Giorno: 30 ottobre 2015

La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

La cultura gitana in Turchia: da “metà” a “uno”

cingeneler 110È possibile parlare di un’universale, omnicomprensiva cultura romanì? E quali sono le sue caratteristiche distintive presso i diversi gruppi esistenti? E come è stata trasmessa attraverso le generazioni in comunità sprovviste di scrittura? Intervista al professore ed etnomusicologo turco İbrahim Yavuz Yükselsin e ritratto della regista Elmas Arus.

Libano: aiuti militari USA per fermare Daesh

(Agenzie). Una nuova strategia Usa per la lotta contro Daesh in Siria includerà assistenza alla sicurezza in Libano e Giordania, ha dichiarato una fonte del Senato degli Stati Uniti. Gli aiuti militari comprenderebbero anche una nuova forza speciale per le operazioni intensificate a Irbil, nel nord dell’Iraq, in cooperazione con gli iracheni.  

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Siria: prossima settimana riunione multilaterale a Vienna

(Agenzie). Il ministro degli Esteri iracheno ha detto che il prossimo incontro multilaterale sulla crisi in Siria dovrebbe svolgersi a Vienna la prossima settimana, secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa russe. Egli ha aggiunto che i colloqui sulla risoluzione della crisi in Siria non sono riusciti a portare a un accordo sul ruolo del presidente siriano […]

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Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Intervista a Evelyne Pommerat

Entretien avec Evelyne Pommerat responsable de la Médiathèque Mateo Maximoff | babelmed | femme - migration - méditerranéeEvelyne Pommerat vi riceve alla Médiathèque Mateo Maximoff con un’attenzione preziosa. Responsabile di un vasto archivio dedicato agli zigani e alle Genti del Viaggio, questa documentalista veterana ha saputo trasformare questo luogo in una finestra aperta sul presente grazie a una programmazione culturale vivace.

Cucina tunisina: la fricassea, bignè fritti salati ripieni

Per il nostro appuntamento con la cucina di questa settimana, andiamo a scoprire una ricetta molto diffusa in Tunisia: la fricassea, bignè salati fritti ripieni! Ingredienti: Per i bignè: 500g di farina 1 cucchiaino di lievito 1 cucchiaio di zucchero 1 cucchiaino di sale 5 cucchiai d’olio d’oliva 5 cucchiai di latte tiepido 1 uovo […]

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Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Io sto con Isacco e Ismaele

È una stanza. Per meglio dire, è una prigione. Per me Abramo, da oltre dieci anni, è una prigione. Non riesco, cioè, a disgiungere il dato esperienziale dal mito e, per chi crede, dalla fede. Abramo,  nella mia esperienza, è la sua tomba nel grande complesso sacro  a Hebron per gli ebrei e per gliRead more

Marocco: le settimane del cinema europeo dal 9 al 23 novembre

(Al Huffington Post Maghreb). Jacques Audiard, Nanni Moretti, Alberto Rodriguez: sono solo alcuni dei grandi nomi del cinema europeo che presenteranno i loro ultimi film nei più importanti cinema marocchini. Dal 9 al 23 novembre prossimo, si terrà la 24° edizione de’ Le Settimane del Cinema Europeo nei cinema di Marrakech, Casablanca, Tangeri e Rabat. Il programma comprende una […]

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Siria: in corso i negoziati a Vienna

(Agenzie). Sono in corso i colloqui volti a trovare una soluzione alla guerra in Siria a Vienna, a cui partecipano i ministri degli Esteri di Russia, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Francia, Egitto, Iraq, Libano e, per la prima volta, Iran. Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha esortato i partecipanti a mostrare “flessibilità” e ha […]

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ONU: bozza di risoluzione per conflitto Israele-Palestina

(Agenzie). Una bozza di risoluzione delle Nazioni Unite volta a rilanciare i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi chiede un congelamento degli insediamenti israeliani e si muove per perseguire Israele presso la Corte Penale Internazionale. Il testo elaborato dalla Nuova Zelanda è stato distribuito ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza, così come a israeliani […]

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La crisi irachena e gli scenari possibili

Di Abdul Hussein Shaaban, Al-Jazeera (28/10/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini. La recente crisi irachena ha posto il Paese e il suo futuro sotto la lente di ingrandimento: l’Iraq sta forse andando verso la frammentazione? E dopo, quali saranno gli scenari possibili? Se quello della frammentazione è plausibile, a causa del peggioramento della crisi e […]

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Nepalese, comunista e donna

Il nuovo capo dello Stato del Nepal è una donna. Una donna comunista. Ha 54 anni, si chiama Bidhya Devi Bhandari e ha un curriculum di tutto rispetto dove spiccano le battaglie in difesa delle donne in una società dominata dai maschi e dalle caste alte che dettano ancora – anche se forse sempre meno – la legge non scritta della tradizione.

La sua elezione è’ una sorpresa due volte. Perché per una donna non è facile farsi strada in Nepal e lei è la prima donna presidente del suo Paese e perché il suo sfidante, Kul Bahadur Gurung, è comunque una figura di peso anche se ha perso: è il leader del Congresso nepalese, il primo partito del Paese. Ma il voto del parlamento, dove il secondo e il terzo partito sono della medesima area, le ha dato una maggioranza piena: 327 voti su 549. Non è maoista, come forse l’immaginario collettivo la pensa alla notizia che in Nepal ha vinto una comunista. Ma i voti dei maoisti (The Unified Communist Party of Nepal-Maoist, 80 seggi su 575) sono stati determinati. Il suo partito, Communist Party of Nepal-Unified Marxist–Leninist, poteva contare solo su 175 scranni. L’alleanza ha retto mentre al partito del Congresso invece non sono bastati gli alleati e i 196 seggi guadagnati nelle ultime elezioni (2013). La convivenza coi maoisti, che un prezzo lo avranno pur chiesto, non rappresenta al momento un problema: Bhandari può contare sul primo ministro Sharma Oli– l’uomo che ha il potere esecutivo in Nepal – che è comunista come lei, ed è anzi è il capo del partito di cui lei è comunque stata vicepresidente.


 La politica la conosce bene: nella base, nel partito, nel governo dove Bhandari ha già ricoperto un incarico istituzionale. E’ stata ministro della Difesa, un ruolo delicato in un Paese dove la guerra civile è stata una realtà per dieci anni e che si è conclusa con un accordo politico solo nel 2006 dopo 15mila vittime e tra 100 e 150mila sfollati interni. Da allora il Paese ha cambiato faccia.

Il cammino è stato lungo e resta ancora difficile. Questa piccola nazione himalayana, cerniera tra India e Cina, con solo 30 milioni di abitanti sparsi su un territorio grande la metà dell’Italia (147mila kmq) e connotato da montagne altissime e da un’enorme disomogeneità etnico linguistica, è stata una monarchia monolitica fino al 2008. Caduta pagando un prezzo elevato. E’ un vasto movimento popolare ad averla abbattuta ma sono stati i maoisti a segnare il punto di svolta. Una svolta difficile che alla fine porterà, solo nel settembre scorso, alla nuova, sofferta Costituzione. Nuova e innovativa perché è la prima in Asia che proteggere ad esempio i diritti dei gay. Sofferta perché la sua approvazione è stata bagnata dal sangue di 40 morti nelle manifestazioni di piazza che hanno preceduto il voto finale a cui si è arrivati con molte difficoltà.

La mappa linguistica di un Paese grande la metà
dell’Italia ma con oltre cento lingue. In alto la nuova presidente.
Sotto, il compagno Prachanda

Non ancora finite. La Costituzione, che fa del piccolo Paese montano una repubblica federata di sette province, lascia scontente molte minoranze in una nazione dove si parlano oltre cento lingue diverse e dove le comunità più marginali e periferiche si sentono sotto rappresentate. Una sfida per la nuova presidente.

Nondimeno, il Paese va avanti, in un equilibrio difficile recentemente turbato dal sisma che ha fatto strage di uomini, animali, abitazioni, strutture e monumenti anche nella capitale (400mila vivono ancora in rifugi inadeguati all’inverno che si sta avvicinando, secondo la rete di Ong italiane “Agire”). Un Paese dove i nodi del sottosviluppo restano in gran parte intatti in una zona del mondo dominata ancora dalle regole castali e da rapporti semi feudali che regolano la vita di comunità prevalentemente agricole (75% della forza lavoro). Un Paese in equilibrio difficile anche per la sua posizione geografica di Stato “cuscinetto” schiacciato tra i due grandi colossi del continente, Delhi e Pechino. Che ora cullano, ora minacciano, alla ricerca di una supremazia che per anni è stata guadagnata dall’India che di gran parte del Nepal influenza cultura e tradizione e che preme ai suoi confini con uno degli eserciti più potenti del mondo. I cinesi non sono da meno: guardano con occhio traverso le comunità buddiste e tibetane che in quel Paese trovano rifugio e provano a stuzzicare Kathmandu con la promessa dello sviluppo. Proprio ieri il Nepal ha firmato un accordo con la Cina che di fatto mette fine al monopolio indiano per le forniture dei prodotti petroliferi. Un monopolio che durava da 45 anni.

Anche questi nodi su un pettine sfilacciato toccheranno a Bidhya Devi Bhandari, una storia di militanza

politica, di battaglie in difesa delle donne e delle minoranze (che potrebbero essere un suo punto di forza) e una storia personale gravata da un dramma che le ha tolto il marito, Madan Bhandari, uno dei più noti leader comunisti del Paese: è vittima di un incidente di auto nel 1993 su cui si sono accavallati molti dubbi che nessuna inchiesta è riuscita a chiarire.

Dall’altra parte della barricate, accanto all’appoggio indiscusso del premier, resta comunque il potente partito del Congresso, passato indenne per tutte le stagioni (è nato nella sua forma primigenia nel 1947 e ha vinto le prime elezioni democratiche nel 1991) e un partito maoista con un leader carismatico, Pushpa Kamal Dahal, più comunemente noto come il compagno Prachanda. Si dovrà tenerne conto come si dovrà tener conto dell’applicazione della prima Costituzione repubblicana del Paese, in questi mesi alla sua prima vera prova del fuoco.

Nepalese, comunista e donna

Il nuovo capo dello Stato del Nepal è una donna. Una donna comunista. Ha 54 anni, si chiama Bidhya Devi Bhandari e ha un curriculum di tutto rispetto dove spiccano le battaglie in difesa delle donne in una società dominata dai maschi e dalle caste alte che dettano ancora – anche se forse sempre meno – la legge non scritta della tradizione.

La sua elezione è’ una sorpresa due volte. Perché per una donna non è facile farsi strada in Nepal e lei è la prima donna presidente del suo Paese e perché il suo sfidante, Kul Bahadur Gurung, è comunque una figura di peso anche se ha perso: è il leader del Congresso nepalese, il primo partito del Paese. Ma il voto del parlamento, dove il secondo e il terzo partito sono della medesima area, le ha dato una maggioranza piena: 327 voti su 549. Non è maoista, come forse l’immaginario collettivo la pensa alla notizia che in Nepal ha vinto una comunista. Ma i voti dei maoisti (The Unified Communist Party of Nepal-Maoist, 80 seggi su 575) sono stati determinati. Il suo partito, Communist Party of Nepal-Unified Marxist–Leninist, poteva contare solo su 175 scranni. L’alleanza ha retto mentre al partito del Congresso invece non sono bastati gli alleati e i 196 seggi guadagnati nelle ultime elezioni (2013). La convivenza coi maoisti, che un prezzo lo avranno pur chiesto, non rappresenta al momento un problema: Bhandari può contare sul primo ministro Sharma Oli– l’uomo che ha il potere esecutivo in Nepal – che è comunista come lei, ed è anzi è il capo del partito di cui lei è comunque stata vicepresidente.


 La politica la conosce bene: nella base, nel partito, nel governo dove Bhandari ha già ricoperto un incarico istituzionale. E’ stata ministro della Difesa, un ruolo delicato in un Paese dove la guerra civile è stata una realtà per dieci anni e che si è conclusa con un accordo politico solo nel 2006 dopo 15mila vittime e tra 100 e 150mila sfollati interni. Da allora il Paese ha cambiato faccia.

Il cammino è stato lungo e resta ancora difficile. Questa piccola nazione himalayana, cerniera tra India e Cina, con solo 30 milioni di abitanti sparsi su un territorio grande la metà dell’Italia (147mila kmq) e connotato da montagne altissime e da un’enorme disomogeneità etnico linguistica, è stata una monarchia monolitica fino al 2008. Caduta pagando un prezzo elevato. E’ un vasto movimento popolare ad averla abbattuta ma sono stati i maoisti a segnare il punto di svolta. Una svolta difficile che alla fine porterà, solo nel settembre scorso, alla nuova, sofferta Costituzione. Nuova e innovativa perché è la prima in Asia che proteggere ad esempio i diritti dei gay. Sofferta perché la sua approvazione è stata bagnata dal sangue di 40 morti nelle manifestazioni di piazza che hanno preceduto il voto finale a cui si è arrivati con molte difficoltà.

La mappa linguistica di un Paese grande la metà
dell’Italia ma con oltre cento lingue. In alto la nuova presidente.
Sotto, il compagno Prachanda

Non ancora finite. La Costituzione, che fa del piccolo Paese montano una repubblica federata di sette province, lascia scontente molte minoranze in una nazione dove si parlano oltre cento lingue diverse e dove le comunità più marginali e periferiche si sentono sotto rappresentate. Una sfida per la nuova presidente.

Nondimeno, il Paese va avanti, in un equilibrio difficile recentemente turbato dal sisma che ha fatto strage di uomini, animali, abitazioni, strutture e monumenti anche nella capitale (400mila vivono ancora in rifugi inadeguati all’inverno che si sta avvicinando, secondo la rete di Ong italiane “Agire”). Un Paese dove i nodi del sottosviluppo restano in gran parte intatti in una zona del mondo dominata ancora dalle regole castali e da rapporti semi feudali che regolano la vita di comunità prevalentemente agricole (75% della forza lavoro). Un Paese in equilibrio difficile anche per la sua posizione geografica di Stato “cuscinetto” schiacciato tra i due grandi colossi del continente, Delhi e Pechino. Che ora cullano, ora minacciano, alla ricerca di una supremazia che per anni è stata guadagnata dall’India che di gran parte del Nepal influenza cultura e tradizione e che preme ai suoi confini con uno degli eserciti più potenti del mondo. I cinesi non sono da meno: guardano con occhio traverso le comunità buddiste e tibetane che in quel Paese trovano rifugio e provano a stuzzicare Kathmandu con la promessa dello sviluppo. Proprio ieri il Nepal ha firmato un accordo con la Cina che di fatto mette fine al monopolio indiano per le forniture dei prodotti petroliferi. Un monopolio che durava da 45 anni.

Anche questi nodi su un pettine sfilacciato toccheranno a Bidhya Devi Bhandari, una storia di militanza

politica, di battaglie in difesa delle donne e delle minoranze (che potrebbero essere un suo punto di forza) e una storia personale gravata da un dramma che le ha tolto il marito, Madan Bhandari, uno dei più noti leader comunisti del Paese: è vittima di un incidente di auto nel 1993 su cui si sono accavallati molti dubbi che nessuna inchiesta è riuscita a chiarire.

Dall’altra parte della barricate, accanto all’appoggio indiscusso del premier, resta comunque il potente partito del Congresso, passato indenne per tutte le stagioni (è nato nella sua forma primigenia nel 1947 e ha vinto le prime elezioni democratiche nel 1991) e un partito maoista con un leader carismatico, Pushpa Kamal Dahal, più comunemente noto come il compagno Prachanda. Si dovrà tenerne conto come si dovrà tener conto dell’applicazione della prima Costituzione repubblicana del Paese, in questi mesi alla sua prima vera prova del fuoco.