Giorno: 5 luglio 2016

“Ciao Abbas”, l’attore iraniano Babak Karimi ricorda il maestro Kiarostami

Intervista di Katia Cerratti “Ciao Abbas, sei stato un padre, un fratello maggiore, un amico, un maestro del cinema. Ora improvvisamente mi sento solo. Il vento ti ha portato via “. Così, l’attore iraniano Babak Karimi, Orso d’Argento a Berlino come miglior attore per il film di Asghar Farhadi Una separazione (Premio Oscar come  Miglior film […]

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Qui Baghdad. Babilonia è in fiamme…

mcc43 Jehan Bseiso   è una figlia della diaspora palestinese ed è  una poetessa. Jehan è anche un medico che collabora con Médecins sans Frontières, lavora come ricercatore al Cairo,  è nata a Los Angeles, è cresciuta in Giordania e ha compiuto gli studi in Libano. Conosce com’è essere senza una patria in cui vivere al […]

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mcc43 Jehan Bseiso   è una figlia della diaspora palestinese ed è  una poetessa. Jehan è anche un medico che collabora con Médecins sans Frontières, lavora come ricercatore al Cairo,  è nata a Los Angeles, è cresciuta in Giordania e ha compiuto gli studi in Libano. Conosce com’è essere senza una patria in cui vivere al […]

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mcc43 Jehan Bseiso   è una figlia della diaspora palestinese ed è  una poetessa. Jehan è anche un medico che collabora con Médecins sans Frontières, lavora come ricercatore al Cairo,  è nata a Los Angeles, è cresciuta in Giordania e ha compiuto gli studi in Libano. Conosce com’è essere senza una patria in cui vivere al […]

Se il terrorista è di buona famiglia

Se qualcuno è rimasto spiazzato dall’appartenenza “castale” del giovane commando di Dacca, e sostiene dunque che l’equazione povertà, ingiustizia, terrorismo non funziona, si potrebbe rispondere che la cosa non fa differenza. I motivi per cui si aderisce a Daesh sono diversi e vanno dall’ideologia più radicale alla necessità di avere uno stipendio a fors’anche un malriposto desiderio di avventura eroica che ha qualcosa di perversamente romantico. Ma in un caso, nell’altro o nell’altro ancora, l’equazione povertà, ingiustizia continua a esistere anche se si è studiato a Oxford. Se l’equazione è chiara per chi è in stato di necessità (gli stipendiati di Daesh o Al Qaeda, i martiri a pagamento della cui morte beneficia la famiglia), nel caso del giovane rampollo benestante c’è comunque un’adesione ideologica che affonda le sue radici nella constatazione della povertà o dell’ingiustizia. Non la sua certo. Ma quella appresa anche solo osservando i servi di casa che per due rupie servono il pasto nei quartiri residenziali. Di Dacca o della Mecca. Il terrorismo e, soprattutto la sua brutalità, sono fenomeni complessi, difficili da analizzare ma, benché ingiustificabili, con radici che affondano prepotentemente in un mondo ineguale e dove la violenza è un modello quotidiano: un modello che, nel caso dei terroristi, viene declinato nel modo più brutale. Povertà e ineguaglianza c‘entrano sempre. Cominciare a eradicarle, come si fa con la malaria, sarebbe un passo avanti.

Se il terrorista è di buona famiglia

Se qualcuno è rimasto spiazzato dall’appartenenza “castale” del giovane commando di Dacca, e sostiene dunque che l’equazione povertà, ingiustizia, terrorismo non funziona, si potrebbe rispondere che la cosa non fa differenza. I motivi per cui si aderisce a Daesh sono diversi e vanno dall’ideologia più radicale alla necessità di avere uno stipendio a fors’anche un malriposto desiderio di avventura eroica che ha qualcosa di perversamente romantico. Ma in un caso, nell’altro o nell’altro ancora, l’equazione povertà, ingiustizia continua a esistere anche se si è studiato a Oxford. Se l’equazione è chiara per chi è in stato di necessità (gli stipendiati di Daesh o Al Qaeda, i martiri a pagamento della cui morte beneficia la famiglia), nel caso del giovane rampollo benestante c’è comunque un’adesione ideologica che affonda le sue radici nella constatazione della povertà o dell’ingiustizia. Non la sua certo. Ma quella appresa anche solo osservando i servi di casa che per due rupie servono il pasto nei quartiri residenziali. Di Dacca o della Mecca. Il terrorismo e, soprattutto la sua brutalità, sono fenomeni complessi, difficili da analizzare ma, benché ingiustificabili, con radici che affondano prepotentemente in un mondo ineguale e dove la violenza è un modello quotidiano: un modello che, nel caso dei terroristi, viene declinato nel modo più brutale. Povertà e ineguaglianza c‘entrano sempre. Cominciare a eradicarle, come si fa con la malaria, sarebbe un passo avanti.

Se il terrorista è di buona famiglia

Se qualcuno è rimasto spiazzato dall’appartenenza “castale” del giovane commando di Dacca, e sostiene dunque che l’equazione povertà, ingiustizia, terrorismo non funziona, si potrebbe rispondere che la cosa non fa differenza. I motivi per cui si aderisce a Daesh sono diversi e vanno dall’ideologia più radicale alla necessità di avere uno stipendio a fors’anche un malriposto desiderio di avventura eroica che ha qualcosa di perversamente romantico. Ma in un caso, nell’altro o nell’altro ancora, l’equazione povertà, ingiustizia continua a esistere anche se si è studiato a Oxford. Se l’equazione è chiara per chi è in stato di necessità (gli stipendiati di Daesh o Al Qaeda, i martiri a pagamento della cui morte beneficia la famiglia), nel caso del giovane rampollo benestante c’è comunque un’adesione ideologica che affonda le sue radici nella constatazione della povertà o dell’ingiustizia. Non la sua certo. Ma quella appresa anche solo osservando i servi di casa che per due rupie servono il pasto nei quartiri residenziali. Di Dacca o della Mecca. Il terrorismo e, soprattutto la sua brutalità, sono fenomeni complessi, difficili da analizzare ma, benché ingiustificabili, con radici che affondano prepotentemente in un mondo ineguale e dove la violenza è un modello quotidiano: un modello che, nel caso dei terroristi, viene declinato nel modo più brutale. Povertà e ineguaglianza c‘entrano sempre. Cominciare a eradicarle, come si fa con la malaria, sarebbe un passo avanti.

Se il terrorista è di buona famiglia

Se qualcuno è rimasto spiazzato dall’appartenenza “castale” del giovane commando di Dacca, e sostiene dunque che l’equazione povertà, ingiustizia, terrorismo non funziona, si potrebbe rispondere che la cosa non fa differenza. I motivi per cui si aderisce a Daesh sono diversi e vanno dall’ideologia più radicale alla necessità di avere uno stipendio a fors’anche un malriposto desiderio di avventura eroica che ha qualcosa di perversamente romantico. Ma in un caso, nell’altro o nell’altro ancora, l’equazione povertà, ingiustizia continua a esistere anche se si è studiato a Oxford. Se l’equazione è chiara per chi è in stato di necessità (gli stipendiati di Daesh o Al Qaeda, i martiri a pagamento della cui morte beneficia la famiglia), nel caso del giovane rampollo benestante c’è comunque un’adesione ideologica che affonda le sue radici nella constatazione della povertà o dell’ingiustizia. Non la sua certo. Ma quella appresa anche solo osservando i servi di casa che per due rupie servono il pasto nei quartiri residenziali. Di Dacca o della Mecca. Il terrorismo e, soprattutto la sua brutalità, sono fenomeni complessi, difficili da analizzare ma, benché ingiustificabili, con radici che affondano prepotentemente in un mondo ineguale e dove la violenza è un modello quotidiano: un modello che, nel caso dei terroristi, viene declinato nel modo più brutale. Povertà e ineguaglianza c‘entrano sempre. Cominciare a eradicarle, come si fa con la malaria, sarebbe un passo avanti.

Se il terrorista è di buona famiglia

Se qualcuno è rimasto spiazzato dall’appartenenza “castale” del giovane commando di Dacca, e sostiene dunque che l’equazione povertà, ingiustizia, terrorismo non funziona, si potrebbe rispondere che la cosa non fa differenza. I motivi per cui si aderisce a Daesh sono diversi e vanno dall’ideologia più radicale alla necessità di avere uno stipendio a fors’anche un malriposto desiderio di avventura eroica che ha qualcosa di perversamente romantico. Ma in un caso, nell’altro o nell’altro ancora, l’equazione povertà, ingiustizia continua a esistere anche se si è studiato a Oxford. Se l’equazione è chiara per chi è in stato di necessità (gli stipendiati di Daesh o Al Qaeda, i martiri a pagamento della cui morte beneficia la famiglia), nel caso del giovane rampollo benestante c’è comunque un’adesione ideologica che affonda le sue radici nella constatazione della povertà o dell’ingiustizia. Non la sua certo. Ma quella appresa anche solo osservando i servi di casa che per due rupie servono il pasto nei quartiri residenziali. Di Dacca o della Mecca. Il terrorismo e, soprattutto la sua brutalità, sono fenomeni complessi, difficili da analizzare ma, benché ingiustificabili, con radici che affondano prepotentemente in un mondo ineguale e dove la violenza è un modello quotidiano: un modello che, nel caso dei terroristi, viene declinato nel modo più brutale. Povertà e ineguaglianza c‘entrano sempre. Cominciare a eradicarle, come si fa con la malaria, sarebbe un passo avanti.

Un’analisi sul recente accordo tra Israele e Turchia

Di Mueen Al Taher. Al-Araby al-Jadeed (03/07/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. L’articolo che segue vuole offrire una diversa chiave di lettura in merito alla restaurazione dei legami tra Turchia e Israele, al di là di ideologie politiche o conclusioni affrettate espresse da sostenitori e oppositori alla politica di Erdoğan nella regione. Senz’altro la […]

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