Giorno: 28 febbraio 2016

USA: studente egiziano arrestato per “minaccia” a Donald Trump

(Agenzie). Il giovane Emad El-Din Ali Mohamed Nasr El Sayed (Emad El Sayed), studente egiziano residente in California, è stato preso in custodia dalla FBI per aver condiviso un post sulla sua pagina Facebook dove, a detta delle autorità USA, si criticava e minacciava il candidato alle elezioni presidenziali Donald Trump. Il ragazzo era sparito da quasi due […]

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Le ragioni della nuova crisi tra Marocco e Unione Europea

Di Aïcha Akalay e Mohamed Etayea. TelQuel (25/02/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Lo scorso 25 febbraio, il primo ministro del Marocco, Abdelilah Benkirane, ha annunciato la sospensione ufficiale dei contatti con l’Unione Europea. Secondo il portavoce Mustapha El Khalfi, il governo ha preso la decisione sulle relazioni con l’Europa […]

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Essere siriana in Serbia

Raqqa 110La storia di Z.S., una giovane nata e cresciuta a Belgrado, da madre serba e padre siriano. Conduce una trasmissione sulla radio locale e lavora come giornalista. Ha 31 anni. “La guerra in Siria non riguarda la religione, ma soprattutto gli affari e l’acquisizione dei territori”

Esiste qualche alternativa alla laicità per i musulmani?

Di Ali Nasser. As-Safir (23/02/2016). Traduzione e sintesi di Carlotta Castoldi. Potrebbe sembrare irrazionale o illogico affermare che l’Islam sia stato affossato dalla politica e dalla lotta per il potere o che, quando il profeta ha esalato il suo ultimo respiro, l’Islam fosse molto vicino al concetto di laicità, ma ai musulmani non rimane altra […]

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Ecco quanto vale la vita di un afgano

Quanto vale la vita di un afgano? Quanto costa un cadavere della nazionalità respinta in questi giorni alle eurofrontiere? A giudicare da quanto gli Stati uniti hanno offerto per compensare le vittime dell’ospedale di Kunduz, che agli inizi di ottobre venne fatto segno di un bombardamento mirato che lo ridusse in cenere, la morte di un afgano – anche se con laurea – vale seimila euro. Tremila se è stato solo ferito, anche in modo grave. Lo hanno raccontato all’Associated Press i parenti delle vittime dell’attacco al nosocomio di Msf di Kunduz e la risposta dei Medici sena frontiere, che l’ospedale gestivano con personale soprattutto locale, non si è fatta attendere: Guilhem Molinie, portavoce di Msf in Afghanistan, definisce «ridicolo» il cosiddetto pagamento di “sorry money”. Insufficiente per molte famiglie che avevano nei loro morti l’unico salario con cui sopravvivere. Il Paese della guerra infinita è intanto alle prese col tentativo di rinegoziare l’ennesimo incontro tra governo e talebani mentre ieri due attentati della guerriglia (uno a Kabul, l’altro nella provincia orientale di Kunar) hanno ucciso oltre venti persone, in gran parte civili. Il che rende il negoziato – messo in piedi da una “Commissione quadrilaterale” formata da afgani, pachistani, americani e cinesi – estremamente in salita.

 Guilhem Molinie di Msf: compensazione ridicola

La vicenda di Kunduz e del bombardamento dell’ospedale di Msf è una delle tante vicende della guerra infinita e uno dei capitoli più bui per militari afgani e internazionali, responsabili di mezze ammissioni, scuse e reticenze fustigate anche da un recente rapporto dell’Onu. A quanto si sa, gli americani – che chiamati dagli afgani fecero il raid sull’ospedale – dopo aver espresso le loro condoglianze a oltre 140 famiglie e individui hanno reso noto che la ricompensa sarà per tutto lo staff. Ma al di là dei numeri (14 morti tra il personale, 24 tra i pazienti, 14 altri civili) la cifra sembra per ora quella lamentata dalle vittime – e ritenuta inadeguata e offensiva – quando in altre occasioni (come nel caso del militare “impazzito” che fece una strage nel 2013 andando di casa in casa da solo a fare giustizia sommaria) gli Stati Uniti sborsarono fino a 50mila dollari per ogni vittima. E non c’è solo la questione dei soldi. Secondo l’Ap, un documento congiunto Nato-Usa che l’agenzia ha potuto visionare ammette che un Ac-130 sparò con 211 colpi per mezz’ora prima che ci si rendesse conto del disguido. Il documento dice anche che, contrariamente a quanto sostennero inizialmente le autorità militari di Kabul, non c’era nessuna evidenza che nell’ospedale vi fossero dei guerriglieri. Il raid avrebbe anzi dovuto colpire un edificio a poca distanza: un tragico “errore”. Sarebbe anche pronta l’indagine condotta in proprio dagli americani: un dossier di 3mila pagine che però non è ancora stato reso pubblico. Quanto alla commissione indipendente che Msf ha chiesto per far luce sulla vicenda, niente è successo poiché sarebbero necessarie alcune procedure di indagine che devono ricevere luce verde da Washington e Kabul.

Mullah Omar: dopo di lui il diluvio
tra le fila della guerriglia

E a Kabul intanto si prepara quello che dovrebbe essere il primo vero negoziato tra guerriglia e governo. Il piano, coordinato soprattutto da Islamabad ma col beneplacito di Kabul, Washington e Pechino, prevede un incontro già nei primi giorni di marzo. I pachistani hanno invitato tutti i gruppi e le fazioni della guerriglia ma regna scetticismo: i talebani sono divisi e ognuno sembra andare per proprio conto. Com’è noto l’attuale capo, mullah Mansur, è in contatto con Islamabad ma l’ufficio politico di Doha, che i talebani hanno aperto anni fa proprio per avere un canale diplomatico ufficiale, sostiene di non essere stato consultato. Inoltre è noto che Mansur gode solo dell’appoggio di una parte del movimento. Quanto a Hekmatyar, che controlla la fazione guerrigliera dell’Hezb e Islami (che ha anche un braccio “legale” in parlamento) l’adesione non è ancora arrivata. E infine ci sono una miriade di capi bastone in turbante che non è chiaro a chi rispondano. Senza contare la variabile Daesh che vorrà mettere in piedi nel piatto. Per boicottarlo.

Ecco quanto vale la vita di un afgano

Quanto vale la vita di un afgano? Quanto costa un cadavere della nazionalità respinta in questi giorni alle eurofrontiere? A giudicare da quanto gli Stati uniti hanno offerto per compensare le vittime dell’ospedale di Kunduz, che agli inizi di ottobre venne fatto segno di un bombardamento mirato che lo ridusse in cenere, la morte di un afgano – anche se con laurea – vale seimila euro. Tremila se è stato solo ferito, anche in modo grave. Lo hanno raccontato all’Associated Press i parenti delle vittime dell’attacco al nosocomio di Msf di Kunduz e la risposta dei Medici sena frontiere, che l’ospedale gestivano con personale soprattutto locale, non si è fatta attendere: Guilhem Molinie, portavoce di Msf in Afghanistan, definisce «ridicolo» il cosiddetto pagamento di “sorry money”. Insufficiente per molte famiglie che avevano nei loro morti l’unico salario con cui sopravvivere. Il Paese della guerra infinita è intanto alle prese col tentativo di rinegoziare l’ennesimo incontro tra governo e talebani mentre ieri due attentati della guerriglia (uno a Kabul, l’altro nella provincia orientale di Kunar) hanno ucciso oltre venti persone, in gran parte civili. Il che rende il negoziato – messo in piedi da una “Commissione quadrilaterale” formata da afgani, pachistani, americani e cinesi – estremamente in salita.

 Guilhem Molinie di Msf: compensazione ridicola

La vicenda di Kunduz e del bombardamento dell’ospedale di Msf è una delle tante vicende della guerra infinita e uno dei capitoli più bui per militari afgani e internazionali, responsabili di mezze ammissioni, scuse e reticenze fustigate anche da un recente rapporto dell’Onu. A quanto si sa, gli americani – che chiamati dagli afgani fecero il raid sull’ospedale – dopo aver espresso le loro condoglianze a oltre 140 famiglie e individui hanno reso noto che la ricompensa sarà per tutto lo staff. Ma al di là dei numeri (14 morti tra il personale, 24 tra i pazienti, 14 altri civili) la cifra sembra per ora quella lamentata dalle vittime – e ritenuta inadeguata e offensiva – quando in altre occasioni (come nel caso del militare “impazzito” che fece una strage nel 2013 andando di casa in casa da solo a fare giustizia sommaria) gli Stati Uniti sborsarono fino a 50mila dollari per ogni vittima. E non c’è solo la questione dei soldi. Secondo l’Ap, un documento congiunto Nato-Usa che l’agenzia ha potuto visionare ammette che un Ac-130 sparò con 211 colpi per mezz’ora prima che ci si rendesse conto del disguido. Il documento dice anche che, contrariamente a quanto sostennero inizialmente le autorità militari di Kabul, non c’era nessuna evidenza che nell’ospedale vi fossero dei guerriglieri. Il raid avrebbe anzi dovuto colpire un edificio a poca distanza: un tragico “errore”. Sarebbe anche pronta l’indagine condotta in proprio dagli americani: un dossier di 3mila pagine che però non è ancora stato reso pubblico. Quanto alla commissione indipendente che Msf ha chiesto per far luce sulla vicenda, niente è successo poiché sarebbero necessarie alcune procedure di indagine che devono ricevere luce verde da Washington e Kabul.

Mullah Omar: dopo di lui il diluvio
tra le fila della guerriglia

E a Kabul intanto si prepara quello che dovrebbe essere il primo vero negoziato tra guerriglia e governo. Il piano, coordinato soprattutto da Islamabad ma col beneplacito di Kabul, Washington e Pechino, prevede un incontro già nei primi giorni di marzo. I pachistani hanno invitato tutti i gruppi e le fazioni della guerriglia ma regna scetticismo: i talebani sono divisi e ognuno sembra andare per proprio conto. Com’è noto l’attuale capo, mullah Mansur, è in contatto con Islamabad ma l’ufficio politico di Doha, che i talebani hanno aperto anni fa proprio per avere un canale diplomatico ufficiale, sostiene di non essere stato consultato. Inoltre è noto che Mansur gode solo dell’appoggio di una parte del movimento. Quanto a Hekmatyar, che controlla la fazione guerrigliera dell’Hezb e Islami (che ha anche un braccio “legale” in parlamento) l’adesione non è ancora arrivata. E infine ci sono una miriade di capi bastone in turbante che non è chiaro a chi rispondano. Senza contare la variabile Daesh che vorrà mettere in piedi nel piatto. Per boicottarlo.