur sulla scia di manifestazioni di piazza – dai suoi stessi commilitoni. E comunque ancora oggi, che pure comanda un governo civile, non si può ancora parlare del 1965, quando i generali sollevarono Sukarno e presero il potere per trent’anni e facendo piazza pulita di ogni opposizione. Una pulizia che costò la vita, nelle stime più blande, a mezzo milione di persone e una storia che oggi è ancora un tabù.

Myanmar. Le vittoria della Lega e i generali

Lo spoglio delle schede in Myanmar sta consegnando la vittoria alla Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi. Con un’affluenza dell’80% e primi risultati molto confortanti, l’euforia si è impadronita dell’opposizione birmana che rischia finalmente di vedere coronato un sogno che sembrava impossibile. Sarebbero insomma suoi la maggior parte dei deputati eletti (correvano una novantina di partiti con un totale di 6mila candidati) e in alcuni casi – dicono fonti del partito – con una maggioranza praticamente assoluta: come nella capitale dove la Lnd avrebbe vinto addirittura 44 dei 45 seggi in palio mentre a livello nazionale, secondo le proiezioni dell’opposizione, la Lega potrebbe ottenere sino al 70% degli scranni parlamentari. Tutto comunque resta ancora da vedere e lo spoglio (50mila i seggi elettorali) richiede tempo. Un tempo che sembra infinito.

Il nuovo parlamento eletto dai birmani entrerà comunque in funzione solo in marzo. C’è dunque tempo per vedere come andrà a finire quella che al momento appare una svolta ma sulla quale resta l’ombra lunga dei militari. Militari che governano dal 1962 quando rovesciarono il governo di U Nu restando da allora, sotto svariate forme, la casta con in mano le leve del potere politico e dell’economia. Da sempre in sostanza i generali birmani – riformisti o reazionari – hanno prodotto la leadership del Paese, dai dittatori della vecchia guardia come Ne Win al loro ultimo rampollo progressista, il generale Thein Sein, un uomo che ha smesso la divisa nel 2010 passando da primo ministro a interim a capo di un organismo civile seppur appoggiato dai militari (il Partito della solidarietà e dello sviluppo) grazie al quale, nel 2011, è diventato poi presidente della repubblica. Non va dimenticato che Thein Sein, che nel 2007 aveva sostituito il generale malato Soe Win su mandato di Than Shwe, il capo della famigerata giunta militare nota col nome di Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (Slorc), è comunque un uomo della casta anche se si deve a lui il processo di riforma che ha condotto alle elezioni attuali.

Nel 2008, a buon conto, il suo governo ha promosso un referendum costituzionale – tenutosi in
un’atmosfera di intimidazione e broglio diffuso – con cui i militari si sono garantiti principalmente due cose: un controllo del parlamento e l’impossibilità per Aung San Suu Kyi di diventare presidente, anche se nel 2010 la Nobel è poi stata liberata dal regime di arresti domiciliari che la obbligava a una residenza forzata nella sua casa di Yangoon. Come? La legge stabilisce che non può essere presidente del Myanmar chi abbia sposato uno straniero o i cui figli lo siano: Suu Kyi aveva un marito britannico e ha due figli col passaporto del Regno unito. Quanto al controllo sul parlamento, i militari si sono garantiti per Costituzione 56 seggi dei 224 (ossia il 25%) alla Camera alta o Camera delle nazionalità (Amyotha Hluttaw). Alla Camera bassa invece( Pyithu Hluttaw), i rappresentanti dell’esercito – che non vengono eletti ma nominati – hanno diritto a 110 seggi su 440 (sempre il 25%). Un peso in grado di determinare le maggioranze anche se questa volta potrebbe non essere così. E qui sta il punto.

Il simbolo delle Forze armate birmane (Tatmadaw)

Ma qual è il contesto e la cornice storica in cui si muovono i militari birmani e cosa dunque è lecito aspettarsi? Nel Sudest asiatico, e per certi versi in quasi tutta l’Asia, i militari hanno sempre avuto e hanno un ruolo determinante fatte rare eccezioni (come il Giappone o l’India, dove comunque il peso politico delle Forze armate è, seppur indiretto, molto importante). Dal Pakistan all’Indonesia, passando per la Thailandia, i militari hanno dettato legge per anni e in alcuni casi ancora lo fanno attraverso dittature più o meno mascherate tra cui quella di Bangkok è il caso più eclatante. Se non c’è una giunta militare c’è spesso il partito unico (Vietnam, Laos, Cina, Nord Corea) o governi “democratici” che si reggono, come in Cambogia, su un esercito sempre pronto a servire il premier. Nel Sudest asiatico, con la sola eccezione della Malaysia e delle Filippine o di piccoli staterelli come Timor Est, Singapore e Brunei, i militari son sempre stati onnipresenti: hanno in alcuni casi fatto notevoli passi indietro (l’Indonesia aveva una legge “birmana” che consentiva all’esercito di dominare il parlamento, ora non più) ma in altri (la Thailandia) sono tornati prepotentemente in scena per sistemare le cose (con l’accordo della casa reale).

Suharto, generale e presidente

Il passato recente è pieno di uomini in divisa, appoggio fondamentale per il dittatore di turno. I casi più noti sono le Filippine di Marcos (un civile) e l’Indonesia di Suharto (un generale). Le Filippine si sono avviate con difficoltà sulla strada di governi civili e democratici (anche se scontano un peso forte dei militari a cui la guerra civile nel Sud regala un ruolo di primo piano). L’Indonesia ha teoricamente chiuso quella stagione, conclusasi con l’uscita di scena di Suharto che però fu dimissionato – pur sulla scia di manifestazioni di piazza – dai suoi stessi commilitoni. E comunque ancora oggi, che pure comanda un governo civile, non si può ancora parlare del 1965, quando i generali sollevarono Sukarno e presero il potere per trent’anni e facendo piazza pulita di ogni opposizione. Una pulizia che costò la vita, nelle stime più blande, a mezzo milione di persone e una storia che oggi è ancora un tabù.

Egitto 2015: il lento inabissarsi del carisma di Sisi

mcc43 Anche la verità comincia leggera come un’auretta, poi via via diventa temporale. Febbraio, Giugno, Agosto, Novembre: macchie sul carisma del Feldmaresciallo    *** E’ il mese di FEBBRAIO: un leak di conversazioni telefoniche  rivela che il golpe condotto da Abdel-Fatah Al-Sisi nel 2013 contro il presidente Mohammed Morsi era voluto e con profusione finanziato […]

L’OLP lancia pagina Facebook in ebraico

(Agenzie). La scorsa settimana, il Comitato per l’Interazione con la Società Israeliana dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha lanciato una pagina Facebook in lingua ebraica intitolata “Palestina in ebraico”. La pagina ha lo scopo di attirare l’attenzione degli israeliani, esporre loro la causa palestinese e aumentare la loro consapevolezza sulla situazione nei territori occupati, […]

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Il movimento delle generazioni in Palestina

Di Elias Sahab. As-Safir (07/11/2015). Traduzione e sinstesi di Federico Seibusi. Non c’è dubbio che ci siano delle similitudini fra ciò che hanno fatto gli europei in Palestina a seguito delle Crociate e la presenza dello Stato israeliano nel ventesimo e ventunesimo secolo, nonostante si possa non credere, con queste analogie, che la storia si […]

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Russia-Iran: contratto per fornitura sistemi missilistici

(Agenzie). Russia e Iran hanno firmato un accordo per la fornitura di sistemi missilistici di terra e di aria da parte della Russia all’Iran. Lo avrebbe confermato Sergei Chemezov, direttore generale della Rostec Corporation, citato dall’agenzia di stampa RIA. “Il contratto per i missili di difesa aerea è già stato firmato” ha detto Chemezov al Dubai Airshow. […]

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Tunisia: Festival del Cinema di Cartagine 21-28 novembre

(Agenzie). La 26° edizione del Carthage Film Festival si svolgerà nella città tunisina tra il 21 e il 28 novembre prossimi. L’edizione di quest’anno è presieduta dal regista e produttore tunisino Ibrahim Letaief e mira ad “ancorare sempre di più il Festival nella sua terra arabo-africana, pur mantenendo l’apertura alla cinematografia mondiale”. Così si legge sul sito ufficiale del Festival. Il […]

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FMI: stati del Golfo devono adattarsi a calo prezzi petrolio

(Agenzie). Il Direttore Operativo del Fondo Monetario Internazionale (FMI) Christine Lagarde ha segnalato che i prezzi dell’energia globale potrebbero rimanere bassi per anni e ha esortato i paesi del Golfo ad adeguare i loro bilanci. Parlando nella capitale del Qatar, a Doha, dopo aver incontrato ministri e funzionari dei sei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), […]

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USA: Obama e Netanyahu si incontrano

(Agenzie). Il presidente USA Barack Obama e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si incontrano oggi, lunedì 9 novembre, per la prima volta da quando il leader israeliano ha perso la sua battaglia contro l’accordo nucleare iraniano.  Netanyahu, che fece infuriare la Casa Bianca sollecitando il Congresso statunitense durante un discorso a marzo a boicottare un accordo con […]

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I pericoli del secolarismo in Medio Oriente

Di Yasmine Bahrani. The Washington Post (6/11/2015). Traduzione e sintesi di Alice Bondì. Recentemente a Vienna, il segretario di Stato americano, John Kerry, e i suoi omologhi dell’Iran, della Arabia Saudita e di più di un dozzina di altri paesi, hanno annunciato il loro sostegno per una Siria unita e secolare. “L’unità della Siria, la sua […]

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Egitto, scrittura e censura: il caso contro Ahmed Nagy

Ahmed Nagy, giovane e promettente scrittore egiziano, tra pochi giorni dovrà andare in tribunale a difendere il suo romanzo, Istikhdam al-Hayat (L’uso della vita), il cui capitolo sesto (che trovate online qui) avrebbe offeso la morale per il suo “contenuto sessuale osceno”. In questo capitolo si racconta di una serata in cui il protagonista beve … Continua a leggere Egitto, scrittura e censura: il caso contro Ahmed Nagy

Egitto, scrittura e censura: il caso contro Ahmed Nagy

Ahmed Nagy, giovane e promettente scrittore egiziano, tra pochi giorni dovrà andare in tribunale a difendere il suo romanzo, Istikhdam al-Hayat (L’uso della vita), il cui capitolo sesto (che trovate online qui) avrebbe offeso la morale per il suo “contenuto sessuale osceno”. In questo capitolo si racconta di una serata in cui il protagonista beve … Continua a leggere Egitto, scrittura e censura: il caso contro Ahmed Nagy

Iran, intervista a Keywan Karimi, regista condannato a 223 frustate e 6 anni di carcere

Intervista di Katia Cerratti In Iran si può essere arrestati anche solo per aver pensato di realizzare un’idea. Che si tratti di un giornalista, di un poeta o di un regista, non ha importanza, ciò che conta è che la sicurezza nazionale e la sacralità dell’Islam non vengano messi in pericolo e poiché la libertà […]

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Egitto: corte revoca ergastolo per guida Fratellanza Musulmana

(Agenzie). La corte di cassazione egiziana ha revocato la condanna all’ergastolo imposta alla guida suprema della Fratellanza Musulmana, Mohamed Badie. Insieme al leader, anche altri 8 membri del movimento si sono visti revocare l’ergastolo. Badie era stato condannato nel settembre 2014 per il presunto coinvolgimento negli scontri che seguirono la deposizione del presidente Mohamed Morsi […]

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Tunisia: in centinaia manifestano per la Palestina

(Agenzie). Centinaia di tunisini, tra cui anche figure politiche, si sono riuniti a Tunisi per una manifestazione indetta dal partito islamista Ennahda a sostegno della “rivolta” palestinese contro Israele. I manifestanti si sono radunati in Avenue Bourguiba, arteria principale del centro della capitale, brandendo bandiere della Palestina e della Tunisia. Sahbi Atig, parlamentare di Ennahda, […]

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Algeria: Bouteflika è ancora il presidente?

Di Hacen Ouali. El Watan (7/11/2015). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen. Emergono sempre più frequentemente elementi che alimentano il sospetto che il capo dello Stato algerino, Abdelaziz Bouteflika, possa essere tenuto fuori dalle decisioni politiche che si stanno prendendo nel Paese. Se l’opposizione radicale continua a mantenere e sottolineare il vuoto di potere, la […]

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Marocco: Loubna Abidar, attrice di Much Loved, aggredita a Casablanca

(Al Huffington Post Maghreb). L’attrice marocchina Lubna Abidar, protagonista dell’ultimo film di Nabil Ayouch, “Much Loved”, è stata aggredita a Casablanca. La conferma viene da un membro del team di produzione del film. Nelle foto pubblicate su Internet, l’attrice, il cui volto appare gonfio, è stata ferita anche al sopracciglio. Non è chiaro al momento quali siano state […]

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Russia sospende tutti i voli per Egitto

(Agenzie). Il presidente della Russia, Vladimir Putin, ha deciso di sospendere tutti i voli passeggeri per l’Egitto e dall’Egitto, dopo l’incidente aereo mortale avvenuto durante il weekend. USA e Regno Unito pensano si sia trattato di una bomba che, esplosa in volo, abbia fatto precipitare l’aereo.   L’Airbus A321 è caduto sulla penisola egiziana del Sinai e tutte le 224 […]

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USA: aprono centri di screening per rifugiati siriani

(Agenzie). L’amministrazione Obama si sta muovendo per accogliere un maggior numero di rifugiati siriani che possono essere ammessi negli Stati Uniti, accelerando i tempi con l’apertura di nuovi avamposti di screening in Iraq e in Libano. Lo hanno dichiarato i funzionari dell’amministrazione USA a Reuters. La mossa arriva dopo che il presidente Barack Obama si era impegnato a […]

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L’escalation del divino nella cultura

Di Fuad Khalil. As-Safīr (5/11/2015). Traduzione di Carlotta Castoldi. I salafiti jihadisti, e in particolare i membri di Daesh (ISIS), ritengono che l’Islam definisca l’identità dell’individuo e della collettività e riconducono l’arretratezza musulmana alla distanza dalla religione originaria, aspirando quindi ad una riforma basata sul ritorno agli insegnamenti salafiti. Il mondo islamico costituisce un’unica comunità, […]

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IL 10 NOVEMBRE, A ROMA, SI PARLA DI SIRIA E NON SOLO…

Un appuntamento fortemente voluto da chi segue da anni le vicende delle rivolte arabe senza vederle attraverso il prisma deformante del megacomplotto, ma osservando da vicino e partecipando alla volontà dei popoli del Vicino Oriente di liberarsi da decenni di occupazione militare e coloniale, di dittature, di subordinazione agli interessi di potenze globali e regionali. […]

IL 10 NOVEMBRE, A ROMA, SI PARLA DI SIRIA E NON SOLO…

Un appuntamento fortemente voluto da chi segue da anni le vicende delle rivolte arabe senza vederle attraverso il prisma deformante del megacomplotto, ma osservando da vicino e partecipando alla volontà dei popoli del Vicino Oriente di liberarsi da decenni di occupazione militare e coloniale, di dittature, di subordinazione agli interessi di potenze globali e regionali. […]

Siria: Kerry e Lavrov propongono nuovi colloqui

(Agenzie). Il Segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov in un incontro telefonico hanno discusso del rilancio di colloqui di pace tra le autorità siriane e le opposizioni. Durante la telefonata Kerry e Lavrov hanno anche affrontato il tema della lotta a Daesh e gli altri gruppi islamisti presenti in […]

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Sarà il Qatar la porta d’accesso al Golfo per l’Iran?

Di Ali Mamouri. Al-Monitor (04/11/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. La mappa di alleanze in Medio Oriente sta cambiando rapidamente, influenzata da conflitti regionali e internazionali. Successivamente all’accordo sul nucleare  che l’Iran ha siglato a luglio e al miglioramento dei legami con l’Occidente in generale, diversi attori della regione hanno iniziato a riconsiderare le loro relazioni. […]

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Cucina libanese: hindbeh ‘atteh, tarassaco saltato con cipolle caramellate

Questa settimana andiamo in Libano a scoprire una ricetta semplicissima, ma davvero gustosa, il cui ingrediente sono le foglie si tarassaco (o cicoria spontanea): la hindbeh ‘atteh, tarassaco saltato con cipolle caramellate! Ingredienti: 2 mazzi di tarassaco o cicoria spontanea 4 cipolle grandi 4 spicchi d’aglio 125ml d’olio d’oliva 125ml di succo di limone Preparazione: Rimuovere […]

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Iran: divieto ai beni di consumo che simboleggiano presenza USA

(Agenzie). L’Iran mette al bando l’ingresso di beni di consumo che vengono dagli Stati Uniti. Lo ha dichiarato il ministro del Commercio e dell’Industria, Mohammad Reza Nematzadeh, proprio mentre il Paese si prepara alla revoca delle sanzioni economiche internazionali. “Al fine di incrementare la produzione nazionale, è necessario fermare l’ingresso di beni di consumo americani e vietare […]

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Libia: Leon sotto accusa per conflitto di interessi

(Agenzie). Il governo non riconosciuto della Libia ha accusato l’inviato delle Nazioni Unite Bernardino Leon di conflitto di interessi, dopo aver ottenuto un lavoro ben pagato ad Abu Dhabi, proprio mentre tentava di disinnescare la crisi libica. In una lettera indirizzata al capo delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il presidente del Congresso Generale Nazionale (GNC), Nouri Abusahmain, […]

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Nada El Hage e i libri che ti chiamano

Chi di voi ha già letto questo blog, sa quanto io adori errare tra gli scaffali delle librerie alla ricerca di nuovi libri. Alcune volte mi limito a osservare, a sbirciare qualche parola impressa sulla copertina, altre volte svaligio interi scaffali. Ci sono, però, delle occasioni in cui i libri mi chiamano, mentre cerco magari […]

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Siria: bombe russe vicino Palmira

(Agenzie). L’Aeronautica della Russia ha dichiarato di aver condotto degli attacchi aerei per colpire Daesh (ISIS) presso l’antica città di Palmira per la seconda volta questa settimana, sostenendo i suoi obiettivi erano lontani dai siti storici della Siria. Gli attacchi russi pare abbiano “distrutto un grande luogo fortificato in cui si nascondevano militanti di Daesh”, ha detto il ministero […]

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Egitto: la visita di al-Sisi a Londra

Di Nawaf al-Tamimi. Al-Arabi al-Jadeed (04/11/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti. Non è solo la nebbia a sovrastare la visita del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi a Londra, né sono solo le rumorose proteste fuori dalla sede del governo britannico a turbare la serenità dei colloqui bilaterali tra al-Sisi ed il premier Cameron, ma un’offuscata […]

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Uccidere e distruggere: il rapporto Msf su Kunduz

In attesa che chi ha fatto il danno spieghi chi diede l’ordine e perché con un’indagine interna che tarda a vedere la luce, Medici senza frontiere, l’associazione umanitaria che il 3 ottobre scorso vide il suo ospedale a Kunduz bruciare dopo un bombardamento reiterato e senza possibilità di scampo, ha deciso di rendere pubblica – in attesa di una possibile indagine indipendente – la sua versione dei fatti. Presentato ieri a Kabul, il rapporto racconta dettagliatamente uno degli episodi più tragici di violazione del diritto umanitario. Le conclusioni sono infatti che alcuni pazienti bruciarono vivi nei loro letti e che alcuni membri dello staff furono decapitati e mutilati dai proiettili, spesso mentre tentavano di mettersi al riparo.


Il rapporto dice anche che nel centro traumatologico della città in mano ai talebani (che ieri hanno tentato un’altra azione a Kunduz ma sono stati respinti) e assediata dai soldati afgani con il sostegno dell’aviazione americana, non c’erano combattenti armati o combattimenti in corso, ma solo pazienti di entrambe le fazioni curati nei letti di un luogo che dovrebbe essere un tempio protetto. Infine che l’obiettivo del raid, derubricato dalla Nato a “incidente” ed “errore” aveva un chiaro obiettivo: «Da quanto accaduto nell’ospedale emerge che questo attacco è stato condotto allo scopo di uccidere e distruggere – ha detto Christopher Stokes, direttore generale di Msf – ma non sappiamo perché. Non abbiamo visto cosa è successo nella cabina di pilotaggio, né nelle catene di comando statunitense e afgana”.

Il rapporto, che si basa sulle testimonianze dirette dei sopravvissuti, ricostruisce con precisione quanto avvenne in circa un’ora di bombardamento, iniziato
tra le 2 e le 2.08 del mattino del 3 ottobre e conclusosi tra le 3 e le 3 e un quarto (trenta i morti – tra cui 13 membri dello staff medico e 10 pazienti. Sette i corpi non ancora identificati). Nel centro c’erano 105 malati e Msf stima che 3 o 4 fossero combattenti governativi mentre circa altri venti fossero talebani. Oltre a loro c’erano 140 persone dello staff nazionale e nove internazionali oltre a un delegato della Croce Rossa internazionale. Il raid era mirato: una serie di attacchi aerei multipli, precisi e sostenuti, hanno preso di mira – dice il dossier – l’edificio principale dell’ospedale, lasciando il resto delle strutture del compound di Msf relativamente intatte. Le coordinate GPS fornite alle parti in conflitto coincidono infatti perfettamente con l’edificio preso di mira. Le testimonianze dicono che, il primo reparto a essere colpito è stato la terapia intensiva, dove il personale stava assistendo pazienti immobilizzati (tra cui due bambini), alcuni dei quali attaccati ai ventilatori. Il personale che si stava occupando della terapia intensiva – dice Msf – è stato direttamente ucciso nel corso dei primi attacchi aerei o dal fuoco che ha poi inghiottito l’edificio. I pazienti non deambulanti del reparto sono bruciati nei loro letti.

L‘attacco si è poi spostato da Est a Ovest dell’edifico principale. I servizi di terapia intensiva, l’archivio, il laboratorio, il pronto soccorso, la radiologia, l’ambulatorio, il reparto di salute mentale, la fisioterapia e le sale operatorie sono stati distrutti dalla successiva ondata di attacchi. Il raid ha dunque coinvolto anche chi non era nell’edifico principale svegliandolo nel cuore della notte e addirittura, dice ancora il dossier, «…molti dello staff raccontano di aver visto persone prese di mira, probabilmente dall’aereo, mentre cercavano di fuggire dall’edificio principale dell’ospedale … altri riportano di spari che seguivano i movimenti delle persone in fuga. Alcuni medici di Msf e altro personale medico sono stati uccisi mentre cercavano di raggiungere un’altra zona del compound nel tentativo di mettersi in salvo».

Rispetto al fatto che si colpì l’ospedale per colpire i talebani, Msf chiarisce che nessun membro del personale ha segnalato la presenza di armi, combattenti armati o di combattimenti in corso all’interno del centro, prima o durante gli attacchi aerei. In compenso, quando sono arrivate le ambulanze di soccorso, i soldati afgani arrivati in contemporanea ne hanno approfittato per cercare guerriglieri ancora vivi.

Uccidere e distruggere: il rapporto Msf su Kunduz

In attesa che chi ha fatto il danno spieghi chi diede l’ordine e perché con un’indagine interna che tarda a vedere la luce, Medici senza frontiere, l’associazione umanitaria che il 3 ottobre scorso vide il suo ospedale a Kunduz bruciare dopo un bombardamento reiterato e senza possibilità di scampo, ha deciso di rendere pubblica – in attesa di una possibile indagine indipendente – la sua versione dei fatti. Presentato ieri a Kabul, il rapporto racconta dettagliatamente uno degli episodi più tragici di violazione del diritto umanitario. Le conclusioni sono infatti che alcuni pazienti bruciarono vivi nei loro letti e che alcuni membri dello staff furono decapitati e mutilati dai proiettili, spesso mentre tentavano di mettersi al riparo.


Il rapporto dice anche che nel centro traumatologico della città in mano ai talebani (che ieri hanno tentato un’altra azione a Kunduz ma sono stati respinti) e assediata dai soldati afgani con il sostegno dell’aviazione americana, non c’erano combattenti armati o combattimenti in corso, ma solo pazienti di entrambe le fazioni curati nei letti di un luogo che dovrebbe essere un tempio protetto. Infine che l’obiettivo del raid, derubricato dalla Nato a “incidente” ed “errore” aveva un chiaro obiettivo: «Da quanto accaduto nell’ospedale emerge che questo attacco è stato condotto allo scopo di uccidere e distruggere – ha detto Christopher Stokes, direttore generale di Msf – ma non sappiamo perché. Non abbiamo visto cosa è successo nella cabina di pilotaggio, né nelle catene di comando statunitense e afgana”.

Il rapporto, che si basa sulle testimonianze dirette dei sopravvissuti, ricostruisce con precisione quanto avvenne in circa un’ora di bombardamento, iniziato
tra le 2 e le 2.08 del mattino del 3 ottobre e conclusosi tra le 3 e le 3 e un quarto (trenta i morti – tra cui 13 membri dello staff medico e 10 pazienti. Sette i corpi non ancora identificati). Nel centro c’erano 105 malati e Msf stima che 3 o 4 fossero combattenti governativi mentre circa altri venti fossero talebani. Oltre a loro c’erano 140 persone dello staff nazionale e nove internazionali oltre a un delegato della Croce Rossa internazionale. Il raid era mirato: una serie di attacchi aerei multipli, precisi e sostenuti, hanno preso di mira – dice il dossier – l’edificio principale dell’ospedale, lasciando il resto delle strutture del compound di Msf relativamente intatte. Le coordinate GPS fornite alle parti in conflitto coincidono infatti perfettamente con l’edificio preso di mira. Le testimonianze dicono che, il primo reparto a essere colpito è stato la terapia intensiva, dove il personale stava assistendo pazienti immobilizzati (tra cui due bambini), alcuni dei quali attaccati ai ventilatori. Il personale che si stava occupando della terapia intensiva – dice Msf – è stato direttamente ucciso nel corso dei primi attacchi aerei o dal fuoco che ha poi inghiottito l’edificio. I pazienti non deambulanti del reparto sono bruciati nei loro letti.

L‘attacco si è poi spostato da Est a Ovest dell’edifico principale. I servizi di terapia intensiva, l’archivio, il laboratorio, il pronto soccorso, la radiologia, l’ambulatorio, il reparto di salute mentale, la fisioterapia e le sale operatorie sono stati distrutti dalla successiva ondata di attacchi. Il raid ha dunque coinvolto anche chi non era nell’edifico principale svegliandolo nel cuore della notte e addirittura, dice ancora il dossier, «…molti dello staff raccontano di aver visto persone prese di mira, probabilmente dall’aereo, mentre cercavano di fuggire dall’edificio principale dell’ospedale … altri riportano di spari che seguivano i movimenti delle persone in fuga. Alcuni medici di Msf e altro personale medico sono stati uccisi mentre cercavano di raggiungere un’altra zona del compound nel tentativo di mettersi in salvo».

Rispetto al fatto che si colpì l’ospedale per colpire i talebani, Msf chiarisce che nessun membro del personale ha segnalato la presenza di armi, combattenti armati o di combattimenti in corso all’interno del centro, prima o durante gli attacchi aerei. In compenso, quando sono arrivate le ambulanze di soccorso, i soldati afgani arrivati in contemporanea ne hanno approfittato per cercare guerriglieri ancora vivi.

Afghanistan: MSF “attacco ospedale non è stato un errore”

(Agenzie).  I responsabili dell’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) ha dichiarato che ritiene difficile credere che l’attacco degli Stati Uniti all’ospedale afgano dello scorso mese sia stato un errore. Almeno 30 persone sono state uccise quando l’ospedale di Kunduz è stato colpito  il 3 ottobre scorso, mentre le forze governative afgane stavano combattendo per riprendere il controllo della città […]

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Le sanzioni amministrative di Israele contro i palestinesi di Gerusalemme Est

Di Daoud Kuttab. Middle East Monitor (03/11/2015), Traduzione e sintesi di Chiara Cartia. Gerusalemme Est deve far fronte a varie sfide e difficoltà. I 300.000 palestinesi di Gerusalemme sono stati tagliati fuori dal processo politico iniziato con gli Accordi di Oslo e non è stato permesso loro di avere una leadership. Mentre i palestinesi di tutte […]

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Turchia annuncia operazione militare contro Daesh in Iraq

(Agenzie). La Turchia ha in programma di lanciare un’operazione militare contro Daesh (ISIS) in Iraq in un prossimo futuro. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Feridun Sinirlioglu, durante una conferenza sul futuro del Medio Oriente tenutasi a Erbil, nella regione curda del nord dell’Iraq. “Daesh minaccia il nostro stile di vita e sicurezza. Abbiamo in programma […]

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Iran: servono anni per ritornare esportatore di petrolio di un tempo

(Agenzie). L’ambizione dell’Iran di riconquistare la sua piena capacità di esportazione del petrolio, dopo la revoca delle sanzioni internazionali, richiederà diversi anni. L’arabo Petroleum Investment Corp (APICORP) ha dichiarato in un rapporto che la repubblica islamica riuscirà ad aggiungere solo 400.000 barili al giorno entro la fine del prossimo anno e altri 300.000 barili al giorno entro […]

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Yemen: ambasciatore saudita ONU ottimista su colloqui

(Agenzie). L’ambasciatore saudita presso le Nazioni Unite, Abdallah al-Mouallimi, si è dichiarato ottimista sul nuovo round di colloqui di pace per lo Yemen che decolleranno questo mese, dopo molte settimane di preparazione. “Siamo ottimisti. Siamo fiduciosi che i colloqui si svolgeranno”, ha detto al-Mouallimi, durante un incontro con i leader della comunità yemenita negli Stati Uniti. Anche secondo l’inviato ONU […]

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Piccoli e grandi giochi nell’Oceano indiano

La mappa è tratta dal sito della Bbc

Il presidente delle Maldive Abdulla Yameen Gayoom ha dichiarato dalla mezzanotte di ieri lo stato di emergenza per trenta giorni, una misura che sospende le libertà fondamentali con effetto immediato. Lo stato di emergenza consegna il piccolo arcipelago nell’Oceano indiano alle forze di sicurezza in un Paese che non esita a usare il pugno di ferro quando il potere si sente minacciato. E così, mentre si era alla vigilia di una manifestazione di piazza indetta dall’opposizione del Maldiavian Democratic Party, la decisione del palazzo azzera proteste e contestazioni. Abdulla è un uomo di polso. Ha appena fatto arrestare il suo vice presidente Ahmed Adeeb, accusato di aver ordito il suo assassinio con una bomba piazzata sulla barca presidenziale: il presidente l’ha scampata ma sua moglie è rimasta ferita. Non sembra però ci siano prove evidenti né che si sia trattato di un attentato, né che la mente di un supposto golpe ai suoi danni fosse il suo vice. L’atmosfera è comunque tesa. Il procuratore generale di Male ha detto che la polizia ha trovato esplosivi e armi e che lunedi è stata disinnescata una bomba nascosta vicino al palazzo presidenziale. Insomma, aria di colpo di stato anche se per ora il golpe lo sta facendo il presidente.

Può darsi che gli ardori si spengano e che il capo dello Stato si limitai a far piazza pulita degli avversari (l’ex presidente Mohamed Nasheed, capo del Partito d’opposizione, è stato incarcerato due volte e l’ultima grazie alla legge anti terrorismo) ma può darsi anche che la situazione diventi esplosiva come già accaduto in passato in questo microcosmo insulare di 300 kmq con 330mila abitanti. Piccoli giochi forse, ma che hanno comunque a che vedere con un gioco assai più ampio. La stabilità delle Maldive è importante per l’India che, acquisito nuovamente il controllo sullo Sri Lanka, non vuole certo perdere quello sulle Maldive, pedina geostrategica nel vasto Oceano indiano. Come strategici sono i rapporti diplomatici. Male li tiene stretti con tutti, indiani, americani, srilankesi. Ma anche con la Cina: nel 2014 nelle piccole Maldive si è recato in visita Xi Jinping, segretario generale del Partito comunista cinese, presidente della Repubblica Popolare e capo della Commissione militare centrale. Una visita che forse non è passata inosservata. Adullah Yameen Gayoom era già in sella, dal novembre del 2013.

Piccoli e grandi giochi nell’Oceano indiano

La mappa è tratta dal sito della Bbc

Il presidente delle Maldive Abdulla Yameen Gayoom ha dichiarato dalla mezzanotte di ieri lo stato di emergenza per trenta giorni, una misura che sospende le libertà fondamentali con effetto immediato. Lo stato di emergenza consegna il piccolo arcipelago nell’Oceano indiano alle forze di sicurezza in un Paese che non esita a usare il pugno di ferro quando il potere si sente minacciato. E così, mentre si era alla vigilia di una manifestazione di piazza indetta dall’opposizione del Maldiavian Democratic Party, la decisione del palazzo azzera proteste e contestazioni. Abdulla è un uomo di polso. Ha appena fatto arrestare il suo vice presidente Ahmed Adeeb, accusato di aver ordito il suo assassinio con una bomba piazzata sulla barca presidenziale: il presidente l’ha scampata ma sua moglie è rimasta ferita. Non sembra però ci siano prove evidenti né che si sia trattato di un attentato, né che la mente di un supposto golpe ai suoi danni fosse il suo vice. L’atmosfera è comunque tesa. Il procuratore generale di Male ha detto che la polizia ha trovato esplosivi e armi e che lunedi è stata disinnescata una bomba nascosta vicino al palazzo presidenziale. Insomma, aria di colpo di stato anche se per ora il golpe lo sta facendo il presidente.

Può darsi che gli ardori si spengano e che il capo dello Stato si limitai a far piazza pulita degli avversari (l’ex presidente Mohamed Nasheed, capo del Partito d’opposizione, è stato incarcerato due volte e l’ultima grazie alla legge anti terrorismo) ma può darsi anche che la situazione diventi esplosiva come già accaduto in passato in questo microcosmo insulare di 300 kmq con 330mila abitanti. Piccoli giochi forse, ma che hanno comunque a che vedere con un gioco assai più ampio. La stabilità delle Maldive è importante per l’India che, acquisito nuovamente il controllo sullo Sri Lanka, non vuole certo perdere quello sulle Maldive, pedina geostrategica nel vasto Oceano indiano. Come strategici sono i rapporti diplomatici. Male li tiene stretti con tutti, indiani, americani, srilankesi. Ma anche con la Cina: nel 2014 nelle piccole Maldive si è recato in visita Xi Jinping, segretario generale del Partito comunista cinese, presidente della Repubblica Popolare e capo della Commissione militare centrale. Una visita che forse non è passata inosservata. Adullah Yameen Gayoom era già in sella, dal novembre del 2013.

Egitto: El Sisi pensa che la Fratellanza possa avere un ruolo nel Paese

(Agenzie). Il presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi ha dichiarato, in un’intervista con la BBC che verrà trasmessa giovedì, che potrebbe adottare una posizione più indulgente nei confronti della Fratellanza Musulmana, che lui stesso ha etichettato come gruppo terroristico. El Sisi ha dichiarato che il movimento islamista potrebbe invece avere un ruolo importante da giocare sulla scena […]

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Iran: due attrici costrette all’esilio per aver pubblicato foto senza velo

(El País). Due attrici iraniane, Sadaf Taherian e Chakameh Chamanmah, si sono viste costrette a lasciare il Paese dopo che le autorità le hanno etichettate come “immorali”, impedendogli di tornare a recitare. Il loro crimine? Aver postato online delle foto nelle quali non indossano il velo. La Taherian, che si è rifugiata nel vicino emirato di Dubai, […]

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OPEC: pressioni Algeria per revisione delle quote OPEC

(Agenzie). Cresce il sostegno dei membri dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) sulla proposta fatta da Algeria e Iran di rivalutazione dei rapporti interni dell’OPEC. I due Paesi chiedono una revisione al sistema di quote del gruppo, bloccato dal 2011. I suggerimenti sono contenuti in 11 pagine di commenti provenienti dai paesi membri alla relazione di 44 pagine, […]

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Turchia: possibile referendum per sistema presidenziale esecutivo

(Agenzie). La Turchia potrebbe indire un referendum per la modifica della costituzione per creare un sistema presidenziale esecutivo, secondo quanto riferito dal portavoce del presidente Tayyip Erdogan . Ibrahim Kalin ha parlato tre giorni dopo il raggiungimento del AKP della maggioranza assoluta alle elezioni, una vittoria per Erdogan, la cui forte ambizione per i poteri presidenziali poggia sul parlamento […]

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Libia: El Sisi invoca aiuto NATO

(Agenzie). Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha chiesto alle potenze della NATO di aiutare a ricostruire la Libia. In visita a Londra per discutere di cooperazione e sicurezza con il Primo Ministro David Cameron, El Sisi ha dichiarato al giornale inglese The Daily Telegraph che “la Libia è una minaccia per tutti noi. Se non c’è un governo, allora questo […]

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Il Medio Oriente nel prossimo secolo

Di Khaled Diab. Al-Jazeera (02/11/2015). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti. Il destino del Medio Oriente è stato suggellato nelle trincee insanguinate della Prima Guerra Mondiale. Dalle ceneri fumanti dell’Impero Ottomano sono sorti sogni di libertà nazionale, annientati dall’imperialismo europeo, dal dispotismo post coloniale e dal neocolonialismo. Ma cosa ha in serbo il prossimo secolo […]

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LA BUFALA DELL’UFFICIALE ISRAELIANO CATTURATO INSIEME A MEMBRI DELL’ISIS

Articolo 21, portale dedicato all’informazione, ha pubblicato un mio articolo in merito ad una vicenda che da un paio di settimane sta tenendo banco sul web e sui social network: l’arresto, avvenuto nella zona di Mosul da parte delle “forze popolari irachene” (le milizie sciite sostenute da Teheran), di un colonnello israeliano impegnato in attività […]

LA BUFALA DELL’UFFICIALE ISRAELIANO CATTURATO INSIEME A MEMBRI DELL’ISIS

Articolo 21, portale dedicato all’informazione, ha pubblicato un mio articolo in merito ad una vicenda che da un paio di settimane sta tenendo banco sul web e sui social network: l’arresto, avvenuto nella zona di Mosul da parte delle “forze popolari irachene” (le milizie sciite sostenute da Teheran), di un colonnello israeliano impegnato in attività […]

Russia: mantenere Assad al potere in Siria non è fondamentale

(Agenzie). Mantenere il presidente siriano Bashar al-Assad al potere in Siria non è di fondamentale importanza per la Russia. Lo ha riportato l’agenzia di stampa locale RIA, citando il ministero degli Esteri russo, e segnalando così un cambiamento di politica nei confronti di un alleato di lunga data per Mosca. Quando è stato chiesto se mantenere Assad in Siria […]

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Iran: arrestati due giornalisti riformisti

(Agenzie). Le autorità iraniane hanno arrestato due giornalisti, Issa Saharkhiz e Ehsan Mazandarani, dichiaratamente favorevoli alle riforme nel Paese. Lo ha riportato l’agenzia di stampa ILNA, che si trova vicino ai riformisti del paese, senza dire quando i due sono stati arrestati o sulla base di quali accuse. Saharkhiz era stato rilasciato nel 2013 dopo aver scontato tre anni […]

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Iran: una nuova ondata di repressione in arrivo

Di Akbar Ganji. Teheran Bureau – The Guardian (02/11/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Un discorso tenuto da Ali Khamenei, leader supremo dell’Iran, il 7 ottobre ai comandanti e agli ufficiali della marina iraniana ha catturato l’attenzione internazionale. Khamenei, rinnegando quanto affermato il 9 aprile, ha dichiarato che aveva vietato qualsiasi negoziato con gli […]

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Arabia Saudita: Jahanamiya, una rivista femminile di scrittura creativa

(Agenzie). Jahanamiya è una rivista letteraria che raccoglie prosa, saggistica e poesia scritta da donne dell’Arabia Saudita. Ogni numero ha un tema centrale intorno al quale vertono tutti gli scritti. La prima pubblicazione, uscita nell’agosto scorso, era intitolata “ Caffè arabo” e comprendeva dieci pezzi in inglese e arabo, ognuno dei quali affiancati a un’opera d’arte. La seconda, prevista per […]

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Turchia: ondata di arresti su sostenitori opposizione, condanna occidentale

(Agenzie). Agenzie di stampa statali turche hanno riferito che la polizia ha effettuato incursioni in 18 province della Turchia e arrestato almeno 44 persone collegate al movimento islamista moderato di Fethullah Gulen, oppositore numero uno del presidente Erdogan residente negli USA dal 2013. Le incursioni arrivano a due giorni dalle elezioni generali, nelle quali il partito di […]

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Siria: inviato ONU de Mistura lascia Damasco per Ankara, poi a Mosca

(Agenzie). L’inviato speciale in Siria delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, si è diretto in Turchia dopo la sua visita a Damasco, dove ha fatto appello all’imposizione di un cessate-il-fuoco per favorire gli sforzi diplomatici al raggiungimento di una soluzione politica al conflitto nel Paese. Nel frattempo, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha […]

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Lesbo. Accoglienza e nostalgia

Sono uomini e donne in cammino, che lasciano tutto in cerca di un approdo sicuro. Guardano l’orizzonte che si chiama Europa e non si fermano mai. Eppure, la cosa più difficile da raccontare non è la morte o la guerra. Ma la nostalgia. 

 

 

 

05 Dicembre 2015
di: 
Marta Malaspina da Lesbo

Palestina: esercito israeliano chiude stazione radio sospetta

(Agenzie). L’esercito israeliano ha fatto incursione nella sede della stazione radio palestinese Al-Hurria, a Hebron, e ne ha confiscato il materiale in quanto sospettata di essere usata per incitare attacchi contro gli israeliani in Cisgiordania. Secondo l’esercito, la stazione radio incoraggiava gli attacchi con i coltelli e elogiava gli assalitori. L’attuale spirale di violenza che sta […]

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Egitto, incidente aereo Sinai: El Sisi rifiuta la ‘propaganda’ di Daesh

(Agenzie). Il presidente egiziano Abeld Fattah El Sisi ha respinto le dichiarazioni di Daesh (ISIS) nel rivendicare la responsabilità per l’aereo russo abbattuto nel Sinai, definendole come “propaganda” da parte del gruppo estremista. El Sisi ha dichiarato che la rivendicazione di Daesh è “un modo per arrecare danno alla stabilità e alla sicurezza dell’Egitto e all’immagine […]

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Gli Stati Uniti inviano cinquanta soldati in Siria

Di Abdulrahman al-Rashed, Al-Sharq Al-Awsat (02/11/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. La Siria oggi ospita diverse forze militari: in primis Daesh (ISIS) e altre organizzazioni di Al-Qaeda, con un esercito di oltre 30 mila soldati, e poi i russi con circa tremila uomini. Di recente anche il governo americano ha deciso per l’invio di […]

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Iraq. L’Europa: il sogno o la morte

Ameer, Maha, Shamiran sono soltanto alcuni delle migliaia di iracheni e siriani che stanno lasciando il paese per ricominciare una nuova vita. Volti, sogni, lauree e ragioni diverse, dietro numeri che non si conoscono e traumi di cui Daesh è responsabile solo in parte.

 

 

03 Novembre 2015
di: 
Stefano Nanni da Duhok – Kurdistan iracheno

La letteratura italiana in arabo da Dante a Valeria Parrella e viceversa

Il 19 e 20 ottobre scorsi l’Istituto italiano di cultura del Cairo (IIC Cairo) ha ospitato la presentazione della traduzione in arabo del romanzo di Valeria Parrella dal titolo Lo spazio bianco (Einaudi 2010).  Il romanzo è stato tradotto dall’italiano da Halima Khattab e pubblicato dalla casa editrice italo-egiziana Baad del-Bahr curata da Stefania Angarano, … Continua a leggere La letteratura italiana in arabo da Dante a Valeria Parrella e viceversa

La letteratura italiana in arabo da Dante a Valeria Perrella e viceversa

Il 19 e 20 ottobre scorsi l’Istituto italiano di cultura del Cairo (IIC Cairo) ha ospitato la presentazione della traduzione in arabo del romanzo di Valeria Parrella dal titolo Lo spazio bianco (Einaudi 2010).  Il romanzo è stato tradotto dall’italiano da Halima Khattab e pubblicato dalla casa editrice italo-egiziana Baad del-Bahr curata da Stefania Angarano, … Continua a leggere La letteratura italiana in arabo da Dante a Valeria Perrella e viceversa

Nasce Mùses, Accademia europea delle essenze

mases 110A Savigliano, città del Cuneese, l’unico polo museale al mondo con una simile proposta culturale.Laboratori didattici, installazioni artistiche-sensoriali e spazi d’interazione dedicati alla storia e alla tecnologia del profumo. Presenti capolavori di Franz Staehler, Angela Colonna, Kensuke Koike, Ryts Monet, Roberto Pugliese, Tamara Repetto, Maja Smrekar, Andrej Strehovec, Špela Volčič.

Nasce Mùses, Accademia europea delle essenze

mases 110A Savigliano, città del Cuneese, l’unico polo museale al mondo con una simile proposta culturale.Laboratori didattici, installazioni artistiche-sensoriali e spazi d’interazione dedicati alla storia e alla tecnologia del profumo. Presenti capolavori di Franz Staehler, Angela Colonna, Kensuke Koike, Ryts Monet, Roberto Pugliese, Tamara Repetto, Maja Smrekar, Andrej Strehovec, Špela Volčič.

Nasce Mùses, Accademia europea delle essenze

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Nasce Mùses, Accademia europea delle essenze

mases 110A Savigliano, città del Cuneese, l’unico polo museale al mondo con una simile proposta culturale.Laboratori didattici, installazioni artistiche-sensoriali e spazi d’interazione dedicati alla storia e alla tecnologia del profumo. Presenti capolavori di Franz Staehler, Angela Colonna, Kensuke Koike, Ryts Monet, Roberto Pugliese, Tamara Repetto, Maja Smrekar, Andrej Strehovec, Špela Volčič.

“Cani Sciolti”, la vita di giovani egiziani

canisciolti 110Il libro di Muhammad Aladdin, scrittore e sceneggiatore egiziano, è una storia tragicomica dopo il fallimento della Primavera araba, con in sottofondo la vita odierna dei giovani egiziani di classe media, figli del boom demografico degli anni 70-80. Ogni speranza è svanita. Non c’è più nessun sogno di giustizia. C’è solo la ricerca dello sballo.

“Cani Sciolti”, la vita di giovani egiziani

canisciolti 110Il libro di Muhammad Aladdin, scrittore e sceneggiatore egiziano, è una storia tragicomica dopo il fallimento della Primavera araba, con in sottofondo la vita odierna dei giovani egiziani di classe media, figli del boom demografico degli anni 70-80. Ogni speranza è svanita. Non c’è più nessun sogno di giustizia. C’è solo la ricerca dello sballo.

“Cani Sciolti”, la vita di giovani egiziani

canisciolti 110Il libro di Muhammad Aladdin, scrittore e sceneggiatore egiziano, è una storia tragicomica dopo il fallimento della Primavera araba, con in sottofondo la vita odierna dei giovani egiziani di classe media, figli del boom demografico degli anni 70-80. Ogni speranza è svanita. Non c’è più nessun sogno di giustizia. C’è solo la ricerca dello sballo.

Tunisia, Nobel e realtà difficile

sousse 110Il riconoscimento del 9 ottobre per un paese in ginocchio ma che non ha bloccato l’impegno nella democratizzazione, non è più di tanto considerato dai tunisini alle prese con un grave disagio sociale ed economico. In aumento i suicidi. L’attacco a Sousse ha causato il crollo del turismo.

Tunisia, Nobel e realtà difficile

sousse 110Il riconoscimento del 9 ottobre per un paese in ginocchio ma che non ha bloccato l’impegno nella democratizzazione, non è più di tanto considerato dai tunisini alle prese con un grave disagio sociale ed economico. In aumento i suicidi. L’attacco a Sousse ha causato il crollo del turismo.

Tunisia, Nobel e realtà difficile

sousse 110Il riconoscimento del 9 ottobre per un paese in ginocchio ma che non ha bloccato l’impegno nella democratizzazione, non è più di tanto considerato dai tunisini alle prese con un grave disagio sociale ed economico. In aumento i suicidi. L’attacco a Sousse ha causato il crollo del turismo.

Rapporto sulle economie del Mediterraneo: a Roma mercoledì 4 novembre

Il «Rapporto sulle economie del Mediterraneo» giunge quest’anno alla undicesima edizione. Pubblicazione originale nel panorama italiano per il taglio sia economico sia politico dei saggi di cui si compone, oltre ad aggiornare lo stato dei diversi ambiti d’interesse presi in esame, il Rapporto da sempre propone linee interpretative, presenta fatti, offre dati aggiornati, confermandosi strumento […]

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In pochi mesi, la Turchia ha cambiato faccia

Di Serkan Demirtaş. Hurriyet Daily News (02/11/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. I risultati delle elezioni del 1° novembre sono chiari: il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) ha ottenuto circa il 9% di voti rispetto allo scorso giugno e ha riguadagnato il terreno perduto. I tre partiti di opposizione, al contrario, hanno perso un bel po’ […]

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In Tunisia “unità nazionale” contro la democrazia

Monica Marks All’inizio di ottobre 2015 è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace a quattro organizzazioni della società civile tunisina: l’Unione Generale Tunisina del Lavoro (UGTT), l’unione Tunisina del commercio e dell’artigianato (Utica, organizzazione padronale), la Lega Tunisina dei Diritti dell’uomo (LTDH) e l’Ordine degli avvocati. Nel 2013 questo gruppo, noto con il nome di “ Quartetto, per […]

Romanziere egiziano accusato di offesa alla morale

Il giornalista e scrittore Ahmed Naje è stato convocato al tribunale penale per la pubblicazione su Akhbar al-Adab di un estratto del suo romanzo “L’uso della Vita”. Naje e il redattore capo diAkhbar al-Adab  Tarek al-Taher sono stati convocati al tribunale penale per la presenza nel capitolo pubblicato di “contenuti sessuali osceni.” Il capitolo (che può esser […]

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Marocco: Salvini scopre la via di Damasco, a Rabat

(Fonti: le dichiarazioni di Salvini, prima e dopo il viaggio a Rabat, Marocco). Prima. Roma, 24 nov. “Io in Marocco ci andrò da qui a breve per cercare di discutere come evitare che la gente parta da la, e quanto dobbiamo contribuire perché non c’e’ niente di gratis”. Lo ha detto Matteo Salvini ai microfoni di […]

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I talebani e Daesh

Mi permetto di consigliare il video di Al Jazeera, ISIL and the Taliban, reportage da Kunar roccaforte di Daesh in Afghanistan

I talebani e Daesh

Mi permetto di consigliare il video di Al Jazeera, ISIL and the Taliban, reportage da Kunar roccaforte di Daesh in Afghanistan

Mediterraneo, ONU: numero migranti altissimo nel mese di ottobre

(Agenzie). Sono più di 218 mila i migranti e i rifugiati che nel solo mese di ottobre 2015 hanno attraversato il Mar Mediterraneo per cercare di raggiungere l’Europa, un numero che quasi equivale al totale dei migranti di tutto il 2014. “Lo scorso mese il numero di arrivi è stato da record”, ha detto il […]

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Iraq: parlamento vota mozione per limitare poteri primo ministro

(Agenzie). Il parlamento iracheno ha votato oggi, lunedì, una mozione per impedire al governo di far passare le riforme senza aver prima avuto l’approvazione da parte dei legislatori, mossa mirata a limitare i poter del primo ministro Haidar al-Abdi, secondo quanto riferito dagli stessi parlamentari. La camera ha voluto compiere questo passo dopo che Abadi ha […]

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Iran: iniziata attuazione accordo sul nucleare

(Agenzie). L’Iran ha dato inizio alla fase preliminare dell’accordo sul nucleare, stipulato con le potenze del 5+1 lo scorso luglio. “Abbiamo iniziato il lavoro preliminare”, ha dichiarato il capo dell’Organizzazione per l’Energia Atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, secondo l’agenzia stampa giapponese Kyodo. Salehi ha aggiunto che le misure messe in atto in questa fase prevedono anche la […]

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Turchia: l’AKP riconquista la maggioranza al parlamento

(Agenzie). A dispetto delle analisi che avevano previsto il confermarsi dei risultati delle elezioni di giugno, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del presidente Recep Tayyip Erdogan e del primo ministro Ahmet Davutoglu si è aggiudicato i voti sufficienti a riconquistare la maggioranza nel parlamento turco. Secondo i dati preliminari, l’AKP si è aggiudicato 317 seggi […]

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Obama ci prova, ma non è in grado

Di Jihad El Khazen. Al-Hayat (31/10/2015). Traduzione e sintesi Federico Seibusi. Il presidente Barack Obama pensa di inviare truppe di terra sul fronte in Iraq e Siria; e probabilmente, queste forze intraprenderanno operazioni speciali sul territorio siriano per la prima volta. La lotta nei due paesi è appena entrata in una situazione molto complicata in […]

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Turchia: ultimato il conteggio dei voti, AKP dichiara vittoria

(Agenzie). In base al conteggio dei voti, il Partito Giustizia e Sviluppo si sarebbe aggiudicato la maggioranza al parlamento turco. L’AKP si sarebbe infatti aggiudicato il 49,5% dei voti. Nel frattempo, scontri sono scoppiati nella città di Diyarbakir nel sud-est della Turchia, regione a maggioranza curda, dopo la diffusione dei primi esiti delle elezioni parlamentari svoltesi oggi. […]

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Arabia Saudita: finalmente le donne avranno documenti di identità

(Agenzie). Lo scorso 13 ottobre, i membri del Consiglio della Shura in Arabia Saudita hanno votato (96 contro 28) in favore di vari emendamenti della legge sullo status civile mirati a promuovere la cittadinanza femminile e volti a eliminare qualsiasi forma di discriminazione contro le donne. Uno dei più importanti emendamenti è quello dell’art. 23 della legge, […]

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Turchia: con la metà dei voti contati, l’AKP è in testa

(Agenzie). Secondo i primi exit poll alla chiusura dei seggi del nuovo turno di elezioni parlamentari in Turchia, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del presidente Recep Tayyip Erdogan sembra essere sulla giusta strada per recuperare la maggioranza e avere così la possibilità di formare un governo senza coalizioni. Secondo quanto riportato dalla TV turca, […]

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Giordania: 28 milioni dall’UE per i rifugiati

(Agenzie). L’Unione Europea ha annunciato che invierà alla Giordania altri 28 milioni di euro per aiutare il Paese a gestire e soddisfare i bisogni dei rifugiati siriani in vista dell’inverno. Con questa ultima tranche di aiuti, l’UE ha finora speso 198 milioni di euro per l’assistenza umanitaria globale. Christos Stylianides, Commissario europeo per le questioni […]

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Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Siria: inviato ONU a Damasco, incontro con ministro Esteri post-Vienna

(Agenzie). L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, Staffan de Mistura, si è recato a Damasco per incontrare il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Moallem. Secondo varie fonti, i due discuteranno delle conclusioni dei negoziati che si sono svolti a Vienna sulla situazione siriana. Nella capitale austriaca, i rappresentanti diplomatici di Unione Europea, ONU e 17 […]

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Bahrein: al via la costruzione della prima base militare britannica

(Agenzie). In Bahrein sono iniziati i lavori per la costruzione della prima base militare britannica permanente in Medio Oriente dal 1971. La nuova base fa parte di un accordo, concluso lo scorso anno, tra Londra e Manama al fine di aumentare la cooperazione bilaterale nell’affrontare le minacce che incombono sulla sicurezza della regione. Secondo quanto […]

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Turchia: urne aperte nel mezzo delle tensioni

(Agenzie). La Turchia è chiamata al voto oggi, domenica, per quelle che sono state definite le elezioni più cruciali della storia del Paese degli ultimi anni, nel mezzo delle tensioni causate dalla minaccia jihadista e dal riaggravarsi della questione curda. Sono più di 54 milioni gli elettori che andranno al voto in poco più di […]

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Non è colpa della religione

Di Soumaya Ghannouchi. Middle East Monitor (30/10/2015). Traduzione e sintesi Ismahan Hassen. Dalla questione irlandese ai conflitti in Medio Oriente, anche se a tutti quelli che sono ai ferri corti capita di appartenere a confessioni diverse (cattolici e protestanti, ebrei, musulmani e cristiani), essi non sono “venuti alle mani” a causa della loro appartenenza religiosa. […]

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Myanmar: questo Paese non è per musulmani

I due sfidanti del voto di domenica:
 Aung San Suu Kyi della Lnd
 Thein Sein, premier e capo dell’Usdp

Sono una novantina i partiti che si proporranno al voto dell’8 di novembre in Myanmar quando si svolgeranno le elezioni generali: le prime da che al governo – dal 2011 – non ci sono più uomini in divisa. Ma il timore che i militari e le loro milizie – che appoggiano il partito di governo – possano intimidire e minacciare chi si reca alle urne orientando il voto è una possibilità non troppo remota che è stata appena denunciata da un rapporto di Human Rights Wath.

 C‘è di più: secondo un membro del maggior partito di opposizione, che fa capo alla Nobel birmana Aung San Suu Kyi, i suoi leader hanno messo in piedi una vera e propria purga dei candidati musulmani nelle liste elettorali: la leadership della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) è spaventata – ha spiegato il personaggio ad Al Jazeera – dalla possibilità che il risveglio di un razzismo che vorrebbe difendere la purezza della razza e la religione della maggioranza e che si è scatenato negli ultimi anni contro la minoranza musulmana – il picco massimo si è verificato nel 2012 – riemerga facendosi propaganda elettorale. Un timore che l’ha decisa a espellere dalle fila dei suoi oltre mille candidati (regionali e nazionali) chiunque abbia il marchio del credo di Maometto, nonostante i musulmani in Birmania siano circa 5 milioni il che fa di loro una percentuale rilevante della popolazione del Paese: 48 milioni.

Nemmeno nelle liste del Partito della solidarietà e dello sviluppo al governo (Usdp) – sostenuto dai militari anche se veste abiti civili – ci saranno ovviamente musulmani. La pulizia etnico politica penalizza in particolare una comunità nel mirino da anni e bistrattata da sempre: i Rohingya, che una recente indagine di un gruppo di ricercatori della Yale Law School (la scuola universitaria di diritto della Yale Univesity con sede in Connecticut) sostiene siano stati oggetto di azioni od omissioni da parte del governo birmano che potrebbero addirittura configurare un’accusa di genocidio. Nello Stato del Rakhine (Arakan), a oltre un milione di musulmani rohingya è stata negata la cittadinanza sostenendo che si tratta di “bengalesi” immigrati. Un’accusa diventata pogrom verso la comunità che vive al confine con l’India e che recentemente è stata al centro di una fuga di massa via mare per cercare altrove rifugio. Ma rohingya o meno, il reato è essere di fede islamica. Meglio prevenire polemiche e strumentalizzazioni: che non si presentino né abbiano deputati. Che stiano insomma fuori dal gioco elettorale il cui aspetto “democratico” acquista dunque un colore molto opaco. I metodi sono stati ovviamente “legali” perché molti musulmani non hanno i documenti in regola e dunque è stato facile per le commissioni elettorali spuntare i loro nomi dalle liste.

Ashin Wirathu: la prima pagina
di
Time ma a che titolo

La Lega teme dunque l’ondata nazionalista identitaria e religiosa che si è fatta sentire negli ultimi anni grazie soprattutto alla Ma Ba Tha o Associazione patriottica del Myanmar (Pab) anche chiamata Associazione per la protezione della razza e della religione. La religione è quella del compassionevole Gautama Budda nella sua accezione Theravada. Ma Ba Tha è un’organizzazione nata formalmente nel 2014 e formata da un board di una cinquantina di membri tra cui spiccano accademici e soprattutto monaci, come Ashin Wirathu, un buddista estremista finito in galera nel 2003 per incitamento all’odio ma poi rilasciato nel 2010. Ideologo di un Paese puro senza “bin Laden birmani”, è anche il protettore del Movimento 969, un gruppo oltranzista islamofobo. La propaganda di personaggi come Ashin Wirathu – per citare il più noto – le azioni degli islamofobi e l’appoggio o la chiusura di entrambi gli occhi da parte delle forze di sicurezza, non solo ha permesso le azioni violente contro i rohingya nel 2012 (diverse vittime e 90mila sfollati) ma ha prodotto effetti legislativi in parlamento, facendo si che nel 2013 il ministero degli Affari religiosi proponesse quattro leggi per regolare conversioni e matrimoni inter-religiosi allo scopo di proibirli e per promuovere la monogamia e il controllo delle nascite. Il tutto su indicazioni dei radicali.

Di fronte all’ondata anti musulmana, soprattutto quando – dopo le violenze del 2012 – i rohingya hanno cominciato a fuggire in massa dal Myanmar, ha stupito il silenzio di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la democrazia, che per opportunità aveva preferito non prendere posizione attirandosi le critiche, seppur velate, persino del Dalai Lama. Ma adesso, la vicenda della purga pre elettorale, che coinvolgerebbe l’intera comunità islamica, fa scendere un’altra ombra sulla donna che tutti vorrebbero a capo dello Stato (anche se la legge sulla nazionalità glielo vieta per via dei figli con passaporto britannico). Un brutta ipoteca sul voto di domenica prossima.

Myanmar: questo Paese non è per musulmani

I due sfidanti del voto di domenica:
 Aung San Suu Kyi della Lnd
 Thein Sein, premier e capo dell’Usdp

Sono una novantina i partiti che si proporranno al voto dell’8 di novembre in Myanmar quando si svolgeranno le elezioni generali: le prime da che al governo – dal 2011 – non ci sono più uomini in divisa. Ma il timore che i militari e le loro milizie – che appoggiano il partito di governo – possano intimidire e minacciare chi si reca alle urne orientando il voto è una possibilità non troppo remota che è stata appena denunciata da un rapporto di Human Rights Wath.

 C‘è di più: secondo un membro del maggior partito di opposizione, che fa capo alla Nobel birmana Aung San Suu Kyi, i suoi leader hanno messo in piedi una vera e propria purga dei candidati musulmani nelle liste elettorali: la leadership della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) è spaventata – ha spiegato il personaggio ad Al Jazeera – dalla possibilità che il risveglio di un razzismo che vorrebbe difendere la purezza della razza e la religione della maggioranza e che si è scatenato negli ultimi anni contro la minoranza musulmana – il picco massimo si è verificato nel 2012 – riemerga facendosi propaganda elettorale. Un timore che l’ha decisa a espellere dalle fila dei suoi oltre mille candidati (regionali e nazionali) chiunque abbia il marchio del credo di Maometto, nonostante i musulmani in Birmania siano circa 5 milioni il che fa di loro una percentuale rilevante della popolazione del Paese: 48 milioni.

Nemmeno nelle liste del Partito della solidarietà e dello sviluppo al governo (Usdp) – sostenuto dai militari anche se veste abiti civili – ci saranno ovviamente musulmani. La pulizia etnico politica penalizza in particolare una comunità nel mirino da anni e bistrattata da sempre: i Rohingya, che una recente indagine di un gruppo di ricercatori della Yale Law School (la scuola universitaria di diritto della Yale Univesity con sede in Connecticut) sostiene siano stati oggetto di azioni od omissioni da parte del governo birmano che potrebbero addirittura configurare un’accusa di genocidio. Nello Stato del Rakhine (Arakan), a oltre un milione di musulmani rohingya è stata negata la cittadinanza sostenendo che si tratta di “bengalesi” immigrati. Un’accusa diventata pogrom verso la comunità che vive al confine con l’India e che recentemente è stata al centro di una fuga di massa via mare per cercare altrove rifugio. Ma rohingya o meno, il reato è essere di fede islamica. Meglio prevenire polemiche e strumentalizzazioni: che non si presentino né abbiano deputati. Che stiano insomma fuori dal gioco elettorale il cui aspetto “democratico” acquista dunque un colore molto opaco. I metodi sono stati ovviamente “legali” perché molti musulmani non hanno i documenti in regola e dunque è stato facile per le commissioni elettorali spuntare i loro nomi dalle liste.

Ashin Wirathu: la prima pagina
di
Time ma a che titolo

La Lega teme dunque l’ondata nazionalista identitaria e religiosa che si è fatta sentire negli ultimi anni grazie soprattutto alla Ma Ba Tha o Associazione patriottica del Myanmar (Pab) anche chiamata Associazione per la protezione della razza e della religione. La religione è quella del compassionevole Gautama Budda nella sua accezione Theravada. Ma Ba Tha è un’organizzazione nata formalmente nel 2014 e formata da un board di una cinquantina di membri tra cui spiccano accademici e soprattutto monaci, come Ashin Wirathu, un buddista estremista finito in galera nel 2003 per incitamento all’odio ma poi rilasciato nel 2010. Ideologo di un Paese puro senza “bin Laden birmani”, è anche il protettore del Movimento 969, un gruppo oltranzista islamofobo. La propaganda di personaggi come Ashin Wirathu – per citare il più noto – le azioni degli islamofobi e l’appoggio o la chiusura di entrambi gli occhi da parte delle forze di sicurezza, non solo ha permesso le azioni violente contro i rohingya nel 2012 (diverse vittime e 90mila sfollati) ma ha prodotto effetti legislativi in parlamento, facendo si che nel 2013 il ministero degli Affari religiosi proponesse quattro leggi per regolare conversioni e matrimoni inter-religiosi allo scopo di proibirli e per promuovere la monogamia e il controllo delle nascite. Il tutto su indicazioni dei radicali.

Di fronte all’ondata anti musulmana, soprattutto quando – dopo le violenze del 2012 – i rohingya hanno cominciato a fuggire in massa dal Myanmar, ha stupito il silenzio di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la democrazia, che per opportunità aveva preferito non prendere posizione attirandosi le critiche, seppur velate, persino del Dalai Lama. Ma adesso, la vicenda della purga pre elettorale, che coinvolgerebbe l’intera comunità islamica, fa scendere un’altra ombra sulla donna che tutti vorrebbero a capo dello Stato (anche se la legge sulla nazionalità glielo vieta per via dei figli con passaporto britannico). Un brutta ipoteca sul voto di domenica prossima.

Pensierino della sera

Il sostegno iraniano per sovvertire i Paesi arabi è grande una minaccia per la regione come il sedicente Stato  islamico (IS) ha detto  il ministro degli Esteri del Bahrein Sheikh Khaled bin Ahmed Al Khalifa  sabato in una conferenza sulla sicurezza a Manama. “Queste azioni non sono meno una minaccia per noi che Daesh”, ha aggiunto. (fonte The Dawn)

Meglio di tante teorie geopolitiche ecco una dichiarazione che dice pane al pane e vino al vino. E spiega molte cose

Pensierino della sera

Il sostegno iraniano per sovvertire i Paesi arabi è grande una minaccia per la regione come il sedicente Stato  islamico (IS) ha detto  il ministro degli Esteri del Bahrein Sheikh Khaled bin Ahmed Al Khalifa  sabato in una conferenza sulla sicurezza a Manama. “Queste azioni non sono meno una minaccia per noi che Daesh”, ha aggiunto. (fonte The Dawn)

Meglio di tante teorie geopolitiche ecco una dichiarazione che dice pane al pane e vino al vino. E spiega molte cose

Siria: forze curde e ribelli lanciano prima operazione anti-Daesh

(Agenzie). Una coalizione di milizie curde e di gruppi ribelli ha lanciato la sua prima operazione contro il gruppo jihadista Daesh nel nord-est della Siria.  Le Forze Democratiche Siriane (SDF) si sono formate a metà ottobre come un’alleanza tra il curdo l’YPG (Unità di Protezione Popolare) e altri gruppi di ribelli siriani. “Questo è il primo passo delle Forze Democratiche Siriane”, […]

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Libia: Martin Kobler nuovo inviato ONU al posto di Leon

(Agenzie). Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la nomina del tedesco Martin Kobler come nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia. Lo hanno riportato fonti diplomatiche, anche se non è chiaro quando avverrebbe con precisione il passaggio di testimone. Il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon ha notificato la decisione ai 15 membri del Consiglio con […]

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Egitto: aereo russo si è schiantato nel Sinai

(Agenzie). L’ufficio del Primo ministro egiziano ha confermato in una dichiarazione che un aereo civile russo si è schiantato nel Sinai centrale, aggiungendo che è stata istituita una sala operativa per monitorare le operazioni di soccorso. Le fonti hanno detto che l’aereo aveva a bordo principalmente turisti russi. Il velivolo era un jet Airbus A-321, aveva 217 […]

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Bahrein: l’Iran è una minaccia per gli Arabi tanto quanto Daesh

(Agenzie). Il sostegno dell’Iran alle sovversioni nei paesi arabi è una minaccia per la regione al pari di Daesh (ISIS). Lo ha affermato il ministro degli Esteri del Bahrein Sheikh Khaled bin Ahmed Al Khalifa durante una conferenza sulla sicurezza a Manama. “Le azioni di Teheran non sono meno pericolose di quelle di Daesh per noi” ha detto, utilizzando l’acronimo arabo per il […]

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La Russia e la “guerra santa” in Siria

Di Sami Nader. Al-Monitor (28/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. Il 16 ottobre scorso la Chiesa ortodossa russa ha definito “Guerra Santa” l’intervento russo in Siria, fatto che ha prodotto dibattiti e preoccupazione in Libano e in altre aree del Mashreq arabo, considerando le possibili ripercussioni sull’esistenza e il ruolo dei cristiani nell’area. Immediatamente una campagna […]

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Novità editoriali: “Impronte” di Hasan Ali Toptaş

Esce il 19 Novembre il primo romanzo tradotto in italiano di Hasan Ali Toptaş, lo scrittore turco definito dalla critica il “Kafka turco”. “Impronte”, uno dei suoi romanzi più acclamati, racconta la storia di Ziya che, soffocato dalla grande città, decide di stabilirsi in un piccolo paesino che trent’anni prima gli era stato descritto da […]

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La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

Libano: aiuti militari USA per fermare Daesh

(Agenzie). Una nuova strategia Usa per la lotta contro Daesh in Siria includerà assistenza alla sicurezza in Libano e Giordania, ha dichiarato una fonte del Senato degli Stati Uniti. Gli aiuti militari comprenderebbero anche una nuova forza speciale per le operazioni intensificate a Irbil, nel nord dell’Iraq, in cooperazione con gli iracheni.  

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Siria: prossima settimana riunione multilaterale a Vienna

(Agenzie). Il ministro degli Esteri iracheno ha detto che il prossimo incontro multilaterale sulla crisi in Siria dovrebbe svolgersi a Vienna la prossima settimana, secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa russe. Egli ha aggiunto che i colloqui sulla risoluzione della crisi in Siria non sono riusciti a portare a un accordo sul ruolo del presidente siriano […]

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Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Cucina tunisina: la fricassea, bignè fritti salati ripieni

Per il nostro appuntamento con la cucina di questa settimana, andiamo a scoprire una ricetta molto diffusa in Tunisia: la fricassea, bignè salati fritti ripieni! Ingredienti: Per i bignè: 500g di farina 1 cucchiaino di lievito 1 cucchiaio di zucchero 1 cucchiaino di sale 5 cucchiai d’olio d’oliva 5 cucchiai di latte tiepido 1 uovo […]

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Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Marocco: le settimane del cinema europeo dal 9 al 23 novembre

(Al Huffington Post Maghreb). Jacques Audiard, Nanni Moretti, Alberto Rodriguez: sono solo alcuni dei grandi nomi del cinema europeo che presenteranno i loro ultimi film nei più importanti cinema marocchini. Dal 9 al 23 novembre prossimo, si terrà la 24° edizione de’ Le Settimane del Cinema Europeo nei cinema di Marrakech, Casablanca, Tangeri e Rabat. Il programma comprende una […]

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Siria: in corso i negoziati a Vienna

(Agenzie). Sono in corso i colloqui volti a trovare una soluzione alla guerra in Siria a Vienna, a cui partecipano i ministri degli Esteri di Russia, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Francia, Egitto, Iraq, Libano e, per la prima volta, Iran. Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha esortato i partecipanti a mostrare “flessibilità” e ha […]

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ONU: bozza di risoluzione per conflitto Israele-Palestina

(Agenzie). Una bozza di risoluzione delle Nazioni Unite volta a rilanciare i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi chiede un congelamento degli insediamenti israeliani e si muove per perseguire Israele presso la Corte Penale Internazionale. Il testo elaborato dalla Nuova Zelanda è stato distribuito ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza, così come a israeliani […]

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La crisi irachena e gli scenari possibili

Di Abdul Hussein Shaaban, Al-Jazeera (28/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. La recente crisi irachena ha posto il Paese e il suo futuro sotto la lente di ingrandimento: l’Iraq sta forse andando verso la frammentazione? E dopo, quali saranno gli scenari possibili? Se quello della frammentazione è plausibile, a causa del peggioramento della crisi e […]

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Nepalese, comunista e donna

Il nuovo capo dello Stato del Nepal è una donna. Una donna comunista. Ha 54 anni, si chiama Bidhya Devi Bhandari e ha un curriculum di tutto rispetto dove spiccano le battaglie in difesa delle donne in una società dominata dai maschi e dalle caste alte che dettano ancora – anche se forse sempre meno – la legge non scritta della tradizione.

La sua elezione è’ una sorpresa due volte. Perché per una donna non è facile farsi strada in Nepal e lei è la prima donna presidente del suo Paese e perché il suo sfidante, Kul Bahadur Gurung, è comunque una figura di peso anche se ha perso: è il leader del Congresso nepalese, il primo partito del Paese. Ma il voto del parlamento, dove il secondo e il terzo partito sono della medesima area, le ha dato una maggioranza piena: 327 voti su 549. Non è maoista, come forse l’immaginario collettivo la pensa alla notizia che in Nepal ha vinto una comunista. Ma i voti dei maoisti (The Unified Communist Party of Nepal-Maoist, 80 seggi su 575) sono stati determinati. Il suo partito, Communist Party of Nepal-Unified Marxist–Leninist, poteva contare solo su 175 scranni. L’alleanza ha retto mentre al partito del Congresso invece non sono bastati gli alleati e i 196 seggi guadagnati nelle ultime elezioni (2013). La convivenza coi maoisti, che un prezzo lo avranno pur chiesto, non rappresenta al momento un problema: Bhandari può contare sul primo ministro Sharma Oli– l’uomo che ha il potere esecutivo in Nepal – che è comunista come lei, ed è anzi è il capo del partito di cui lei è comunque stata vicepresidente.


 La politica la conosce bene: nella base, nel partito, nel governo dove Bhandari ha già ricoperto un incarico istituzionale. E’ stata ministro della Difesa, un ruolo delicato in un Paese dove la guerra civile è stata una realtà per dieci anni e che si è conclusa con un accordo politico solo nel 2006 dopo 15mila vittime e tra 100 e 150mila sfollati interni. Da allora il Paese ha cambiato faccia.

Il cammino è stato lungo e resta ancora difficile. Questa piccola nazione himalayana, cerniera tra India e Cina, con solo 30 milioni di abitanti sparsi su un territorio grande la metà dell’Italia (147mila kmq) e connotato da montagne altissime e da un’enorme disomogeneità etnico linguistica, è stata una monarchia monolitica fino al 2008. Caduta pagando un prezzo elevato. E’ un vasto movimento popolare ad averla abbattuta ma sono stati i maoisti a segnare il punto di svolta. Una svolta difficile che alla fine porterà, solo nel settembre scorso, alla nuova, sofferta Costituzione. Nuova e innovativa perché è la prima in Asia che proteggere ad esempio i diritti dei gay. Sofferta perché la sua approvazione è stata bagnata dal sangue di 40 morti nelle manifestazioni di piazza che hanno preceduto il voto finale a cui si è arrivati con molte difficoltà.

La mappa linguistica di un Paese grande la metà
dell’Italia ma con oltre cento lingue. In alto la nuova presidente.
Sotto, il compagno Prachanda

Non ancora finite. La Costituzione, che fa del piccolo Paese montano una repubblica federata di sette province, lascia scontente molte minoranze in una nazione dove si parlano oltre cento lingue diverse e dove le comunità più marginali e periferiche si sentono sotto rappresentate. Una sfida per la nuova presidente.

Nondimeno, il Paese va avanti, in un equilibrio difficile recentemente turbato dal sisma che ha fatto strage di uomini, animali, abitazioni, strutture e monumenti anche nella capitale (400mila vivono ancora in rifugi inadeguati all’inverno che si sta avvicinando, secondo la rete di Ong italiane “Agire”). Un Paese dove i nodi del sottosviluppo restano in gran parte intatti in una zona del mondo dominata ancora dalle regole castali e da rapporti semi feudali che regolano la vita di comunità prevalentemente agricole (75% della forza lavoro). Un Paese in equilibrio difficile anche per la sua posizione geografica di Stato “cuscinetto” schiacciato tra i due grandi colossi del continente, Delhi e Pechino. Che ora cullano, ora minacciano, alla ricerca di una supremazia che per anni è stata guadagnata dall’India che di gran parte del Nepal influenza cultura e tradizione e che preme ai suoi confini con uno degli eserciti più potenti del mondo. I cinesi non sono da meno: guardano con occhio traverso le comunità buddiste e tibetane che in quel Paese trovano rifugio e provano a stuzzicare Kathmandu con la promessa dello sviluppo. Proprio ieri il Nepal ha firmato un accordo con la Cina che di fatto mette fine al monopolio indiano per le forniture dei prodotti petroliferi. Un monopolio che durava da 45 anni.

Anche questi nodi su un pettine sfilacciato toccheranno a Bidhya Devi Bhandari, una storia di militanza

politica, di battaglie in difesa delle donne e delle minoranze (che potrebbero essere un suo punto di forza) e una storia personale gravata da un dramma che le ha tolto il marito, Madan Bhandari, uno dei più noti leader comunisti del Paese: è vittima di un incidente di auto nel 1993 su cui si sono accavallati molti dubbi che nessuna inchiesta è riuscita a chiarire.

Dall’altra parte della barricate, accanto all’appoggio indiscusso del premier, resta comunque il potente partito del Congresso, passato indenne per tutte le stagioni (è nato nella sua forma primigenia nel 1947 e ha vinto le prime elezioni democratiche nel 1991) e un partito maoista con un leader carismatico, Pushpa Kamal Dahal, più comunemente noto come il compagno Prachanda. Si dovrà tenerne conto come si dovrà tener conto dell’applicazione della prima Costituzione repubblicana del Paese, in questi mesi alla sua prima vera prova del fuoco.

Nepalese, comunista e donna

Il nuovo capo dello Stato del Nepal è una donna. Una donna comunista. Ha 54 anni, si chiama Bidhya Devi Bhandari e ha un curriculum di tutto rispetto dove spiccano le battaglie in difesa delle donne in una società dominata dai maschi e dalle caste alte che dettano ancora – anche se forse sempre meno – la legge non scritta della tradizione.

La sua elezione è’ una sorpresa due volte. Perché per una donna non è facile farsi strada in Nepal e lei è la prima donna presidente del suo Paese e perché il suo sfidante, Kul Bahadur Gurung, è comunque una figura di peso anche se ha perso: è il leader del Congresso nepalese, il primo partito del Paese. Ma il voto del parlamento, dove il secondo e il terzo partito sono della medesima area, le ha dato una maggioranza piena: 327 voti su 549. Non è maoista, come forse l’immaginario collettivo la pensa alla notizia che in Nepal ha vinto una comunista. Ma i voti dei maoisti (The Unified Communist Party of Nepal-Maoist, 80 seggi su 575) sono stati determinati. Il suo partito, Communist Party of Nepal-Unified Marxist–Leninist, poteva contare solo su 175 scranni. L’alleanza ha retto mentre al partito del Congresso invece non sono bastati gli alleati e i 196 seggi guadagnati nelle ultime elezioni (2013). La convivenza coi maoisti, che un prezzo lo avranno pur chiesto, non rappresenta al momento un problema: Bhandari può contare sul primo ministro Sharma Oli– l’uomo che ha il potere esecutivo in Nepal – che è comunista come lei, ed è anzi è il capo del partito di cui lei è comunque stata vicepresidente.


 La politica la conosce bene: nella base, nel partito, nel governo dove Bhandari ha già ricoperto un incarico istituzionale. E’ stata ministro della Difesa, un ruolo delicato in un Paese dove la guerra civile è stata una realtà per dieci anni e che si è conclusa con un accordo politico solo nel 2006 dopo 15mila vittime e tra 100 e 150mila sfollati interni. Da allora il Paese ha cambiato faccia.

Il cammino è stato lungo e resta ancora difficile. Questa piccola nazione himalayana, cerniera tra India e Cina, con solo 30 milioni di abitanti sparsi su un territorio grande la metà dell’Italia (147mila kmq) e connotato da montagne altissime e da un’enorme disomogeneità etnico linguistica, è stata una monarchia monolitica fino al 2008. Caduta pagando un prezzo elevato. E’ un vasto movimento popolare ad averla abbattuta ma sono stati i maoisti a segnare il punto di svolta. Una svolta difficile che alla fine porterà, solo nel settembre scorso, alla nuova, sofferta Costituzione. Nuova e innovativa perché è la prima in Asia che proteggere ad esempio i diritti dei gay. Sofferta perché la sua approvazione è stata bagnata dal sangue di 40 morti nelle manifestazioni di piazza che hanno preceduto il voto finale a cui si è arrivati con molte difficoltà.

La mappa linguistica di un Paese grande la metà
dell’Italia ma con oltre cento lingue. In alto la nuova presidente.
Sotto, il compagno Prachanda

Non ancora finite. La Costituzione, che fa del piccolo Paese montano una repubblica federata di sette province, lascia scontente molte minoranze in una nazione dove si parlano oltre cento lingue diverse e dove le comunità più marginali e periferiche si sentono sotto rappresentate. Una sfida per la nuova presidente.

Nondimeno, il Paese va avanti, in un equilibrio difficile recentemente turbato dal sisma che ha fatto strage di uomini, animali, abitazioni, strutture e monumenti anche nella capitale (400mila vivono ancora in rifugi inadeguati all’inverno che si sta avvicinando, secondo la rete di Ong italiane “Agire”). Un Paese dove i nodi del sottosviluppo restano in gran parte intatti in una zona del mondo dominata ancora dalle regole castali e da rapporti semi feudali che regolano la vita di comunità prevalentemente agricole (75% della forza lavoro). Un Paese in equilibrio difficile anche per la sua posizione geografica di Stato “cuscinetto” schiacciato tra i due grandi colossi del continente, Delhi e Pechino. Che ora cullano, ora minacciano, alla ricerca di una supremazia che per anni è stata guadagnata dall’India che di gran parte del Nepal influenza cultura e tradizione e che preme ai suoi confini con uno degli eserciti più potenti del mondo. I cinesi non sono da meno: guardano con occhio traverso le comunità buddiste e tibetane che in quel Paese trovano rifugio e provano a stuzzicare Kathmandu con la promessa dello sviluppo. Proprio ieri il Nepal ha firmato un accordo con la Cina che di fatto mette fine al monopolio indiano per le forniture dei prodotti petroliferi. Un monopolio che durava da 45 anni.

Anche questi nodi su un pettine sfilacciato toccheranno a Bidhya Devi Bhandari, una storia di militanza

politica, di battaglie in difesa delle donne e delle minoranze (che potrebbero essere un suo punto di forza) e una storia personale gravata da un dramma che le ha tolto il marito, Madan Bhandari, uno dei più noti leader comunisti del Paese: è vittima di un incidente di auto nel 1993 su cui si sono accavallati molti dubbi che nessuna inchiesta è riuscita a chiarire.

Dall’altra parte della barricate, accanto all’appoggio indiscusso del premier, resta comunque il potente partito del Congresso, passato indenne per tutte le stagioni (è nato nella sua forma primigenia nel 1947 e ha vinto le prime elezioni democratiche nel 1991) e un partito maoista con un leader carismatico, Pushpa Kamal Dahal, più comunemente noto come il compagno Prachanda. Si dovrà tenerne conto come si dovrà tener conto dell’applicazione della prima Costituzione repubblicana del Paese, in questi mesi alla sua prima vera prova del fuoco.

L’isola che sognava i leoni – Artwork in Cuba

leoni 110La mostra al Museo Tornielli di Ameno dal 31 ottobre al 10 gennaio 2016, è un’evoluzione del progetto espositivo, La Terzera Orilla (la terza riva), presentato a Valencia l’anno scorso, in collaborazione tra la galleria Kir Royal, il Politecnico di Valencia e la Facoltà di Belle Arti di Sant Carles.

L’isola che sognava i leoni – Artwork in Cuba

leoni 110La mostra al Museo Tornielli di Ameno dal 31 ottobre al 10 gennaio 2016, è un’evoluzione del progetto espositivo, La Terzera Orilla (la terza riva), presentato a Valencia l’anno scorso, in collaborazione tra la galleria Kir Royal, il Politecnico di Valencia e la Facoltà di Belle Arti di Sant Carles.

L’isola che sognava i leoni – Artwork in Cuba

leoni 110La mostra al Museo Tornielli di Ameno dal 31 ottobre al 10 gennaio 2016, è un’evoluzione del progetto espositivo, La Terzera Orilla (la terza riva), presentato a Valencia l’anno scorso, in collaborazione tra la galleria Kir Royal, il Politecnico di Valencia e la Facoltà di Belle Arti di Sant Carles.

L’isola che sognava i leoni – Artwork in Cuba

leoni 110La mostra al Museo Tornielli di Ameno dal 31 ottobre al 10 gennaio 2016, è un’evoluzione del progetto espositivo, La Terzera Orilla (la terza riva), presentato a Valencia l’anno scorso, in collaborazione tra la galleria Kir Royal, il Politecnico di Valencia e la Facoltà di Belle Arti di Sant Carles.

Raif Badawi riceve premio UE per la libertà di coscienza

(Agenzie). Il Parlamento europeo ha assegnato il premio Sakharov per la libertà di coscienza al blogger saudita Raif Badawi. A Badawi, stato condannato dalle autorità saudite a mille frustate e dieci anni di carcere per aver offeso l’Islam sul suo sito web nel 2014, saranno assegnati 50.000 euro. Il vincitore è stato annunciato dal presidente del Parlamento europeo, Martin […]

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Erdogan lascerà che il potere gli scivoli via dalle mani?

Di Murat Yetkİn, Hurriyet Daily News, (27/10/2015) Traduzione e sintesi di Chiara Cartia La posta in gioco principale delle elezioni del 7 giugno era sapere se l’HDP (Partito Democratico del Popolo) avrebbe superato la soglia del 10% per entrare in Parlamento. Ci è riuscito grazie al co-Presidente Selahattin Demirtaş che ha voluto che il sistema […]

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Turchia: corsi di lingua araba nelle scuole elementari e medie

(Agenzie). Il Ministero della Pubblica Istruzione della Turchia ha annunciato il 22 ottobre scorso che agli studenti delle scuole elementari saranno offerti corsi di arabo a partire dall’anno accademico 2016-2017. Il corso per seconda e terza elementare sarà limitato ad ascolto, comprensione e conversazione, mentre per quarta e quinta elementare comprenderà anche scrittura in lingua araba. Il corso […]

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Colloqui Siria: opposizione non invitata

(Agenzie). Né il principale organo di opposizione politica siriana, né i rappresentanti dell’opposizione armata sono stati invitati ai colloqui internazionali sulla guerra in Siria che si tengono a Vienna. Lo hanno dichiarato un politico dell’opposizione e un leader dei ribelli. Il governo siriano di Damasco nel frattempo non ha ancora emesso alcun commento ufficiale sui […]

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Kerry: colloqui Vienna, chance per salvare Siria dall’inferno

(Agenzie). Il Segretario di Stato americano John Kerry ha dichiarato che i colloqui internazionali di questa settimana sulla guerra in Siria non troveranno una soluzione politica immediata ma rappresentano comunque la migliore speranza disponibile.  “Trovare una via d’uscita sulla Siria non sarà facile, non sarà automatico ma è l’occasione più promettente per una apertura politica”, ha detto […]

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Yemen chiede di entrare nel CCG dopo ripristino stabilità

(Agenzie). Il ministro yemenita della pianificazione Mohammed Maytami detto che lo Yemen vuole tornare a far parte del CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo), dopo che la sua sicurezza e stabilità verranno ripristinate nel Paese. In un’intervista con Al-Arabiya, il ministro ha detto che il presidente yemenita Abd Rabbo Mansur Hadi  presenterà una richiesta ufficiale di adesione al […]

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Un nuovo ordine mondiale sta emergendo dal Medio Oriente

Di Azeem Ibrahim. Al-Arabiya (27/10/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi Questo anno sta vedendo il rimodellamento più drastico della geopolitica del Medio Oriente forse dalla Seconda Guerra Mondiale. Di sicuro dal crollo dell’Unione Sovietica. Tutto è in mutazione continua. Russia e Iran stanno estromettendo gli Stati Uniti e la NATO dalla Siria. L’Iran è […]

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Risveglio indonesiano

Qualche giorno fa il terzo numero della pubblicazione “Lentera”, un magazine studentesco dell’università cristiana Uksw di Salatiga (Giava), è finito al macero: 500 copie uscite il 9 ottobre e che il rettore ha deciso di censurare. Il perché sta nel titolo: Salatiga Kota Merah (Salatiga città rossa), una raccolta di storie su cosa avvenne dal 1965 in avanti, presentate in copertina con un’immagine di una manifestazione di massa del Pki. Se la notizia si aggiunge alla rimozione di ogni riflessione sui fatti del ’65, dice anche che il fermento è tutt’altro che poco diffuso. Lo stesso film di Oppenheimer, The Act of Killing, pare sia stato proiettato privatamente almeno 500 volte e il Guardian ne ha fatto un articolo-indagine dopo che il film è stato visto all’Università di Yogyakarta. La riflessione è partita da tempo grazie ad alcuni coraggiosi scrittori, editori, giornali: come il magazine Tempo, già nel mirino ai tempi della dittatura, o grazie a scrittori come Baskara Wardaya, che nel 2013 ha pubblicato Truth Will Out: Indonesian Accounts of the 1965 Mass Violence. E, se era uno degli scrittori che dovevano paretcipare ala sessione cancellata dell’Ubud Festival, è anche un docente che continua a insegnare storia a Giava. Insomma, tra difficoltà e colpi di coda, il processo è iniziato. E va avanti. Ospite d’onore alla Buchmesse diFrancofrote quest’anno, l’Indonesia conosce una nuova stagione che, almeno in parte, si guarda allo specchio. Ne sono la prova i tanti libri tradotti sull’argomento tra cui uno anche italiano.

Presentato a Roma al Salone dell’editoria sociale dalla sua curatrice, Antonia Soriente (che lo ha tradotto con gli studenti del suo corso all’Orientale di Napoli), Ritorno a casa della giovanissima giornalista Leila Chudori (AsiaSphere) è un romanzo di amori e passione che si svolge proprio negli anni bui della repressione, saltando da Jakarta a Parigi dove un gruppo di rifugiati politici vive la tragedia che si dipana in patria. Alternando sapori a sentimenti, sensazioni a verità storica, amicizie sentimentali e rapporti politici, il romanzo entra nella carne viva della tragedia e di come fu e viene vissuta. Un bel libro, sia del punto di vista storico – con una ricostruzione accurata – sia dal punto di visto della godibilità letteraria. Un volume attraversato anche da una raffinata sensualità, sottile ma prepotente, che è un po’ la cifra del recente risveglio letterario indonesiano.

Risveglio indonesiano

Qualche giorno fa il terzo numero della pubblicazione “Lentera”, un magazine studentesco dell’università cristiana Uksw di Salatiga (Giava), è finito al macero: 500 copie uscite il 9 ottobre e che il rettore ha deciso di censurare. Il perché sta nel titolo: Salatiga Kota Merah (Salatiga città rossa), una raccolta di storie su cosa avvenne dal 1965 in avanti, presentate in copertina con un’immagine di una manifestazione di massa del Pki. Se la notizia si aggiunge alla rimozione di ogni riflessione sui fatti del ’65, dice anche che il fermento è tutt’altro che poco diffuso. Lo stesso film di Oppenheimer, The Act of Killing, pare sia stato proiettato privatamente almeno 500 volte e il Guardian ne ha fatto un articolo-indagine dopo che il film è stato visto all’Università di Yogyakarta. La riflessione è partita da tempo grazie ad alcuni coraggiosi scrittori, editori, giornali: come il magazine Tempo, già nel mirino ai tempi della dittatura, o grazie a scrittori come Baskara Wardaya, che nel 2013 ha pubblicato Truth Will Out: Indonesian Accounts of the 1965 Mass Violence. E, se era uno degli scrittori che dovevano paretcipare ala sessione cancellata dell’Ubud Festival, è anche un docente che continua a insegnare storia a Giava. Insomma, tra difficoltà e colpi di coda, il processo è iniziato. E va avanti. Ospite d’onore alla Buchmesse diFrancofrote quest’anno, l’Indonesia conosce una nuova stagione che, almeno in parte, si guarda allo specchio. Ne sono la prova i tanti libri tradotti sull’argomento tra cui uno anche italiano.

Presentato a Roma al Salone dell’editoria sociale dalla sua curatrice, Antonia Soriente (che lo ha tradotto con gli studenti del suo corso all’Orientale di Napoli), Ritorno a casa della giovanissima giornalista Leila Chudori (AsiaSphere) è un romanzo di amori e passione che si svolge proprio negli anni bui della repressione, saltando da Jakarta a Parigi dove un gruppo di rifugiati politici vive la tragedia che si dipana in patria. Alternando sapori a sentimenti, sensazioni a verità storica, amicizie sentimentali e rapporti politici, il romanzo entra nella carne viva della tragedia e di come fu e viene vissuta. Un bel libro, sia del punto di vista storico – con una ricostruzione accurata – sia dal punto di visto della godibilità letteraria. Un volume attraversato anche da una raffinata sensualità, sottile ma prepotente, che è un po’ la cifra del recente risveglio letterario indonesiano.

USA: donna di origini siriane presenta candidatura per presidenziali 2016

(Agenzie). Souraya Faas, un’americana di origini siriane, ha presentato la sua candidatura per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti del 2016. Pur essendo repubblicana, ha dichiarato che preferisce candidarsi per le presidenziali come indipendente a causa della difficoltà di raggiungere il consenso del partito su un particolare candidato. Faas è nata nel 1981 a New York da padre siriano, […]

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“Il giardino persiano” di Chiara Mezzalama

Come appare l’Iran della rivoluzione Khomeinista agli occhi di una bambina italiana di nove anni? Ce lo racconta Chiara Mezzalama in questo suo primo romanzo autobiografico, nel quale descrive l’indimenticabile esperienza della sua prima estate in Iran, al seguito del padre nominato ambasciatore italiano a Teheran. Lo sguardo della piccola Chiara si posa fin da […]

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Israele-Palestina: la Mogherini vuole incontrare Netanyahu e Abbas con il Quartetto

(Agenzie). L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea Federica Mogherini ha esortato il Premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas ad incontrare i rappresentanti del Quartetto “entro pochi giorni”, nella speranza di rilanciare i colloqui di pace, attualmente in fase di stallo. Il Quartetto è composto da Stati Uniti, Nazioni […]

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Gli archivi della dittatura: una questione ancora aperta

Lilia Blaise Negli angoli degli Archivi Nazionali a Tunisi, fra gli innumerevoli documenti da stralciare, inviati quotidianamente dai ministeri e dall’amministrazione, in aggiunta ai 20.000 chilometri di archivi, due giovani, una ragazza e un ragazzo, stanno leggendo in silenzio. Non ripassano per un esame e nemmeno si dedicano alla loro tesi. In pieno mese di luglio 2015 questi due giovani […]

Siria: colloqui per porre fine alla guerra includeranno l’Iran

(Agenzie). L’Iran sarà invitato a partecipare ai colloqui di Vienna che si terranno il prossimo venerdì 30 ottobre per discutere di come porre fine al conflitto in Siria. Il Dipartimento di Stato americano ha detto che il dialogo è volto a trovare una soluzione per una transizione politica a Damasco.  Un funzionario della regione, tuttavia, ha dichiarato a Reuters che […]

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Arabia Saudita–Regno Unito: realpolitik o avido nichilismo?

Di Shane Croucher. International Business Time (27/10/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo L’Arabia Saudita ha lanciato una minaccia velata all’establishment britannico in mezzo a una crescente preoccupazione per l’ignobile record sui diritti umani dello Stato arabo. L’ultima ondata di critiche della Gran Bretagna verso l’Arabia Saudita si è accesa dopo che è emerso che […]

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Quel maledetto 1965

Le stragi del triennio maledetto in un’immagine d’epoca

«E’ con grande disappunto che l’Ubud Writers & Readers Festival annuncia la cancellazione della sessione dedicata alla repressione anti comunista del 1965… anche la proiezione di The Look of Silence di Joshua Oppenheimer è stata cancellata».

Così gli organizzatori di una delle più importanti manifestazioni culturali indonesiane, se non la più nota, hanno dato venerdi scorso la notizia di un atto di censura che di fatto cancella il primo vero tentativo di fare i conti con un passato che ha appena compiuto 50 anni. Da quando un colpo di stato organizzato da una parte dell’esercito tentò, il 1 ottobre del 1965, di prendere il potere in Indonesia prima che a farlo fossero i generali che poi organizzarono la repressione immediata del putsch e, nei tre anni successivi, un vero e proprio massacro che portò all’estinzione del Partito comunista, dei suoi affiliati, simpatizzanti o semplicemente di persone contigue – per amicizia o parentela – a chi aveva simpatie di sinistra. Un incubo con un bilancio incerto che i più moderati fissano ad almeno mezzo milione di morti.

Bung Karno (Sukarno). Sotto
a destra Jokowi

Il governo del presidente Jokowi, un civile che ha vinto da poco le elezioni sfidando proprio la lobby militare e conservatrice erede di quell’oscuro patrimonio, ha deciso però che i tempi non sono maturi per una riflessione che continua a far paura, è assente dai libri di storia se non in forma manipolata e non ha mai fatto i conti con almeno una commissione di verità e giustizia. Un incubo senza colpevoli che pesa su 250 milioni di indonesiani e sull’incapacità di una classe dirigente, ancorché progressista, di aprire finalmente il dibattito su cosa accadde in quei tre anni maledetti e nella dittatura che ne seguì per altri trenta.

La sessione dedicata a questo viaggio nella memoria doveva iniziare giovedi 29. Al centro vi sarebbe stato il discusso film di Oppenheimer (The Act of Killing 2012) – candidato all’Oscar ma che in Indonesia non è distribuito – e il seguito (The Look of Silence, Gran premio della giuria a Venezia) ma anche la discussione franca con chi di quegli anni bui ha scritto e dibattuto non senza difficoltà: stranieri e indonesiani.

Gli organizzatori hanno motivato la decisione di obbedire alle autorità col fatto che altrimenti avrebbero messo a rischio l’intero festival che si svolge a Bali e prevede 225 eventi tra mostre, film e dibattiti. E se è un segno dei tempi (positivo) la lunga lettera pubblica del Festival sul web a chi si era prenotato per la sessione sul ’65, è un pessimo segnale quello che viene da Jakarta proprio nell’anniversario di una delle pagine più importanti sia della storia indonesiana, sia della Guerra fredda visto che il Pki indonesiano era vicino ai cinesi e il generale Suharto, che guidò la repressione esautorando Sukarno e governando sino al 1998, era appoggiato da Washington che temeva che l’Indonesia, tassello fondamentale dell’“effetto domino” (teoria che allora guidò la guerra in Indocina), si sarebbe spostata definitivamente nell’aerea socialista.

Cosa accadde esattamente alla vigilia di quello che un film di regime ha chiamato “Il tradimento del Pki” è ancora oggetto di dibattito. Untung, un soldato che era stato promosso durante la guerra con l’Olanda per l’indipendenza, si era incontrato in una base militare della capitale con Aidit, l’allora capo del partito comunista, il più forte dell’Asia dopo quelli cinese e sovietico. E’ possibile che avessero organizzato quello che fu chiamato un “golpe preventivo” poiché erano note le intenzioni del Dewan Jendral, il consiglio dei generali che avevano in odio la politica si Sukarno che, in un bizzarro equilibrio e nell’esercizio di quella che aveva chiamato “Democrazia guidata”, coniugava nazionalismo, religione e comunismo con una costruzione ideologica che aveva partorito il Nasakom (Nasionalisme, Agama, Komunisme), una terza via comunque preoccupante. Era l’epoca in cui, agli inizi degli anni Cinquanta, aveva preso il via proprio dall’Indonesia – con la Conferenza di Bandung – il Movimento dei non allineati nel quale Sukarno era al fianco di Tito, Nehru, Nasser e Ciuenlai. Un’epoca in cui, dopo la fine delle colonie, si affaccia il neo colonialismo americano e la spartizione del mondo tra Usa e Urss che caratterizzerà anche la spaccatura nell’area socialista. Sukarno era un alleato di Aidit e del suo Pki ma manteneva le distanze. Non abbastanza però per i generali e gli strateghi della Cia, che consideravano l’Indonesia una pedina chiave nel Sudest asiatico minacciato dalle promesse di riscatto dei nordvietnamiti.

Probabilmente Untung e Aidit pensarono che era il caso di metterlo alle strette e di evitare che il suo equilibrismo diventasse l’occasione per soluzioni autoritarie di destra. Untung aveva influenza sulla guardia presidenziale e sulla divisione Diponegoro, schierata nella capitale per la ricorrenza del 5 ottobre, festa delle forze armate: col loro aiuto voleva impadronirsi dei gangli del potere, occupare la radio nazionale (l’unica cosa che riuscì), sequestrare alcuni generali (in parte trucidati) e mettere Sukarno sotto tutela andando a prenderlo a Palazzo. Ma il golpe fallì e quando i soldati di Untung andarono a prelevarlo, Bung Karno (il “compagno” Sukarno) era lontano, in compagnia di un giovane generale: Suharto. Sukarno si spaventa o viene convinto; forse sapeva oppure – come sempre dirà – era all’oscuro di tutto. Affida i pieni poteri a Suharto che approfitta dell’ondata di sdegno che segue al sequestro dei generali e soprattutto dell’impreparazione tattica di Untung che ha fatto male i conti. Suharto stringe i ranghi, assolda milizie, fa lega con i landlord spodestati dalla riforma agraria e mette in opera un vero e proprio genocidio contro la razza comunista. Incendi, torture, stupri, fosse comuni. Aidit viene catturato e ucciso quasi subito. Untung è condannato a morte dai militari. Nessuno di loro potrà più testimoniare.

Se i morti furono 500mila o più di un milione non è chiaro ma la strage colpì ogni famiglia. Il triennio stragista si concluse con un silenzio che dura ormai da cinquant’anni anche se timidi segnali erano venuti già a galla dopo la caduta e la morte di Suharto ma senza mai arrivare a un vero dibattuto nazionale di cui il Festival di Ubud era la prima vera occasione. Cancellata da un uomo, al potere da un anno, su cui invece si erano appuntate molte speranze. Anche quella di aprire quella pagina per poterla richiudere poi al prezzo della verità, l’unica via perché si possa parlare di giustizia.

Jokowi, già governatore di Jakarta, un mister clean progressista venuto dal nulla, di segnali imbarazzanti ne ha però dati parecchi. A cominciare dalle esecuzioni che nel 2015 sono state già 14 (27 nel periodo 1999-2014). Nei giorni scorsi il suo governo è entrato ancora nel mirino di Amnesty che gli ha chiesto di revocare il nuovo codice penale islamico della provincia di Aceh, entrato in vigore il 23 ottobre: il Qanun Jinayat, che punisce i rapporti extra coniugali e l’omosessualità a frustate, tra 30 e 100. Ed è di questi giorni la polemica sulla decisione di un giudice di chiedere al presidente un decreto sulla castrazione chimica in caso di abusi sui minori. Ce n’è insomma perché si torni a parlare di un Paese che era diventato un piccolo miracolo di democrazia e sviluppo. I suoi fantasmi continuano a regnare.

Quel maledetto 1965

Le stragi del triennio maledetto in un’immagine d’epoca

«E’ con grande disappunto che l’Ubud Writers & Readers Festival annuncia la cancellazione della sessione dedicata alla repressione anti comunista del 1965… anche la proiezione di The Look of Silence di Joshua Oppenheimer è stata cancellata».

Così gli organizzatori di una delle più importanti manifestazioni culturali indonesiane, se non la più nota, hanno dato venerdi scorso la notizia di un atto di censura che di fatto cancella il primo vero tentativo di fare i conti con un passato che ha appena compiuto 50 anni. Da quando un colpo di stato organizzato da una parte dell’esercito tentò, il 1 ottobre del 1965, di prendere il potere in Indonesia prima che a farlo fossero i generali che poi organizzarono la repressione immediata del putsch e, nei tre anni successivi, un vero e proprio massacro che portò all’estinzione del Partito comunista, dei suoi affiliati, simpatizzanti o semplicemente di persone contigue – per amicizia o parentela – a chi aveva simpatie di sinistra. Un incubo con un bilancio incerto che i più moderati fissano ad almeno mezzo milione di morti.

Bung Karno (Sukarno). Sotto
a destra Jokowi

Il governo del presidente Jokowi, un civile che ha vinto da poco le elezioni sfidando proprio la lobby militare e conservatrice erede di quell’oscuro patrimonio, ha deciso però che i tempi non sono maturi per una riflessione che continua a far paura, è assente dai libri di storia se non in forma manipolata e non ha mai fatto i conti con almeno una commissione di verità e giustizia. Un incubo senza colpevoli che pesa su 250 milioni di indonesiani e sull’incapacità di una classe dirigente, ancorché progressista, di aprire finalmente il dibattito su cosa accadde in quei tre anni maledetti e nella dittatura che ne seguì per altri trenta.

La sessione dedicata a questo viaggio nella memoria doveva iniziare giovedi 29. Al centro vi sarebbe stato il discusso film di Oppenheimer (The Act of Killing 2012) – candidato all’Oscar ma che in Indonesia non è distribuito – e il seguito (The Look of Silence, Gran premio della giuria a Venezia) ma anche la discussione franca con chi di quegli anni bui ha scritto e dibattuto non senza difficoltà: stranieri e indonesiani.

Gli organizzatori hanno motivato la decisione di obbedire alle autorità col fatto che altrimenti avrebbero messo a rischio l’intero festival che si svolge a Bali e prevede 225 eventi tra mostre, film e dibattiti. E se è un segno dei tempi (positivo) la lunga lettera pubblica del Festival sul web a chi si era prenotato per la sessione sul ’65, è un pessimo segnale quello che viene da Jakarta proprio nell’anniversario di una delle pagine più importanti sia della storia indonesiana, sia della Guerra fredda visto che il Pki indonesiano era vicino ai cinesi e il generale Suharto, che guidò la repressione esautorando Sukarno e governando sino al 1998, era appoggiato da Washington che temeva che l’Indonesia, tassello fondamentale dell’“effetto domino” (teoria che allora guidò la guerra in Indocina), si sarebbe spostata definitivamente nell’aerea socialista.

Cosa accadde esattamente alla vigilia di quello che un film di regime ha chiamato “Il tradimento del Pki” è ancora oggetto di dibattito. Untung, un soldato che era stato promosso durante la guerra con l’Olanda per l’indipendenza, si era incontrato in una base militare della capitale con Aidit, l’allora capo del partito comunista, il più forte dell’Asia dopo quelli cinese e sovietico. E’ possibile che avessero organizzato quello che fu chiamato un “golpe preventivo” poiché erano note le intenzioni del Dewan Jendral, il consiglio dei generali che avevano in odio la politica si Sukarno che, in un bizzarro equilibrio e nell’esercizio di quella che aveva chiamato “Democrazia guidata”, coniugava nazionalismo, religione e comunismo con una costruzione ideologica che aveva partorito il Nasakom (Nasionalisme, Agama, Komunisme), una terza via comunque preoccupante. Era l’epoca in cui, agli inizi degli anni Cinquanta, aveva preso il via proprio dall’Indonesia – con la Conferenza di Bandung – il Movimento dei non allineati nel quale Sukarno era al fianco di Tito, Nehru, Nasser e Ciuenlai. Un’epoca in cui, dopo la fine delle colonie, si affaccia il neo colonialismo americano e la spartizione del mondo tra Usa e Urss che caratterizzerà anche la spaccatura nell’area socialista. Sukarno era un alleato di Aidit e del suo Pki ma manteneva le distanze. Non abbastanza però per i generali e gli strateghi della Cia, che consideravano l’Indonesia una pedina chiave nel Sudest asiatico minacciato dalle promesse di riscatto dei nordvietnamiti.

Probabilmente Untung e Aidit pensarono che era il caso di metterlo alle strette e di evitare che il suo equilibrismo diventasse l’occasione per soluzioni autoritarie di destra. Untung aveva influenza sulla guardia presidenziale e sulla divisione Diponegoro, schierata nella capitale per la ricorrenza del 5 ottobre, festa delle forze armate: col loro aiuto voleva impadronirsi dei gangli del potere, occupare la radio nazionale (l’unica cosa che riuscì), sequestrare alcuni generali (in parte trucidati) e mettere Sukarno sotto tutela andando a prenderlo a Palazzo. Ma il golpe fallì e quando i soldati di Untung andarono a prelevarlo, Bung Karno (il “compagno” Sukarno) era lontano, in compagnia di un giovane generale: Suharto. Sukarno si spaventa o viene convinto; forse sapeva oppure – come sempre dirà – era all’oscuro di tutto. Affida i pieni poteri a Suharto che approfitta dell’ondata di sdegno che segue al sequestro dei generali e soprattutto dell’impreparazione tattica di Untung che ha fatto male i conti. Suharto stringe i ranghi, assolda milizie, fa lega con i landlord spodestati dalla riforma agraria e mette in opera un vero e proprio genocidio contro la razza comunista. Incendi, torture, stupri, fosse comuni. Aidit viene catturato e ucciso quasi subito. Untung è condannato a morte dai militari. Nessuno di loro potrà più testimoniare.

Se i morti furono 500mila o più di un milione non è chiaro ma la strage colpì ogni famiglia. Il triennio stragista si concluse con un silenzio che dura ormai da cinquant’anni anche se timidi segnali erano venuti già a galla dopo la caduta e la morte di Suharto ma senza mai arrivare a un vero dibattuto nazionale di cui il Festival di Ubud era la prima vera occasione. Cancellata da un uomo, al potere da un anno, su cui invece si erano appuntate molte speranze. Anche quella di aprire quella pagina per poterla richiudere poi al prezzo della verità, l’unica via perché si possa parlare di giustizia.

Jokowi, già governatore di Jakarta, un mister clean progressista venuto dal nulla, di segnali imbarazzanti ne ha però dati parecchi. A cominciare dalle esecuzioni che nel 2015 sono state già 14 (27 nel periodo 1999-2014). Nei giorni scorsi il suo governo è entrato ancora nel mirino di Amnesty che gli ha chiesto di revocare il nuovo codice penale islamico della provincia di Aceh, entrato in vigore il 23 ottobre: il Qanun Jinayat, che punisce i rapporti extra coniugali e l’omosessualità a frustate, tra 30 e 100. Ed è di questi giorni la polemica sulla decisione di un giudice di chiedere al presidente un decreto sulla castrazione chimica in caso di abusi sui minori. Ce n’è insomma perché si torni a parlare di un Paese che era diventato un piccolo miracolo di democrazia e sviluppo. I suoi fantasmi continuano a regnare.

In sostegno del Circo Romanès

Appel de soutien au Cirque tzigane Romanès | babelmed | syrie - méditerranéeIl clima razzista dilagante in Francia è sempre più allarmante. Oggi, è il circo Romanès a farne le spese, e domani? Questa tremenda strumentalizzazione dei gruppi sociali, dai musulmani alle Genti del Viaggio, è diventata inaccettabile. Quando, dopo venti anni, il circo era stato accolto nella capitale dal sindaco di Parigi per far “conoscere meglio la cultura zigana in Francia”, i loro spettacoli sembrano sempre più a rischio. Firmate la petizione.

In sostegno del Circo Romanès

Appel de soutien au Cirque tzigane Romanès | babelmed | syrie - méditerranéeIl clima razzista dilagante in Francia è sempre più allarmante. Oggi, è il circo Romanès a farne le spese, e domani? Questa tremenda strumentalizzazione dei gruppi sociali, dai musulmani alle Genti del Viaggio, è diventata inaccettabile. Quando, dopo venti anni, il circo era stato accolto nella capitale dal sindaco di Parigi per far “conoscere meglio la cultura zigana in Francia”, i loro spettacoli sembrano sempre più a rischio. Firmate la petizione.

In sostegno del Circo Romanès

Appel de soutien au Cirque tzigane Romanès | babelmed | syrie - méditerranéeIl clima razzista dilagante in Francia è sempre più allarmante. Oggi, è il circo Romanès a farne le spese, e domani? Questa tremenda strumentalizzazione dei gruppi sociali, dai musulmani alle Genti del Viaggio, è diventata inaccettabile. Quando, dopo venti anni, il circo era stato accolto nella capitale dal sindaco di Parigi per far “conoscere meglio la cultura zigana in Francia”, i loro spettacoli sembrano sempre più a rischio. Firmate la petizione.

In sostegno del Circo Romanès

Appel de soutien au Cirque tzigane Romanès | babelmed | syrie - méditerranéeIl clima razzista dilagante in Francia è sempre più allarmante. Oggi, è il circo Romanès a farne le spese, e domani? Questa tremenda strumentalizzazione dei gruppi sociali, dai musulmani alle Genti del Viaggio, è diventata inaccettabile. Quando, dopo venti anni, il circo era stato accolto nella capitale dal sindaco di Parigi per far “conoscere meglio la cultura zigana in Francia”, i loro spettacoli sembrano sempre più a rischio. Firmate la petizione.

MUZZIKA ! Ottobre 2015

MUZZIKA ! Octobre 2015  | babelmed | culture méditerranéenneIl tunisino Smadj continua a portare lo ‘oud “sulla strada per il XXI secolo” con successo. La marocchina Oum ritrova le sue radici sahariane con un album in cui si respira l’aria del deserto. L’italo-algerina Louisa Baileche canta l’Italia di sua madre e di sempre. Il gitano spagnolo Dorantes e il francese di origine spagnola Renaud-Garcia-Fons creano un infuocato dialogo musicale. Il greco Photis Ionatos prosegue un’antica tradizione greca mettendo in musica alcune poesie, convinto come…

MUZZIKA ! Ottobre 2015

MUZZIKA ! Octobre 2015  | babelmed | culture méditerranéenneIl tunisino Smadj continua a portare lo ‘oud “sulla strada per il XXI secolo” con successo. La marocchina Oum ritrova le sue radici sahariane con un album in cui si respira l’aria del deserto. L’italo-algerina Louisa Baileche canta l’Italia di sua madre e di sempre. Il gitano spagnolo Dorantes e il francese di origine spagnola Renaud-Garcia-Fons creano un infuocato dialogo musicale. Il greco Photis Ionatos prosegue un’antica tradizione greca mettendo in musica alcune poesie, convinto come…

Egitto: superare le sfide economiche

Di Amr Diab al-Tamimi. Al-Hayat (22/10/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. A conclusione della prima fase delle elezioni legislative in Egitto, che mirano ad un cambiamento democratico nel Paese, è opportuno analizzare la condizione economica vigente. Da un esame dei candidati alle nuove elezioni, sembra che il Consiglio Legislativo non voglia includere nella sua lista […]

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Gabi Jimenez o la rabbia di creare

jimenez 110Attinge all’immaginario gitano ma rifiuta di declinare la sua identità di artista attraverso il prisma di una «cultura specifica rom». La sua pittura è un atto politico tagliente come una sciabola pronta a recidere ogni forma di umiliazione e discriminazione inflitta agli zigani. Intervista.

Gabi Jimenez o la rabbia di creare

jimenez 110Attinge all’immaginario gitano ma rifiuta di declinare la sua identità di artista attraverso il prisma di una «cultura specifica rom». La sua pittura è un atto politico tagliente come una sciabola pronta a recidere ogni forma di umiliazione e discriminazione inflitta agli zigani. Intervista.

Gabi Jimenez o la rabbia di creare

jimenez 110Attinge all’immaginario gitano ma rifiuta di declinare la sua identità di artista attraverso il prisma di una «cultura specifica rom». La sua pittura è un atto politico tagliente come una sciabola pronta a recidere ogni forma di umiliazione e discriminazione inflitta agli zigani. Intervista.

Gabi Jimenez o la rabbia di creare

jimenez 110Attinge all’immaginario gitano ma rifiuta di declinare la sua identità di artista attraverso il prisma di una «cultura specifica rom». La sua pittura è un atto politico tagliente come una sciabola pronta a recidere ogni forma di umiliazione e discriminazione inflitta agli zigani. Intervista.

Palestina: ANP chiede aiuto all’Europa

(Al-Bawaba).  Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha avvertito che la situazione di tensione tra israeliani e palestinesi potrebbe peggiorare ulteriormente, cercando l’aiuto di UE per risolvere la crisi in corso. “La situazione in Palestina è estremamente seria e grave e può anche peggiorare. Questa è la mia paura”, ha detto Abbas a Bruxelles  “La ragione principale è […]

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Siria: Iran invia nuovi consiglieri militari a Assad

(Agenzie). Un funzionario iraniano ha dichiarato che la Guardia Rivoluzionaria ha inviato nuovi consiglieri militari in Siria per aiutare il presidente Bashar Al-Assad nella lotta contro i ribelli. Salami ha parlato alla televisione di stato affermando che le forze iraniane stanno anche cercando di mobilitare volontari in Siria per aiutare Assad a respingere i ribelli. Insieme con la Russia, […]

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Siria: Esercito siriano libero smentisce visita a Mosca

(Agenzie).Le delegazioni dell’Esercito siriano libero non hanno visitato Mosca, hanno dichiarato i rappresentanti del gruppo smentendo la notizia diffusa dell’agenzia di stampa russa. Il portavoce di Alwiyat Seif al-Sham, un gruppo dell’ Esercito siriano libero che opera nel sud della Siria, ha dichiarato che “niente del genere è mai accaduto. Per noi è impossibile accettare di andare […]

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Se i pupi interrogano la nostra identità 

 Mimmo Cuticchio chiede che la tradizione dei pupi venga salvata da chi, tra le autorità, ha la competenza e la possibilità per farlo. Non dovrebbe chiederlo, non dovrebbe sentire l’urgenza di chiederlo perché le autorità, non solo regionali ma nazionali, ci avrebbero dovuto pensare prima. Nel caso delle autorità nazionali, non penso a una questioneRead more

Se i pupi interrogano la nostra identità 

 Mimmo Cuticchio chiede che la tradizione dei pupi venga salvata da chi, tra le autorità, ha la competenza e la possibilità per farlo. Non dovrebbe chiederlo, non dovrebbe sentire l’urgenza di chiederlo perché le autorità, non solo regionali ma nazionali, ci avrebbero dovuto pensare prima. Nel caso delle autorità nazionali, non penso a una questioneRead more

Se i pupi interrogano la nostra identità 

 Mimmo Cuticchio chiede che la tradizione dei pupi venga salvata da chi, tra le autorità, ha la competenza e la possibilità per farlo. Non dovrebbe chiederlo, non dovrebbe sentire l’urgenza di chiederlo perché le autorità, non solo regionali ma nazionali, ci avrebbero dovuto pensare prima. Nel caso delle autorità nazionali, non penso a una questioneRead more

Confessione di un traditore israeliano

Di Assaf Gavron. The Washington Post (23/10/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. Ero un soldato delle Forze di Difesa Israeliane a Gaza, 27 anni fa, durante la prima Intifada. Pattugliavamo le città, i villaggi e i campi profughi e incontravamo adolescenti arrabbiati che ci lanciavano pietre. Noi rispondevamo con proiettili di gomma e […]

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Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Lo scrittore siriano Mohamad Dibo sarà in Italia per un serie di incontri per presentare la traduzione italiana del suo ultimo romanzo E se fossi morto?, di prossima uscita nelle nostre librerie. Il romanzo è pubblicato dalla casa editrice Il Sirente nella collana altriarabi ed è tradotto da Federica Pistono, già traduttrice di altri due importanti romanzi … Continua a leggere Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Lo scrittore siriano Mohamad Dibo sarà in Italia per un serie di incontri per presentare la traduzione italiana del suo ultimo romanzo E se fossi morto?, di prossima uscita nelle nostre librerie. Il romanzo è pubblicato dalla casa editrice Il Sirente nella collana altriarabi ed è tradotto da Federica Pistono, già traduttrice di altri due importanti romanzi … Continua a leggere Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Lo scrittore siriano Mohamad Dibo sarà in Italia per un serie di incontri per presentare la traduzione italiana del suo ultimo romanzo E se fossi morto?, di prossima uscita nelle nostre librerie. Il romanzo è pubblicato dalla casa editrice Il Sirente nella collana altriarabi ed è tradotto da Federica Pistono, già traduttrice di altri due importanti romanzi … Continua a leggere Lo scrittore siriano Mohamad Dibo in Italia per presentare il suo romanzo “E se fossi morto?”

Terremoto senza frontiere

Questa volta non è per colpa dei talebani ma ancora una volta Pakistan e Afghanistan condividono una strage. La strage con centinaia di vittime prodotta da un un potente terremoto di magnitudo 7,5 che ha colpito – con più scosse – il Nord dell’Afghanistan e una vasta area che comprende il Pakistan del Nord e che ha fatto sentire le sue scosse anche nel Sud e persino in India e in Tajikistan. La US Geological Survey sostiene che l’epicentro del sisma – localizzato a 213 chilometri di profondità – si trova nell’Hindukush, nel distretto di Jurm in Badakshan (estremo oriente del paese), a 250 chilometri a Nordest di Kabul e 75 a Sud di Faizabad. Era l’una e quaranta di ieri pomeriggio ora locale in Afghanistan. Ma la forza del terremoto ha ucciso senza fare i conti con le frontiere.
Il bilancio è provvisorio ma la maggior parte delle vittime sono in Pakistan anche se le stime sono complesse perché le zone colpite sono in molti casi irraggiungibili. Il responsabile del Geological Survey Pakistan ha detto alla Bbc che ci sono state segnalazioni di frane sull’autostrada del Karakorum (che in almeno cinque punti ne hanno bloccato il transito) nel territorio del Gilgit Baltistan e tuttavia ha aggiunto che è ancora troppo presto per dire se anche i ghiacciai siano stati destabilizzati dal sisma. Lunedi sera si stimavano a oltre 190 i morti nella sola provincia di Khyber in Pakistan e decine in Afghanistan nelle province di Nangarhar, Badakhshan, Kunar, Takhar e Parwan. Si tratta di uno degli eventi sismici più rilevanti nella storia dei due Paesi. Persino a Kabul si sono registrati feriti e danni.
Il Pakistan registra invece danni gravi e vittime nello Swat, nell’agenzia tribale di Bajaur, a Kallar, Kahar, Sargodha, Kasur, Malakand mentre i servizi di comunicazione sono saltati a Peshawar, capitale del Khyber ma anche a Islamabad. Il primissimo bilancio aveva stimato almeno 130 vittime nelle provincia di Khyber Pakhtunkhwa e nelle Fata (le aree tribali), almeno 5 nel Punjab, e altri nell’Azad Kashmir (il Kashmir occupato dal Pakistan) e nel Gilgit Balitistan con almeno 200 feriti. Ma in poche ore il bilancio è salito. La terra ha tremato però anche in città molto lontane dall’epicentro, come Karachi o Lahore. Le agenzie internazionali stanno rispondendo agli appelli dei governi che hanno intanto mobilitato protezione civile ed eserciti nazionali.

Terremoto senza frontiere

Questa volta non è per colpa dei talebani ma ancora una volta Pakistan e Afghanistan condividono una strage. La strage con centinaia di vittime prodotta da un un potente terremoto di magnitudo 7,5 che ha colpito – con più scosse – il Nord dell’Afghanistan e una vasta area che comprende il Pakistan del Nord e che ha fatto sentire le sue scosse anche nel Sud e persino in India e in Tajikistan. La US Geological Survey sostiene che l’epicentro del sisma – localizzato a 213 chilometri di profondità – si trova nell’Hindukush, nel distretto di Jurm in Badakshan (estremo oriente del paese), a 250 chilometri a Nordest di Kabul e 75 a Sud di Faizabad. Era l’una e quaranta di ieri pomeriggio ora locale in Afghanistan. Ma la forza del terremoto ha ucciso senza fare i conti con le frontiere.
Il bilancio è provvisorio ma la maggior parte delle vittime sono in Pakistan anche se le stime sono complesse perché le zone colpite sono in molti casi irraggiungibili. Il responsabile del Geological Survey Pakistan ha detto alla Bbc che ci sono state segnalazioni di frane sull’autostrada del Karakorum (che in almeno cinque punti ne hanno bloccato il transito) nel territorio del Gilgit Baltistan e tuttavia ha aggiunto che è ancora troppo presto per dire se anche i ghiacciai siano stati destabilizzati dal sisma. Lunedi sera si stimavano a oltre 190 i morti nella sola provincia di Khyber in Pakistan e decine in Afghanistan nelle province di Nangarhar, Badakhshan, Kunar, Takhar e Parwan. Si tratta di uno degli eventi sismici più rilevanti nella storia dei due Paesi. Persino a Kabul si sono registrati feriti e danni.
Il Pakistan registra invece danni gravi e vittime nello Swat, nell’agenzia tribale di Bajaur, a Kallar, Kahar, Sargodha, Kasur, Malakand mentre i servizi di comunicazione sono saltati a Peshawar, capitale del Khyber ma anche a Islamabad. Il primissimo bilancio aveva stimato almeno 130 vittime nelle provincia di Khyber Pakhtunkhwa e nelle Fata (le aree tribali), almeno 5 nel Punjab, e altri nell’Azad Kashmir (il Kashmir occupato dal Pakistan) e nel Gilgit Balitistan con almeno 200 feriti. Ma in poche ore il bilancio è salito. La terra ha tremato però anche in città molto lontane dall’epicentro, come Karachi o Lahore. Le agenzie internazionali stanno rispondendo agli appelli dei governi che hanno intanto mobilitato protezione civile ed eserciti nazionali.

Tunisia: quando gli imam radicali si ribellano

Di Frida Dahmani. Jeune Afrique (23/10/2015). Traduzione e sintesi di Alice Bondì. I venerdì finiscono per assomigliarsi a Sfax (centro est della Tunisia). Il 23 ottobre, la preghiera del venerdì, come la settimana scorsa, è stata impedita da alcuni praticanti che hanno protestato in maniera violenta contro il licenziamento di Ridha Jaouadi, ex imam della […]

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Tunisia: premier Essid in visita in Algeria

(Agenzie). Il primo ministro della Tunisia, Habib Essid, si trova in Algeria per una visita di lavoro di due giorni su invito della sua controparte algerina, il primo ministro Abdelmalek Sellal. I due capi di governo si sono incontrati per co-presiedere i lavora della 20ª sessioni della Grande commissione mista algerino-tunisina. Inoltre, l’incontro servirà alla stipula […]

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Siria: esercito libero dice di non aver rifiutato aiuto Russia

(Agenzie). Un portavoce dell’Esercito Siriano Libero (ESL) ha dichiarato che l’offerta di aiuto militare proposta dalla Russia non è stata rifiutata. “Non abbiamo rifiutato l’offerta. Abbiamo solo detto ai russi che, se la loro proposta è seria, dovranno smettere di bombardare le nostre basi e le aree con civili”, ha detto il maggiore Issam al-Rais […]

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Bahrein: Sheikh Salman si candida alla presidenza FIFA

(Agenzie). L’agenzia di stampa nazionale del Bahrein ha riferito che Sheikh Salman bin Ibrahim al-Khalifa, presidente della Confederazione di Calcio Asiatica, ha annunciato la sua candidatura per la presidenza della FIFA, che dovrà essere formalizzata entro oggi. Sheihk Salman, membro della famiglia reale del Bahrein, è il secondo arabo a unirsi alla competizione per diventare presidente accanto […]

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Oman: college vieta alle ragazze indumenti appariscenti

(Agenzie). Il College di Scienze Applicate di Nizwa, in Oman, ha vietato alle ragazze di indossare abaya colorati o troppo aderenti all’interno del campus, dicendo che questo tipo di indumenti attraggono attenzioni negative e violano il codice di abbigliamento dell’istituto. “Non sono permesse decorazioni sull’abaya“, si legge sulla dichiarazione emanata dal decanato del college, nel quale […]

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Siria: HRW accusa Mosca di crimini di guerra, il Cremlino nega

(Agenzie). Il gruppo Human Rights Watch ha definito gli attacchi aerei condotti dalla Russia in Siria, nei quali decine di civili hanno perso la vita, come “violazioni del diritto bellico”. In un recente rapporto, il gruppo ha infatti dichiarato che i raid di Mosca hanno causato la morte di almeno 59 civili, di cui 33 bambini. […]

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Iraq: primi raid aerei su Daesh a Ramadi

(Agenzie). Per la prima volta, aerei F-16 iracheni hanno bombardato obiettivi appartenenti a Daesh (ISIS) a Ramadi. “I jet da combattimento iracheni hanno raggiunto i loro obiettivi con accuratezza e hanno distrutto le roccaforti dell’organizzazione terroristica”, ha detto Ibrahim al-Fahdawi, capo del comitato di sicurezza del consiglio di Khalidiya, città della provincia di Anbar. L’Iraq ha […]

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La road map della Russia per la transizione politica in Siria

Di Raghida Dergham. Al-Hayat (23/10/2015). Traduzione e sintesi Federico Seibusi. Vladimir Putin, dopo aver ottenuto importanti concessioni dagli Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia, ha sviluppato un sistema d’intese che porti ad una soluzione politica in Siria in modo che si sciolga il “nodo Assad”. La prima di queste importanti concessioni, riguarda il raggiungimento di […]

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Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

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Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Il blitz di curdi e americani per liberare gli ostaggi dell’Isis

Questa settimana le forze speciali americane hanno partecipato alla liberazione di 69 ostaggi (tutti curdi) da una prigione gestita dallo Stato Islamico nel nord dell’Iraq. Una missione rischiosa e nella quale ha perso la vita un militare Usa, ferito durante lo scontro a fuoco e deceduto più tardi a Erbil: è il primo caduto americano nella […]

Palestina: USA tagliano i fondi all’Autorità palestinese

(Agenzie). Gli Stati Uniti hanno deciso di tagliare gli aiuti economici all’Autorità palestinese, a causa di “azioni non utili” messe in atto da parte dei palestinesi, ha dichiarato un diplomatico degli Stati Uniti. Sito di notizie al-Monitor aveva dichiarato in precedenza che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti intende ridurre gli aiuti per la Cisgiordania e […]

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Siria: USA e Arabia Saudita aumento sostegno a ribelli

(Agenzie). Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno deciso di aumentare il sostegno  all’opposizione siriana mentre si cerca di trovare una soluzione politica al conflitto che dura ormai da quattro anni,  ha dichiarato il Dipartimento di Stato americano dopo che il segretario di Stato John Kerry ha incontrato il re Salman. I ribelli avevano lanciato un appello per un maggiore sostegno […]

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Onorare l’Islam con una fatwa che promulga: l’omofobia viola la religione

Di Farhat Othman. Huffington Post Maghreb. (22/10/2015). Traduzione e sintesi Ismahan Hassen. In un’atmosfera velenosa in cui a Sfax un gruppo di “attivisti” hanno provato a trasformare un semplice imam in un Dio e la religione che ha abolito gli idoli in una mafia, è diventato un imperativo categorico che tutte le più alte autorità […]

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Kunduz, abbiamo un problema (aggiornato)

Il Lockheed AC-130 macchina da guerra aerea
Mentre il bilancio del raid del 3 ottobre che ha interamente devastato l’ospedale di Msf a Kunduz in Afghanistan è salito a 30 vittime, il Pentagono ha fatto sapere che il rapporto interno della Difesa americana (un’altra inchiesta viene condotta dalla Nato e un’altra ancora dal governo di Kabul) non è ancora pronto. Nel giustificare il ritardo, il segretario alla Difesa Ashton Carter ha detto che il Pentagono vuole un lavoro «fatto bene», in linea con l’assunzione di responsabilità e trasparenza nei confronti delle vittime. Il rapporto, o quantomeno le prime risultanze dell’indagine, erano attese entro questa settimana, a quasi un mese ormai da quello che Washington e la Nato hanno definito un «tragico incidente» e Msf una patente «violazione del diritto internazionale umanitario». In altre parole un crimine di guerra.
Iparenti delle vittime (staff e pazienti) intanto aumentano e forse potrebbero aumentare ancora: l’ultimo bilancio si deve al riconoscimento di cadaveri  trovati tra le macerie dell’ospedale e resi irriconoscibili dal bombardamento dell’aereo da combattimento americano AC-130 che, all’alba del 3 ottobre, ha ripetutamente colpito il centro medico (il Lockheed AC-130 è quadrimotore a turboelica impiegato come cannoniera volante per attacchi sul terreno). Mentre Msf continua a chiedere un’inchiesta indipendente, il ritardo nell’indagine interna non fa intanto che aumentare l’irritazione dopo che, alcuni giorni fa – col compito di raccogliere prove sui fatti – veicoli blindati con a bordo militari americani e afgani sono penetrati nell’ospedale (dove tra l’altro si trovavano alcuni responsabili di Msf), forzandone il portone e distruggendo presumibilmente parte delle evidenze che i soldati avrebbero dovuto indagare.

L’ospedale di Msf a Kunduz: da nosocomio a inferno di fuoco
La petizione lanciata da Medici senza frontiere a metà ottobre sul web per ottenere un’inchiesta indipendente (attraverso la piattaforma Change.org) ha già superato le 300mila firme ma l’organizzazione medica vuole arrivare a 500mila: chiede al presidente statunitense Barack Obama di consentire un’indagine autonoma e neutrale da parte della Commissione d’inchiesta umanitaria internazionale (Ihffc), l’unico organo permanente specificamente istituito per indagare le violazioni del Diritto internazionale umanitario. Ihffc si è detta disponibile ma sta aspettando luce verde sia dagli Stati Uniti sia dal governo afgano.

Aggiornamento delle 16 del 25/10/2015

Kunduz, abbiamo un problema (aggiornato)

Il Lockheed AC-130 macchina da guerra aerea
Mentre il bilancio del raid del 3 ottobre che ha interamente devastato l’ospedale di Msf a Kunduz in Afghanistan è salito a 30 vittime, il Pentagono ha fatto sapere che il rapporto interno della Difesa americana (un’altra inchiesta viene condotta dalla Nato e un’altra ancora dal governo di Kabul) non è ancora pronto. Nel giustificare il ritardo, il segretario alla Difesa Ashton Carter ha detto che il Pentagono vuole un lavoro «fatto bene», in linea con l’assunzione di responsabilità e trasparenza nei confronti delle vittime. Il rapporto, o quantomeno le prime risultanze dell’indagine, erano attese entro questa settimana, a quasi un mese ormai da quello che Washington e la Nato hanno definito un «tragico incidente» e Msf una patente «violazione del diritto internazionale umanitario». In altre parole un crimine di guerra.
Iparenti delle vittime (staff e pazienti) intanto aumentano e forse potrebbero aumentare ancora: l’ultimo bilancio si deve al riconoscimento di cadaveri  trovati tra le macerie dell’ospedale e resi irriconoscibili dal bombardamento dell’aereo da combattimento americano AC-130 che, all’alba del 3 ottobre, ha ripetutamente colpito il centro medico (il Lockheed AC-130 è quadrimotore a turboelica impiegato come cannoniera volante per attacchi sul terreno). Mentre Msf continua a chiedere un’inchiesta indipendente, il ritardo nell’indagine interna non fa intanto che aumentare l’irritazione dopo che, alcuni giorni fa – col compito di raccogliere prove sui fatti – veicoli blindati con a bordo militari americani e afgani sono penetrati nell’ospedale (dove tra l’altro si trovavano alcuni responsabili di Msf), forzandone il portone e distruggendo presumibilmente parte delle evidenze che i soldati avrebbero dovuto indagare.

L’ospedale di Msf a Kunduz: da nosocomio a inferno di fuoco
La petizione lanciata da Medici senza frontiere a metà ottobre sul web per ottenere un’inchiesta indipendente (attraverso la piattaforma Change.org) ha già superato le 300mila firme ma l’organizzazione medica vuole arrivare a 500mila: chiede al presidente statunitense Barack Obama di consentire un’indagine autonoma e neutrale da parte della Commissione d’inchiesta umanitaria internazionale (Ihffc), l’unico organo permanente specificamente istituito per indagare le violazioni del Diritto internazionale umanitario. Ihffc si è detta disponibile ma sta aspettando luce verde sia dagli Stati Uniti sia dal governo afgano.

Aggiornamento delle 16 del 25/10/2015

Medio Oriente versus studi islamici

Di Jeffrey Adam Sachs. MadaMasr (22/10/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti. Immaginate di utilizzare gli hadith per spiegare le elezioni egiziane o domandare ad un esperto del Corano di analizzare la guerra civile siriana. Un modo assurdo di comprendere il Medio Oriente, ma divenuto sempre più usuale dopo l’11 settembre. In un recente articolo […]

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ONU: non c’è tempo da perdere per colloqui pace in Yemen

(Agenzie). L’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen ha detto che avrebbe cominciato a lavorare immediatamente con il governo e i leader delle milizie per determinare un ordine del giorno e una data per i colloqui di pace. “La crisi umanitaria incombe nel Paese”, ha aggiunto. Ismail Ould Cheikh Ahmed ha detto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU che le […]

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Kerry in Giordania per le tensioni Israele-Palestina

(Agenzie). Il Segretario di Stato americano John Kerry è in Giordania per rinnovare il suo sforzo per la fine della violenza e delle tensioni tra israeliani e palestinesi. Kerry incontrerà oggi 24 ottobre ad Amman il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il re di Giordania Abdullah II, uno scambio di visioni necessario dopo dell’incontro di giovedì scorso a Berlino tra Kerry […]

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Egitto: leader dei Fratelli Musulmani arrestato

(Agenzie). Le autorità egiziane hanno arrestato l’imprenditore esponente dei Fratelli Musulmani Hassan Malik nella sua casa del Cairo, per “esacerbare l’instabilità del tasso di cambio del dollaro”. Lo ha detto il Ministero dell’Interno in un comunicato. Malik è stato uno dei pochi eminenti membri della Fratellanza a rimanere al Cairo senza andare in prigione. L’arresto arriva dopo […]

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Prima che la Siria venga distrutta

Di Bashir Al-Bakar. Al-Araby (23/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. Prima che la Siria venga distrutta completamente. Queste parole sono state usate dal Segretario di Stato americano, John Kerry, per invitare le parti locali e internazionali a discutere della situazione siriana. Kerry ha sottolineato la necessità di trovare una via d’uscita prima che la Siria […]

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Siria: coordinamento militare tra Giordania e Russia

(Agenzie). La Russia e la Giordania hanno concordato la creazione ad Amman di un centro per il coordinamento delle attività militari in Siria, secondo quanto riferito dai media russi. Secondo le fonti, l’accordo è stato raggiunto tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e la sua controparte giordana, Nasser Judeh, a margine degli incontri […]

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Libia: ONU minaccia sanzioni se non si raggiunge accordo

(Agenzie). I leader libici che agiscono contro un accordo di pace faranno fronte a sanzioni internazionali, secondo quanto dichiarato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Bernardino Leon. “Alcune figure dei due campi di Tobruk e Tripoli stanno sabotando l’accordo, ma la comunità internazionale ha deciso che non può permetterlo. Se il sabotaggio continua, arriveranno […]

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Iraq: autorità autorizzano intervento russo contro Daesh

(Agenzie). Il governo iracheno ha dato alla Russia il via libera per colpire per via aerea i convogli di Daesh (ISIS) che provengono dalla Siria, secondo fonti ufficiali interne. L’autorizzazione è stata concessa nel quadro della cooperazione di sicurezza instaurata tra Russia, Iraq, Iran e Siria. Hakem al-Zamli, capo della commissione parlamentare di sicurezza e […]

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Speciale cucina: la ashura, il dolce del 10° giorno di Muharram

In occasione del giorno della Ashura, che cade il 10° del primo mese del calendario islamico (Muharram), andiamo a scoprire come si prepara il dolce omonimo. Ingredienti: 500g di grano intero 400g di ceci secchi 400g di fagioli bianchi 1kg di zucchero 100g di uva passa 100g di pinoli 100g di albicocche secche 3 fichi […]

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Ashura: una festa e un dolce che uniscono diverse comunità religiose

Di Ekrem Buğra Ekinci. Daily Sabah (23/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Ci sono giorni in cui sono accaduti fatti che hanno segnato la storia. La Ashura, il 10° giorno del mese di Muharram, primo mese del calendario islamico, è uno di quei giorni. Ashura significa ‘decimo’ nelle lingue semitiche e anche il dolce che viene […]

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Siria: nove attacchi aerei russi hanno colpito ospedali

(Agenzie). Nove attacchi aerei russi hanno colpito vari ospedali che operano sul campo in Siria, uccidendo civili e personale medico. Lo ha riferito un’organizzazione medica siriana.  L’American Medical Society, che gestisce numerosi impianti nel Paese, ha dichiarato un ulteriore attacco mortale all’inizio di questa settimana, che si aggiunge alle precedenti stime di otto attacchi russi su ospedali […]

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Siria: giornalista donna vince premio per aver mostrato il “lato umano” della guerra

(Agenzie). Zaina Erhaim, giornalista siriana, ha vinto il “Peter Mackler Award” per aver saputo mostrare “il lato umano” della guerra in Siria, attraverso un giornalismo coraggioso ed etico. “Non sono un’inviata di guerra. Non sarei qui se non fosse il mio Paese”, ha detto al momento di accettare il premio davanti a Reporters sans frontières, AFP e Global Media Forum, un centro di […]

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Consiglio di lettura: “Zayni Barakat. I misteri del Cairo” di Gamal al-Ghitani

L’appuntamento di oggi è dedicato allo scrittore egiziano Gamal al-Ghitani, recentemente scomparso. In particolare, voglio parlarvi di un suo romanzo storico, “Zayni Barakat. I misteri del Cairo”, pubblicato da Giunti editore nel 2006, tradotto da Luisa Orelli, ma originariamente pubblicato in lingua originale tra il 1970 e il 1971, a puntate. Lo scrittore, nato nel […]

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Gerusalemme: no limiti di età per accedere ad Al-Aqsa oggi

(Agenzie). La polizia israeliana ha annunciato di aver rimosso le restrizioni di età per l’accesso al complesso della moschea Al-Aqsa di Gerusalemme per questo venerdì, per la prima volta da settimane. “Per il momento, non ci saranno limiti d’età per l’accesso dei fedeli” ha dichiarato una portavoce della polizia. A partire dalla metà di settembre, quando […]

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Assad a Mosca: tutte le opzioni sul tavolo

Di Anthony Samrani. L’Orienta Le Jour (22/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Il loro ultimo incontro risale al 2006. Fino allo scorso martedì, si erano visti solo due volte da quando sono al potere. Come dire che questi due uomini non si conoscono molto bene. Eppure oggi sono più legati che mai. O almeno uno, […]

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Siria: incontro tra rappresentanti russi, americani, turchi e sauditi

(Agenzie). Alti funzionari diplomatici di Russia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia si incontreranno oggi, venerdì, a Vienna per parlare della guerra in Siria, a circa tre settimane dall’inizio della campagna militare russa a sostegno del presidente siriano Bashar al-Assad. Gli inviato da Washington, Riyad e Ankara – tutti sostenitori dei gruppi che combattono Assad – […]

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I passi lungo la traversata

“il mare non è solo il cimitero dei nostri corpi, custodisce memoria, foto, averi, e le piccole cose che ci siamo portati per ricordarci casa.”

I passi lungo la traversata

“il mare non è solo il cimitero dei nostri corpi, custodisce memoria, foto, averi, e le piccole cose che ci siamo portati per ricordarci casa.”

Ban Ki-moon in Italia: due obiettivi per raggiungerne 17

Terminate le celebrazioni ufficiali che hanno visto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in Italia (a Torino in Parlamento, a Expo Milano, al Forum organizzato dall’Undp a Torino), cosa resta della tre giorni che ha visto concentrarsi in Italia lo sforzo dell’Onu per ritornare al centro del dibattito internazionale? Almeno due cose.

Convincere i governi

La prima riguarda il tentativo di convincere i governi del pianeta, che hanno sottoscritto a New York l’Agenda 15/30, a farla diventare pratica quotidiana. L’Agenda 15/30 contiene infatti i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) che sono la continuazione delle vecchie Mete del Millennio (MDGs) appena conclusesi. A differenza dei Millennium Goals, i 17 obiettivi impegnano però i governi, da qui al 2030, a uno sforzo non più per settori di popolazione (emarginati, poveri etc) o per Paesi (subsahariani, a basso reddito, in via di sviluppo etc), ma “universale”. Gli obiettivi cioè riguardano tutti: cittadini del Nord e del Sud del mondo. Un salto di qualità che prevede un pianeta a sviluppo sostenibile dove tutti devono fare la propria parte e non solo “carità” solidale a chi è più sfortunato. E’ un concetto nuovo e non facile da metabolizzare. La visita di Ban Ki-moon mirava dunque innanzi tutto a questo.

Il secondo obiettivo del segretario generale era invece quello di cercare di dimostrare che applicare i 17 obiettivi si può. Ma come? La risposta sta nei risultati del Forum sullo sviluppo locale sostenibile che si è svolto a Torino dal 13 al 16 ottobre e che è stato chiuso proprio da Ban Ki-moon. Qual è la novità?

Ripartire dai territori

Il Forum, che è giunto alla sua terza edizione (la prossima in Africa, tra due anni), è qualcosa di diverso dai soliti eventi dove ognuno arriva, legge il suo discorso e se ne va. E’ il frutto di un processo di aggregazione di reti, enti locali, associazioni della società civile, fondazioni, imprenditori e università che ormai da sei anni lavorano assieme per dimostrare che, per applicare qualsiasi obiettivo – per renderlo cioè applicabile nella realtà quotidiana – bisogna cambiare ottica. Anziché chiedere e poi demandare ai governi nazionali le politiche locali, il Forum sostiene che bisogna ripartire dai territori, dalle comunità: piccole come un Comune montano di 500 abitanti o grandi come l’area metropolitana di Torino, Buenos Aires o Dakar. Nei territori, dicono i funzionari dell’Undp (il programma per lo sviluppo dell’Onu, il suo “braccio politico” e strategico ), ci sono già tutti i temi da cui partire per applicare i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile: un territorio, piccolo o grande, deve infatti sempre fare i conti con l’ambiente, l’esclusione sociale, il lavoro, l’innovazione, l’istruzione. Ed è partendo dai territori, dai sindaci, dalle associazioni, dagli imprenditori locali, che è più facile declinare nel quotidiano le grandi mete che dovrebbero farci vivere meglio. Il messaggio che viene da Torino – sintetizza Johannes Krassnitzer dell’Undp – «ci dice che esiste una nuova forza che è la somma di tante diversità in grado di dialogare tra loro. E questo sforzo a livello locale è in grado di incidere sulle scelte nazionali e su quelle internazionali». A patto, dicono da Torino, che il centro redistribuisca risorse alla periferia. Un negoziato che resta in salita.

(anche su Repubblica.it)

Ban Ki-moon in Italia: due obiettivi per raggiungerne 17

Terminate le celebrazioni ufficiali che hanno visto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in Italia (a Torino in Parlamento, a Expo Milano, al Forum organizzato dall’Undp a Torino), cosa resta della tre giorni che ha visto concentrarsi in Italia lo sforzo dell’Onu per ritornare al centro del dibattito internazionale? Almeno due cose.

Convincere i governi

La prima riguarda il tentativo di convincere i governi del pianeta, che hanno sottoscritto a New York l’Agenda 15/30, a farla diventare pratica quotidiana. L’Agenda 15/30 contiene infatti i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) che sono la continuazione delle vecchie Mete del Millennio (MDGs) appena conclusesi. A differenza dei Millennium Goals, i 17 obiettivi impegnano però i governi, da qui al 2030, a uno sforzo non più per settori di popolazione (emarginati, poveri etc) o per Paesi (subsahariani, a basso reddito, in via di sviluppo etc), ma “universale”. Gli obiettivi cioè riguardano tutti: cittadini del Nord e del Sud del mondo. Un salto di qualità che prevede un pianeta a sviluppo sostenibile dove tutti devono fare la propria parte e non solo “carità” solidale a chi è più sfortunato. E’ un concetto nuovo e non facile da metabolizzare. La visita di Ban Ki-moon mirava dunque innanzi tutto a questo.

Il secondo obiettivo del segretario generale era invece quello di cercare di dimostrare che applicare i 17 obiettivi si può. Ma come? La risposta sta nei risultati del Forum sullo sviluppo locale sostenibile che si è svolto a Torino dal 13 al 16 ottobre e che è stato chiuso proprio da Ban Ki-moon. Qual è la novità?

Ripartire dai territori

Il Forum, che è giunto alla sua terza edizione (la prossima in Africa, tra due anni), è qualcosa di diverso dai soliti eventi dove ognuno arriva, legge il suo discorso e se ne va. E’ il frutto di un processo di aggregazione di reti, enti locali, associazioni della società civile, fondazioni, imprenditori e università che ormai da sei anni lavorano assieme per dimostrare che, per applicare qualsiasi obiettivo – per renderlo cioè applicabile nella realtà quotidiana – bisogna cambiare ottica. Anziché chiedere e poi demandare ai governi nazionali le politiche locali, il Forum sostiene che bisogna ripartire dai territori, dalle comunità: piccole come un Comune montano di 500 abitanti o grandi come l’area metropolitana di Torino, Buenos Aires o Dakar. Nei territori, dicono i funzionari dell’Undp (il programma per lo sviluppo dell’Onu, il suo “braccio politico” e strategico ), ci sono già tutti i temi da cui partire per applicare i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile: un territorio, piccolo o grande, deve infatti sempre fare i conti con l’ambiente, l’esclusione sociale, il lavoro, l’innovazione, l’istruzione. Ed è partendo dai territori, dai sindaci, dalle associazioni, dagli imprenditori locali, che è più facile declinare nel quotidiano le grandi mete che dovrebbero farci vivere meglio. Il messaggio che viene da Torino – sintetizza Johannes Krassnitzer dell’Undp – «ci dice che esiste una nuova forza che è la somma di tante diversità in grado di dialogare tra loro. E questo sforzo a livello locale è in grado di incidere sulle scelte nazionali e su quelle internazionali». A patto, dicono da Torino, che il centro redistribuisca risorse alla periferia. Un negoziato che resta in salita.

(anche su Repubblica.it)

Bassel Khartabil (aka Safadi) gets a research position at MIT Media Lab

This is the news of the day: our friend Bassel Khartabil, jailed by the Syrian regime since March 2012 (and recently moved to an unknown location) has just been offered a research position with the Center for Civic Media at the MIT Media Lab. Bassel’s latest project, which is about reconstructing the ancient city of […]

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Flussi migratori e compassione europea: a quando informazione e sostenibilità? (by Estella Carpi, October 2015)

http://www.reset.it/reset-doc/diritti-migranti-emergenza-quotidianita-compassione-unione-europea Estella Carpi 22 ottobre 2015 Da Reset-Dialogues on Civilizations Sembra esser stata soprattutto la foto di Aylan, il bimbo siriano di origini curde affogato nelle acque turche sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre, insieme alle ondate di profughi che tentano il passaggio dall’Europa orientale – provenienti soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan – […]

Flussi migratori e compassione europea: a quando informazione e sostenibilità? (by Estella Carpi, October 2015)

http://www.reset.it/reset-doc/diritti-migranti-emergenza-quotidianita-compassione-unione-europea Estella Carpi 22 ottobre 2015 Da Reset-Dialogues on Civilizations Sembra esser stata soprattutto la foto di Aylan, il bimbo siriano di origini curde affogato nelle acque turche sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre, insieme alle ondate di profughi che tentano il passaggio dall’Europa orientale – provenienti soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan – […]

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http://www.reset.it/reset-doc/diritti-migranti-emergenza-quotidianita-compassione-unione-europea Estella Carpi 22 ottobre 2015 Da Reset-Dialogues on Civilizations Sembra esser stata soprattutto la foto di Aylan, il bimbo siriano di origini curde affogato nelle acque turche sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre, insieme alle ondate di profughi che tentano il passaggio dall’Europa orientale – provenienti soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan – […]

Flussi migratori e compassione europea: a quando informazione e sostenibilità? (by Estella Carpi, October 2015)

http://www.reset.it/reset-doc/diritti-migranti-emergenza-quotidianita-compassione-unione-europea Estella Carpi 22 ottobre 2015 Da Reset-Dialogues on Civilizations Sembra esser stata soprattutto la foto di Aylan, il bimbo siriano di origini curde affogato nelle acque turche sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre, insieme alle ondate di profughi che tentano il passaggio dall’Europa orientale – provenienti soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan – […]

Turchia, Erdogan: attentati di Ankara commessi da ‘collettivo terrorista’

(Agenzie). Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha attribuito la responsabilità del duplice attentato ad Ankara dello scorso 10 ottobre a un ‘collettivo terrorista’, che include Daesh (ISIS), combattenti curdi turchi e siriani e i servizi segreti di Damasco. “Il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), Daesh, i Mukhabarat (servizi segreti siriani) e il PYD (Partito […]

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USA: Dondald Trump vuole chiudere moschee per fermare Daesh

(Agenzie). Il celebre imprenditore, nonché candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump ha dichiarato che, per fermare Daesh (ISIS), adotterebbe misure simili a quelle del governo britannico, tra cui chiudere alcune moschee di stampo “estremista”. Immediata la reazione del Consiglio per le Relazioni Americane Islamiche, il cui responsabile per le questioni governative, Roberta McCaw, […]

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Turchia dentro, rifugiati fuori: lo sporco accordo dell’Unione Europea

Di Mahir Zeynalov. Al-Arabiya News (20/10/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi Alcuni anni fa, l’ultimo leader libico Muammar Gheddafi castigò l’Europa per il sostegno ai ribelli che combattevano contro di lui e minacciò di non essere d’aiuto nel frenare i migranti diretti in Europa. Lo stesso oggetto di scambio viene ora offerto dall’Unione Europea […]

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Turchia: adolescente trattenuto per aver ‘insultato’ Erdogan

(Agenzie). Un ragazzo di 15 anni è stato trattenuto dalla polizia in Turchia in quanto sospettato di aver “insultato” il presidente Recep Tayyip Erdogan, secondo quanto riferito dai media locali, che però non hanno specificato la natura dall’insulto. Il ragazzo ha passato la notte in un commissariato di polizia dopo essere stato bloccato da alcuni […]

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Qatar: possibile intervento militare in Siria

(Agenzie). Il Qatar ha annunciato che potrebbe intervenire a livello militare nel Paese, anche se una soluzione politica è sempre preferibile, secondo quanto riferito dal ministro degli Esteri Khalid al-Attiyah. In un’intervista alla CNN, il ministro ha dichiarato: “Se un intervento militare proteggerà il popolo siriano dalla brutalità del regime, allora lo faremo”. Attuyah ha aggiunto che […]

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Egitto: problemi con la censura per Morgan Freeman?

(Agenzie). La scorsa domenica, il famoso attore statunitense Morgan Freeman è arrivato in Egitto nel quadro delle riprese di “The Story of God”, documentario del National Geographic di cui Freeman è presentatore e produttore esecutivo. L’Autorità per la Censura egiziana ha contattato l’Agenzia di Sicurezza Nazionale chiedendole di chiarire lo stato legale della presenza della […]

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Il lascito di Muammar Gheddafi perseguita ancora la Libia

Di Mohamad Ali Harissi. Your Middle East (21/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. “Gheddafi ha scelto di costruire l’idea di uno Stato attorno alla sua personalità”, ha affermato Michael Nayebi-Oskoui, analista senior di Medio Oriente presso l’azienda di intelligence globale Stratfor, con sede negli Stati Uniti. Il dittatore “utilizzava una forza militare basata sul petrolio per distruggere […]

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Libano: fallito 30° tentativo di eleggere un nuovo presidente

(Agenzie). Fallito anche il 30° tentativo di eleggere un nuovo capo di Stato in Libano, che da ormai quasi un mese e mezzo soffre di un vuoto presidenziale che sembra insanabile. Il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, ha aggiornato la sessione di voto al prossimo 11 novembre. Ancora una volta, la sessione si è […]

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Arabia Saudita: nuove multe per le donne che violano le regole d’abbigliamento sul lavoro

(Agenzie). Il ministero del Lavoro saudita ha annunciato di voler imporre una multa di 1.000 rial (circa 230 euro) alle donne che violano le regole sull’abbigliamento islamico sul posto di lavoro. Il nuovo provvedimento prevede anche che i datori di lavoro siano obbligati a specificare la tenuta che le impiegate devono indossare quando in servizio; 15.000 […]

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Palestina: segretario OLP critica Netanyahu su commenti Olocausto

(Agenzie). Il segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Saeb Erekat, ha condannato duramente i commenti fatti dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sull’Olocausto. Erekat ha affermato che le dichiarazioni di Netanyahu non fanno altro che aggravare la divisione “in un momento in cui c’è più bisogno di una pace durature”, nonché costituiscono […]

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Libia, Leon: “Le trattative continueranno”

(Agenzie). L’inviato speciale in Libia delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, ha dichiarato che gli sforzi per il raggiungimento di una soluzione politica al conflitto nel Paese andranno avanti, nonostante le parti rivali abbiano rifiutato la proposta per un accordo su un governo di unità nazionale. “Il processo va avanti. Non daremo la possibilità a piccoli gruppi […]

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Siria: curdi proclamano nuova provincia nel nord del Paese

(Agenzie). Le autorità curde del nord della Siria hanno proclamato una nuova provincia, secondo quanto riferito da fonti ufficiali curde, mossa che di fatto formalizza il controllo sull’area al confine con la Turchia. Le milizie curde dello YPG hanno catturato il villaggio di frontiera di Tel Abyad e lo hanno incluso nella nuova provincia amministrativa, o […]

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Marocco: museruola al dissenso

Editoriale. The New York Times (18/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. In qualità di monarchia votata alla democrazia, il Marocco gode dell’immagine di uno dei più stabili Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Ma la sua reputazione è minacciata da una campagna intimidatoria del governo contro giornalisti e gruppi per i diritti umani. […]

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Iran: luce verde di Khamenei su accordo sul nucleare

(Agenzie). La Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha finalmente dato la sua approvazione all’accordo sul nucleare iraniano stipulato lo scorso luglio da Teheran con le potenze occidentali del 5+1. Khamenei ha ordinato che l’accordo venga messo in atto, ma secondo determinate condizioni: in una lettera al presidente Hassan Rohani, l’ayatollah ha infatti specificato che […]

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Lady Gaga si sposerà in Marocco?

(Agenzie). Girano voci secondo cui Taylor Kinney, fidanzato della famossissima pos star Lady Gaga, voglia sposarsi in Marocco. L’attore sarebbe rimasto incantato dal Paese nordafricano durante le riprese del film “Rock the Kasbah”, con Bill Murray. In un’intervista, Kinney ha detto che “il Marocco sarebbe perfetto!”. Per ora non è stata fissata nessuna data per la […]

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Egitto: livello basso di partecipazione elettorale anche all’estero

(Agenzie). Il numero totale di egiziani espatriati che la scorsa settimana si sono recati presso le 139 rappresentanze diplomatiche dell’Egitto in tutto il mondo è stato di sole 30.531, a fronte dei 680 mila aventi diritto al voto che vivono all’estero, secondo dati forniti dal Comitato Elettorale Supremo. Ad esempio, in Belgio si sono presentati al voto […]

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Medio Oriente: riunione Consiglio di Sicurezza ONU su situazione in Palestina e Israele

(Agenzie). Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, riferirà oggi ai membri del Consiglio di Sicurezza sulla situazione in Palestina e Israele in videoconferenza da Ramallah, alla fine del suo viaggio in Medio Oriente e dopo gli incontri con il presidente israeliano Reuven Rivlin, il primo ministro Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Ban Ki-moon si è […]

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Tunisia-Giordania: firmati accordi cooperazione

(Agenzie). La Tunisia e la Giordania hanno firmato degli accordi di cooperazione in campo militare, di sicurezza e della protezione civile, in occasione della visita del presidente tunisino Beji Caid Essebsi al re Abdullah II ad Amman. I due leader hanno sottolineato la necessità di sviluppare la cooperazione bilaterale, soprattutto nel settore delle nuove tecnologie, […]

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Iraq: milizie sciite fanno appello al premier per intervento russo contro Daesh

(Agenzie). L’Alleanza Nazionale e le milizie sciite in Iraq ha fatto appello al primo ministro Haidar al-Abadi affinché richieda l’intervento aereo della Russia per combattere i militanti di Daesh (ISIS), che ormai controllano gran parte del Paese. Abadi, il suo governo e le milizie sciite appoggiate dall’Iran hanno si sono tutti detti frustrati dall’andamento della campagna […]

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Canada ritira aerei da guerra dalla campagna internazionale in Siria e Iraq

(Agenzie). Il neo-eletto primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha detto al presidente americano Barack Obama che Ottawa ritirerà i suoi jet dalla coalizione internazionale anti-Daesh (ISIS) che opera in Siria e in Iraq, senza però definire i tempi del ritiro. Mentre il Canada rimane “un forte membro della coalizione”, Trudeau ha detto di aver chiarito […]

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Siria, Cremlino: visita a sorpresa di Assad a Mosca

(Agenzie). Il presidente siriano Bashar al-Assad è volato a Mosca ieri sera per un incontro con il presidente russo Vladimir Putin, durante il quale i due avrebbero discusso della campagna militare contro i militanti islamisti in Siria, secondo fonti del Cremlino. “Il presidente della Repubblica Araba Siriana Bashar Assad è venuto a Mosca per una visita […]

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Le donne di Gaza scendono in strada

Di Asmaa al-Ghoul. Al-Monitor (19/10/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo. Inam Abu Qenas, 30 anni, e Mercat Abdul Qadir, 26, si sono dirette verso la linea di frontiera sul confine est di Gaza e si sono avvicinate alla base militare israeliana di Nahal Oz per lanciare delle pietre. Il loro gesto del 9 ottobre […]

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Israele, Netanyahu: “Gran Mufti di Gerusalemme ha spinto all’Olocausto”

(Agenzie). In occasione del 37° Congresso sionista mondiale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che, all’epoca della seconda guerra mondiale, fu un religioso palestinese a spingere Hitler a commettere l’olocausto, dandogli l’idea per la sua “soluzione finale”. Nel suo discorso, il premier ha detto che l’allora Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini […]

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Mediterranea 17 Young Artists Biennale

vapore 110Dal 22 al 25 ottobre si terranno workshop, performance, concerti, esibizioni con ospiti e artisti provenienti da diversi Paesi dell’Europa e del Mediterraneo alla Fabbrica del Vapore di Milano. Il 23 ottobre Babelmed animerà il workshop “It’s not art unless it has the potential to be a disaster”, con la regista Laura Halilovic sul tema della produzione artistica e l’esclusione sociale.

Tunisia: premier Essid licenzia ministro Giustizia

(Agenzie). Il primo ministro tunisino, Habib Essid, ha licenziato il ministro della Giustizia, Mohamed Saleh Ben Aissa: il ministro avrebbe criticato l’ambasciatore degli Stati Uniti, accusandolo di immischiarsi negli affari interni del Paese. A riportare la notizia l’ufficio del premier, che però non ha fornito ulteriori spiegazioni per la decisione presa. Per ora, il ministro della Difesa […]

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Studio: uso banda larga mobile in rapida crescita nei Paesi arabi

(Agenzie). Le reti mobili a banda larga saranno la base di 2/3 delle comunicazioni mobili nei Paesi arabi del Medio Oriente e del Nord Africa entro il 2020: a rivelarlo un nuovo studio pubblicato dalla GSMA, che questa settimana terrà una conferenza a Dubai. Il nuovo studio, dal titolo “L’economia mobile – Paesi arabi 2015”, rivela […]

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I laboratori del Nationless Pavilion

sale 110bisDal 20 al 31 ottobre il Nationless Pavilion attiva su Lecce e Venezia dei laboratori d’arte contemporanea allo scopo di dar vita, il 31 ottobre 2015, ad un’installazione collettiva presso il S.a.L.E Docks (VE) che possa visualizzare la Nazione 25 con le sue problematiche e possibilità.

I laboratori del Nationless Pavilion

sale 110bisDal 20 al 31 ottobre il Nationless Pavilion attiva su Lecce e Venezia dei laboratori d’arte contemporanea allo scopo di dar vita, il 31 ottobre 2015, ad un’installazione collettiva presso il S.a.L.E Docks (VE) che possa visualizzare la Nazione 25 con le sue problematiche e possibilità.

Arabia Saudita: due attivisti condannati a diversi anni di carcere

(Agenzie). Un tribunale saudita ha condannato due attivisti politici a diversi anni di carcere con l’accusa di aver creato delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani, secondo quanto riferito da Amnesty International. Abdulkareem al-Khoder e Abdulrahman al-Hamid, rispettivamente co-fondatore e membro dell’Associazione Saudita per i Diritti Politici e Civili (ACPRA) sono stati condannati a 10 […]

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Francia: la Le Pen oggi a giudizio per incitamento all’odio razziale

(Agenzie). La leader del partito di estrema destra francese, Marine Le Pen, si è oggi presentata davanti ai giudici per il processo che la vede accusata di incitamento all’odio razziale per alcuni commenti fatti contro i musulmani cinque anni fa. All’epoca, infatti, la Le Pen aveva paragonato le preghiere in strada a un’occupazione straniera. La Le Pen, […]

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Una, nessuna e centomila (Gerusalemme)

La storia ci ha abituato a una sistemazione delle controversie e dei conflitti in cui determinante è chi ha il controllo dell’uso della forza. È il vincitore a dettare le regole, insomma. È vero, è un fatto incontrovertibile, che ha – però – nella vicenda israelo-palestinese un vulnus. La normalizzazione, a Gerusalemme, è reale maRead more

Una, nessuna e centomila (Gerusalemme)

La storia ci ha abituato a una sistemazione delle controversie e dei conflitti in cui determinante è chi ha il controllo dell’uso della forza. È il vincitore a dettare le regole, insomma. È vero, è un fatto incontrovertibile, che ha – però – nella vicenda israelo-palestinese un vulnus. La normalizzazione, a Gerusalemme, è reale maRead more

Una, nessuna e centomila (Gerusalemme)

La storia ci ha abituato a una sistemazione delle controversie e dei conflitti in cui determinante è chi ha il controllo dell’uso della forza. È il vincitore a dettare le regole, insomma. È vero, è un fatto incontrovertibile, che ha – però – nella vicenda israelo-palestinese un vulnus. La normalizzazione, a Gerusalemme, è reale maRead more

Da immigrata arabo-canadese, sono ancora in cerca di una casa

Di Aya al-Hakim. Your Middle East (18/10/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. In copertina, la foto di una donna irachena, Baan al-Hakim, scattata dall’autrice dell’articolo La nostra lingua madre è quello che ci si connette a un’unita futura e ad una perduta. Sono passati cinque anni da quando sono arrivata in Canada. Nell’arco […]

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Vedi alla voce “Hassan Youssef”

Ora, non chiedo tanto, quando si fa informazione in Italia. Ma almeno un’occhiata a Wikipedia la si potrebbe dare. Hassan Youssef è uno dei leader di Hamas, uno dei leader dell’organizzazione politica. Non è considerato uno dei capi dell’ala militare. Era uscito dal carcere recentemente, e in carcere ci ha passato parecchi anni.  Per il resto,Read more

Vedi alla voce “Hassan Youssef”

Ora, non chiedo tanto, quando si fa informazione in Italia. Ma almeno un’occhiata a Wikipedia la si potrebbe dare. Hassan Youssef è uno dei leader di Hamas, uno dei leader dell’organizzazione politica. Non è considerato uno dei capi dell’ala militare. Era uscito dal carcere recentemente, e in carcere ci ha passato parecchi anni.  Per il resto,Read more

Vedi alla voce “Hassan Youssef”

Ora, non chiedo tanto, quando si fa informazione in Italia. Ma almeno un’occhiata a Wikipedia la si potrebbe dare. Hassan Youssef è uno dei leader di Hamas, uno dei leader dell’organizzazione politica. Non è considerato uno dei capi dell’ala militare. Era uscito dal carcere recentemente, e in carcere ci ha passato parecchi anni.  Per il resto,Read more

Novità Editoriali: “E se fossi morto?” di Muhammad Dibo

Esce a novembre un altro libro della collana Altriarabi della casa editrice il Sirente. Si tratta di “E se fossi morto?” di Muhammad Dibo, tradotto dall’arabo da Federica Pistono. Lo scrittore, giornalista e poeta siriano prende spunto da una telefonata in cui gli viene comunicato che un certo Muhammad Dibo è stato ucciso a Duma. […]

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Iran: primo incontro a Vienna di commissione congiunta su accordo nucleare

(Agenzie). La commissione congiunta istituita per sorvegliare l’attuazione di un accordo nucleare tra l’Iran e il gruppo dei paesi 5+1 ha tenuto il suo primo incontro nella capitale austriaca di Vienna ieri, lunedì 19 ottobre. All’incontro inaugurale hanno partecipato i vice ministri iraniani degli Esteri Abbas Araqchi e Majid Takht-e-Ravanchi, nonché i rappresentanti del gruppo di paesi […]

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Palestina: accoltellato soldato israeliano, ucciso aggressore

(Agenzie). Un soldato israeliano è stato accoltellato durante gli scontri vicino alla città di Hebron. Il presunto aggressore è stato ucciso, secondo quanto dichiarato dai medici militari . L’accoltellamento è avvenuto intorno a Beit Awwa nel sud della West Bank. Gli scontri erano scoppiati nel corso della giornata nella vicina Hebron a seguito della distruzione da […]

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Egitto: secondo giorno di elezioni, senza elettori

(Agenzie). Gli egiziani sono in gran parte rimasti lontano dalle cabine elettorali anche nel secondo giorno delle votazioni per l’elezione del nuovo parlamento. I dati mettono in evidenza la disillusione crescente del popolo da quando l’esercito ha preso il potere nel 2013 e ha promesso di ripristinare la democrazia. Il Premier Sherif Ismail aveva dichiarato che […]

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Palestina: arrestato leader di Hamas

(Agenzie). Le truppe israeliane hanno arrestato uno dei principali leader della West Bank del gruppo islamico Hamas in un raid di notte nei pressi di Ramallah, secondo quanto dichiarato dall’esercito. “Durante la notte, le forze dell’esercito e Shin Bet (il servizio di sicurezza interna) ha arrestato Hassan Yusef, un leader di Hamas,  a sud ovest di […]

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Libia: parlamento di Tobruk rifiuta accordo ONU

(Agenzie). Il Parlamento riconosciuto a livello internazionale della Libia ha deciso di respingere la proposta delle Nazioni Unite per un governo di unità. Tuttavia, il parlamento, conosciuto come la Camera dei rappresentanti e con sede a  Tobruk, ha detto che continuerà a partecipare ai colloqui di pace con i suoi rivali di Tripoli. All’inizio della giornata di lunedì, gli Stati […]

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Turchia: identificato attentatore di Ankara

(Agenzie). I funzionari turchi hanno identificato uno dei due attentatori suicidi che si sono fatti esplodere durante la manifestazione per la pace nella capitale Ankara, uccidendo 102 persone. I media turchi hanno detto che il fratello dell’attentatore è morto come kamikaze in un precedente attacco. La Procura di Ankara ha identificato l’attentatore coinvolto negli attacchi del […]

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Incidente criminale

Il bombardamento americano dell’ospedale di Msf a Kunduz in Afghanistan non è stato un incidente. Il raid del 3 ottobre, «esteso e preciso», suggerisce un’ipotesi ben più inquietante su cui è necessaria un’indagine indipendente: il crimine di guerra. E’ la versione  che i Medici senza frontiere han sostenuto sin dal primo giorno di quell’attacco – il cui bilancio alla fine è stato di 22 morti e oltre 30 dispersi – ma che adesso viene rilanciata con più forza dall’Afghanistan dal direttore di Msf Belgio e già direttore generale di Msf Christopher Stokes. Stokes è andato di persona a vedere gli effetti del bombardamento e, dal luogo del delitto, le sue parole acquistano più forza. Lo segue, nella macabra ricognizione tra muri crollati e anneriti (visibile anche su youtube), una troupe di ToloTv, una delle più seguite emittenti del Paese. Ed è la stessa Tv a raccogliere le accuse di Stokes e a rilanciarle nelle case degli afgani che finora hanno ascoltato soprattutto la voce del governo, le scuse della Nato e di Obama, la versione che si sarebbe trattato di un incidente per cercare di snidare guerriglieri rifugiatisi nell’ospedale. Versione che Stokes sconfessa.
«La distruzione estesa e assolutamente precisa di questo ospedale – ho passato tutta la mattina ad attraversarlo con i miei colleghi osservando l’entità dei danni – non suggerisce, non sembra, non indica un errore. L’ospedale – dice Stokes davanti alle telecamere afgane – è stato ripetutamente colpito, sia nella parte anteriore sia in quella posteriore e ampiamente distrutto e danneggiato anche se avevamo fornito tutte le coordinate e le informazioni corrette a tutte le parti armate in conflitto. Per questo vogliamo una spiegazione chiara: perché tutto quel che è successo indica una grave violazione del diritto umanitario internazionale e, di conseguenza, un crimine di guerra».


Sulla versione americana per cui il raid aereo sarebbe stato chiesto dagli afgani per la presenza dei talebani – anche se non è ancora emerso chi alla fine diede luce verde – Stokes sostiene che «nel compound non erano entrati talebani armati (Msf ha sempre chiarito che chiunque ha bisogno di cure viene ricoverato ma senza armi ndr) e da quel che ho capito parlando col nostro staff e con le guardie dell’ospedale, avevamo un chiaro controllo di quel che stava accadendo dentro e fuori il centro e non si era verificato nessun combattimento nelle ore precedenti l’attacco (avvenuto verso le due di notte ndr). I nostri pazienti, dottori e membri dello staff – dice ancora Stokes – pensavano di essere al sicuro in ospedale e fino a quando non si capirà quel che è successo veramente e sino a quando non saremo in grado di ottenere le garanzie che questo genere inaccettabile di attacchi non accada di nuovo, non potremo riaprire una struttura che metterebbe il nostro personale in pericolo».

La base aerea di Bagram. la più importante base Usa
 in Afghanistan.  Gli aerei partono per lo più da qui

Intanto petizioni e richieste ufficiali perché si svolga un’indagine indipendente incontrano un muro di silenzio cui viene opposta un’indagine interna militare. Eppure sia Unama, la forza Onu a Kabul, sia la missione Ue hanno preso posizioni dure: l’inviato speciale di Bruxelles Franz-Michael Melbin ha definito il bombardamento una «chiara violazione delle leggi internazionali» e ha chiesto un’indagine trasparente come Msf pretende dal primo giorno. Per ora però l’unica vera risposta sembra quella di aumentare l’impegno militare in una guerra i cui costi non accennano a diminuire e che sta per assistere a un nuovo coinvolgimento delle nostre forze armate, con costi militari che andranno probabilmente a discapito di quelli civili per favorire la ricostruzione. Proprio ieri a Kabul Equality for Peace andDemocracy, un’associazione afgana della società civile, ha fatto i conti in tasca alla guerra. Ogni giorno il conflitto costa agli afgani 24 milioni di dollari: nove miliardi nel solo 2014.  

Incidente criminale

Il bombardamento americano dell’ospedale di Msf a Kunduz in Afghanistan non è stato un incidente. Il raid del 3 ottobre, «esteso e preciso», suggerisce un’ipotesi ben più inquietante su cui è necessaria un’indagine indipendente: il crimine di guerra. E’ la versione  che i Medici senza frontiere han sostenuto sin dal primo giorno di quell’attacco – il cui bilancio alla fine è stato di 22 morti e oltre 30 dispersi – ma che adesso viene rilanciata con più forza dall’Afghanistan dal direttore di Msf Belgio e già direttore generale di Msf Christopher Stokes. Stokes è andato di persona a vedere gli effetti del bombardamento e, dal luogo del delitto, le sue parole acquistano più forza. Lo segue, nella macabra ricognizione tra muri crollati e anneriti (visibile anche su youtube), una troupe di ToloTv, una delle più seguite emittenti del Paese. Ed è la stessa Tv a raccogliere le accuse di Stokes e a rilanciarle nelle case degli afgani che finora hanno ascoltato soprattutto la voce del governo, le scuse della Nato e di Obama, la versione che si sarebbe trattato di un incidente per cercare di snidare guerriglieri rifugiatisi nell’ospedale. Versione che Stokes sconfessa.
«La distruzione estesa e assolutamente precisa di questo ospedale – ho passato tutta la mattina ad attraversarlo con i miei colleghi osservando l’entità dei danni – non suggerisce, non sembra, non indica un errore. L’ospedale – dice Stokes davanti alle telecamere afgane – è stato ripetutamente colpito, sia nella parte anteriore sia in quella posteriore e ampiamente distrutto e danneggiato anche se avevamo fornito tutte le coordinate e le informazioni corrette a tutte le parti armate in conflitto. Per questo vogliamo una spiegazione chiara: perché tutto quel che è successo indica una grave violazione del diritto umanitario internazionale e, di conseguenza, un crimine di guerra».


Sulla versione americana per cui il raid aereo sarebbe stato chiesto dagli afgani per la presenza dei talebani – anche se non è ancora emerso chi alla fine diede luce verde – Stokes sostiene che «nel compound non erano entrati talebani armati (Msf ha sempre chiarito che chiunque ha bisogno di cure viene ricoverato ma senza armi ndr) e da quel che ho capito parlando col nostro staff e con le guardie dell’ospedale, avevamo un chiaro controllo di quel che stava accadendo dentro e fuori il centro e non si era verificato nessun combattimento nelle ore precedenti l’attacco (avvenuto verso le due di notte ndr). I nostri pazienti, dottori e membri dello staff – dice ancora Stokes – pensavano di essere al sicuro in ospedale e fino a quando non si capirà quel che è successo veramente e sino a quando non saremo in grado di ottenere le garanzie che questo genere inaccettabile di attacchi non accada di nuovo, non potremo riaprire una struttura che metterebbe il nostro personale in pericolo».

La base aerea di Bagram. la più importante base Usa
 in Afghanistan.  Gli aerei partono per lo più da qui

Intanto petizioni e richieste ufficiali perché si svolga un’indagine indipendente incontrano un muro di silenzio cui viene opposta un’indagine interna militare. Eppure sia Unama, la forza Onu a Kabul, sia la missione Ue hanno preso posizioni dure: l’inviato speciale di Bruxelles Franz-Michael Melbin ha definito il bombardamento una «chiara violazione delle leggi internazionali» e ha chiesto un’indagine trasparente come Msf pretende dal primo giorno. Per ora però l’unica vera risposta sembra quella di aumentare l’impegno militare in una guerra i cui costi non accennano a diminuire e che sta per assistere a un nuovo coinvolgimento delle nostre forze armate, con costi militari che andranno probabilmente a discapito di quelli civili per favorire la ricostruzione. Proprio ieri a Kabul Equality for Peace andDemocracy, un’associazione afgana della società civile, ha fatto i conti in tasca alla guerra. Ogni giorno il conflitto costa agli afgani 24 milioni di dollari: nove miliardi nel solo 2014.  

Turchia: 4 arresti per attacco di Ankara

(Agenzie). Un tribunale penale in Turchia ha ordinato la detenzione di quattro persone sospettate di essere coinvolte nel doppio attentato suicida di Ankara che ha ucciso più di 100 persone, secondo quanto riportato dall’Agenzia di stampa turca Anatolia. I sospetti, al momento in custodia cautelare, sono stati accusati di “fabbricazione di ordigni esplosivi con l’intenzione di […]

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Palestina. La generazione dei ribelli scomodi

“Mentre i commentatori discutono sulla probabilità di una Terza Intifada in Palestina, una nuova generazione di palestinesi a Gerusalemme e in Cisgiordania è venuta alla luce. Sono consapevoli che i coltelli e le pietre non possono liberare la Palestina. Ma sanno anche che la liberazione non arriverà attraverso inutili colloqui di pace”. L’analisi di Budour Hassan. 

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Budour Hassan*

Palestina. La generazione dei ribelli scomodi

“Mentre i commentatori discutono sulla probabilità di una Terza Intifada in Palestina, una nuova generazione di palestinesi a Gerusalemme e in Cisgiordania è venuta alla luce. Sono consapevoli che i coltelli e le pietre non possono liberare la Palestina. Ma sanno anche che la liberazione non arriverà attraverso inutili colloqui di pace”. L’analisi di Budour Hassan. 

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Budour Hassan*

Palestina. Riconquistare dignità, ad ogni costo

Quelli che Netanyahu chiama “terroristi” sono giovani nati dopo gli Accordi di Oslo, cresciuti con il fallimento del “processo di pace”, nella frustrazione e nell’umiliazione permanenti. Dalle ideologie e dagli slogan inefficaci sono passati alla riconquista della dignità calpestata. A qualsiasi prezzo.

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Michel Warschawski per Orient XXI*

Palestina. Riconquistare dignità, ad ogni costo

Quelli che Netanyahu chiama “terroristi” sono giovani nati dopo gli Accordi di Oslo, cresciuti con il fallimento del “processo di pace”, nella frustrazione e nell’umiliazione permanenti. Dalle ideologie e dagli slogan inefficaci sono passati alla riconquista della dignità calpestata. A qualsiasi prezzo.

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Michel Warschawski per Orient XXI*

Palestina. La generazione dei ribelli scomodi

Mentre gli analisti si dividono per capire se ciò che sta accadendo in Palestina sia una Terza Intifada, una nuova generazione scende in piazza. Con una rabbia che ha sempre covato sotto la superficie, aspettando di erompere da un momento all’altro. La questione è sempre e solo stata “quando”. L’analisi di Budour Hassan. 

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Budour Hassan*

Libia. Accordi in corso (con ogni mezzo necessario)

Nella notte tra il 9 e il 10 ottobre l’Inviato Speciale delle Nazioni Unite per la Libia ha annunciato il raggiungimento di un’intesa tra le delegazioni libiche per la formazione del nuovo governo di unità nazionale, che adesso dovrà passare al vaglio dei due parlamenti rivali di Tobruk e Tripoli per l’approvazione, entro il 20 ottobre.

 

 

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Lamia Ledrisi

Iraq. L’Europa: il sogno o la morte

Ameer, Maha, Shamiran sono soltanto alcuni delle migliaia di iracheni e siriani che stanno lasciando il paese per ricominciare una nuova vita. Volti, sogni, lauree e ragioni diverse, dietro numeri che non si conoscono e traumi di cui Daesh è responsabile solo in parte.

 

03 Novembre 2015
di: 
Stefano Nanni da Duhok – Kurdistan iracheno

Egitto. Un voto non fa democrazia

Le elezioni per il nuovo Parlamento egiziano sono iniziate sabato scorso. Ma nonostante l’apparente struttura democratica, repressione, intidimidazioni e sistemi di esclusione hanno la meglio. Uno sguardo d’insieme a poche ore dai primi risultati. 

 

 

 

19 Ottobre 2015
di: 
Giovanni Piazzese

NATO e Russia per la prima volta “insieme” nel Mar Mediterraneo

Di Hussein Majdoubi. Al-Quds al-Arabi (18/10/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Il Mar Mediterraneo è oggi testimone di una delle manovre militari più importanti della storia a distanza di un decennio: la NATO entra nella sponda occidentale con il suo sistema di difesa antimissile, conosciuto anche come “Star Wars”. Intanto la sponda orientale è occupata […]

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Tunisia: arrestato rapper tunisino Klay BBJ

(Al-Huffington Post Maghreb). Il famoso rapper tunisino Ahmed ben Ahmed, alias Klay BBJ è stato arrestato Sabato sera a Tunisi e detenuto in carcere, ha riferito il suo avvocato, Ghazi Mrabet. “E ‘stato arrestato con un altro rapper e una terza persona prima di un concerto a Hammamet (60 km a sud di Tunisi),” ha detto all’AFP Mrabet […]

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Yemen: governo parteciperò a colloqui ONU

(Agenzie). Il governo dello Yemen parteciperà ai colloqui patrocinati dalle Nazioni Unite con gli Houthi e i sostenitori del leader deposto Ali Abdullah Saleh, ha dichiarato un portavoce del governo. “È stata presa la decisione di partecipare ai colloqui e a tale proposito verrà inviata una lettera  al segretario generale dell’ONU ” Rajeh Badi, il […]

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Egitto: affluenza bassa alle urne

(Agenzie). Un numero molto basso di egiziani è andato a votare per la  prima fase delle elezione salutate dal presidente Abdel-Fattah al-Sisi come una pietra miliare sulla strada della democrazia. I giovani egiziani hanno boicottato le elezioni perché profondamente delusi dalla politica. Le persone tra i 20 ei 30 anni hanno espresso seri dubbi sul fatto che […]

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Assemblea Generale UNIMED 21 e 22 ottobre a Roma

L’UNIMED, Unione delle Università del Mediterraneo, in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza, organizzerà la propria Assemblea Generale presso i locali della Facoltà di Architettura della Sapienza in Via Antonio Gramsci 53 a Roma. L’evento è patrocinato dal Parlamento Europeo e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Organizzazione che si compone di […]

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L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

L’Intifada dei coltelli

Otto morti – ebrei, israeliani – finora. Quarantaquattro arabi e palestinesi deceduti. Centinaia di feriti. Un ottobre così complicato non si vedeva da tempo. Dal 2000, da quando scoppiò la Seconda Intifada. Questa, per molti, è un’altra Intifada. L’Intifada dei coltelli. “Falafel Cafè” offre questa mappa-infografica aggiornata sulle vittime israeliane. Nella selezione vengono inserite le […]

Donna fuggita da Daesh: “Nell’organizzazione vige un’oppressiva mentalità criminale”

Asharq al-Awsat (17/10/2015). Traduzione e sintesi di Alice Bondì. Una donna britannica musulmana, riuscita a fuggire da Daesh (ISIS) in Siria, ha raccontato l’orrore di vivere sotto l’organizzazione del sedicente ‘Stato Islamico’, riferendosi in particolare alle tragiche condizioni di vita delle famiglie che vivono lì e alla mentalità criminale dei combattenti. La 33enne Shukee Begum […]

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Perché i cristiani di Egitto partecipano alle liste elettorali islamiste?

Di Sonia Farid. Al-Arabiya (17/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. La legge elettorale egiziana del 2014 metteva l’accento sul principio dell’equa rappresentazione, valido specialmente per quei gruppo fino ad allora marginalizzati dai regimi precedenti, come i cristiani e le donne. Secondo la legge, ogni lista elettorale dovrebbe includere almeno 3 cristiani, 3 donne, 2 contadini […]

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Egitto: muore lo scrittore Gamal al-Ghitani

(Agenzie). Il celebre scrittore egiziano Gamal al-Ghitani è morto oggi all’età di 70 anni, dopo una lunga malattia. Romanzista moderno, nel 1980 ha ricevuto il Premio Nazionale per la Letteratura. Quest’anno, aveva ricevuto il più alto riconoscimento nel suo campo, il Nile Award. Ghitani era inoltre caporedattore della rivista di letteratura Akhbar al-Adab, da lui fondata nel […]

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Afghanistan: vado anzi resto. La nuova Guerra fredda nel vecchio Grande gioco

L’ormai certa decisione italiana, come quella tedesca, di rinnovare l’impegno militare in Afghanistan risponde alle esigenze dell’Amministrazione americana che, forse ancor prima dell’annuncio pubblico di Obama, si era già assicurata l’appoggio degli alleati. Ora manca solo che la Nato, che ha buoni motivi per farlo, formalizzi anche il suo in maniera sostanziale, trasformando le modalità operative della missione Resolute Support in una permanenza che abbia a che fare assai più con la guerra che non con la semplice formazione dei quadri militari afgani.

Le motivazioni che hanno mosso Obama le conosciamo: la presa di Kunduz da parte dei talebani, le secche del processo di pace, le spinte dei Repubblicani e di parte dei Democratici americani, le richieste – più o meno formali – di Kabul e soprattutto di Abdullah Abdullah, il presidente in seconda del governo bicefalo retto da Ashraf Ghani in cui Abdullah rappresenta soprattutto il Nord del Paese (dove Kunduz si trova) e i centri di potere della vecchia Alleanza del Nord. Scavando un po’ però – e se la geopolitica non è un’opinione – c’è forse qualcos’altro nel risveglio americano: c’è un motivo strategico profondo che si accompagna al desiderio delle lobby militari – in America come in Europa – cui non dispiace affatto continuare una missione data per persa e per la quale invece si ricomincerà a spendere ancora molto mentre si potranno testare nuovi tipi d’arma. Facciamo un passo indietro.

Gli Stati uniti hanno firmato con Kabul un patto si partenariato strategico sulla sicurezza che prevede di fatto il controllo su una decina di basi aeree nel Paese dell’Hindukush e la gestione totale della grande base di Baghram, a due passi dalla capitale. Le basi significano garanzia di presenza operativa in un’area strategica e soprattutto, almeno sino a qualche mese fa, un buon posizionamento in caso di una guerra con l’Iran che con l’Afghanistan confina. Lentamente e con fatica, ma alla fine con successo, Washington e Teheran si sono però riavvicinati, raffreddando le tensioni anche sul piano militare. Dunque ci si poteva ritirare lasciando solo una piccola forza per controllare, comunque, le basi aree. Ma adesso il quadro è cambiato. Non è più Teheran a preoccupare, o meglio lo è se si pensa al suo alleato più pericoloso per Washington: Mosca. La Russia sta tentando da tempo un riavvicinamento con Kabul che in parte sta funzionando. E non è un caso che abbia bollato la recente scelta americana come un “passo forzato … un’altra eloquente testimonianza del completo fallimento della campagna militare portata avanti per 14 anni dagli Usa e dai suoi alleati in Afghanistan”. Ai russi piacerebbe infatti una nuova forza militare che comprenda i Paesi vicini a magari la Russia stessa. Via la Nato dall’Afghanistan insomma, per far avanzare un’altra pedina sullo scacchiere mondiale che al Nord vede la crisi ucraina e al centro la nuova prova di forza in Medio oriente.

Gli americani temono l’aggressività russa e conoscono e temono il piano di riavvicinamento di Mosca che in questi giorni recita un mantra ormai comune, quello dell’addestramento insufficiente delle forze armate afgane che dunque rischiano di soccombere alla forza talebana. Il gioco appare abbastanza chiaro: gli afgani sono degli incapaci e ci vuole una mano. Washington e Mosca sono pronti a offrirla. E’ importante arrivare per primi in queste cose con la differenza che Usa ed Europa a Kabul già ci sono. Non è proprio il caso di andar via.  Meglio restare, in forze, un altro po’.

Afghanistan: vado anzi resto. La nuova Guerra fredda nel vecchio Grande gioco

L’ormai certa decisione italiana, come quella tedesca, di rinnovare l’impegno militare in Afghanistan risponde alle esigenze dell’Amministrazione americana che, forse ancor prima dell’annuncio pubblico di Obama, si era già assicurata l’appoggio degli alleati. Ora manca solo che la Nato, che ha buoni motivi per farlo, formalizzi anche il suo in maniera sostanziale, trasformando le modalità operative della missione Resolute Support in una permanenza che abbia a che fare assai più con la guerra che non con la semplice formazione dei quadri militari afgani.

Le motivazioni che hanno mosso Obama le conosciamo: la presa di Kunduz da parte dei talebani, le secche del processo di pace, le spinte dei Repubblicani e di parte dei Democratici americani, le richieste – più o meno formali – di Kabul e soprattutto di Abdullah Abdullah, il presidente in seconda del governo bicefalo retto da Ashraf Ghani in cui Abdullah rappresenta soprattutto il Nord del Paese (dove Kunduz si trova) e i centri di potere della vecchia Alleanza del Nord. Scavando un po’ però – e se la geopolitica non è un’opinione – c’è forse qualcos’altro nel risveglio americano: c’è un motivo strategico profondo che si accompagna al desiderio delle lobby militari – in America come in Europa – cui non dispiace affatto continuare una missione data per persa e per la quale invece si ricomincerà a spendere ancora molto mentre si potranno testare nuovi tipi d’arma. Facciamo un passo indietro.

Gli Stati uniti hanno firmato con Kabul un patto si partenariato strategico sulla sicurezza che prevede di fatto il controllo su una decina di basi aeree nel Paese dell’Hindukush e la gestione totale della grande base di Baghram, a due passi dalla capitale. Le basi significano garanzia di presenza operativa in un’area strategica e soprattutto, almeno sino a qualche mese fa, un buon posizionamento in caso di una guerra con l’Iran che con l’Afghanistan confina. Lentamente e con fatica, ma alla fine con successo, Washington e Teheran si sono però riavvicinati, raffreddando le tensioni anche sul piano militare. Dunque ci si poteva ritirare lasciando solo una piccola forza per controllare, comunque, le basi aree. Ma adesso il quadro è cambiato. Non è più Teheran a preoccupare, o meglio lo è se si pensa al suo alleato più pericoloso per Washington: Mosca. La Russia sta tentando da tempo un riavvicinamento con Kabul che in parte sta funzionando. E non è un caso che abbia bollato la recente scelta americana come un “passo forzato … un’altra eloquente testimonianza del completo fallimento della campagna militare portata avanti per 14 anni dagli Usa e dai suoi alleati in Afghanistan”. Ai russi piacerebbe infatti una nuova forza militare che comprenda i Paesi vicini a magari la Russia stessa. Via la Nato dall’Afghanistan insomma, per far avanzare un’altra pedina sullo scacchiere mondiale che al Nord vede la crisi ucraina e al centro la nuova prova di forza in Medio oriente.

Gli americani temono l’aggressività russa e conoscono e temono il piano di riavvicinamento di Mosca che in questi giorni recita un mantra ormai comune, quello dell’addestramento insufficiente delle forze armate afgane che dunque rischiano di soccombere alla forza talebana. Il gioco appare abbastanza chiaro: gli afgani sono degli incapaci e ci vuole una mano. Washington e Mosca sono pronti a offrirla. E’ importante arrivare per primi in queste cose con la differenza che Usa ed Europa a Kabul già ci sono. Non è proprio il caso di andar via.  Meglio restare, in forze, un altro po’.

Egitto alle urne per eleggere il nuovo parlamento

(Agenzie). Finalmente, in Egitto vengono aperti i seggi per le tanto attese e rinviate elezioni per l’elezione dei nuovi membri del parlamento, assente dal giugno 2012. Le elezioni verranno divise in due fasi: una sessione di voto oggi, domenica 17 ottobre, e una seconda il 2 dicembre prossimo. I seggi saranno aperti oggi e domani […]

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Lo “Sheikh Adraee” predica agli ebrei in lingua araba

Di Ahmed al-Saba’i. Al-Jazeera (15/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. L’“Intifada dei coltelli” non intende diminuire di intensità nonostante il portavoce dell’esercito di occupazione israeliano, Adraee Avichay, abbia tenuto una lezione sulla religione islamica e abbia citato dei versetti coranici, descrivendo come “atti terroristici” l’aver insultato e aver investito dei giovani palestinesi da parte di alcuni coloni […]

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L’Iran si compra Damasco. Mosca interviene

(di Ibrahim Hamidi, al Hayat. Traduzione dall’arabo di Claudia Avolio). Usama è figlio di un ex-funzionario siriano. E’ un ingegnere laureato all’università di Damasco. Lavorava nel suo campo e con […]

Iran, We are journalists. Intervista a Ahmad Jalali Farahani

Intervista di Katia Cerratti. “Le parole sono importanti” recitava il protagonista di un noto film, ma le parole sono addirittura un’arma potentissima, nel bene e nel male. Possono far paura ai regimi, soprattutto se riflettono la realtà, e ancora più quando denunciano brogli, ingiustizie, affari loschi, annientamento dei diritti umani e torture. Se poi quella realtà […]

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Ad Haifa, un ristorante arabo-ebraico che conosce la ricetta della coesistenza

Di Judy Maltz. Haaretz (17/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. È l’ora di pranzo al Maxim: normalmente è l’ora di punta del ristorante, col chiacchiericcio dei clienti, la maggior parte dei quali ordinano kebab e felafel. Ma oggi più della metà dei tavoli è vuota. L’unico tavolo pieno è occupato da alcuni turisti americani che parlano del fatto […]

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Iran, We are journalists. Intervista a Ahmad Jalali Farahani

Intervista di Katia Cerratti “Le parole sono importanti” recitava il protagonista di un noto film, ma le parole sono addirittura un’arma potentissima, nel bene e nel male. Possono far paura ai regimi, soprattutto se riflettono la realtà, e ancora più quando denunciano brogli, ingiustizie, affari loschi, annientamento dei diritti umani e torture. Se poi quella realtà […]

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Yemen: mezzo milione di bambini a rischio malnutrizione

(Agenzie). Più di mezzo milione di bambini in Yemen affronta il pericolo della malnutrizione, così come la carestia nel Paese cresce sempre di più. Lo ha dichiarato un alto funzionario dell’UNICEF. “Siamo di fronte ad una grande catastrofe umanitaria. I livelli di malnutrizione che vengono segnalati per i bambini sono estremamente critici“, ha detto a Reuters Afshan Khan, direttore dei programmi di […]

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In Iraq, una nuova avanguardia teatrale per dare speranza alle giovani irachene

Di Amma Karim e Jean-Marc Mojon. Your Middle East (13/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. Haneen, che ha trascorso la maggior parte della sua vita in orfanotrofio, racconta che prima poteva stare per settimane chiusa in se stessa, mangiando senza scopo, guardando la TV e dormendo tutto il giorno. Ma la scorsa settimana la ragazzina […]

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Mûsîqât Festival 2015: la Tunisia in musica dal 17 al 23 ottobre (video)

(Agenzie). Il Festival musicale Mûsîqât ritorna per il decimo anno e sempre nello scenario unico del palazzo Ennejma Ezzahra a Sidi Bou Said, in Tunisia. La missione del Festival sin dalla sua prima creazione è stata quella di far scoprire le espressioni musicali tradizionali, le creazioni artistiche più diverse e nuove ispirate alla tradizione di tutti i paesi […]

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USA: Kerry chiama Abbas e Netanyahu per situazione Medio Oriente

(Agenzie). Il Segretario di Stato americano John Kerry ha chiamato i leader israeliano e palestinese, Abbas e Netanyahu, per esprimere la preoccupazione per i recenti sviluppi violenti della situazione in Medio Oriente. Kerry ha chiesto a entrambi di lavorare per riportare la calma nella regione. La “mossa” arriva mentre continuano gli scontri in Israele e nei Territori Palestinesi, che hanno sollevato […]

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Guerra civile? Parliamone

Guerra civile, guerra degli altri, guerra religiosa, guerra economica. Il conflitto libanese scoppiò formalmente 40 anni fa. E, sempre formalmente, è terminato da un quarto di secolo. Ma in Libano […]

“Al-Safina”: il romanzo profezia della crisi dei rifugiati in Medio Oriente

Di Ahmad Qabaha. Your Middle East (05/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. Nel suo romanzo di evasione “Al-Safina” (tradotto in inglese con il titolo “The Ship”), scritto alcuni anni dopo la sconfitta araba del 1967, l’ormai scomparso poeta, romanziere e critico palestino-iracheno Jabra Ibrahim Jabra colloca dei rifugiati arabi a bordo della nave immaginaria Hercules, […]

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Ungheria, premier Orban: “Islam mai stato parte dell’Europa”

(Agenzie). In un’intervista al settimanale tedesco Focus, il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha dichiarato che l’Islam “non è mai stato parte dell’Europa”, in un momento in cui l’Ungheria sta affrontando una massiccia ondata di migranti, di cui la maggior parte musulmani. Nell’intervista, che uscirà domani, sabato, Orban riconosce che, ad esempio, gli immigrati turchi […]

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Cucina turca: mercimek köftesi, polpettine vegetariane

Andiamo oggi a scoprire la ricetta di uno degli antipasti più diffuso in Turchia: le mercimek köftesi, polpettine vegetariane! Ingredienti: 50g di lenticchie rosse decorticate 220g di bulgur 750ml di acqua (di cui 50ml calda) 1 cipolla 2 cipollotti 2 cucchiai di concentrato di pomodoro 6 cucchiai di olio di oliva spezie: pepe nero, cumino, menta […]

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Palestina: Abbas condanna attacco contro Tomba di Giuseppe a Nablus

(Agenzie). Il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ha condannato l’azione di alcuni palestinesi che hanno dato fuoco alla Tomba di Joseph di Nablus, in Cisgiordania, considerato un luogo sacro per gli ebrei. Abbas ha definito l’attacco irresponsabile e ha annunciato la formazione di una commissione d’inchiesta per indagare sull’accaduto. L’incendio è stato appiccato durante la […]

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