Giorno: 1 novembre 2015

Turchia: ultimato il conteggio dei voti, AKP dichiara vittoria

(Agenzie). In base al conteggio dei voti, il Partito Giustizia e Sviluppo si sarebbe aggiudicato la maggioranza al parlamento turco. L’AKP si sarebbe infatti aggiudicato il 49,5% dei voti. Nel frattempo, scontri sono scoppiati nella città di Diyarbakir nel sud-est della Turchia, regione a maggioranza curda, dopo la diffusione dei primi esiti delle elezioni parlamentari svoltesi oggi. […]

L’articolo Turchia: ultimato il conteggio dei voti, AKP dichiara vittoria sembra essere il primo su Arabpress.

Arabia Saudita: finalmente le donne avranno documenti di identità

(Agenzie). Lo scorso 13 ottobre, i membri del Consiglio della Shura in Arabia Saudita hanno votato (96 contro 28) in favore di vari emendamenti della legge sullo status civile mirati a promuovere la cittadinanza femminile e volti a eliminare qualsiasi forma di discriminazione contro le donne. Uno dei più importanti emendamenti è quello dell’art. 23 della legge, […]

L’articolo Arabia Saudita: finalmente le donne avranno documenti di identità sembra essere il primo su Arabpress.

Turchia: con la metà dei voti contati, l’AKP è in testa

(Agenzie). Secondo i primi exit poll alla chiusura dei seggi del nuovo turno di elezioni parlamentari in Turchia, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del presidente Recep Tayyip Erdogan sembra essere sulla giusta strada per recuperare la maggioranza e avere così la possibilità di formare un governo senza coalizioni. Secondo quanto riportato dalla TV turca, […]

L’articolo Turchia: con la metà dei voti contati, l’AKP è in testa sembra essere il primo su Arabpress.

Giordania: 28 milioni dall’UE per i rifugiati

(Agenzie). L’Unione Europea ha annunciato che invierà alla Giordania altri 28 milioni di euro per aiutare il Paese a gestire e soddisfare i bisogni dei rifugiati siriani in vista dell’inverno. Con questa ultima tranche di aiuti, l’UE ha finora speso 198 milioni di euro per l’assistenza umanitaria globale. Christos Stylianides, Commissario europeo per le questioni […]

L’articolo Giordania: 28 milioni dall’UE per i rifugiati sembra essere il primo su Arabpress.

Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Borders are there to be crossed

The International Book Fair in Torino, the second largest Book Fair in Europe, has announced that Saudi Arabia will no longer be the guest of honour in its 2016 event. Instead, next year’s fair will focus on Arab Literature more broadly. This move breaks with the fair’s long tradition of hosting a different country eachRead more

Siria: inviato ONU a Damasco, incontro con ministro Esteri post-Vienna

(Agenzie). L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, Staffan de Mistura, si è recato a Damasco per incontrare il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Moallem. Secondo varie fonti, i due discuteranno delle conclusioni dei negoziati che si sono svolti a Vienna sulla situazione siriana. Nella capitale austriaca, i rappresentanti diplomatici di Unione Europea, ONU e 17 […]

L’articolo Siria: inviato ONU a Damasco, incontro con ministro Esteri post-Vienna sembra essere il primo su Arabpress.

Bahrein: al via la costruzione della prima base militare britannica

(Agenzie). In Bahrein sono iniziati i lavori per la costruzione della prima base militare britannica permanente in Medio Oriente dal 1971. La nuova base fa parte di un accordo, concluso lo scorso anno, tra Londra e Manama al fine di aumentare la cooperazione bilaterale nell’affrontare le minacce che incombono sulla sicurezza della regione. Secondo quanto […]

L’articolo Bahrein: al via la costruzione della prima base militare britannica sembra essere il primo su Arabpress.

Turchia: urne aperte nel mezzo delle tensioni

(Agenzie). La Turchia è chiamata al voto oggi, domenica, per quelle che sono state definite le elezioni più cruciali della storia del Paese degli ultimi anni, nel mezzo delle tensioni causate dalla minaccia jihadista e dal riaggravarsi della questione curda. Sono più di 54 milioni gli elettori che andranno al voto in poco più di […]

L’articolo Turchia: urne aperte nel mezzo delle tensioni sembra essere il primo su Arabpress.

Non è colpa della religione

Di Soumaya Ghannouchi. Middle East Monitor (30/10/2015). Traduzione e sintesi Ismahan Hassen. Dalla questione irlandese ai conflitti in Medio Oriente, anche se a tutti quelli che sono ai ferri corti capita di appartenere a confessioni diverse (cattolici e protestanti, ebrei, musulmani e cristiani), essi non sono “venuti alle mani” a causa della loro appartenenza religiosa. […]

L’articolo Non è colpa della religione sembra essere il primo su Arabpress.

Myanmar: questo Paese non è per musulmani

I due sfidanti del voto di domenica:
 Aung San Suu Kyi della Lnd
 Thein Sein, premier e capo dell’Usdp

Sono una novantina i partiti che si proporranno al voto dell’8 di novembre in Myanmar quando si svolgeranno le elezioni generali: le prime da che al governo – dal 2011 – non ci sono più uomini in divisa. Ma il timore che i militari e le loro milizie – che appoggiano il partito di governo – possano intimidire e minacciare chi si reca alle urne orientando il voto è una possibilità non troppo remota che è stata appena denunciata da un rapporto di Human Rights Wath.

 C‘è di più: secondo un membro del maggior partito di opposizione, che fa capo alla Nobel birmana Aung San Suu Kyi, i suoi leader hanno messo in piedi una vera e propria purga dei candidati musulmani nelle liste elettorali: la leadership della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) è spaventata – ha spiegato il personaggio ad Al Jazeera – dalla possibilità che il risveglio di un razzismo che vorrebbe difendere la purezza della razza e la religione della maggioranza e che si è scatenato negli ultimi anni contro la minoranza musulmana – il picco massimo si è verificato nel 2012 – riemerga facendosi propaganda elettorale. Un timore che l’ha decisa a espellere dalle fila dei suoi oltre mille candidati (regionali e nazionali) chiunque abbia il marchio del credo di Maometto, nonostante i musulmani in Birmania siano circa 5 milioni il che fa di loro una percentuale rilevante della popolazione del Paese: 48 milioni.

Nemmeno nelle liste del Partito della solidarietà e dello sviluppo al governo (Usdp) – sostenuto dai militari anche se veste abiti civili – ci saranno ovviamente musulmani. La pulizia etnico politica penalizza in particolare una comunità nel mirino da anni e bistrattata da sempre: i Rohingya, che una recente indagine di un gruppo di ricercatori della Yale Law School (la scuola universitaria di diritto della Yale Univesity con sede in Connecticut) sostiene siano stati oggetto di azioni od omissioni da parte del governo birmano che potrebbero addirittura configurare un’accusa di genocidio. Nello Stato del Rakhine (Arakan), a oltre un milione di musulmani rohingya è stata negata la cittadinanza sostenendo che si tratta di “bengalesi” immigrati. Un’accusa diventata pogrom verso la comunità che vive al confine con l’India e che recentemente è stata al centro di una fuga di massa via mare per cercare altrove rifugio. Ma rohingya o meno, il reato è essere di fede islamica. Meglio prevenire polemiche e strumentalizzazioni: che non si presentino né abbiano deputati. Che stiano insomma fuori dal gioco elettorale il cui aspetto “democratico” acquista dunque un colore molto opaco. I metodi sono stati ovviamente “legali” perché molti musulmani non hanno i documenti in regola e dunque è stato facile per le commissioni elettorali spuntare i loro nomi dalle liste.

Ashin Wirathu: la prima pagina
di
Time ma a che titolo

La Lega teme dunque l’ondata nazionalista identitaria e religiosa che si è fatta sentire negli ultimi anni grazie soprattutto alla Ma Ba Tha o Associazione patriottica del Myanmar (Pab) anche chiamata Associazione per la protezione della razza e della religione. La religione è quella del compassionevole Gautama Budda nella sua accezione Theravada. Ma Ba Tha è un’organizzazione nata formalmente nel 2014 e formata da un board di una cinquantina di membri tra cui spiccano accademici e soprattutto monaci, come Ashin Wirathu, un buddista estremista finito in galera nel 2003 per incitamento all’odio ma poi rilasciato nel 2010. Ideologo di un Paese puro senza “bin Laden birmani”, è anche il protettore del Movimento 969, un gruppo oltranzista islamofobo. La propaganda di personaggi come Ashin Wirathu – per citare il più noto – le azioni degli islamofobi e l’appoggio o la chiusura di entrambi gli occhi da parte delle forze di sicurezza, non solo ha permesso le azioni violente contro i rohingya nel 2012 (diverse vittime e 90mila sfollati) ma ha prodotto effetti legislativi in parlamento, facendo si che nel 2013 il ministero degli Affari religiosi proponesse quattro leggi per regolare conversioni e matrimoni inter-religiosi allo scopo di proibirli e per promuovere la monogamia e il controllo delle nascite. Il tutto su indicazioni dei radicali.

Di fronte all’ondata anti musulmana, soprattutto quando – dopo le violenze del 2012 – i rohingya hanno cominciato a fuggire in massa dal Myanmar, ha stupito il silenzio di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la democrazia, che per opportunità aveva preferito non prendere posizione attirandosi le critiche, seppur velate, persino del Dalai Lama. Ma adesso, la vicenda della purga pre elettorale, che coinvolgerebbe l’intera comunità islamica, fa scendere un’altra ombra sulla donna che tutti vorrebbero a capo dello Stato (anche se la legge sulla nazionalità glielo vieta per via dei figli con passaporto britannico). Un brutta ipoteca sul voto di domenica prossima.

Myanmar: questo Paese non è per musulmani

I due sfidanti del voto di domenica:
 Aung San Suu Kyi della Lnd
 Thein Sein, premier e capo dell’Usdp

Sono una novantina i partiti che si proporranno al voto dell’8 di novembre in Myanmar quando si svolgeranno le elezioni generali: le prime da che al governo – dal 2011 – non ci sono più uomini in divisa. Ma il timore che i militari e le loro milizie – che appoggiano il partito di governo – possano intimidire e minacciare chi si reca alle urne orientando il voto è una possibilità non troppo remota che è stata appena denunciata da un rapporto di Human Rights Wath.

 C‘è di più: secondo un membro del maggior partito di opposizione, che fa capo alla Nobel birmana Aung San Suu Kyi, i suoi leader hanno messo in piedi una vera e propria purga dei candidati musulmani nelle liste elettorali: la leadership della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) è spaventata – ha spiegato il personaggio ad Al Jazeera – dalla possibilità che il risveglio di un razzismo che vorrebbe difendere la purezza della razza e la religione della maggioranza e che si è scatenato negli ultimi anni contro la minoranza musulmana – il picco massimo si è verificato nel 2012 – riemerga facendosi propaganda elettorale. Un timore che l’ha decisa a espellere dalle fila dei suoi oltre mille candidati (regionali e nazionali) chiunque abbia il marchio del credo di Maometto, nonostante i musulmani in Birmania siano circa 5 milioni il che fa di loro una percentuale rilevante della popolazione del Paese: 48 milioni.

Nemmeno nelle liste del Partito della solidarietà e dello sviluppo al governo (Usdp) – sostenuto dai militari anche se veste abiti civili – ci saranno ovviamente musulmani. La pulizia etnico politica penalizza in particolare una comunità nel mirino da anni e bistrattata da sempre: i Rohingya, che una recente indagine di un gruppo di ricercatori della Yale Law School (la scuola universitaria di diritto della Yale Univesity con sede in Connecticut) sostiene siano stati oggetto di azioni od omissioni da parte del governo birmano che potrebbero addirittura configurare un’accusa di genocidio. Nello Stato del Rakhine (Arakan), a oltre un milione di musulmani rohingya è stata negata la cittadinanza sostenendo che si tratta di “bengalesi” immigrati. Un’accusa diventata pogrom verso la comunità che vive al confine con l’India e che recentemente è stata al centro di una fuga di massa via mare per cercare altrove rifugio. Ma rohingya o meno, il reato è essere di fede islamica. Meglio prevenire polemiche e strumentalizzazioni: che non si presentino né abbiano deputati. Che stiano insomma fuori dal gioco elettorale il cui aspetto “democratico” acquista dunque un colore molto opaco. I metodi sono stati ovviamente “legali” perché molti musulmani non hanno i documenti in regola e dunque è stato facile per le commissioni elettorali spuntare i loro nomi dalle liste.

Ashin Wirathu: la prima pagina
di
Time ma a che titolo

La Lega teme dunque l’ondata nazionalista identitaria e religiosa che si è fatta sentire negli ultimi anni grazie soprattutto alla Ma Ba Tha o Associazione patriottica del Myanmar (Pab) anche chiamata Associazione per la protezione della razza e della religione. La religione è quella del compassionevole Gautama Budda nella sua accezione Theravada. Ma Ba Tha è un’organizzazione nata formalmente nel 2014 e formata da un board di una cinquantina di membri tra cui spiccano accademici e soprattutto monaci, come Ashin Wirathu, un buddista estremista finito in galera nel 2003 per incitamento all’odio ma poi rilasciato nel 2010. Ideologo di un Paese puro senza “bin Laden birmani”, è anche il protettore del Movimento 969, un gruppo oltranzista islamofobo. La propaganda di personaggi come Ashin Wirathu – per citare il più noto – le azioni degli islamofobi e l’appoggio o la chiusura di entrambi gli occhi da parte delle forze di sicurezza, non solo ha permesso le azioni violente contro i rohingya nel 2012 (diverse vittime e 90mila sfollati) ma ha prodotto effetti legislativi in parlamento, facendo si che nel 2013 il ministero degli Affari religiosi proponesse quattro leggi per regolare conversioni e matrimoni inter-religiosi allo scopo di proibirli e per promuovere la monogamia e il controllo delle nascite. Il tutto su indicazioni dei radicali.

Di fronte all’ondata anti musulmana, soprattutto quando – dopo le violenze del 2012 – i rohingya hanno cominciato a fuggire in massa dal Myanmar, ha stupito il silenzio di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la democrazia, che per opportunità aveva preferito non prendere posizione attirandosi le critiche, seppur velate, persino del Dalai Lama. Ma adesso, la vicenda della purga pre elettorale, che coinvolgerebbe l’intera comunità islamica, fa scendere un’altra ombra sulla donna che tutti vorrebbero a capo dello Stato (anche se la legge sulla nazionalità glielo vieta per via dei figli con passaporto britannico). Un brutta ipoteca sul voto di domenica prossima.