Giorno: 23 febbraio 2016

Di armi e uomini: l’Arabia Saudita blocca gli aiuti al Libano

Di Makram Rabah. Middle East Eye (22/02/2016). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo. La relazione tra il Libano e il regno dell’Arabia Saudita dura da più di nove decadi. I due paesi hanno lavorato negli anni per garantire la crescita socio-economica di entrambi e le relazioni politiche. I libanesi furono tra i primi ad emigrare […]

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L’asso nella manica della Quadrilaterale

L’asso di ora nella briscola
 è un’immagine a due teste. Quelle del nagoziato
afgano sembrano molte di più

Devono avere un asso nella manica i quattro cavalieri della Quadrilaterale, che in rappresentanza di Afghanistan, Pakistan, Cina e Stati uniti han  fatto sapere ieri che il negoziato di pace è vicino, che al tavolo sono invitati ufficialmente i talebani per discutere col governo di Kabul e che c’è anche una data possibile: i primi di marzo. Dove? In Pakistan. Non filtra molto altro per ora: la Quadrilaterale si è incontrata diverse volte tra Kabul e Islamabad e sembrava avesse finora partorito un topolino. Difficile dire quanto sia certa la partecipazione dei talebani (e di quali) ma l’ann8ncio c’è e se è stato fatto è forse qualcosa in più di un manifesto di intenzioni. Per certo c’è che Islamabad ha fatto il possibile per convincere almeno una parte della guerriglia che bisogna negoziare. Ai turbanti armati. che hanno comunque fissato delle precondizioni piuttosto difficili da raggiungere, il momento può forse apparire favorevole: sul terreno hanno una buona posizione di forza e inoltre il movimento attraversa un brutto periodo tanto che forse è meglio serrare i ranghi. Kabul ha fatto la sua parte: ha sostituito il vertice dell’Alto consiglio di pace, cui compete il negoziato, piazzando un vecchio imprenditore  pashtun, religioso, rispettato e considerato a un tempo moderato e nazionalista ancor prima che islamista: Pir Sayed Ahmad Gailani, dove “pir” indica il rango di questo sufi la cui famiglia ha una lunga storia teologica alle spalle. Ha già detto che va coinvolto il clero e questa sembra la direzione su cui Pak e Afg convergono. Era un uomo fedele alla monarchia di Zaher e considerato, all’epoca della lotta contro l’Urss, talmente moderato che il Pakistan gli preferì, tra i gruppi armati pashtun, quello di Gulbuddin Hekmatyar. Ma ora le cose sono cambiate e Gailani può andar bene un po’ a tutti.
 Il processo di pace in Afghanistan ha davvero una storia complessa e forse per ora conviene stare alla finestra con occhio cauto. E vedere se davvero l’asso nella manica c’è o è solo un bluff.

L’asso nella manica della Quadrilaterale

L’asso di ora nella briscola
 è un’immagine a due teste. Quelle del nagoziato
afgano sembrano molte di più

Devono avere un asso nella manica i quattro cavalieri della Quadrilaterale, che in rappresentanza di Afghanistan, Pakistan, Cina e Stati uniti han  fatto sapere ieri che il negoziato di pace è vicino, che al tavolo sono invitati ufficialmente i talebani per discutere col governo di Kabul e che c’è anche una data possibile: i primi di marzo. Dove? In Pakistan. Non filtra molto altro per ora: la Quadrilaterale si è incontrata diverse volte tra Kabul e Islamabad e sembrava avesse finora partorito un topolino. Difficile dire quanto sia certa la partecipazione dei talebani (e di quali) ma l’ann8ncio c’è e se è stato fatto è forse qualcosa in più di un manifesto di intenzioni. Per certo c’è che Islamabad ha fatto il possibile per convincere almeno una parte della guerriglia che bisogna negoziare. Ai turbanti armati. che hanno comunque fissato delle precondizioni piuttosto difficili da raggiungere, il momento può forse apparire favorevole: sul terreno hanno una buona posizione di forza e inoltre il movimento attraversa un brutto periodo tanto che forse è meglio serrare i ranghi. Kabul ha fatto la sua parte: ha sostituito il vertice dell’Alto consiglio di pace, cui compete il negoziato, piazzando un vecchio imprenditore  pashtun, religioso, rispettato e considerato a un tempo moderato e nazionalista ancor prima che islamista: Pir Sayed Ahmad Gailani, dove “pir” indica il rango di questo sufi la cui famiglia ha una lunga storia teologica alle spalle. Ha già detto che va coinvolto il clero e questa sembra la direzione su cui Pak e Afg convergono. Era un uomo fedele alla monarchia di Zaher e considerato, all’epoca della lotta contro l’Urss, talmente moderato che il Pakistan gli preferì, tra i gruppi armati pashtun, quello di Gulbuddin Hekmatyar. Ma ora le cose sono cambiate e Gailani può andar bene un po’ a tutti.
 Il processo di pace in Afghanistan ha davvero una storia complessa e forse per ora conviene stare alla finestra con occhio cauto. E vedere se davvero l’asso nella manica c’è o è solo un bluff.

Harvard promuove l’alfabetizzazione religiosa (video)

Di Antonia Blumberg. HuffPostReligion (19/02/2016). Traduzione e sintesi di Giusy Regina Le vendite del Corano sono salite alle stelle negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, un po’ per il bisogno di cercare delle risposte, un po’ per il desiderio di analizzare determinati stereotipi. Fatto sta che molte persone si sono rivolte al testo sacro dei musulmani per chiarirsi le idee. Ma l’aumento […]

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Per non dimenticare la Palestina

Di Khairallah Khairallah. Elaph (21/02/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio. Chi ricorda dell’importanza raggiunta dalla causa palestinese, un tempo causa dell’intero popolo arabo? Oggi la Palestina ha bisogno di un nuovo progetto nazionale che tenga conto dei mutamenti che hanno avuto luogo negli ultimi dieci anni, specie dopo il fallimento degli accordi di Oslo […]

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Attivisti pro-Palestina tappezzano metro di Londra con manifesti contro Israele

Più di 100 manifesti che denunciano l’occupazione israeliana dei territori palestinesi sono stati attaccati sui treni della metropolitana londinese da attivisti filo-palestinesi, nella notte tra domenica e lunedì scorsi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto alle autorità britanniche di rimuovere tutti i manifesti, che descrivono Israele come uno stato di “apartheid”. La denuncia attraverso i […]

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Tunisia: Ennahdha o la strategia del camaleonte

Di Frida Dahmani. Jeune Afrique (22/02/2016). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello. “Lasciamo il governo, ma non il potere”, ha rilanciato Rached Ghannouchi, presidente di Ennahdha nel gennaio 2014, quando il governo troika, sotto la pressione della strada e l’iniziativa del dialogo nazionale, ha dato le redini del paese a un esecutivo di tecnocrati. […]

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