Bolzano — Protesta dei richiedenti asilo “Vogliamo i documenti!”

Si sono presentati in quaranta, lunedì mattina, nonostante il freddo e il vento gelido, davanti la questura di Bolzano per protestare, per l’ennesima volta, contro i tempi di attesa biblici per essere auditi dalla Commissione territoriale di Verona che valuta le domande di protezione internazionale.
Una quarantina di richiedenti asilo afghani e pachistani, da mesi oramai rinchiusi all’interno di un centro di accoglienza, hanno deciso di manifestare il loro dissenso in maniera dura, seppur pacifica, mettendoci, come sempre più spesso accade, la faccia e il corpo. La risposta della questura, manco a dirlo, è stata quella di blindare il gruppo ai limiti di un parco con un ingente spiegamento di forze dell’ordine in assetto antisommossa.
Daya, pachistano, era tra coloro che hanno portati avanti la protesta. “Sono 18 mesi che cerco di sopravvivere all’interno dei centri di accoglienza” ci racconta “sono stato in questura a Bolzano a metà del 2015 per consegnare i documenti che poi sono stati spediti a Verona. Ad oggi nessuna risposta. Nel frattempo vivo in un limbo, non posso lavorare, ho pochissimi contatti con italiani, non ho la minima libertà di movimento”.
La condizione di Daya è quella di migliaia di richiedenti asilo in Italia, intrappolati in un circuito infernale di leggi mal scritte e mal fatte, sintomo di una costante situazione emergenziale inventata ad hoc e connotata da ritardi tipici della burocrazia italiana. Un circolo vizioso che porta a ricevere una risposta, mediamente, dopo due o tre anni. In molti di loro lamentano il fatto, inoltre, della severità della Commissione territoriale e delle modalità del colloquio. Ci confidano che i loro amici sono stati sottoposti ad un interrogatorio, con domande calzanti che puntavano a metterli in contraddizione. Alcuni di loro hanno ricevuto il diniego nonostante arrivino da zone non sicure colpite da attentati terroristici. “Temiamo di non ricevere nessuna protezione e di essere rimpatriati, ma nel nostro Paese non ci è rimasto nulla, solo morte e dolore”.
A Bolzano la situazione sembra precipitata nell’ultimo periodo, nonostante un sostanziale rallentamento del passaggio di migranti nella tratta Verona/Monaco. Oltre ad una chiara difficoltà nell’accoglienza di questi ultimi, una ventina di richiedenti asilo vive per strada da una settimana circa con temperature che hanno sfiorato i dieci gradi sotto lo zero.
Nell’assurdità della situazione, degradante e disumanizzante per chi vive ostaggio di una risposta, spesso negativa, andrebbero però indagate le responsabilità della questura di Bolzano che, spesso, non si è dimostrata particolarmente solerte nel formalizzare le richieste di asilo attraverso il modello C3 e poi inviare i documenti.
Sullo sfondo a completare il cerchio delle responsabilità, le istituzioni, Comune e Provincia in primis, che non solo restano sorde alle richieste dei migranti e volontari che chiedono un’accoglienza dignitosa, ma che non hanno mai negato il fastidio di dover accogliere, a tal punto da non aver ancora ritirato la circolare Critelli.
La morte di Abeil, a inizio dicembre, sembra già essere stata dimenticata!

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