Giorno: 4 dicembre 2015

Transumanza e letteratura sulla Durand Line

Necessità, tradizione, mito e scrittura. La migrazione di vecchi e nuovi nomadi tra narrazione epica e antichi movimenti transfrontalieri. Uno sguardo sulla frontiera maledetta

La Durand Line e in particolare i suoi passaggi, di cui il più famoso è quello di Khyber, sono sempre stati una grande attrazione per i viaggiatori occidentali a partire dalla sua creazione. Ma molto prima e molto dopo, sia quando quel confine non esisteva, sia dopo che il righello di Mortimer Durand l’aveva tracciato, un’enorme massa di persone aveva attraversato, e continua a farlo, la frontiera geografica segnata dai monti Suleiman. Per commercianti, trafficanti, eserciti, contrabbandieri, guerriglieri, i passi che attraversano quella linea più o meno immaginaria sono l’accesso al subcontinente o l’uscita verso l’Asia centrale. Di questi protagonisti si è detto molto ma minor attenzione si è prestata a quanti, nei secoli e in parte ancora oggi, la attraversano in una migrazione nomadica che spinge a varcare quella soglia in cerca di un clima meno rigido e pascoli più rigogliosi. Anche vecchi e nuovi nomadi (per scelta economica – nel caso della transumanza – per scelta obbligata – nel caso dei migranti in fuga dalla guerra – per scelta logistica nel caso dei viaggiatori) sono dunque tra i grandi protagonisti della frontiera più porosa del pianeta. Ma se i viaggiatori occidentali hanno soprattutto raccontato sé stessi e del fascino del Khyber Pass, i pastori non si raccontano e sono ancor meno sono raccontati di quanto non lo siano profughi e sfollati, obbligati a un nomadismo senza futuro dalle contingenze belliche. I pastori nomadi attraversano da secoli una frontiera che è per loro essenzialmente geografica. I nomadi “moderni” – i viaggiatori – ne sono invece stati attratti dall’idea di un passaggio culturale – molto mitizzato – tra due mondi.

Kuchi

Monile kuchi. Si può comprare
su ebay per meno di otto dollari


Della migrazione dei nomadi afgani che attraversano stagionalmente il confine non si conosce
molto, come poco si sa della loro storia e persino delle loro origini. Tanto meno dell’estrema fluidità con cui un gruppo può passare da una vita nomade a una seminomade o addirittura sedentaria per poi riprendere nuovamente la strada. In Afghanistan i nomadi vengono denominati Kuchi, un termine che indica soprattutto (ma non solo) la realtà pashtun1. In effetti le maggior parte delle comunità nomadi o seminomadi sono pashtun ma vi sono gruppi, benché minori, di origine beluci, araba, turcmena e così via. Il nomadismo è prevalentemente legato alle esigenze del pascolo e per molti Kuchi le pianure al di là dei Suleiman erano una meta importante: non solo per la ricerca di pascoli ma per commerciare il surplus (bestiame, carne, lana, capelli, pelli, frutta ma anche artigianato – tappeti – scambiati per sale, tè, zucchero, abiti, ferro e, in tempi recenti, cherosene). Largamente tollerati dai britannici – che quando potevano tassavano le carovane – i nomadi hanno visto complicarsi le cose con le frizioni di frontiera tra Pakistan e Afghanistan, sia per la questione del “Pasthunistan”, sia per la necessità più recente di controllare il flusso transfrontaliero, specie se non passa da valichi stradali. Alle difficoltà di attraversare la frontiera – passaggio garantito dalla conoscenza del terreno e dalla rete delle parentele – si è aggiunto il problema della sicurezza (guerra, mine, bombardamenti) e la ricerca di lavori sedentari in Afghanistan: elementi che hanno ridotto sempre di più – dagli anni Sessanta del secolo scorso – il flusso tra le due frontiere, tanto che oggi la transumanza transfrontaliera, fortemente scoraggiata, è ormai un fenomeno residuale in quel milione e mezzo di nomadi Kuchi (2,5 milioni in totale), di cui oggi si registrano soprattutto le contese con vecchi e nuovi proprietari terrieri sull’utilizzo dei pascoli afgani.

Nuovi nomadi

Nicolas Bouvier, in viaggio
con la Topolino

Il flusso dei nomadi per vocazione letteraria, di ricerca o piacere del viaggio, non sono elemento recente anche se fu l’epoca del Raj britannico, che aveva la sua frontiera più occidentale nei turbolenti territori sikh e afgani, a far guardare oltre la Durand Line prima e dopo che fosse tracciata. Si può citare per tutti sir Olaf Caroe e la sua storia dei Pathan, lungo racconto di stili di vita e codici consuetudinari ammantato del fascino che le genti delle aree tribali avevano sull’ultimo governatore del Raj nella Provincia della frontiera. Giornalisti e scrittori, fuori dal circolo strettamente accademico, si sono esercitati – da Karl Meyer a Peter Hopkirk – sull’epopea britannico zarista del Great Game, locuzione che la vulgata attribuisce erroneamente a Rudyard Kipling, narratore delle avventure del piccolo Kim, circondate dal mito del fiero guerriero afgano e del compassionevole monaco buddista. Del resto anche Giuseppe Tucci racconta di quel fascino che circonda vallate e pianure «in quelle contrade dove prosperò l’arte del Gandhara». Incantato dalla storia del passo di Khyber, in epoca più recente, lo scozzese Paddy Doncherty vi ha passato mesi per raccontare un luogo dove, a ogni piè sospinto, si ricorda l’epopea militare del Raj che pende dalle pareti rocciose negli stemmi del Dorset Regiment o dei South Wales Borderer. Gli scrittori non mancano: dai maledetti, come la svizzera Annemarie Schwarzenbach accompagnata da Ella Mailart, ai semplici osservatori alla Nicolas Bouvier – anche lui svizzero – che con Thyerry Vernet attraversa il Khyber con una Fiat Topolino. L’attenzione ai nomadi locali – i protagonisti nascosti dell’attraversamento della frontiera – è però rara: si ritrova in un libro appena dato alle stampe della scrittrice e fotografa Monika Bulaj o nel romanzo di Jamil Ahmad, scrittore pachistano che, forse per questo, cede meno al fascino orientalistico che inevitabilmente colpisce il viaggiatore occidentale.

Opere citate

Ahmad J., L’acqua più dolce del mondo, Bollati Boringhieri, 2012
Bouvier N., L’oeil du voyage, Hoëbeke, 2001
Bulaj M., La luce nascosta dell’Afghanistan, Electa, 2013
Caroe O., The Pathans, Oxford University Press, 1996
Docherty P., Khyber Pass, ilSaggiatore, 2007
Foschini F., The Social Wandering of the Afghan Kuchis, AAN, Kabul, 2013
Hopkirk P., Il Grande Gioco, Adelphi, 2004
Maillart E., La via crudele, EDT, 1993
Meyer K., La polvere dell’impero, Corbaccio, 2004
Schwarzenbach A., La via per Kabul, assaggiatore, 2009
Tucci G., La via dello Svat, Leonardo da Vinci Editirce, 1963
Wily L. A., Land, People, and the State in Afghanistan 2002-2012, Areu, 2013

Transumanza e letteratura sulla Durand Line

Necessità, tradizione, mito e scrittura. La migrazione di vecchi e nuovi nomadi tra narrazione epica e antichi movimenti transfrontalieri. Uno sguardo sulla frontiera maledetta

La Durand Line e in particolare i suoi passaggi, di cui il più famoso è quello di Khyber, sono sempre stati una grande attrazione per i viaggiatori occidentali a partire dalla sua creazione. Ma molto prima e molto dopo, sia quando quel confine non esisteva, sia dopo che il righello di Mortimer Durand l’aveva tracciato, un’enorme massa di persone aveva attraversato, e continua a farlo, la frontiera geografica segnata dai monti Suleiman. Per commercianti, trafficanti, eserciti, contrabbandieri, guerriglieri, i passi che attraversano quella linea più o meno immaginaria sono l’accesso al subcontinente o l’uscita verso l’Asia centrale. Di questi protagonisti si è detto molto ma minor attenzione si è prestata a quanti, nei secoli e in parte ancora oggi, la attraversano in una migrazione nomadica che spinge a varcare quella soglia in cerca di un clima meno rigido e pascoli più rigogliosi. Anche vecchi e nuovi nomadi (per scelta economica – nel caso della transumanza – per scelta obbligata – nel caso dei migranti in fuga dalla guerra – per scelta logistica nel caso dei viaggiatori) sono dunque tra i grandi protagonisti della frontiera più porosa del pianeta. Ma se i viaggiatori occidentali hanno soprattutto raccontato sé stessi e del fascino del Khyber Pass, i pastori non si raccontano e sono ancor meno sono raccontati di quanto non lo siano profughi e sfollati, obbligati a un nomadismo senza futuro dalle contingenze belliche. I pastori nomadi attraversano da secoli una frontiera che è per loro essenzialmente geografica. I nomadi “moderni” – i viaggiatori – ne sono invece stati attratti dall’idea di un passaggio culturale – molto mitizzato – tra due mondi.

Kuchi

Monile kuchi. Si può comprare
su ebay per meno di otto dollari


Della migrazione dei nomadi afgani che attraversano stagionalmente il confine non si conosce
molto, come poco si sa della loro storia e persino delle loro origini. Tanto meno dell’estrema fluidità con cui un gruppo può passare da una vita nomade a una seminomade o addirittura sedentaria per poi riprendere nuovamente la strada. In Afghanistan i nomadi vengono denominati Kuchi, un termine che indica soprattutto (ma non solo) la realtà pashtun1. In effetti le maggior parte delle comunità nomadi o seminomadi sono pashtun ma vi sono gruppi, benché minori, di origine beluci, araba, turcmena e così via. Il nomadismo è prevalentemente legato alle esigenze del pascolo e per molti Kuchi le pianure al di là dei Suleiman erano una meta importante: non solo per la ricerca di pascoli ma per commerciare il surplus (bestiame, carne, lana, capelli, pelli, frutta ma anche artigianato – tappeti – scambiati per sale, tè, zucchero, abiti, ferro e, in tempi recenti, cherosene). Largamente tollerati dai britannici – che quando potevano tassavano le carovane – i nomadi hanno visto complicarsi le cose con le frizioni di frontiera tra Pakistan e Afghanistan, sia per la questione del “Pasthunistan”, sia per la necessità più recente di controllare il flusso transfrontaliero, specie se non passa da valichi stradali. Alle difficoltà di attraversare la frontiera – passaggio garantito dalla conoscenza del terreno e dalla rete delle parentele – si è aggiunto il problema della sicurezza (guerra, mine, bombardamenti) e la ricerca di lavori sedentari in Afghanistan: elementi che hanno ridotto sempre di più – dagli anni Sessanta del secolo scorso – il flusso tra le due frontiere, tanto che oggi la transumanza transfrontaliera, fortemente scoraggiata, è ormai un fenomeno residuale in quel milione e mezzo di nomadi Kuchi (2,5 milioni in totale), di cui oggi si registrano soprattutto le contese con vecchi e nuovi proprietari terrieri sull’utilizzo dei pascoli afgani.

Nuovi nomadi

Nicolas Bouvier, in viaggio
con la Topolino

Il flusso dei nomadi per vocazione letteraria, di ricerca o piacere del viaggio, non sono elemento recente anche se fu l’epoca del Raj britannico, che aveva la sua frontiera più occidentale nei turbolenti territori sikh e afgani, a far guardare oltre la Durand Line prima e dopo che fosse tracciata. Si può citare per tutti sir Olaf Caroe e la sua storia dei Pathan, lungo racconto di stili di vita e codici consuetudinari ammantato del fascino che le genti delle aree tribali avevano sull’ultimo governatore del Raj nella Provincia della frontiera. Giornalisti e scrittori, fuori dal circolo strettamente accademico, si sono esercitati – da Karl Meyer a Peter Hopkirk – sull’epopea britannico zarista del Great Game, locuzione che la vulgata attribuisce erroneamente a Rudyard Kipling, narratore delle avventure del piccolo Kim, circondate dal mito del fiero guerriero afgano e del compassionevole monaco buddista. Del resto anche Giuseppe Tucci racconta di quel fascino che circonda vallate e pianure «in quelle contrade dove prosperò l’arte del Gandhara». Incantato dalla storia del passo di Khyber, in epoca più recente, lo scozzese Paddy Doncherty vi ha passato mesi per raccontare un luogo dove, a ogni piè sospinto, si ricorda l’epopea militare del Raj che pende dalle pareti rocciose negli stemmi del Dorset Regiment o dei South Wales Borderer. Gli scrittori non mancano: dai maledetti, come la svizzera Annemarie Schwarzenbach accompagnata da Ella Mailart, ai semplici osservatori alla Nicolas Bouvier – anche lui svizzero – che con Thyerry Vernet attraversa il Khyber con una Fiat Topolino. L’attenzione ai nomadi locali – i protagonisti nascosti dell’attraversamento della frontiera – è però rara: si ritrova in un libro appena dato alle stampe della scrittrice e fotografa Monika Bulaj o nel romanzo di Jamil Ahmad, scrittore pachistano che, forse per questo, cede meno al fascino orientalistico che inevitabilmente colpisce il viaggiatore occidentale.

Opere citate

Ahmad J., L’acqua più dolce del mondo, Bollati Boringhieri, 2012
Bouvier N., L’oeil du voyage, Hoëbeke, 2001
Bulaj M., La luce nascosta dell’Afghanistan, Electa, 2013
Caroe O., The Pathans, Oxford University Press, 1996
Docherty P., Khyber Pass, ilSaggiatore, 2007
Foschini F., The Social Wandering of the Afghan Kuchis, AAN, Kabul, 2013
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Maillart E., La via crudele, EDT, 1993
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Schwarzenbach A., La via per Kabul, assaggiatore, 2009
Tucci G., La via dello Svat, Leonardo da Vinci Editirce, 1963
Wily L. A., Land, People, and the State in Afghanistan 2002-2012, Areu, 2013

Passaggi d’Autore: intrecci mediterranei

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passaggi 110XI edizione del Festival del Cortometraggio Mediterraneo dal 4 all’8 dicembre 2015 a Sant’Antioco (Carbonia Iglesias). cinque giornate che prevedono la programmazione di circa settanta film, eventi e attività collaterali che coinvolgono il territorio. Il festival si divide in quattro sezioni: Eventi, CortoAmbiente, Focus e la sezione Intrecci mediterranei.

Addio a Fatema Mernissi, femminista islamica

mernissi stef 110Morta a 75 anni a Rabat, dove ha insegnato per molti anni, la scrittrice e sociologa marocchina è stata una intellettuale lucida e brillante, impegnata a rinnovare da una prospettiva laica la cultura arabo-islamica, e nella liberazione delle donne anche attraverso i suoi numerosi libri. Ha demistificato l’immaginario occidentale sull’Islam e il mondo arabo, convinta che sia sbagliata l’idea secondo cui Islam e democrazia sono incompatibili.

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Germania approva azione militare anti-Daesh in Siria

(Agenzie). Il parlamento tedesco ha approvato oggi i piani del governo di aderire alla campagna militare contro Daesh (ISIS) in Siria. Dei 598 parlamentari che hanno preso parte alla votazione, 445 hanno votato in favore, 146 contro e sette si sono astenuti. La missione prevede l’invio di sei jet Tornado di ricognizione, una nave Fregata per […]

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Cucina bahreinita: pesce fritto con salsa di tahina

Per la prima volta la ricetta della settimana ci porta in Bahrein con un piatto a base di pesce, ingrediente fondamentale nella tradizione culinaria di questo Stato: al-samak al-maqli bi-salsat tahina, pesce fritto con salsa di tahina! Ingredienti:  6 filetti di pesce bianco a scelta 2 spicchi d’aglio zenzero tritato 2 cucchiai di succo di […]

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Marocco: al via il Festival Internazionale del Film di Marrakech (video)

(Agenzie). La 15° edizione del Festival Internazionale del Film di Marrakech prende il via oggi, 4 dicembre 2015, sotto la supervisione del re del Marocco Mohammed VI. Il festival, che si terrà fino al 12 dicembre prossimo, onorerà attori americani come Bill Murray, William Dafoe, il regista Park Chan-Wook della Corea del Sud, l’indiano Madhuri Dixit ed il fotografo cinematografico marocchino Kamal […]

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Egitto: molotov in ristorante al Cairo

(Agenzie). Una bomba molotov lanciata in un ristorante del Cairo ha ucciso 18 persone e ne ha ferite altre sei, oggi venerdì 3 dicembre 2015. Lo hanno dichiarato funzionari della sicurezza egiziana. Le vittime dell’esplosione sono state bruciate vive o sono morte per l’inalazione di fumo. Il ristorante, che funge anche da discoteca, non ha […]

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Russia espande base militare in Siria centrale

(Agenzie). Le truppe russe stanno espandendo una base militare in Siria centrale, aggiungendo fortificazioni e sviluppando le sue piste da usare come seconda base aerea del Paese. Lo hanno affermato gli attivisti siriani. I lavori in corso nella base aerea di Shaayrat, a circa 40 chilometri a sud est della città di Homs, potrebbero anche segnalare l’intenzione di Mosca […]

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Rapporti Arabia Saudita-Iran: quali sviluppi nel 2016?

Di Nasr al-Majali. Elaph (28/11/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti. Fonti diplomatiche e di informazione ritengono che la decisione dell’Arabia Saudita di nominare l’ex ambasciatore in Russia, Ali bin Hassan Jaafar, come ambasciatore in Iran, dimostri il desiderio di Riyad di intraprendere una nuova fase nelle relazioni con Teheran. Le fonti stabiliscono che siano in atto movimenti […]

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