Giorno: 10 febbraio 2014

MARCO ALLONI – La grande moschea di Milano e l’insidia del pensiero univoco

Permettere ai Fratelli musulmani di contribuire alla nascita di una grande moschea a Milano è pura scelleratezza. Ciò che la giunta Pisapia confonde con un atto libertario è infatti la negazione di quel principio di relativismo che contraddistingue la sinistra europea dal suo nascere. È sul crinale fra tolleranza e intransigenza che si fonda lo […]

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Permettere ai Fratelli musulmani di contribuire alla nascita di una grande moschea a Milano è pura scelleratezza. Ciò che la giunta Pisapia confonde con un atto libertario è infatti la negazione di quel principio di relativismo che contraddistingue la sinistra europea dal suo nascere. È sul crinale fra tolleranza e intransigenza che si fonda lo […]

Modello di sviluppo e dinamica di riorganizzazione delle imprese italiane nella Tunisia post-Ben Ali

Modello di sviluppo e dinamica di riorganizzazione delle imprese italiane nella Tunisia post-Ben Ali

 

L’Istituto di ricerca sul Maghreb contemporaneo (IRMC) è un centro di ricerca di scienze sociali con sede a Tunisi. Recentemente ha pubblicato uno studio sui modelli di sviluppo e di riposizionamento delle imprese italiane in Tunisia. Seguono tre quesiti che chiariscono meglio la situazione socio-economica attuale.

 

 

Perchè la Tunisia è attraente per gli investitori italiani ?

 

 

La presenza di imprenditori italiani in Tunisia risale agli anni 1980. La legge 72 supporta l’apertura del paese verso l’investimento straniero favorendo in modo particolare le imprese off-shore che possono beneficiare di un esonero dalle imposizioni fiscali per 10 anni.

 

La presenza di piccole e medie imprese locali del settore tessile e dell’abbigliamento da più di 30 anni fa della Tunisia un paese attrattivo con una manodopera a basso costo.

 

Le imprese italiane del tessile scelgono le loro sedi secondo una logica di prossimità (logistica: hangar, aeroporto, porto, rete stradale efficiente) e la qualità della vita (cioè vivere secondo uno standard occidentale). Queste aziende sono localizzate sulla costa (Grand Tunis e Sfax) come gli impianti dell’industria tunisina con una concentrazione rilevante a Monastir, per la presenza storica di Benetton e nel Cap Bon per la presenza di un ricco tessuto di imprese del settore (Lainati, 2002).

 

La piattaforma produttiva è tra i sistemi i sistemi industriali il più diffuso nel settore tessile. Si tratta di una forma di organizzazione produttiva che struttura la produzione in rete. Le differenti fasi della produzione sono condivise tra più imprese esterne. Questa rete è dinamica grazie alla presenza di subappaltanti flessibili selezionati in basa a: specializzazione tecnica, il tipo di comanda, il periodo di produzione (periodo di calo e di pieno) e la fiducia stabilita nel tempo.

 

 

 

In cosa la rivoluzione ha influenzato la strategia imprenditoriale italiana del settore tessile-abbigliamento?

 

 

Il14 gennaio 2011 è stato un momento di rottura, ma le grandi imprese italiane restano in Tunisia perchè il paese continua ad offrire, per il momento, dei vantaggi nella produzione : manodopera a basso costo e agevolazioni fiscali. Inoltre le grandi marche del tessile possono contare su altri siti di produzione, ad esempio il Marocco dove possono orientare le comande nel caso di problemi con le imprese tunisine.

 

La situazione delle piccole e medie imprese è varia. Alcuni continuano la loro produzione in Tunisia, restando comunque vigilanti sulle condizioni locali e mondiali; altri sono rientrati in Italia per riorganizzare la loro attività produttiva in altri paesi come la Romania, la Serbia e la Macedonia. Altri ancora sono falliti o hanno chiuso la loro attività per beneficiare nuovamente dei 10 anni di esonero dalle imposte. Nonostante alcuni problemi iniziali la situazione si è stabilizzata qualche mese dopo la Rivoluzione.

 

I cambiamenti più importanti si sono rilevati a livello di relazioni di lavoro all’interno della azienda, con un aumento di rivendicazioni da parte degli operai che ha messo in crisi la posizione di potere incondizionato dell’imprenditore straniero. Ovunque si sono verificati degli scioperi, vietati prima della Rivoluzione. Queste rivendicazioni hanno portato ad un aumento dei salari, domande di titolarizzazione ed ad una accrescimento della stabilità di lavoro in azienda.

 

Il potere degli imprenditori verso gli operari è ugualmente diminuito per la diminuzione della manodopera. Questa penuria è dovuta all’emigrazione dei giovani all’estero o nelle grandi città. Questo implica un forte turn-over e il “furto” degli operai specializzati da parte di altri imprenditori.

 

A livello di relazioni tra le differenti imprese vi è anche una crescente precarietà e dei ritardi nei pagamenti. Queste difficoltà hanno indebolito le relazioni di fiducia tra imprenditori che hanno reagito diversificando la loro produzione, aprendo più filiere alla volta e accettando anche piccole comande che prima preferivano rifiutare. E’ una strategia per diminuire il rischio di insolvenza nei pagamenti. Queste reazioni hanno permesso l’ispessimento della rete locale perché la prossimità garantisce una migliore possibilità di controllo sul lavoro degli altri.

 

 

 

« Made in Italy » o « Made in Europe ? »

 

 

Con l’ingresso della Romania nell’UE nel 2008 e l’aumento dei costi di produzione, il flusso di produzione tessile italiano, sviluppato lungo la frontiera europea (Scroccaro, 2012), si dirige verso la riva Sud del Mediterraneo (Alaimo, Pasquato, 2008). Queste reti e il flusso tra le rive Nord e Sud del Mediterraneo fanno emergere spazi economici circolari (Tarrius, 1993 ; Peraldi, 2005).

 

Questi spazi circolari sono alimentati dalle reti e dai flussi transmediterranei di materie prime e di prodotti, di capitali, di tecnologie, di competenze e di risorse umane (circolazione e trasferimento di tecnici). L’emergere di queste reti trans mediterranee e dunque di spazi circolari può essere ben illustrato dall’impresa Modin che abbiamo incontrato a Cap Bon e la cui produzione è divisa tra Italia,Tunisia e Romania.

 

Questa “triangolazione” della produzione fa ormai emergere delle piattaforme produttive e logistiche che collegano l’ovest dell’Europa, i PECO (Paesi dell’Europa Centro-Orientale) e il Maghreb. Queste nuove reti trans mediterranee di produzione rispondono ai cambiamenti dell’economia mondiale, dei modi di produzione (dalla concezione del prodotto alla logistica) e del consumo (sempre più stagionale e “just in time”).

 

La produzione « made in Italy » è allora esplosa ed è stata reinventata dalla rottura del legame diretto tra prodotto e luogo di produzione, perché ormai si passerà finalmente dal « Made in Italy » al « Made in Europe », come sottolineava l’imprenditore di Modin per indicare l’importanza di produrre in uno spazio di prossimità con l’UE.

 

 

 

Traduzione dal francese di Valentina Arnò

Fonte: Angela Alaimo, Michele Coletto, Alessandra Scroccaro, « Modèle de développement et dynamique de redéploiement des entreprises italiennes dans la Tunisie post-Ben Ali », Le Carnet de l’IRMC,  http://irmc.hypotheses.org/1368

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