Giorno: 19 gennaio 2017

Decine di migliaia di bambini sfollati dalle loro case a causa delle violenze politiche in atto in…

Decine di migliaia di bambini sfollati dalle loro case a causa delle violenze politiche in atto in Gambia stanno per riversarsi in ospedali, scuole e altri servizi pubblici nelle aree di confine tra il Paese e il Senegal. Questa la denuncia di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i diritti, che lancia l’allarme sul rischio di un’emergenza umanitaria su entrambi i lati del confine tra i due paesi.

Le tensioni in Gambia sono cresciute all’inizio dell’anno, nonostante il Segretario Generale entrante delle Nazioni Unite abbia chiesto ai cittadini, ai governi e ai leader politici un sforzo per superare le differenze e mettere la pace sopra ogni altro obiettivo. Secondo le stime delle Nazioni Unite circa 50.000 persone, nella grande maggioranza donne e bambini, hanno già lasciato i principali centri urbani del Gambia per raggiungere il confine del paese verso il Senegal. “Si tratta di bambini in fuga che si stanno spostando verso un’area dove i servizi pubblici e le strutture sanitarie sono già messe a dura prova”, spiega Bonzi Mathurin, Direttore di Save the Children in Senegal.

Alcune scuole che in Gambia avrebbero dovuto riaprire il 9 gennaio, sono invece rimaste chiuse e molti genitori hanno troppa paura di far frequentare quelle rimaste aperte ai loro figli. Un numero significativo di scuole hanno consigliato ai genitori di tenere a casa i propri figli fino a nuovo avviso. Molti bambini del Gambia si sono iscritti a scuola in Senegal, dove però viene insegnato il francese e non l’inglese come avviene in Gambia.

Gli ultimi dati forniti dal governo indicano che circa 26.000 persone hanno già attraversato il confine tra il Senegal e il Gambia dopo le elezioni, aumentando la pressione sulle comunità locali di questa area. “La migrazione tra il Gambia e il Senegal è stata sempre relativamente fluida, poiché molte persone che vivono in quest’area hanno membri della loro famiglia su entrambi i lati del confine. Tuttavia questo movimento improvviso e massiccio di persone potrebbe sopraffare i servizi pubblici, che stanno già combattendo per affrontare un’emergenza umanitaria”, spiega ancora Mathurin. “Durante gli spostamenti di massa delle persone, i bambini sono quelli più vulnerabili, perché perdono l’ambiente protetto della scuola, della famiglia e della comunità. In questi casi aumenta il rischio di violenze di genere, di mutilazioni genitali femminili e di matrimoni precoci. I più piccoli sono inoltre quelli più esposti a malattie mortali come la diarrea e la malaria, quando le strutture sanitarie non funzionano come dovrebbero. Per questo motivo è fondamentale fare in modo che questi bambini possano avere accesso ai servizi di base in questo periodo difficile”.

Le strutture sanitarie in Gambia sono ancora in funzione, ma la maggior parte dei medici stranieri hanno lasciato il paese, aumentando la pressione sulle strutture sanitarie pubbliche. Secondo l’Associazione dei Medici e Dentisti del Gambia, il sistema sanitario del paese non sarebbe in grado di far fronte a qualsiasi focolaio di violenza.

Save the Children ha messo in atto un piano di emergenza ed è pronta ad assistere la popolazione attraverso al distribuzione di aiuti in Senegal. L’Organizzazione è inoltre impegnata con i propri partner in Gambia e in Senegal per stabilire le aree che hanno maggiore necessità di intervento per raggiungere quelle dove è più urgente dare assistenza.

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Rifugiati eritrei e titolo di viaggio: la questura non può negare il rilascio

Una sentenza del TAR Lecce che ha accolto il ricorso avverso il diniego di titolo di viaggio della questura di Taranto, a favore di una donna eritrea titolare di permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, che correva seri rischi rivolgendosi alla Ambasciata dell’Eritrea (così come avrebbe voluto la questura). La donna che in passato faceva parte dell’esercito eritreo, risultava di fatto una disertrice, essendo fuggita dal paese e dall’esercito.
Il TAR afferma che trattasi di assoluta novità oggetto del giudizio.
Ora la donna può andare a trovare i suoi familiari che vivono stabilmente in varie parti d’Europa.

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Sentenza T.A.R. per la Puglia n. 2023 del 30 dicembre 2016

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Domenica a Milano il progetto orientale dell’Isis al Salone della Cultura

L’idea del Califfato in una mappa
diffusa da un’organizzazione islamista. Lo
Stato islamico ci si è ispirato?

Sappiamo tutto o quasi del progetto dello Stato islamico di Al Baghdadi per la Siria e l’Irak o per l’espansione del suo progetto in Libia e per l’esportazione del terrore in Europa o in Turchia. Ma esiste un progetto anche per il mondo non arabo? Esiste un progetto di espansione a Est dove il mondo musulmano è più numeroso? Elisa Giunchi (Afghanistan e Pakistan) e Guido Corradi (Indonesia) parleranno degli elementi caratteristici del messaggio del Califfato nell’estremo Est del Sudest asiatico e nell’area della guerra permanente lungo il confine afgano pachistano. Emanuele Giordana coordinerà l’incontro e parlerà dello sviluppo dello Stato islamico in Bangladesh (dove in luglio vennero uccise 23 persone tra cui 17 stranieri di cui 9 italiani) da dove è appena tornato.

 il 22 gennaio, ore 14,00

 L’ISIS IN ORIENTE: IL PROGETTO DELLO STATO ISLAMICO A EST DI RAQQA 
Salone della Cultura – Sala 2
ICOO, Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente
Superstudio Più, via Tortona, Milano

Guido Corradi – è un esperto dell’area malese indonesiana. Ha insegnato all’IsMeo Isiao e attualmente collabora con l’Università Bicocca a Milano. Con Emanuele Giordana ha scritto “La scommessa indonesiana” e sta collaborando alla collettanea “A Oriente del Califfo. Il progetto dello Stato islamico a Est di Raqqa”  in uscita per Rosemberg&Sellier

Elisa Giunchi – docente all’Università degli Studi di Milano, è un’esperta di storia e istituzioni del mondo musulmano. Ha scritto diversi saggi tra cui due dedicati a Pakistan e Afghanistan (Carocci)

Rawda non è stata dimenticata e domani tornerà in Etiopia. Mai più morti sulla rotta del Brennero

La donna morta a Borghetto travolta da un treno ha un nome: si chiama Rawda, aveva 29 anni ed era di origine etiope. Risalire alla sua identità è stato possibile grazie al lavoro di Antenne Migranti, il gruppo di monitoraggio attivo lungo la rotta del Brennero. Domattina l’ultimo saluto al cimitero e poi la salma di Rawda torna dai suoi cari in Etiopia, la raccolta fondi promossa da Avio Solidale ha permesso di sostenere le spese del rimpatrio. La solidarietà espressa dalla comunità aviense permetterà inoltre alla giovane figlia di Rawda di proseguire gli studi.
Per Antenne Migranti, che si presenterà domani sera al Centro Trevi a Bolzano, “una solidarietà che fa onore al Trentino, ma che non può servire come alibi alle mancanze che questa storia evidenzia”.

Rawda non è stata dimenticata

Rawda aveva 29 anni e ha perso la vita a pochi chilometri dalle nostre case.
Era partita tempo fa dalla sua terra, l’Etiopia, dove vivono i suoi cari. E’ arrivata in Italia lo scorso novembre. Nel freddo della stagione e del sistema d’accoglienza, Rawda si è trovata smarrita. Ha concluso il suo viaggio il 16 novembre 2016, camminando lungo i binari nei pressi di Borghetto: nel buio, un treno l’ha investita.

Rawda non è stata dimenticata. Grazie all’impegno di tante persone della comunità della Vallagarina e al nostro gruppo Antenne Migranti è stato possibile mettersi in contatto con la famiglia, che ha chiesto sostegno per poter rivedere, seppur da deceduta, la propria cara, non potendosi permettere la cifra necessaria al rimpatrio della salma. In poche settimane la mobilitazione di tante persone della comunità locale ha fatto sì che venisse raccolto quanto serve per coprire le spese . Ora Rawda può tornare a casa. Un’incredibile solidarietà popolare, che permetterà, oltre al rimpatrio, di studiare anche una forma di sostegno alla figlia di Rawda, rimasta orfana.

Una solidarietà che fa onore al Trentino, ma che non può servire come alibi alle mancanze che questa storia evidenzia.

Primo, la vicinanza di molti trentini ha coperto quella che crediamo essere un’assenza delle istituzioni: se, arrivando da lontano, si muore così tragicamente su un territorio, non sarebbe lecito aspettarsi che siano le istituzioni pubbliche di quel territorio a rendere omaggio alla defunta? Senza un’attivazione volontaristica, invece, Rawda sarebbe rimasta sepolta in Trentino, e chissà quando la sua famiglia avrebbe avuto notizia della sua morte.

Secondo, è necessario abituarsi alle morti sulle rotaie? Dopo Rawda, altre quattro persone hanno perso la vita sulla rotta ferroviaria Verona-Austria. Dobbiamo aspettarci di dover cercare altre famiglie orfane e rimpatriare altre salme?

Preoccupati per la condizione delle persone migranti che transitano lungo i nostri binari, abbiamo costituito il gruppo indipendente Antenne Migranti. Con il sostegno della Fondazione Alexander Langer di Bolzano, il nostro obiettivo è svolgere attività di monitoraggio nelle stazioni e città lungo la rotta del Brennero per cercare di fornire supporto, in termini di orientamento informativo, ai migranti in transito e di stimolare le istituzioni rispetto alle problematiche esistenti.
Il progetto sarà presentato domani, venerdì 20 gennaio, alle ore 18.00 presso il Centro Culturale Trevi di Bolzano.

Antenne Migranti
Monitoraggio lungo la rotta del Brennero

mail: [email protected]

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Bolzano — Presentazione di Antenne Migranti monitoraggio lungo la rotta del Brennero

Antenne Migranti e Fondazione Alexander Langer Stiftung presenteranno il progetto “Monitoraggio lungo la rotta del Brennero” venerdì 20 gennaio dalle ore 18.00 alle 20.00 presso il Centro culturale Trevi in via Cappuccini 28 a Bolzano.

Per l’occasione Giuseppe De Mola, di Medici senza Frontiere, presenterà il report sull’accoglienza informale in Italia: “Fuori campo. Mappa dell’accoglienza che esclude”.
Nel corso della serata sarà illustrata anche la situazione dei migranti in transito nella stazione di Bolzano e alcune situazioni riguardo l’accoglienza di richiedenti protezione internazionale.

Le recenti crisi umanitarie, hanno determinato un crescente flusso di uomini e donne richiedenti asilo e rifugiati verso il nostro Paese e in generale verso l’Europa. La risposta arrivata dagli Stati e dalle istituzioni dell’Unione Europea si è concretizzata nell’erezione di muri fisici e legali al fine di ostacolare il libero movimento dei migranti verso e all’interno dell’Europa.
Il nostro territorio, che da sempre rappresenta un luogo di transito, è particolarmente colpito da queste politiche. Scongiurato (almeno per ora) il muro con l’Austria, il libero movimento dei migranti viene prevenuto per mezzo di controlli nelle varie stazioni che precedono il Brennero. Così molti migranti, dopo aver tentato invano di raggiungere l’Austria, si trovano bloccati nelle nostre città sempre meno ospitali. Inoltre l’inasprimento dei controlli ha portato i migranti ad assumersi rischi sempre maggiori pur di attraversare il confine, come testimoniano i recenti fatti di cronaca.
Antenne Migranti, gruppo di attivisti volontari, e la Fondazione Alexander Langer Stiftung hanno deciso di dare seguito all’esperienza iniziata negli anni scorsi, promuovendo un monitoraggio della situazione dei migranti nelle stazioni e nelle città, sulla linea Verona-Brennero.
L’attività di monitoraggio sarà finalizzata ad osservare, e ove possibile prevenire, eventuali violazioni dei diritti dei migranti; fornire supporto in termini di orientamento e accesso alle informazioni al fine di una scelta consapevole; raccogliere i bisogni dei migranti in modo da poter sensibilizzare e stimolare le istituzioni rispetto alle problematiche esistenti. Inoltre, scopo del monitoraggio è quello di aprire un dialogo sui temi dell’accoglienza e della libertà di movimento con tutti gli attori coinvolti, per contribuire alla diffusione di modalità maggiormente rispettose dei diritti umani. Attualmente gruppi di volontari si stanno muovendo nelle città di Verona, Trento e Bolzano.
Al fine di poter essere svolte al meglio, queste attività necessitano la presenza di un nutrito numero di volontari. Per questo invitiamo gli interessati a mettersi in contatto per mail o telefono per avere maggiori informazioni e conoscere il gruppo territoriale più prossimo:

mail: [email protected]

Coordinamento
Federica Dalla Pria
[email protected]
3738687839

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La Marcia dei 1.000 piedi sul Montello

Conosco un altro Montello, OLTRE la violenza delle parole: Ritmi e danze dal mondo — crocevia di incontri e di culture invita alla MARCIA DEI 1000 PIEDI

Da 22 anni lavoriamo, attraverso il festival “Ritmi e danze dal mondo — crocevia di incontri e di culture” che si tiene a Giavera del Montello, per far crescere il dialogo, il confronto e l’incontro con il territorio e tutti coloro che lo abitano, compreso chi viene da culture diverse. Abbiamo chiara consapevolezza di vivere in un mondo complesso, dove le semplificazioni e le contrapposizioni non aiutano ad affrontare efficacemente le questioni che riguardano tutti. Non intendiamo quindi proporre qualcosa “contro” qualcun altro: nessuna “contromanifestazione”, come qualcuno ha scritto. Non è il nostro stile. Tuttavia non possiamo ignorare quanto va accadendo a partire dalla manifestazione di Volpago, proprio perché il nostro festival si tiene anch’esso ai piedi del Montello.

La nostra è piuttosto proposta di un evento positivo: i 500 volontari del festival vogliono metterci la faccia e i piedi, “mille piedi” che simbolicamente camminano insieme, con tutti coloro che vorranno partecipare, per dire che è necessario proporre un modo diverso di affrontare i cambiamenti sociali e la questione dei migranti, partendo dal nostro essere cittadini capaci di promuovere una partecipazione civile consapevole e informata nel territorio in cui viviamo. Stiamo invitando i sindaci del comprensorio del Montello, a ribadire che vogliamo superare ogni rischio di contrapposizione, con l’unica attenzione che parole violente non accendano ulteriormente animi già esasperati. Stiamo lavorando con altre realtà del territorio, che parteciperanno con noi all’evento.

Invitiamo singoli e famiglie a ritrovarsi domenica 22 gennaio alle 14.30 presso villa Wasserman, in via della Vittoria a Giavera del Montello (TV), luogo del festival “Ritmi e danze dal mondo”.

Percorreremo a piedi un simbolico tratto di strada lungo il Montello (5 km al massimo), per arrivare ancora a villa Wasserman entro le 16. La marcia verrà preceduta da una staffetta che attraverserà tutto il Montello. Di lì ci porteremo in auto al Palamazzalovo, in via Malipiero 125 — Montebelluna, dove concluderemo la manifestazione con interventi culturali, musica e danze, con spazio libri e angolo
per i bimbi. Vuole essere l’inizio di un percorso lungo il quale, confrontandoci con chi vorrà partecipare, offriremo nei prossimi mesi altri incontri di informazione e riflessione sulle tematiche della migrazione e le problematiche attuali ad esse collegate.

La manifestazione non ha colore politico né ideologico, avrà piuttosto il colore dei volti di tutti. Per questa volta lasciamo a casa altre bandiere e striscioni. Daremo comunicazione durante la manifestazione, in rete e mediante stampa, di tutte le realtà del territorio che avranno voluto aderire.

In caso di pioggia, l’evento si terrà al Palamazzalovo di Montebelluna con inizio alle ore 15.00.

Unisciti a noi con un IO CI SONO, partecipando alla marcia dei 1000 piedi + i miei!

Per info:

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Evento Facebook

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Ritmi e danze dal mondo – Home page

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La Marcia dei 1.000 piedi sul Montello

Conosco un altro Montello, OLTRE la violenza delle parole: Ritmi e danze dal mondo — crocevia di incontri e di culture invita alla MARCIA DEI 1000 PIEDI

Da 22 anni lavoriamo, attraverso il festival “Ritmi e danze dal mondo — crocevia di incontri e di culture” che si tiene a Giavera del Montello, per far crescere il dialogo, il confronto e l’incontro con il territorio e tutti coloro che lo abitano, compreso chi viene da culture diverse. Abbiamo chiara consapevolezza di vivere in un mondo complesso, dove le semplificazioni e le contrapposizioni non aiutano ad affrontare efficacemente le questioni che riguardano tutti. Non intendiamo quindi proporre qualcosa “contro” qualcun altro: nessuna “contromanifestazione”, come qualcuno ha scritto. Non è il nostro stile. Tuttavia non possiamo ignorare quanto va accadendo a partire dalla manifestazione di Volpago, proprio perché il nostro festival si tiene anch’esso ai piedi del Montello.

La nostra è piuttosto proposta di un evento positivo: i 500 volontari del festival vogliono metterci la faccia e i piedi, “mille piedi” che simbolicamente camminano insieme, con tutti coloro che vorranno partecipare, per dire che è necessario proporre un modo diverso di affrontare i cambiamenti sociali e la questione dei migranti, partendo dal nostro essere cittadini capaci di promuovere una partecipazione civile consapevole e informata nel territorio in cui viviamo. Stiamo invitando i sindaci del comprensorio del Montello, a ribadire che vogliamo superare ogni rischio di contrapposizione, con l’unica attenzione che parole violente non accendano ulteriormente animi già esasperati. Stiamo lavorando con altre realtà del territorio, che parteciperanno con noi all’evento.

Invitiamo singoli e famiglie a ritrovarsi domenica 22 gennaio alle 14.30 presso villa Wasserman, in via della Vittoria a Giavera del Montello (TV), luogo del festival “Ritmi e danze dal mondo”.

Percorreremo a piedi un simbolico tratto di strada lungo il Montello (5 km al massimo), per arrivare ancora a villa Wasserman entro le 16. La marcia verrà preceduta da una staffetta che attraverserà tutto il Montello. Di lì ci porteremo in auto al Palamazzalovo, in via Malipiero 125 — Montebelluna, dove concluderemo la manifestazione con interventi culturali, musica e danze, con spazio libri e angolo
per i bimbi. Vuole essere l’inizio di un percorso lungo il quale, confrontandoci con chi vorrà partecipare, offriremo nei prossimi mesi altri incontri di informazione e riflessione sulle tematiche della migrazione e le problematiche attuali ad esse collegate.

La manifestazione non ha colore politico né ideologico, avrà piuttosto il colore dei volti di tutti. Per questa volta lasciamo a casa altre bandiere e striscioni. Daremo comunicazione durante la manifestazione, in rete e mediante stampa, di tutte le realtà del territorio che avranno voluto aderire.

In caso di pioggia, l’evento si terrà al Palamazzalovo di Montebelluna con inizio alle ore 15.00.

Unisciti a noi con un IO CI SONO, partecipando alla marcia dei 1000 piedi + i miei!

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Sulla Marcia di un altro Montello

Domenica 22 gennaio il festival “Ritmi e danze dal mondo”, che si svolge da 22 anni a Giavera del Montello, promuove “La Marcia dei 1.000 piedi sul Montello”.
L’iniziativa è stata discussa in un incontro che ha messo a tema termini e motivazioni della marcia.
Pubblichiamo la nota di adesione del Centro sociale Django di Treviso.

L’incontro si è svolto all’interno dell’oratorio di Giavera, paese di 5.000 abitanti circa poco distante da quella Volpago del Montello, diventata tristemente nota per il corteo anti-immigrazione entrato agli onori delle cronache locali e nazionali per lo striscione razzista “Benvenuti sul Montello, sarà il vostro inferno”.

L’incontro, oltre ad innumerevoli associazioni e gruppi informali presenti nei tanti piccoli comuni alle pendici del Montello, ha visto la presenza dei rappresentanti dell’Associazione promotrice della marcia.

Premettiamo di essere ben felici dell’iniziativa e soprattutto che questa sia nata da chi vive all’interno di un territorio non facile, in gran parte amministrato dalla Lega Nord e dove riconosciamo il grande ruolo svolto dal festival, “Ritmi e danze dal mondo”, che da ormai 20 anni per quattro giorni diventa un punto di riferimento per quella galassia di realtà, associazioni e gruppi di volontariato che operano nel mondo dell’accoglienza per la promozione di un dialogo tra culture.

Crediamo però doveroso, oltre a sottoscrivere l’iniziativa, esprimere il nostro punto di vista e la nostra modalità di affrontare la questione accoglienza nei nostri territori.

La manifestazione, come dichiarato a più riprese nel corso dell’assemblea non vuole avere un carattere politico, né ideologico quanto piuttosto proporre un modo diverso di affrontare i cambiamenti sociali e la questione migranti, un’occasione di confronto e apertura rivolto a tutti.

E’ stato più volte ripetuto che non è intenzione dell’Associazione porsi contro qualcun altro, anche la paura degli abitanti del Montello avversi ad accogliere 100 richiedenti asilo è comprensibile, in quanto sentimento umano la paura è necessaria a non cadere in quell’atteggiamento di accettazione senza riserve tipico dei buonisti.

Ci si dimentica però che la “paura” dei partecipanti alla marcia di Volpago, a cui peraltro hanno preso parte anche il governatore del Veneto Luca Zaia e molti amministratori e politici locali della Lega Nord non è quella di un genitore che evoca ai suoi bambini quando attraversano la strada o toccano le prese della corrente ma una paura che viene fatta circolare all’interno di una fiorente economia di potenti gruppi di interesse, la cui esistenza dipende proprio dal fatto che noi continuiamo ad avere paura. Questi professionisti della paura dove annovero teologi, politici, medici, psicologi e mass media in primis dipendono proprio dal nostro terrore e la rimozione, l’eliminazione di questo sentimento non è mai davvero auspicata in quanto il loro obiettivo è sempre stato quello di sostituire e rinnovare i discorsi che suscitano le paure più profonde dell’essere umano.

E’ fondamentale ribadire che emozioni come la paura, la xenofobia e il razzismo non appartengono soltanto agli individui o a ristretti gruppi sociali, esse sono strumenti di mediazione tra individuo e società e riguardano le relazioni di potere, la Lega in questi anni ha costruito proprio su questi istinti il suo consenso e il suo elettorato facendo leva su fattori come la razzializzazione del crimine — tendenza a imputare il crimine ai migranti — rafforzando il binomio straniero uguale criminale o peggio sulla guerra di civiltà e il pericolo dell’invasione, del non essere “più padroni a casa nostra”.

Il razzismo si è così profondamente radicato nei nostri territori che crediamo invece sia necessario isolarlo, e per farlo pensiamo si debba cominciare a chiamare certe pulsioni con il loro nome, non siamo più disposti a cercare alcun tipo di mediazione con i razzisti e i fascisti di ogni genere.

Con l’associazione “Ritmi e Danze del Mondo”, abbiamo condiviso la necessità di superare un modello di accoglienza, quello costituito dalle grandi strutture di accoglienza individuate dalle prefetture, dove i numeri non permettono di fornire quei servizi minimi per una corretta integrazione e di rilanciare l’idea di un modello d’accoglienza diffuso nei territori.

Su questo tema, l’esperienza del centro sociale Django a Treviso, con il lavoro di inchiesta che stiamo conducendo all’interno delle cooperative e che trova peraltro conferma oggi nelle regole del nuovo pacchetto emigrazione del Viminale ci ha portato a credere che anche in questo caso, non si tratta soltanto di una questione relativa alla qualità dei servizi che siamo in grado di offrire ai rifugiati e all’impatto nei territori ma ci sia in ballo qualcosa di molto più inquietante.

Per l’impresa privata, la presenza dei richiedenti asilo è una pentola piena d’oro. Grandi numeri significa grandi guadagni e adesso che nelle nuove misure anticipate dal Ministro Minniti viene imposto ai richiedenti asilo di lavorare anche l’occasione per una manodopera gratuita, niente più scioperi ne sindacati, niente indennità di malattia, sussidi di disoccupazione e compensi da pagare.

Quello a cui stiamo assistendo è la nascita di un sistema non dissimile da quanto accadeva nei paesi coloniali o peggio durante lo schiavismo che di fatto riduce i migranti alla dipendenza da altri per la fornitura di servizi umani basilari, come il cibo e l’alloggio, isolandoli dalla popolazione comune, confinandoli in un habitat ben definito.

Alla nostra richiesta di partecipare alla marcia assieme ai nostri fratelli rifugiati richiedenti asilo ci è stato suggerito che sarebbe auspicabile ci fosse il permesso della cooperativa di accoglienza o del Prefetto e questo conferma i nostri timori più profondi, si sta insinuando un’idea e una convinzione volta a giustificare la riduzione di individui di origine africana allo stato giuridico di proprietà di qualcuno e questo non possiamo permettere che avvenga.

Al corteo del 22 sul Montello noi ci saremo, abbiamo sempre creduto necessario relazionarci con tutti i soggetti presenti sul territorio per costruire assieme, in modo orizzontale e partecipato, un terreno di confronto che porti ad un cambiamento culturale nelle nostre coscienze e nei nostri territori. Raccogliamo quindi l’appello lanciato dall’Associazione Ritmi e Danze dal Mondo.

Domenica 22 ci saremo anche noi, con il nostro punto di vista, la nostra storia, le nostre esperienze concrete e, come sempre, ci metteremo la faccia e questa volta anche i piedi per camminare assieme attraverso il Montello.
Un muro abbattuto può diventare un ponte.

Centro sociale Django

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Novità editoriale: Kushari di Elisa Ferrero

Trovo geniale l’uso di “kushari” come titolo di un libro che parli dell’Egitto di oggi. Come Elisa Ferrero ci spiega nelle prime pagine, kushari è un piatto tipico egiziano, delizioso nella resa finale ma che mescola ingredienti apparentemente inconciliabili fra loro. Una metafora che si adatta perfettamente a un paese ricco di discordanze, la cui identità è difficile […]

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Novità editoriale: Giardini di consolazione di Parisa Reza

Giardini di Consolazione è la storia di una famiglia iraniana attraverso il trentennio più appassionante e indimenticabile della storia dell’Iran. Il libro ci catapulta negli anni tra il 1920 e il 1953. Il paese, una realtà ancora tradizionalista e feudale nelle aree rurali, vive un forte sviluppo democratico, civile ed economico. I cittadini si permettono di sognare un futuro migliore per sé stessi e, […]

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Genographic Project

              Evidentemente i segnali sono molti, basta coglierli. Leggo un altro articolo, questo. Scopro che l’articolo è praticamente una traduzione in arabo di quest’altro. Entrambi fanno riferimento a un progetto lanciato dal National Geographic, … Continua a leggere

Genographic Project
letturearabe di Jolanda Guardi
letturearabe di Jolanda Guardi – Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una sorta di biblioteca (J. L. Borges)

Elena Ferrante tradotta in arabo è un’ottima notizia per la cultura

Questo pezzo l’ho scritto per Internazionale e parla della traduzione in arabo della famosa tetralogia dell’Amica geniale di Elena Ferrante (edizioni e/o). “Il 31 dicembre del 1958 Lila ebbe il suo primo episodio di smarginatura. Il termine non è mio, lo ha sempre utilizzato lei forzando il significato comune della parola. Diceva che in quelle occasioni … Continua a leggere Elena Ferrante tradotta in arabo è un’ottima notizia per la cultura

Elena Ferrante tradotta in arabo è un’ottima notizia per la cultura

Questo pezzo l’ho scritto per Internazionale e parla della traduzione in arabo della famosa tetralogia dell’Amica geniale di Elena Ferrante (edizioni e/o). “Il 31 dicembre del 1958 Lila ebbe il suo primo episodio di smarginatura. Il termine non è mio, lo ha sempre utilizzato lei forzando il significato comune della parola. Diceva che in quelle occasioni … Continua a leggere Elena Ferrante tradotta in arabo è un’ottima notizia per la cultura