Mese: aprile 2016

Politico israeliano: “mia moglie non dovrebbe partorire accanto ad una donna araba”

Di Siobhán O’Grady. Foreign Policy (5/04/2016). Bezalel Smotrich, politico israeliano membro della Knesset, ha tenuto a far sapere che sua moglie “non è affatto razzista”. La donna avrebbe solo fatto una semplice richiesta: la prossima volta che sarà in travaglio, non vorrà essere messa accanto ad una donna araba. “È naturale che mia moglie non voglia partorire accanto ad una […]

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La vera Realpolitik passa dai diritti

  Questo articolo lo avevo pubblicato un mese e mezzo fa. Parla di stabilità e diritti. Oggi, dopo le rivelazioni provenienti dal Cairo sul caso di Giulio Regeni, mi sembra il caso di riproporlo. Soprattutto a chi usa la Realpolitik senza etica. Una terra distrutta da bombardamenti devastanti. Popoli piegati da morte, sofferenza e crudeltà,Read more

La vera Realpolitik passa dai diritti

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I tour teatrali son faticosi

….scusate l’assenza da blog. Ora provo a rimettermi in carreggiata. Oggi Cafè Jerusalem è all’Auditorium Parco della Musica della mia Roma. Sala Petrassi, alle 21. Qualche biglietto è ancora disponibile, per la nostra Notte a Gerusalemme, spettacolo teatrale e poi concerto dei Radiodervish. Stay tuned.

I tour teatrali son faticosi

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Khaled Khalifa: “Non esiste la scrittura senza il coraggio”

“Non esiste la scrittura senza il coraggio”: queste parole, dette con umiltà e senza eroismi di nessun genere ben riassumono la conferenza svoltosi ieri, martedì 5 aprile, nella sala Organi Collegiali dell’Università la Sapienza di Roma con lo scrittore siriano Khaled Khalifa. I due incontri romani, riuniti sotto il titolo “Parole dissidenti, dialoghi con lo […]

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La figlia di Al-Baghdadi in Europa!

Di Elias Harfoush. Al-Hayat (03/04/2016). Traduzione e sintesi di Laura Giacobbo. Mentre Abu Bakr al-Baghdadi cerca di attrarre i figli delle comunità arabe e musulmane in Europa per il suo jihad innalzando la bandiera del “califfato”, la sua ex-moglie, Saja al-Dulaimi, è alla ricerca di un posto sicuro nel Vecchio Continente per fornire una buona […]

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La figlia di Al-Baghdadi in Europa!

Di Elias Harfoush. Al-Hayat (03/04/2016). Traduzione e sintesi di Laura Giacobbo. Mentre Abu Bakr Al-Baghdadi cerca di attrarre i figli delle comunità arabe e musulmane in Europa per il suo jihad innalzando la bandiera del “califfato”, la sua ex-moglie, Saja al-Dulaimi, è alla ricerca di un posto sicuro nel Vecchio Continente per fornire una buona educazione […]

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Il primo “Lifestyle Show” musulmano a Londra: moda, finanza e cibo

Al-Arabiya (5/04/2016). Quest’anno Londra ospiterà il primo “Lifestyle Show” musulmano, di cui saranno protagoniste le economie globali halal che promuovono la cultura, i prodotti e i servizi musulmani provenienti da tutto il mondo. L’evento si svolgerà nell’arco di due giorni, dal 30 aprile al 1 Maggio 2016 presso il famoso Olympia London. Riunendo oltre un centinaio di espositori che riguardano la moda islamica, la […]

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“La curiosità del gatto” e il sogno di un nuovo Egitto. Intervista alla scrittrice egiziana Ghada Abdel Aal

Intervista di Katia Cerratti Dopo il successo di “Che il velo sia da sposa” del 2009, la blogger e scrittrice egiziana Ghada Abdel Aal, torna con un nuovo libro,  فضول القطة , “Fodool al-qotta“ La curiosità del gatto, uscito in Egitto nel gennaio scorso e già amatissimo dal pubblico egiziano. Il titolo potrebbe far pensare a una […]

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Sperimentazione e politica nel teatro tunisino: reportage dal Festival “24-ore di teatro non-stop” del Kef

Alessia Carnevale C’è un luogo al Kef, ai piedi della Kasbah, alla fine di un sentiero un poco accidentato che s’inerpica ai margini della collina che sovrasta la città: gli abitanti lo chiamano “Palermo”. Nessuno mi ha saputo spiegare perché, ma credo sia riconosciuto all’unanimità, visto che qualcuno l’ha pure scritto sulla parete di una roccia, con la bomboletta nera […]

Sperimentazione e politica nel teatro tunisino: reportage dal Festival “24-ore di teatro non-stop” del Kef

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Zaha Hadid e Osama Bin Laden: tra costruzione e distruzione!

Di Tariq al-Humaid. Asharq al-Awsat (03/04/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Lo scorso giovedì il mondo intero ha pianto la scomparsa di una donna araba, fonte di orgoglio e simbolo di civiltà, Zaha Hadid, famosa architetta irachena. Nel 2011, invece, il mondo si rallegrava per la morte del terrorista Osama Bin Laden. Qual è […]

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Middle East NOW Fest 2016

Oggi comincia a Firenze il Middle East NOW Festival, arrivato alla sua settima edizione. Il programma di cinema e cultura è di altissimo livello, e include anche una sezione letteraria. Per tutti i giorni del Festival (5-10 aprile), troverete al cinema Odeon una installazione – libreria ideata dal gruppo di architetti Archivio Personale, che si … Continua a leggere Middle East NOW Fest 2016

Middle East NOW Fest 2016

Oggi comincia a Firenze il Middle East NOW Festival, arrivato alla sua settima edizione. Il programma di cinema e cultura è di altissimo livello, e include anche una sezione letteraria. Per tutti i giorni del Festival (5-10 aprile), troverete al cinema Odeon una installazione – libreria ideata dal gruppo di architetti Archivio Personale, che si … Continua a leggere Middle East NOW Fest 2016

Arabi, musulmani e l’assenza di democrazia

Di Ali Nasr. As-Safir (02/04/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo. Gli arabi non hanno avuto a che fare con la democrazia fino alla morte del Profeta Muhammad, giorno in cui ogni tribù ha designato un uomo che eleggesse il successore dell’inviato di Dio. Democrazia, nel suo significato più generale, non era una parola nota […]

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L’ultima opportunità per la Libia

Di Pierre Akiki. Al-Araby al-Jadeed (02/04/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone. Lo scenario libico è tornato con forza alla ribalta nell’ultima settimana, con la costituzione del Governo di Unità Nazionale, guidato da Fayez al-Sarraj, entrato nella capitale Tripoli per la prima volta dal suo annuncio, risalente allo scorso gennaio. La comunità internazionale, e in […]

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La strumentalizzazione della protesta dei giovani amazigh

Di Abdeslam Benaisa. Ray al-Youm (30/03/2016). Traduzione e sintesi di Rachida Razzouk. Nelle diverse manifestazioni organizzate davanti al parlamento e in una serie di città del Marocco, alcuni attivisti amazigh ripetono slogan privi di significato, che non riflettono una realtà vissuta e non lasciano trasparire l’autentico desiderio che dovrebbe nascere da una reale sofferenza. Questi slogan vogliono dipingere […]

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Tunisia: l’impunità dei torturatori rimane la regola

Intervista all’avvocato Halim Meddeb a cura di Olfa Belhassine Halim Meddeb è un avvocato molto impegnato nel contrastare gli attacchi ai diritti dell’uomo. Lavora anche come consigliere giuridico a Tunisi per l’ufficio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), una delle organizzazioni internazionali che, assieme al Consiglio d’Europa, il PNU e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, sta […]

Tunisia: l’impunità dei torturatori rimane la regola

Intervista all’avvocato Halim Meddeb a cura di Olfa Belhassine Halim Meddeb è un avvocato molto impegnato nel contrastare gli attacchi ai diritti dell’uomo. Lavora anche come consigliere giuridico a Tunisi per l’ufficio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), una delle organizzazioni internazionali che, assieme al Consiglio d’Europa, il PNU e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, sta […]

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Intervista all’avvocato Halim Meddeb a cura di Olfa Belhassine Halim Meddeb è un avvocato molto impegnato nel contrastare gli attacchi ai diritti dell’uomo. Lavora anche come consigliere giuridico a Tunisi per l’ufficio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), una delle organizzazioni internazionali che, assieme al Consiglio d’Europa, il PNU e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, sta […]

Tunisia: l’impunità dei torturatori rimane la regola

Intervista all’avvocato Halim Meddeb a cura di Olfa Belhassine Halim Meddeb è un avvocato molto impegnato nel contrastare gli attacchi ai diritti dell’uomo. Lavora anche come consigliere giuridico a Tunisi per l’ufficio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), una delle organizzazioni internazionali che, assieme al Consiglio d’Europa, il PNU e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, sta […]

Tunisia: l’impunità dei torturatori rimane la regola

Intervista all’avvocato Halim Meddeb a cura di Olfa Belhassine Halim Meddeb è un avvocato molto impegnato nel contrastare gli attacchi ai diritti dell’uomo. Lavora anche come consigliere giuridico a Tunisi per l’ufficio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), una delle organizzazioni internazionali che, assieme al Consiglio d’Europa, il PNU e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, sta […]

Una fondazione per le donne afgane. Nel nome di Soraya e nello spirito di Amanullah

Riporto l’intervista a Soraya Malek –  e il resoconto dell’incontro – dopo che alcuni giorni fa la nipote di re Amanullah ha intrattenuto una lunga conversazione con gli studenti della Scuola di Giornalismo Basso di Roma. La principessa ha parlato del suo prossimo impegno afgano a favore delle donne, in linea con l’eredità spirituale e politica dei suoi avi. A seguire un breve reportage dalla casa romana che ospitò il monarca e la sua famiglia  durante l’esilio.

Quando andrò a Kabul fonderò la Soraya d’Afghanistan Foundation proprio in onore di mia nonna. Per aiutare le donne dell’Afghanistan”. La principessa Soraya Malek annuncia agli studenti della scuola di giornalismo della Fondazione Basso, a Roma, l’intenzione di dare vita, anche nella capitale afgana, all’associazione nata in Italia con la collaborazione del Centro Studi Cappella Orsini. Obiettivo dell’iniziativa è la valorizzazione dei saperi tradizionali del Paese e la realizzazione di progetti finalizzati a rendere le donne afgane economicamente produttive, anche attraverso forme di comunicazione legate alle nuove tecnologie. È dal nonno, il re Amanullah Khan, che Soraya eredita il suo impegno al servizio del popolo afgano. Un impegno rivolto in particolare alle donne, costrette a vivere una condizione di forte limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali.

In un’intervista sulla condizione femminile in Afghanistan, sua madre, la principessa India d’Afghanistan, afferma che il vero disastro per le donne afgane avviene a partire dall’invasione sovietica. Lei è d’accordo e, se sì, perché individua nell’invasione sovietica un momento di rottura rispetto al percorso di emancipazione delle donne in Afghanistan?
Con l’invasione sovietica sono saltati tutti i valori. È stata una cosa terribile. Per un anno non

sono riuscita a dormire la notte al pensiero dei sovietici che entravano con i carri armati in Afghanistan e che avvelenavano le acque. Con il senno del poi mi sono resa conto che si è trattato di una guerra a distanza tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Certamente i sovietici hanno fatto cose orribili però, osservando ciò che è successo in seguito, mi rendo conto che alcuni mali sono successivi a quell’evento di portata storica. Non dico che erano meglio i sovietici, o che era meglio Saddam Hussein, o Assad. Io ero per Saddam Hussein, anche se ovviamente non sono d’accordo su come Saddam ha affrontato la questione curda. Sotto il suo governo però le donne erano senza velo, potevano circolare liberamente nelle città. Tutte le donne, curde, arabe, persiane d’Iraq, sciite, sunnite. Non c’erano distinzioni. Adesso le donne di Iraq stanno come sappiamo. Lo stesso vale per le donne afgane. Comunque tutto è iniziato con l’invasione sovietica. Perché i sovietici hanno invaso l’Afghanistan? Niente succede per caso. Nel 1978 la Conferenza di Panama il G6 decise di non appoggiare più lo shah di Persia e di portare Khomeini in Iran. Gli occidentali volevano che lo shah dichiarasse guerra all’Iraq, ma lo shah si rifiutò perché non voleva mettere in discussione gli accordi di Algeri del 1975. Ma perché gli occidentali hanno favorito l’ascesa di Khomeini? Per destabilizzare le repubbliche socialiste sovietiche musulmane in Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan. A quel punto l’Unione Sovietica ha deciso di invadere l’Afghanistan per paura che la propria area di influenza si contaminasse con l’integralismo, poi con il fondamentalismo. È tutto in mano all’Occidente e ai fondamentalisti che si fanno manovrare.

Riguardo al processo di emancipazione delle donne, lei considera la figura di Rula Ghani una figura di rottura rispetto al passato?
Ammiro molto Rula Ghani. Quest’anno, quando ha preso parte al meeting di Rimini, una giornalista le ha chiesto se si considerasse come la regina Soraya. Rula ha risposto di non esserne all’altezza perché non è una regina. Ha dichiarato pubblicamente che Soraya è stata la prima donna afgana, la prima regina d’Afghanistan, a uscire fuori dal Paese per farlo conoscere. È stata la prima a lavorare con le donne del suo Paese. Solo dopo Rula ha ammesso di essere “la seconda donna dell’Afghanistan” ad andare “all’estero per fare conoscere il Paese”. Il problema di Rula Ghani, e io le sono vicina, è che, essendo libanese, nasce maronita, quindi cristiana. Per ogni cosa che afferma riguardo il Corano viene tacciata di essere infedele. Quindi, deve essere sempre molto attenta a quello che sostiene. Però sta lavorando molto: ha una commissione di donne in gamba che si occupano di varie questioni, come la sanità e le imprese, che l’aiutano. Gira il mondo. È un faro anche per me.
Suo nonno, il re Amanullah Khan, a quali figure politiche e a quale cultura politica si è ispirato? Lei cosa sente di aver ereditato dello spirito riformista di suo nonno?
Il riferimento iniziale di Amanullah è stato Mahmud Tarzi, padre della regina Soraya, un grande intellettuale. Alla fine, purtroppo, Tarzi si è allontanato da Amanullah. Amanullah voleva che ci fosse un avanzamento veloce, mentre Mahmud Tarzi gli consigliava di procedere con più prudenza, per evitare complicazioni. E invece Amanullah non ha voluto seguire i suoi consigli ed ha accelerato il processo riformatore del Paese.
Quanto all’influenza dello spirito riformista di mio nonno, sì, c’è stata. In famiglia ci hanno sempre insegnato a servire il popolo afgano, anche se eravamo distanti. Io sono l’unica dei tredici nipoti di Amanullah che va in Afghanistan. Sento quasi il dovere di servire il popolo afgano, ma soprattutto le donne del mio Paese. Infatti, quando andrò a Kabul, fonderò la Soraya d’Afghanistan Foundation, proprio in onore di mia nonna. Per aiutare le donne afgane.
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L’incontro alla Fondazione Basso

“Ammiro molto Rula Ghani perché si batte per i diritti delle donne dell’Afghanistan”. Così a margine dell’incontro svoltosi presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso, Soraya Malek, nipote dell’omonima regina afghana del primo Novecento, giudica l’operato dell’attuale first lady. A breve, Soraya Malek aprirà una fondazione in difesa delle donne afghane, causa per cui si batte da quasi un secolo la sua famiglia.
L’incontro avvenuto mercoledì 16 marzo alla Fondazione Basso in via della Dogana Vecchia a Roma è stata l’occasione per ricostruire la storia del Re Amanullah Kahn negli anni venti, l’esilio della famiglia in Italia e l’attuale condizione delle donne e della società in Afghanistan.
La nipote del Re Amanullah Kahn, costretto alla fuga nel 1929, ha ripercorso la storia della famiglia reale nel Novecento. Dalle riforme politiche e sociali attuate a partire dall’insediamento di Amanullah: parità dei sessi; tutela delle minoranze; abolizione dell’obbligo di portare il velo e garanzia del diritto all’istruzione. I diritti per le donne come il divieto di matrimonio tra un uomo anziano e una giovanissima; l’istituzione di un tribunale per le donne vittime di torti, abusi o ingiustizie.
Poi la campagna di diffamazione nei confronti del nonno: “gli inglesi mettevano dei nastri registrati nascosti nelle moschee che dicevano “qui è Dio che parla, il vostro Re è un infedele”. Non mancano i ricordi tramandati nella famiglia reale a proposito dell’esilio in Italia ospite della casata Savoia. Il re era molto vicino a Vittorio Emanuele III, non amava Mussolini e gli chiese: “Come fai a farti mettere i piedi in testa da uno come il Duce?”. L’educazione ricevuta dalla principessa Soraya è ancora un ricordo nitido. Vivevano nell’attuale ambasciata nigeriana: “Era come un’accademia militare e una volta all’anno dovevamo servire il personale della villa. Mi ripetevano sempre che una famiglia reale ha il compito di servire il popolo”.
Non solo il passato, ma anche l’attuale condizione dell’Afghanistan, con “la dominazione occidentale per 14 anni con in testa gli Usa” non ha aiutato la figura della donna: “non hanno migliorato l’istruzione, hanno investito solo in addestramento militare”. sentenzia Soraya. “Quando torno in Afghanistan mi rendo conto di vivere una distanza abissale con il mio paese di origine; sono cresciuta qui in Italia e ho trascorso molto tempo con mia nonna, una sincera democratica. Ho potuto visitare l’Afghanistan diverse volte e sento come dovere quello di servire le donne afghane. Per questo motivo ho deciso di aprire una fondazione dedicata alla questione femminile.” Anche per questo, non mancano parole di ammirazione nei confronti dell’attuale first lady che non si definisce all’altezza della regina Soraya ma la rispetta molto e la riconosce come fonte di ispirazione per la tutela della donna. “Purtroppo – conclude la principessa – l’attuale first lady è nata cristiana e per ogni cosa che lei dice riguardo al Corano viene aggredita dai fondamentalisti perché giudicata infedele”.  

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L’infanzia romana della principessa d’Afghanistan

La luce che illumina il palazzo di via Orazio 14 a Roma, non scalda i ricordi rimasti al suo interno. Non c’è modo di entrare nel luogo che un tempo fu la casa della principessa Soraya. Oggi è l’ambasciata della Nigeria ma nel 1929 accolse la famiglia reale.
Nessuno che adesso lavori all’ambasciata saprebbe dire in quale stanza il re Amanullah si sedesse a raccontare alla nipotina Soraya della terra d’Afghanistan e del suo popolo. Le finestre del palazzo, alte e sormontate da un elegante arco di marmo bianco, hanno per lo più le serrande abbassate e alla vista è così sottratta ogni possibilità di scoperta. Basta poca immaginazione però per capire che affacciandosi su via Orazio, Soraya avrebbe visto la scuola dove passò l’infanzia. Più precisamente il retro dell’istituto e una scritta incisa sul muro: i caratteri regolari come le strade di questo ricco quartiere di Prati, si susseguono a formare parole fiere e sconfitte come “Opera nazionale balilla”. Anche la scuola Umberto I però, non ricorda più i sorrisi, le amicizie, la matita colorata impugnata per provare a scrivere le prime lettere dell’alfabeto sul foglio bianco, con mano tremante e curiosa. Oltre il cortile all’interno non si può andare; non si possono percorrere i corridoi della scuola, alla ricerca di qualche vecchia foto di classe.
Un caffè ristoratore potrà forse colmare la curiosità di penetrare questi luoghi inaccessibili. A meno che, lo sguardo di chi dietro al bancone del bar sta riempiendo la tazzina di caffè non si accenda e finalmente inizi a raccontare. I ricordi di Mario sono più che altro sensazioni: la scuola torna ad essere un luogo vivace in cui la moglie del barista baffuto e la principessa Soraya giocavano insieme da bambine. Nessuna differenza sociale le separava. Anche il palazzo di via Orazio 14 prende vita perché da lì usciva un signore distinto mano per mano con la sua piccola figliola: il padre di Soraya. “Si vedeva che era nobile, anche se non avresti mai detto che era un principe, tanto era alla mano”.
Quando la ricerca sembrava fallita, i racconti di Mario restituiscono un’idea dell’infanzia della principessa Afghana e permettono di spingersi ad immaginare anche il tipo di educazione ricevuta. Le stanze del palazzo, prima imperscrutabili, si riempiono di tradizioni afghane; di storie di famiglia tramandate di generazione in generazione; di valori nobili che non sono garanzia di uno status ma educano ed elevano l’animo.

L’intervista è di Annalisa Ramundo e Marta Facchini
Il resoconto è di Marco Mastrandrea
Il mini rep è di Marina de Ghantuz Cubbe

A questo lavoro, in gran parte collettivo, hanno anche partecipato Greta Bisello, Viola Brancatella, Marina de Ghantuz Cubbe, Marta Facchini, Marco Mastrandrea, Annalisa Ramundo, Giulia Sbaffi,  Alfredo Sprovieri, Federico Stefanutto,

Una fondazione per le donne afgane. Nel nome di Soraya e nello spirito di Amanullah

Riporto l’intervista a Soraya Malek –  e il resoconto dell’incontro – dopo che alcuni giorni fa la nipote di re Amanullah ha intrattenuto una lunga conversazione con gli studenti della Scuola di Giornalismo Basso di Roma. La principessa ha parlato del suo prossimo impegno afgano a favore delle donne, in linea con l’eredità spirituale e politica dei suoi avi. A seguire un breve reportage dalla casa romana che ospitò il monarca e la sua famiglia  durante l’esilio.

Quando andrò a Kabul fonderò la Soraya d’Afghanistan Foundation proprio in onore di mia nonna. Per aiutare le donne dell’Afghanistan”. La principessa Soraya Malek annuncia agli studenti della scuola di giornalismo della Fondazione Basso, a Roma, l’intenzione di dare vita, anche nella capitale afgana, all’associazione nata in Italia con la collaborazione del Centro Studi Cappella Orsini. Obiettivo dell’iniziativa è la valorizzazione dei saperi tradizionali del Paese e la realizzazione di progetti finalizzati a rendere le donne afgane economicamente produttive, anche attraverso forme di comunicazione legate alle nuove tecnologie. È dal nonno, il re Amanullah Khan, che Soraya eredita il suo impegno al servizio del popolo afgano. Un impegno rivolto in particolare alle donne, costrette a vivere una condizione di forte limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali.

In un’intervista sulla condizione femminile in Afghanistan, sua madre, la principessa India d’Afghanistan, afferma che il vero disastro per le donne afgane avviene a partire dall’invasione sovietica. Lei è d’accordo e, se sì, perché individua nell’invasione sovietica un momento di rottura rispetto al percorso di emancipazione delle donne in Afghanistan?
Con l’invasione sovietica sono saltati tutti i valori. È stata una cosa terribile. Per un anno non

sono riuscita a dormire la notte al pensiero dei sovietici che entravano con i carri armati in Afghanistan e che avvelenavano le acque. Con il senno del poi mi sono resa conto che si è trattato di una guerra a distanza tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Certamente i sovietici hanno fatto cose orribili però, osservando ciò che è successo in seguito, mi rendo conto che alcuni mali sono successivi a quell’evento di portata storica. Non dico che erano meglio i sovietici, o che era meglio Saddam Hussein, o Assad. Io ero per Saddam Hussein, anche se ovviamente non sono d’accordo su come Saddam ha affrontato la questione curda. Sotto il suo governo però le donne erano senza velo, potevano circolare liberamente nelle città. Tutte le donne, curde, arabe, persiane d’Iraq, sciite, sunnite. Non c’erano distinzioni. Adesso le donne di Iraq stanno come sappiamo. Lo stesso vale per le donne afgane. Comunque tutto è iniziato con l’invasione sovietica. Perché i sovietici hanno invaso l’Afghanistan? Niente succede per caso. Nel 1978 la Conferenza di Panama il G6 decise di non appoggiare più lo shah di Persia e di portare Khomeini in Iran. Gli occidentali volevano che lo shah dichiarasse guerra all’Iraq, ma lo shah si rifiutò perché non voleva mettere in discussione gli accordi di Algeri del 1975. Ma perché gli occidentali hanno favorito l’ascesa di Khomeini? Per destabilizzare le repubbliche socialiste sovietiche musulmane in Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan. A quel punto l’Unione Sovietica ha deciso di invadere l’Afghanistan per paura che la propria area di influenza si contaminasse con l’integralismo, poi con il fondamentalismo. È tutto in mano all’Occidente e ai fondamentalisti che si fanno manovrare.

Riguardo al processo di emancipazione delle donne, lei considera la figura di Rula Ghani una figura di rottura rispetto al passato?
Ammiro molto Rula Ghani. Quest’anno, quando ha preso parte al meeting di Rimini, una giornalista le ha chiesto se si considerasse come la regina Soraya. Rula ha risposto di non esserne all’altezza perché non è una regina. Ha dichiarato pubblicamente che Soraya è stata la prima donna afgana, la prima regina d’Afghanistan, a uscire fuori dal Paese per farlo conoscere. È stata la prima a lavorare con le donne del suo Paese. Solo dopo Rula ha ammesso di essere “la seconda donna dell’Afghanistan” ad andare “all’estero per fare conoscere il Paese”. Il problema di Rula Ghani, e io le sono vicina, è che, essendo libanese, nasce maronita, quindi cristiana. Per ogni cosa che afferma riguardo il Corano viene tacciata di essere infedele. Quindi, deve essere sempre molto attenta a quello che sostiene. Però sta lavorando molto: ha una commissione di donne in gamba che si occupano di varie questioni, come la sanità e le imprese, che l’aiutano. Gira il mondo. È un faro anche per me.
Suo nonno, il re Amanullah Khan, a quali figure politiche e a quale cultura politica si è ispirato? Lei cosa sente di aver ereditato dello spirito riformista di suo nonno?
Il riferimento iniziale di Amanullah è stato Mahmud Tarzi, padre della regina Soraya, un grande intellettuale. Alla fine, purtroppo, Tarzi si è allontanato da Amanullah. Amanullah voleva che ci fosse un avanzamento veloce, mentre Mahmud Tarzi gli consigliava di procedere con più prudenza, per evitare complicazioni. E invece Amanullah non ha voluto seguire i suoi consigli ed ha accelerato il processo riformatore del Paese.
Quanto all’influenza dello spirito riformista di mio nonno, sì, c’è stata. In famiglia ci hanno sempre insegnato a servire il popolo afgano, anche se eravamo distanti. Io sono l’unica dei tredici nipoti di Amanullah che va in Afghanistan. Sento quasi il dovere di servire il popolo afgano, ma soprattutto le donne del mio Paese. Infatti, quando andrò a Kabul, fonderò la Soraya d’Afghanistan Foundation, proprio in onore di mia nonna. Per aiutare le donne afgane.
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L’incontro alla Fondazione Basso

“Ammiro molto Rula Ghani perché si batte per i diritti delle donne dell’Afghanistan”. Così a margine dell’incontro svoltosi presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso, Soraya Malek, nipote dell’omonima regina afghana del primo Novecento, giudica l’operato dell’attuale first lady. A breve, Soraya Malek aprirà una fondazione in difesa delle donne afghane, causa per cui si batte da quasi un secolo la sua famiglia.
L’incontro avvenuto mercoledì 16 marzo alla Fondazione Basso in via della Dogana Vecchia a Roma è stata l’occasione per ricostruire la storia del Re Amanullah Kahn negli anni venti, l’esilio della famiglia in Italia e l’attuale condizione delle donne e della società in Afghanistan.
La nipote del Re Amanullah Kahn, costretto alla fuga nel 1929, ha ripercorso la storia della famiglia reale nel Novecento. Dalle riforme politiche e sociali attuate a partire dall’insediamento di Amanullah: parità dei sessi; tutela delle minoranze; abolizione dell’obbligo di portare il velo e garanzia del diritto all’istruzione. I diritti per le donne come il divieto di matrimonio tra un uomo anziano e una giovanissima; l’istituzione di un tribunale per le donne vittime di torti, abusi o ingiustizie.
Poi la campagna di diffamazione nei confronti del nonno: “gli inglesi mettevano dei nastri registrati nascosti nelle moschee che dicevano “qui è Dio che parla, il vostro Re è un infedele”. Non mancano i ricordi tramandati nella famiglia reale a proposito dell’esilio in Italia ospite della casata Savoia. Il re era molto vicino a Vittorio Emanuele III, non amava Mussolini e gli chiese: “Come fai a farti mettere i piedi in testa da uno come il Duce?”. L’educazione ricevuta dalla principessa Soraya è ancora un ricordo nitido. Vivevano nell’attuale ambasciata nigeriana: “Era come un’accademia militare e una volta all’anno dovevamo servire il personale della villa. Mi ripetevano sempre che una famiglia reale ha il compito di servire il popolo”.
Non solo il passato, ma anche l’attuale condizione dell’Afghanistan, con “la dominazione occidentale per 14 anni con in testa gli Usa” non ha aiutato la figura della donna: “non hanno migliorato l’istruzione, hanno investito solo in addestramento militare”. sentenzia Soraya. “Quando torno in Afghanistan mi rendo conto di vivere una distanza abissale con il mio paese di origine; sono cresciuta qui in Italia e ho trascorso molto tempo con mia nonna, una sincera democratica. Ho potuto visitare l’Afghanistan diverse volte e sento come dovere quello di servire le donne afghane. Per questo motivo ho deciso di aprire una fondazione dedicata alla questione femminile.” Anche per questo, non mancano parole di ammirazione nei confronti dell’attuale first lady che non si definisce all’altezza della regina Soraya ma la rispetta molto e la riconosce come fonte di ispirazione per la tutela della donna. “Purtroppo – conclude la principessa – l’attuale first lady è nata cristiana e per ogni cosa che lei dice riguardo al Corano viene aggredita dai fondamentalisti perché giudicata infedele”.  

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L’infanzia romana della principessa d’Afghanistan

La luce che illumina il palazzo di via Orazio 14 a Roma, non scalda i ricordi rimasti al suo interno. Non c’è modo di entrare nel luogo che un tempo fu la casa della principessa Soraya. Oggi è l’ambasciata della Nigeria ma nel 1929 accolse la famiglia reale.
Nessuno che adesso lavori all’ambasciata saprebbe dire in quale stanza il re Amanullah si sedesse a raccontare alla nipotina Soraya della terra d’Afghanistan e del suo popolo. Le finestre del palazzo, alte e sormontate da un elegante arco di marmo bianco, hanno per lo più le serrande abbassate e alla vista è così sottratta ogni possibilità di scoperta. Basta poca immaginazione però per capire che affacciandosi su via Orazio, Soraya avrebbe visto la scuola dove passò l’infanzia. Più precisamente il retro dell’istituto e una scritta incisa sul muro: i caratteri regolari come le strade di questo ricco quartiere di Prati, si susseguono a formare parole fiere e sconfitte come “Opera nazionale balilla”. Anche la scuola Umberto I però, non ricorda più i sorrisi, le amicizie, la matita colorata impugnata per provare a scrivere le prime lettere dell’alfabeto sul foglio bianco, con mano tremante e curiosa. Oltre il cortile all’interno non si può andare; non si possono percorrere i corridoi della scuola, alla ricerca di qualche vecchia foto di classe.
Un caffè ristoratore potrà forse colmare la curiosità di penetrare questi luoghi inaccessibili. A meno che, lo sguardo di chi dietro al bancone del bar sta riempiendo la tazzina di caffè non si accenda e finalmente inizi a raccontare. I ricordi di Mario sono più che altro sensazioni: la scuola torna ad essere un luogo vivace in cui la moglie del barista baffuto e la principessa Soraya giocavano insieme da bambine. Nessuna differenza sociale le separava. Anche il palazzo di via Orazio 14 prende vita perché da lì usciva un signore distinto mano per mano con la sua piccola figliola: il padre di Soraya. “Si vedeva che era nobile, anche se non avresti mai detto che era un principe, tanto era alla mano”.
Quando la ricerca sembrava fallita, i racconti di Mario restituiscono un’idea dell’infanzia della principessa Afghana e permettono di spingersi ad immaginare anche il tipo di educazione ricevuta. Le stanze del palazzo, prima imperscrutabili, si riempiono di tradizioni afghane; di storie di famiglia tramandate di generazione in generazione; di valori nobili che non sono garanzia di uno status ma educano ed elevano l’animo.

L’intervista è di Annalisa Ramundo e Marta Facchini
Il resoconto è di Marco Mastrandrea
Il mini rep è di Marina de Ghantuz Cubbe

A questo lavoro, in gran parte collettivo, hanno anche partecipato Greta Bisello, Viola Brancatella, Marina de Ghantuz Cubbe, Marta Facchini, Marco Mastrandrea, Annalisa Ramundo, Giulia Sbaffi,  Alfredo Sprovieri, Federico Stefanutto,

“Noi Esistiamo”: voci per i diritti degli omosessuali in Tunisia

Di Manel Khedim. Tunisia Live (01/04/2016). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen. In questi ultimi anni, la realtà dell’omosessualità è diventata una parte sempre più importante della vita pubblica tunisina in relazione anche alla nascita dei vari gruppi di sostegno che sono emersi per difendere i diritti di coloro che rientrano nelle categorie LBGT. Tra i […]

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Finestra Erasmus e fine del genere umano.

Costretto in casa dal rigido clima lituano,convivo,mio malgrado,con molti altri studenti universitari,anche loro partecipanti al programma ” Erasmus”. E durante queste giornate non posso non osservarne il comportamento,le abitudini alimentari,il modo di comunicare e i gusti estetici. Giovani figli di mille culture svuotati della loro ricchezza culturale e sottomessi al pensiero unico del consumismo più sfrenato. Molti di loro li potrei anche paragonare a delle pecore pronte al macello. In loro non vedo dei potenziali avvocati,ricercatori,economisti o professori,ma solo dei potenziali consumatori,o meglio,dei potenziali ingranaggi di un sistema irrazionale e non più a misura di uomo. Oramai non riesco più a notare la differenza tra un turco,un greco,un inglese,un italiano o uno spagnolo se non attraverso il suo nome. Come è possibile che siamo ancora in pochi ad essere coscienti di questa triste mutazione antropologica del genere umano ?

Lo so,sono un irriducibile rompiscatole,quindi lasciatemi denunciare in pace la lenta fine della mia specie..

La storia del musulmano in Kenya che salvò dei cristiani

Questa è una storia semplice, una storia di coraggio e soprattutto di umanità, quell’umanità che oggi troppe volte è sacrificata in virtù di nuovi idoli. Di storie come questa ne è pieno il mondo e diffonderla è un dovere, soprattutto per l’attualità che stiamo vivendo, densa solo di divisioni, di guerre (pseudo-religiose) e di islamofobia. […]

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Cucina giordana: matabqa, sfoglia alle cipolle

250mlLa ricetta di oggi, originaria del nord della Giordania, non è di facile preparazione, ma è sicuramente una soddisfazione per il palato. Ecco come preparare la matabqa, sfoglia alle cipolle! Ingredienti: Per la sfoglia 350g di farina un pizzico di sale ½ cucchiaino di semi di nigella ½ cucchiaino di semi di finocchio ½ cucchiaino di […]

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Neda Taiyebi, l’artista iraniana che dipinge i carri armati afghani in disuso

BarakaBits. In un paese come l’Afghanistan che è stato colpito dalla guerra per decenni, qualsiasi esplosione di colori è la benvenuta. Dopo essersi laureata alla Art University di Teheran nel 2011, l’artista iraniana Neda Taiyebi si è focalizzata sulla creazione di nuovi metodi d’arte che mettano in risalto il colore, il movimento e l’energia. Nel 2015 Neda ha così deciso di mettere la sua […]

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Come nasce la mentalità terrorista?

Di Osman Mirghani. Asharq al-Awsat (31/03/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi. L’atroce attacco suicida avvenuto domenica scorsa in Pakistan, nel parco giochi di Lahore, ha causato la morte di 69 persone e 300 feriti. Il primo ministro pakistano Nawaz Sharif ha dichiarato che non sarà sufficiente sconfiggere gli estremisti talebani, ma occorre prima di tutto […]

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Tutti i libri dell’Asia

Sabato 2 aprile alle ore 12.00, la curatrice del progetto “Asia” di add editore Ilaria Benini è ospite insieme ad Andrea Berrini (Metropoli d’Asia), Maurizio Gatti (editore di O barra O edizioni) de Emanuele Giordana (Lettera 22) a BOOKPRIDE 2016 per la conferenza Asia: l’editoria per accorciare le distanze.
Di cosa parliamo quando parliamo di Asia? Quanti mondi e quante realtà letterarie ne fanno parte? Perché l’editoria dedicata all’Asia è debole e qual è il suo potenziale? Un incontro a cura di add editore, per professionisti del settore e appassionati, per cercare risposte e costruire le basi per iniziative.
L’appuntamento è a Milano all’ex Ansaldo in via Bergognone 34

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L’Egitto di El Sisi: le armi prima del pane

Di Ibrahim al-Sahary. The New Arab (29/03/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri. Dicono che le armi rendano più forti, ma 3 bambini egiziani su 10 sono sottosviluppati perché le loro famiglie non hanno pane a sufficienza. Il presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi continua ad importare armi mentre il paese rischia gravi carenze di beni […]

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Va alla marocchina Yasmina Filali il Premio 2016 per l’imprenditoria sociale

Al-Huffington Post Maghreb (31/03/2016). Yasmina Filali, presidente di Fondation Orient-Occident, ha ricevuto il Premio per l’imprenditoria sociale per l’anno 2016, assegnato in Svizzera dalla Fondazione Schwab per l’imprenditoria sociale. Conosciuta per il suo impegno in favore dei giovani dei quartieri popolari e dei migranti sub-sahariani, Yasmina Filali è uno degli 11 imprenditori che si sono distinti nel campo del sociale, secondo l’organizzazione […]

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Islamofobia: prima dobbiamo guarirne noi

Di Diana Mukalled. Asharq al-Awsat (28/03/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Il problema non si risolverà fino a quando non discuteremo del modo in cui vediamo la nostra identità e la nostra relazione con l’altro L’ostilità e gli insulti contro arabi e musulmani dopo gli attacchi terroristici in Occidente non sembrano più toccarci. Ci siamo abituati all’idea […]

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