Giorno: 3 agosto 2017

Afghanistan, la prima vittima della guerra di Trump

Trump. A sn John Nicholson.
Sotto il trailer di
War machine

La prima vittima eccellente della nuova strategia della Casa bianca per l’Afghanistan potrebbe proprio essere la persona che ha sostanzialmente
chiesto al presidente un nuovo “surge”, con un maggior impegno di soldati e soldi a un capo dello Stato che, in campagna elettorale, voleva tirare via anche l’ultimo singolo soldato dal Paese dell’Hindukush.

 Stando a un dispaccio di Reuters, in una burrascosa riunione il 19 luglio scorso col segretario alla Difesa  James Mattis e il capo del Joint Chiefs of Staff (lo stato maggiore) Joseph Dunford, Trump avrebbe chiesto la testa di John Nicholson,  che comanda nel Paese asiatico gli americani e la Nato dal marzo del 2016. La sua colpa? Non aver vinto la guerra… che adesso Trump invece vuole vincere senza indugi. Come? Non si sa. Il suo stratega  Steve Bannon e il suo national security adviser H.R. McMaster hanno tentato di blandire Trump nel burrascoso meeting ma non sembra ci siano riusciti.

Se Nicholson sarà fatto secco si vedrà ma la cosa non piacerà al Pentagono. C’è una sorta di guerra tra il presidente e le istituzioni repubblicane. Probabilmente a Trump piace l’idea che la macchina della guerra si rimetta in moto con commesse e dunque lavoro ma non si fida né dei militari né della sua intelligence. A chi darà retta? Teoricamente a metà luglio avremmo dovuto sapere se è vero che gli Usa manderanno nuovi soldati e se è vero che chiederanno agli afgani di cambiare le regole della guerra che, almeno in teoria, ora prevedono che la catena di comando risponda in ultima istanza a Kabul. Si è anche ventilata l’ipotesi di una guerra per procura con i contractor. Ma sono tutte speculazioni e il presidente tace.

Silurare il capo locale dei soldati può essere un modo per far vedere che si ha la situazione in pugno ma non può bastare. Viene in mente il generale Stanley McChristall che, mandato a Kabul per vincere la guerra, si ritrovò sotto il fuco incrociato dopo che la rivista Rolling Stones aveva pubblicato un servizio in cui il generale non le mandava a dire. Fu licenziato e forse sapeva benissimo cosa sarebbe successo dopo le sue dichiarazioni. Forse voleva farsi cacciare. La sua storia è adesso un film (non particolarmente eccitante). La prossima puntata, con Nicholson protagonista, è ancora da scrivere.