Categoria: Gli Italiani di Cartagine

Au revoir a’ la Tunisie

Come molti lettori avranno notato Italiani di Cartagine hanno spesso di postare da qualche tempo. Il nostro recente trasloco dalla Tunisia verso nuove mete, non ci permette piu’ di essere osservatori privilegiati di una realta’ ormai altamente med…

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Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

Tunisia, perché ora Ennahda deve fare un passo indietro

Da Reset-Dialogues on Civilizations; intervista di Francesca Bellino
Nonostante la crisi politica che regna in Tunisia dal 6 febbraio, giorno dell’assassinio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, secondo Slaheddine Jourchi, “il Paese ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile”. Jourchi, giornalista, ricercatore, tra i maggiori esperti di politica tunisina, attivista per i diritti umani e, dallo scorso 13 febbraio, tra le 16 personalità scelte per il consiglio dei saggi nominato per trovare soluzioni al caos politico creatosi dopo la morte di Belaid, pensa che le priorità rimangano quella di concludere i lavori dell’Assemblea per la nuova Costituzione e di fissare la data delle prossime elezioni parlamentari. “È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione – dice –, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento”. Intanto, dopo le dimissioni del premier Hamadi Jebali, in seguito alla poco acclamata proposta di nominare un nuovo governo di tecnici, il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, ha dato l’incarico di premier al ministro dell’interno Ali Laarayedh, proposto dal partito di maggioranza Ennahda per formare la lista dei nuovi ministri in una decina di giorni.
Cosa rappresenta l’assassinio di Chokri Belaid nella storia della Tunisia?
L’assassinio di Chokri Belaid non è solo un crimine molto grave, ma rappresenta una spaccatura nella storia attuale della Tunisia post-rivoluzionaria. Quest’omicidio ha dimostrato che la scena politica sta scivolando verso la violenza politica. Ci sono tunisini pronti a eliminare i loro avversari per fini ideologici, per interessi di parte, o per servire forze esterne.
Come commenta la proposta di Hamadi Jebali di un governo di tecnocrati, le successive reazioni fino alle sue stesse dimissioni giunte il 19 febbraio?
La proposta di Jebali era basata su una costatazione netta e chiara: dopo 14 mesi di esperienza la coalizione al potere ha fallito. Le cause sono varie, ma in primo luogo il ruolo dei partiti è stato negativo e l’impatto delle loro lotte interne per prendere il potere ha indebolito il governo. Questo è il motivo per cui Jebali ha reagito proponendo un governo di tecnocrati che avrebbe potuto garantire una separazione tra tutti i partiti, compreso Ennahda e le sue attività di governo. Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare la seconda fase di transizione democratica. Ma la reazione negativa di Ennahda ha fatto abortire quest’ipotesi spingendo appunto Jebali alle dimissioni, dimissioni che lasciano Ennahda isolata in un angolo, mentre spingono gli altri partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Quel che più si teme oggi è di vedere i partiti diventare parte del problema mentre il popolo li percepiva precedentemente parte della soluzione.
Dunque Ennahda attraversa una crisi di legittimità?
Ennahda crede di star difendendo la legittimità elettorale e, visto che ha vinto le elezioni, pensa che sia suo diritto continuare a governare. Questo può essere un punto di vista logico, ma la fase di transizione attuale è difficile e complessa e necessita uno sforzo per unire tutto. Ma siccome il movimento islamista non possiede un’esperienza reale nel gestire il potere, e vista la crescente collera popolare, per il bene del Paese è diventato necessario allontanare momentaneamente Ennahda dal potere. Questa necessità non significa affatto un disconoscimento dei risultati elettorali, oppure una cospirazione contro la legittimità elettorale.
La Tunisia ha bisogno oggi di un’altra forma di legittimità, una legittimità consensuale da esercitare fino alle prossime elezioni mentre la corrente islamica rimane oggi prigioniera della sua brama di rimanere al potere. Ennahda ha paura che un suo eventuale ritiro abbia delle conseguenze negative sul suo futuro politico, tutto questo nonostante la caduta della sua popolarità negli ultimi mesi dovuta, per lo più, agli innumerevoli errori commessi.
Quali sono le sfide più importanti necessarie per garantire la transizione democratica? La Tunisia potrà essere un paese laico e progressista?
Accanto alle sfide economiche che determineranno il divenire della rivoluzione, le sfide nel campo della sicurezza pesano non poco sulla vita politica. A ogni miglioramento della situazione della pubblica sicurezza, segue però sempre un momento di ricaduta. E quel che complica ancora di più questa situazione sono l’assenza di stabilità in Libia e l’espansione delle attività di al Qaeda in Algeria e in Mali. Ma nonostante questo, la Tunisia ha ancora reali possibilità di edificare uno Stato emancipato e civile.
Benché oggi si veda un sensibile aumento del numero dei salafiti in Tunisia, bisogna riconoscere che i tunisini sono piuttosto attaccati a un Islam moderato. Si tratta di un popolo che non è attratto dalla radicalità religiosa, non ama la violenza, e non gradisce di essere governato da partiti che possano portarlo a vivere in uno stato di isolamento dal resto del mondo. I movimenti di modernizzazione si affacciarono in Tunisia già due secoli fa ed è impossibile cancellarne i risultati in pochi anni.
Secondo lei dove potrebbe portare una eventuale deriva islamico-salafita?
Il fenomeno islamico in Tunisia, come in tutto il mondo arabo, è complesso e vario. Ennahda, che ha scelto un approccio centrista, soffre oggi degli effetti negativi della sua esperienza di governo. Sarebbe difficile prevedere ora i risultati di questa esperienza, ma potrebbe uscirne più indebolita, più umile, aperta alla cooperazione con il resto dei partiti laici.
Certamente l’influenza delle correnti salafite sulle basi di Ennahda è diventata più evidente. In assenza di innovazioni più approfondite in materia di riforma religiosa, il clima generale in Tunisia, e anche a livello internazionale, potrebbe fornire un terreno adatto per l’espansione delle correnti conservatrici. In questo scenario, è pericoloso che la debolezza dello Stato continui e che si allunghi la fase di transizione, il rischio è che da questa situazione ne possano trarre vantaggio le reti violente vicine ad Al-Qaeda pronte a radicarsi nel suolo tunisino.
C’è il rischio di una guerra civile in Tunisia?
Non credo che per la Tunisia si delinei il rischio di una guerra civile. È vero, ci sono divisioni nei ranghi dell’élite e il fenomeno della violenza desta preoccupazione, ma c’è una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ricorrere alle urne e di condannare l’uso della violenza come strumento di cambiamento. L’assassinio di Chokri Belaid ha provocato uno shock nella società tunisina, ma nessuno ha rivendicato di reagire alla violenza con altra violenza. In Tunisia la cultura della pace è antica e ben radicata, ma quello che molti temono è la presenza di parti invisibili, interne ed esterne, che vogliono far esplodere la situazione attraverso l’assassinio di attivisti e intellettuali. Ed è a questo rischio che le varie forze politiche cercano di reagire, dobbiamo affrontare e vincere contro questi piani

La Triplice Sfida della Tunisia

Riportiamo un frammento di un articolo intervista sulla situazione attuale su Caffe Geopolico

La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

Leggi l’intera intervista su  Caffe Geopolico

La Triplice Sfida della Tunisia

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Triplice Sfida della Tunisia

Riportiamo un frammento di un articolo intervista sulla situazione attuale su Caffe Geopolico

La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

Leggi l’intera intervista su  Caffe Geopolico

La Triplice Sfida della Tunisia

Riportiamo un frammento di un articolo intervista sulla situazione attuale su Caffe Geopolico

La Tunisia sta vivendo una fase delicata nella sua transizione e si trova ad affrontare una triplice sfida: politica, economica e sociale. Ma che cosa sta accadendo? Proviamo a raccontarlo con 5 semplici domande. Le risposte vengono date da uno dei maggiori esperti su questo argomento: Emanuele Santi, Economista principale incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. La maggiore libertà che ha portato il confronto, un franco scambio di idee, ha portato la paura. Cosa attende i giovani tunisini?

Qual è la situazione in questo momento in Tunisia? Ci spieghi in termini semplici quali le fazioni e a che punto siamo.
Come dice, la situazione è delicata. La Tunisia deve cercare di costruire un nuovo modello di governance democratica, rilanciare la propria economia in un momento internazionale poco favorevole ed in un contesto di forti pressioni sociali interni, derivanti da problemi non risolti quali la disoccupazione giovanile e l’ineguaglianza sociale. Dopo un anno e mezzo dalle prime elezioni libere, manca ancora un calendario definito per la finalizzazione della Costituzione e per l’organizzazione delle prossime elezioni. L’assassinio di un leader politico dell’opposizione di orientamento laico, avvenuto la scorsa settimana, ha provocato un’ondata generalizzata di protesta popolare con manifestazioni di piazza in numerose località del Paese. La proposta dell’attuale primo ministro Hamadi Jebali di formare un governo tecnico di larghe intese, capace di guidare la transizione ed organizzare le elezioni, potrebbe risolvere l’impasse, ma, nell’attuale stato delle cose, non è ancora certo se la proposta verrà accolta. Il paese vive questi giorni con il fiato sospeso.

Dal punto di vista economico come vede la situazione? Siamo di fronte a un crollo dell’industria turistica e di un’inflazione che ormai è alle stelle.
Dopo una contrazione del PIL di quasi il 2% nel 2011, la Tunisia ha avuto una moderata ripresa economica nel 2012, stimata attorno al 3,5%. Una buona stagione dal punto di vista dell’agricoltura, una ripresa del turismo e degli investimenti diretti esteri (IDE), la ripresa della produzione di fosfati, quasi bloccati nel 2011 a causa delle proteste popolari nelle zone minerarie, hanno contribuito a raggiungere questa performance. La crisi economica e finanziaria in Europa e il conseguente calo della domanda estera hanno influenzato negativamente le esportazioni del settore off-shore, in particolare i prodotti tessili e dell’industria meccanica. Nel complesso tuttavia, le attività produttive hanno beneficiato di clima sociale relativamente più stabile rispetto all’anno precedente ed il mantenimento della domanda interna e proveniente dalla Libia hanno sostenuto l’economia. Per tutto il 2013 la ripresa continuerà, ma non a ritmi sufficienti per far fronte alle molteplici sfide socio-economiche del paese. L’industria turistica è in netta ripresa con un aumento del 45% di permanenze (notti in hotel) registrato nel 2012 rispetto all’anno precedente, e del 30% di proventi nel settore alberghiero (di fatto raggiungendo le cifre della Tunisia prima della rivoluzione). Tuttavia il settore è tra i più vulnerabili, risentendo della situazione di sicurezza attuale nel paese. Il settore soffre, inoltre, per il fatto di essere basato su un modello di turismo balneare a basso costo. Lo sviluppo di un turismo alternativo legato alle numerose attrazioni del paese, per esempio sul piano archeologico e naturalistico,  è auspicabile e fattibile. L’inflazione, con conseguente perdita di potere d’acquisto, è un’altra preoccupazione delle famiglie tunisine, anche se lontana dalle cifre a due zeri tipiche di situazioni simili di transizione. Nel 2012 si è attestata al di sotto del 6%, e dovrà ridursi leggermente nel 2013.

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Tunisia, dal dolore una nuova speranza?

Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Tunisia, dal dolore una nuova speranza?

Nena News : La reazione di massa contro l’assassinio politico ha dimostrato che lo spirito presente durante i giorni della rivoluzione è ancora vivo e che difficilmente potranno vincere i tentativi destabilizzanti di chi spera poter restaurare il vecchio regime o ancor meno, se fosse il caso, una dittatura islamica. Paradossalmente, uccidendo Chokri Belaid e colpendo una delle voci che con più forza chiedeva concreta democrazia e giustizia sociale, il Fronte Popolare ha moltiplicato la propria forza e autorevolezza. C’è da augurarsi che la sua morte serva per una partecipazione attiva del Fronte al processo politico, che servirebbe sia ad allargare il consenso sociale sia a rompere quella logica d’opposizione binaria tra Nahda e Nidaa Tounes che in questi mesi ha avvelenato la vita del paese.

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Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.
Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

Tunisia: il colpo di stato democratico?

“Colpo di stato piu democratico, sottile e intelligente nella storia della Tunisia” cosi ha definito un Mohamed Hedi Zaiem, Professore Tunisino dell’Universita di Tunisi in un articolo apparso a poche ore dall’ultim annuncio di Mohamed Jebali, capo del governo, che ha confermato oggi la sua decisione di licenziare i ministri dela Troika e di nominare un governo di tecnocrati parti indipendenti. Promette di non correre alle prossime elezioni e si impegna anche a dimettesi in caso di fallimento dei negoziati.

Ci sono molte tensioni all’interno del partito della troika (Ennahdha CRP Takatol) e in particolare nel Ennahdha, ma la proposta di Jebali potrebbe raccogliere consensi tra vari partiti dell’opposizione, e all’interno della stessa Ennahdha. Secondo il prof. Zaiem, anche il partito finirebbe per sostenerla, per nascondere la propria frattura interna.

Oggi, una parte del partito Ennahdha ha organizzato una contro-manifestazione presso Avenue Habib Bourguiba, raccogliendo poche migliaia di persone sul viale (contro il milione e 400,000 di ieri).

Pullman organizzati di sostenitori del partito islamico hanno cantato slogan contro l’RCD (il vecchio partito di Ben Ali) contro la Francia (che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazioni sull’uccisione di Belaid) e hanno lanicato minacce di di reazione violenta a chi dovesse attaccare la la legittimità del partito di governo.
Una prova di forza in gran parte fallita, che ha mostrato la spaccatura interna e la debolezza del partito, di fronte al successo delle forze dell’opposizione.

I tunisini (e non soli) rimangono con il fiato sospeso

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

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Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

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La dignita’ di un popolo e di una donna

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La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

La dignita’ di un popolo e di una donna

Besma Khalfaoui: E’ lei la protagonista di oggi, vedova di Chockri Belaid, uomo politico di opposizione Tunisino ucciso due giorni fa. Era lei alla guida di un corteo di un milione e messo di persone (fonti Ministero interno tunisino) in onore del nuovo eroe e martire della Tunisia. La sua morte ha segnato una svolta, ha solllevato le coscenze di un paese che non ne puo’ piu’ della lentezza della transizione politica, della violenza politica, del radicalismo religioso. “Il nome di mio marito e ormai stampato su lettere d’oro” ha affermato oggi. Il suo coraggio e la sua sofferenza, vissuta con grande dignita’ e orgoglio, e’ quello di un popolo oggi raccolto per difendere i valori per cui ha combattuto poco piu di due anni fa. Scesa in piazza il giorno stesso dell’omicidio, e’ tornata oggi a lanciare un messaggio pacifico di cambiamento. Ci si aspettava il peggio, ma la Tunisia ci ha sorpreso. A parte qualche tafferuglio, il corteo di oggi e’ stato esemplare. Si evitato il peggio di una deriva di violenza che poteva portare a transizioni obbligate in mani a militari, ma e’ chiaro che oggi siamo ad una svolta. Come commentava qualcuno sulle reti sociali, oggi si sono celebrati due funerali, quelli di Belaid e quelli della coalizione del governo. In serata il primo ministro rilancia il governo di unita’ nazionale, nonostante l’opposizione del suo stesso partito, ovvero Ennahda. Siamo ad un punto di non ritorno. Un passaggi e’ obbligato. E la forza della voce di questa donna tuonera’ come campanello di allarme che un cambiamento e’ necessario

Aria di Rivoluzione?

Migliaia di persone riunite davanti casa di Belaid, in attesa del corteo funebreSi respira un aria speciale oggi in Tunisia. L’attesa di una grande giornata. Supermercato dietro casa a Cartagine e’ semivuoto. La calma illusoria tra le strade. Alcu…

Aria di Rivoluzione?

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Ennhada si spacca

Il principale partito al governo Ennahdha rifiuta la proposta del suo primo ministro Hamadi Jebali di ieri sera di un governo tecnico Una grave crisi si apre all’interno del partito. In un intervista Rached Ghannouchi, il segretario generale …

Ennhada si spacca

Il principale partito al governo Ennahdha rifiuta la proposta del suo primo ministro Hamadi Jebali di ieri sera di un governo tecnico Una grave crisi si apre all’interno del partito. In un intervista Rached Ghannouchi, il segretario generale …

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

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Tunisia al bivio, ma in quale direzione?

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Una sveglia amara questa mattina. Entrare in ufficio e vedere colleghi in lacrime non e’ una cosa usuale, eppure e’ successo oggi. Non piangono per un parente ucciso, ma piangono per un uomo politico ucciso a colpi di pistola davanti a casa sua. S…

14 Gennaio tra amarezza e nuove paure

Domani si celebra in tutto il paese il secondo anniversario dalla rivolta che a messo fine alla dittatura di Ben Ali e ha dato inizio alla cosiddetta primavera araba. Dopo soi 24 mesi da questo momento storico, piena di fervori e nuove speranze, i…

14 Gennaio tra amarezza e nuove paure

Domani si celebra in tutto il paese il secondo anniversario dalla rivolta che a messo fine alla dittatura di Ben Ali e ha dato inizio alla cosiddetta primavera araba. Dopo soi 24 mesi da questo momento storico, piena di fervori e nuove speranze, i…

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14 Gennaio tra amarezza e nuove paure

Domani si celebra in tutto il paese il secondo anniversario dalla rivolta che a messo fine alla dittatura di Ben Ali e ha dato inizio alla cosiddetta primavera araba. Dopo soi 24 mesi da questo momento storico, piena di fervori e nuove speranze, i…

Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

www.soukattanmia.org

Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

www.soukattanmia.org

Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

www.soukattanmia.org

Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Souk Attanmia ripartire con i giovani e l’innovazione

Costruire un nuovo paese basato sulle idee dei giovani e sulla valorizzazione dello spirito imprenditoriale, in una nuova Tunisia post-rivoluzionaria: è questo il tema dell’evento che si terrà il 10 gennaio 2013 alla Cité des Sciences di Tunisi. Luogo simbolo della gioventù tunisina, si trasforma oggi nel palcoscenico sul quale verrannno premiati 71 giovani che sono riusciti ad emergere con delle idee innovative.

Vengono con le loro speranze, sono giovani, per la maggior parte disoccupati, rappresentanto il caleidoscopio della nuova Tunisia che emerge dalla rivolta che due anni fa ha messo fine alla dittatura di Ben Ali, oggi liberi dalle pressioni e dalle influenze del vecchio regime. “Una dittatura che reprimeva non solo le libertà individuali, ma anche l’iniziativa economica libera” dichiara Douja Gharbi, imprenditrice e Vice Presidente di CONECT, una’associazione patronale nata dopo la rivoluzione e partner dell’iniziativa, oggi libera di esprimere il suo potenziale.

Per sostenere la realizzazione di questo progetto, unico nel suo genere in tutta l’Africa, venti partners, a partire dalla Banca Africana di Sviluppo, passando alla società civile, al mondo associativo, ma anche alle grandi imprese come Microsoft, Total, Tunisiana, terminando con i classici dello sviluppo, le Nazioni Unite (FAO, ILO, UNIDO, OIM), si sono lanciati in questo programma che offre non solo finanziamento ma anche accompagnamento per un anno. L’iniziativa Souk Attanmia si è dimostrata unica nella sua capacità di costruire una nuova forma di cooperazione tra partners pubblici e privati, e di creare un network che permette ai promotori di espandere i propri orizzonti, di entrare in contatto con organizzazioni internazionali e grandi imprese.

Tra i partners, nessun logo italiano. Tuttavia, gli italiani non mancano: Monica Carco, rappresentante residente dell’UNIDO (organizzazione specializzata nello sviluppo industriale) a Tunisi; Lorena Lando, rappresentante dell’organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM). Italiano è anche il coordinatore dell’iniziativa, Emanuele Santi, economista incaricato della Tunisia presso la Banca Africana di Sviluppo. “Oggi la Tunisia ha bisogno di un rilancio economico per riuscire nella transizione politica” afferma, “ed attraverso questo iniziativa vogliamo mostrare che il paese ha il talento necessario per ripartire”. Fughe di cervelli o menti prestate alla cooperazione, queste voci italiane portano con sé la creatività e l’innovazione made in Italy.

È con questo spirito che alla Cité des Sciences salgono sul palco questi nuovi talenti, emersi tra circa 2.000 candidati con un’idea imprenditoriale, un progetto definito o un sogno nel cassetto. Chiunque necessitasse di una somma compresa fra i 5.000 ed i 15.000 Euro ha potuto ricevere un dono per cominciare la propria attività; per cifre superiori è stata facilitata la procedura di richiesta di un prestito, presso istituti di credito, utilizzando questo fondo come garanzia. La commissione di valutatori era composta da rappresentanti di ogni partner: “Tutti hanno contribuito a sviluppare l’idea” spiega Monica Carco, “e ogni partner contribuirá alla sua esecuzione a seconda del proprio settore di competenza”. Sarà Microsoft ad esempio a fare il coaching dei progetti nel settore informatico, mentre la FAO seguirà i progetti agricoli, Total i progetti ambientali ed energetici, etc.

Quello che finora colpisce di più, comunque, è l’enorme partecipazione della società civile, e soprattutto di quelle fasce della popolazione più svantaggiate, vero obiettivo del progetto. I giovani fra i 18 e i 34 anni rappresentano il 54% dei beneficiari, le donne sono un terzo dei candidati selezionati.

 Questi progetti faranno la differenza” spiega Federica Ricaldi, ultima firma italiana del team Soukattanmia, “grazie all’effetto leva, con 1 milione di Euro di sovvenzione, sono stati mobilitati circa 2 milioni addizionali, per un finanziamento totale di 3 volte la cifra iniziale”.

Non si vuole certo elogiare un progetto pilota che deve ancora dare i suoi risultati concreti, ma guardando alla passione e alla creatività con cui viene portata avanti, giorno per giorno, possiamo affermare che a qualche giorno dal secondo anniversario della rivoluzione  verrà lanciato un segnale forte ad un paese che e’ ad un bivio storico. Costruire dal basso è possibile, e speriamo, insieme a questi 71 giovani, che il Souk At-tanmia lo dimostrerà a tutti noi.

A proposito del Souk At-tanmia : frutto di un partenariato pilota fra 20 rappresentanti delle organizzazioni pubbliche, delle imprese private, e della società civile, Souk At-tanmia consiste nell’identificazione, nel finanziamento, nell’accompagnamento dei progetti che mettono in valore i talenti, l’innovazione e lo spirito d’impresa al fine di creare impiego e reddito in tutte le regioni della Tunisia.

I partners : Banca Africana di Sviluppo (AfDB), Banca per il finanziamento delle Piccole e Medie Imprese (BFPME), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il British Council in Tunisia, la Banca tunisina di solidarietá (BTS), il Centro dei Giovani Dirigenti d’Impresa (CJD), Confederazione delle Imprese cittadine in Tunisia (CONECT), il il Dipartimento di Sviuppo Internazionale inglese (DFID), l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e (FAO), Microsoft, Business School mediterranea (MSB), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il programma delle Nazioni Unite industriale (ONUDI),il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), Talan Tunisia, Total Tunisia, l’Associazione Touensa, Tunisiana.

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Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Evitata "escalation" sciopero cancellato

Alla vigilia dello sciopero generale, Il segretario generale della UGTT, il maggiore sindacto tunisino, ha annullato lo sciopero richimando all’unita e alla vigilanza contro chi trama contro   richiede vigilanza e di unità in tutta l’Unione, contro ciò che sta accadendo contro di essail sindacato. L’UGTT andrà sempre per difendere il paese e la sua unità “, recita la pagina ufficiale di Facebook del sindacato, spiegando la decisione con il  desiderio di preservare il clima di pace sociale in questa difficile fase, segnata in particolare dalle attività di gruppi armati al confine con l’Algeria.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

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La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

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La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

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La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

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La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

La scorsa settimana l’UGTT, il piu grande sindacao tunisino ha indetto uno sciopero generale, non succedeva dalla rivoluzione, in seguito alla “escalation” di violenze e intimidazioni di forze vicine all’ala radicale di Ennhada.Una seconda rivoluzione? L’inizio della fine di Ennhada? Un Egitto bis? Secondo un eccellente post che abbiamo raccolto su una pagina facebook di un alto funzionario tunisino “Le proteste di ieri hanno il merito di chiarire la natura della battaglia che si gioca oggi nel nostro Paese: da un lato, i sindacalisti e i loro amici a difendere una organizzazione storica che era tutto lotte per la libertà, la democrazia e il progresso del popolo tunisino, dall’altro, la predicazione dell’odio e della violenza di alcuni imam, dotati di un vero e proprio progetto fascista che vede qualsiasi opposizione al governo come eresia.Il futuro del nostro Paese si sta giocando in questo momento e sarà soprattutto il giorno dello sciopero generale il Giovedi 13!”” Il risultato e’ molto incerto, ma la posta in gioco e’ di certo molto alta.

Tunisia, verso il 13 dicembre: una seconda rivoluzione

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Tunisia: la nuova strategia della paura?

Un anno e mezzo fa sceglievamo per il nostro libro proprio il titolo “non ho piu paura“. La Tunisia si era liberata dalla paura del proprio ditttaore, l’occidente si era scoperto nudo di fronte alle proprie paure dell’altro, rilanciando un nuovo interesse e fascino per le cosiddette privameve arabe. Oggi piu’ voci si sollevano su una strategia piu’ o meno strutturata di rilancio della paurain Tunisia. Come descitto abilmente in un articolo di Abdelwaheb Medded, dietro la “tolleranza” dell’attuale governo dei salafiti, ci sarebbe un’alimentazione del principo che ricentralizza attorno allo stato  l’onere di proteggere la sicurezza dei cittadini della violenza. Un principio che viene ricordato ogni venerdi attraverso imponenti schieramenti di forze all’orrario della preghiera. Per far crollare la libertà si deve rilasciare sulla paura, o deliberatamente reintrodurre la paura di forze estremiste. Non solo si finisce per incoraggiare gli abusi dei criminali salafiti, ma corpo di polizia e giudici trasformano le vittime in colpevoli. La sensazione di insicurezza e terrore cresce e si diffonde, quando le figure di autorità si mescolano con i delinquenti e criminali, tirandosi da parte, come e’ successo con li attacchi all’ambasciata e alla scuola americana, o ci si rende protagonisti di crimini verognosi come lo stupro della giovane commesso dalle forze di polizia. Difficile in questi contesti rimare dell’ormai nostalgico “jamais plus peur” post-rivoluzionario, ma e’ chiaro che cedere alla paura non fa altro che dare spazio e far vincere la strategia piu’ o meno nascosta dietro gli eventi delle ultime settimane.

Tunisia: la nuova strategia della paura?

Un anno e mezzo fa sceglievamo per il nostro libro proprio il titolo “non ho piu paura“. La Tunisia si era liberata dalla paura del proprio ditttaore, l’occidente si era scoperto nudo di fronte alle proprie paure dell’altro, rilanciando un nuovo interesse e fascino per le cosiddette privameve arabe. Oggi piu’ voci si sollevano su una strategia piu’ o meno strutturata di rilancio della paurain Tunisia. Come descitto abilmente in un articolo di Abdelwaheb Medded, dietro la “tolleranza” dell’attuale governo dei salafiti, ci sarebbe un’alimentazione del principo che ricentralizza attorno allo stato  l’onere di proteggere la sicurezza dei cittadini della violenza. Un principio che viene ricordato ogni venerdi attraverso imponenti schieramenti di forze all’orrario della preghiera. Per far crollare la libertà si deve rilasciare sulla paura, o deliberatamente reintrodurre la paura di forze estremiste. Non solo si finisce per incoraggiare gli abusi dei criminali salafiti, ma corpo di polizia e giudici trasformano le vittime in colpevoli. La sensazione di insicurezza e terrore cresce e si diffonde, quando le figure di autorità si mescolano con i delinquenti e criminali, tirandosi da parte, come e’ successo con li attacchi all’ambasciata e alla scuola americana, o ci si rende protagonisti di crimini verognosi come lo stupro della giovane commesso dalle forze di polizia. Difficile in questi contesti rimare dell’ormai nostalgico “jamais plus peur” post-rivoluzionario, ma e’ chiaro che cedere alla paura non fa altro che dare spazio e far vincere la strategia piu’ o meno nascosta dietro gli eventi delle ultime settimane.

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Velate o violentate?

..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

Velate o violentate?

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..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

Velate o violentate?

..E’ il messaggio provocatorio (vedi foto) di una delle centinaia di donne che si son presentate ieri 2 Ottobre a sostegno di Mariam, violentata da 2 poliziotti Tunisini il 3 settembre a Ain Zaighouan e successivamente accusata di atti osceni in luogo …

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Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

Si è scritto nei giornali europei che l’assalto all’ambasciata USA e la devastazione dell’edificio scolastico adiacente hanno gettato fango sull’immagine della Tunisia e della sua cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Beh, la vera notizia è che qui stiamo spalando fango da un bel po’ di tempo, cari amici europei, ma soprattutto italiani, senza che nessuno se ne accorga perché se non ci sono un po’ di salafiti e qualche vignetta su Mohamed a nessuno importa di cosa stia facendo questo popolo sofferente e coraggioso contro tutti i tentativi di riportarlo indietro… e la lotta spesso paga, anche qui – scrive Patrizia Mancini Leggi l’articolo intero cliccando qui

Tunisia: donne sempre in prima fila

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Tunisia: donne sempre in prima fila

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La scuola americana a Tunisi riapre

In tempo record, con gran determinazione, la scuola americana a Tunisi riapre le porte dopo soli 10 giorni dall’attacco del maledetto 14 settembre. Ecco alcune immagine di prima e dopo. Si riparte!

La scuola americana a Tunisi riapre

In tempo record, con gran determinazione, la scuola americana a Tunisi riapre le porte dopo soli 10 giorni dall’attacco del maledetto 14 settembre. Ecco alcune immagine di prima e dopo. Si riparte!

La scuola americana a Tunisi riapre

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Islam is Peace

Dopo un venerdi un po’ teso ma alla lunga piu’ calmo del precedente, il Week-end e’ stato “tranquillo” a Tunisi. Condividiamo un video che fa riflettere

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Scuola Americana: rabbia e orgoglio…

…Non si tratta di Oriana Fallaci, ma tutt’altro: una reazione di chi vuole rimboccarsi le maniche e ripartire. Visitare la scuola americana a Tunisi in questi giorni e’ come passare attraverso una tempesta emozionale, ad iniziare da un enorme ra…

Scuola Americana: rabbia e orgoglio…

…Non si tratta di Oriana Fallaci, ma tutt’altro: una reazione di chi vuole rimboccarsi le maniche e ripartire. Visitare la scuola americana a Tunisi in questi giorni e’ come passare attraverso una tempesta emozionale, ad iniziare da un enorme ra…

Scuola Americana: rabbia e orgoglio…

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Attacco all’ambasciata: alcune reazioni

Condividiamo una bellissima riflessione di una nota  commentatrice sugli eventi di venerdihttp://blog.octavianasr.com/2012/09/claiming-back-our-arab-spring.htmle l’insolito discorso del presidente tunisino (in inglese) Infine condividiamo l’invito…

Attacco all’ambasciata: alcune reazioni

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