Giorno: 6 gennaio 2017

Rohingya: una foto e un video

Un video dove le forze di sicurezza birmane prendono a calci un poveraccio che si nasconde la testa tra le mani e la foto di un bimbo riverso sulla sabbia a faccia in giù e senza più vita fanno il giro del mondo e risollevano la questione di una minoranza bistrattata e selvaggiamente perseguitata. Il piccolo Mohammed e il povero contadino preso a calci, divenuti virali sui social media finora attenti alla tragedia di Aleppo, sono due rohingya. Appartengono a un popolo in fuga che, dagli inizi di ottobre, scappa dall’ennesima persecuzione ai suoi danni. 

Questa volta a scatenarla è stato l’eccidio di alcuni poliziotti birmani attribuito a un gruppo islamista radicale alla frontiera. Altre volte, e a più riprese, questa comunità musulmana di un milione di persone che abitano nello Stato
occidentale birmano del Rakhine, è stata oggetto di violenze che l’hanno costretta alla fuga. Si stima che la metà dei Rohingya viva ormai fuori dal Myanmar mentre un quinto di chi è rimasto vive nei campi profughi nel Rakhine. Oltre trentamila sono invece la colonna infame dell’ultima fuga che, tra ottobre e dicembre, ha raggiunto le coste del Bangladesh. Un esodo che non si è fermato.

Finora, le pressioni sul governo birmano sono state praticamente inutili. Né ha ancora sortito effetti la lettera che una dozzina di Nobel per la pace e altrettanti personaggi pubblici hanno scritto all’Onu perché si faccia qualcosa. L’unica cosa certa è che Naypyidaw manderà a Dacca un suo inviato per “discutere” della questione. Poco quando le accuse sono di stupro, esecuzioni sommarie, violenze, incendio di villaggi…

… (continua su  il manifesto oggi in edicola)