.med ha incontrato Khalid Chaouki, leader dei Nuovi italiani del Partito Democratico, neoeletto come deputato tra le fila del PD nel collegio Campania 2. E’ diventato, da qualche giorno, dietro iniziativa della presidente della Camera Boldrini, il presidente della commissione cultura dell’assemblea parlamentare dell’ Unione del Mediterraneo, l’assemblea che unisce i parlamenti della sponda sud e della sponda nord del Mediterraneo.
Può spiegarci cosa prevede il suo nuovo impegno presso l’assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo?
Nella commissione Cultura, abbiamo puntato molto sul tema delle lingue, la lingua araba come veicolo di incontro. Sosteniamo inoltre, la mobilità degli studenti di tutto il Mediterraneo. Due università euro-mediterranee sono nate nell’ambito di questa iniziativa, una in Slovenia e l’altra in Marocco. L’idea è di rafforzare la cooperazione a partire da questi due esperimenti che prevedono la valorizzazione dell’identità culturale attraverso l’organizzazione di un festival.
La mia idea è rendere questi luoghi di incontro degli spazi di dialogo informali. La mia figura, figlia di due culture, è stata vista con molto piacere da tutti e soprattutto dai paesi arabi. Spero sarà utile per rilanciare il dialogo con i nostri fratelli, paesi vicini con cui purtroppo negli ultimi anni invece abbiamo perso parecchie occasioni ed abbiamo dato pessima prova di comunicazione e dialogo.
Altra questione in agenda è il tema della mobilità e dei visti. Problemi legislativi e burocratici che limitano la libera circolazione vanno in contraddizione con il nuovo rapporto creato con questi paesi ed impedisce lo scambio. Abbiamo dei limiti assurdi di mobilità e ingresso in Europa per ricercatori, turisti, imprenditori, accademici e studenti della sponda sud del Mediterraneo. Va rivisto questo modello e costruito un canale di fiducia reciproca.
Altra novità è rappresentata dalla cooperazione culturale e sociale no profit unita ad una nuova dimensione economica del profit. E’ quanto emerso anche dal Forum sociale mondiale di Tunisi. Dobbiamo inventarci un’altra forma di cooperazione. I paesi della sponda sud non chiedono solo sussidi ma vogliono condividere un processo di crescita e sviluppo locale anche grazie alla migrazione di ritorno.
Quale nuovo modello di cooperazione? E’ una domanda che dovrebbero farsi tutti gli attori del profit e del no profit per un nuovo modello di sviluppo sostenibile, responsabile attento ai bisogni delle comunità locali.
Il co-sviluppo potrebbe essere la direzione giusta?
E’ palpabile quanto gli immigrati e figli di immigrati possano rilanciare un nuovo tipo di cooperazione tra i paesi in cui vivono e i paesi da dove provengono. Saremmo miopi se non vedessimo le opportunità che esistono in questo ambito anche se le politiche migratorie limitano di molto la libertà di circolazione e l’esercizio dei diritti.
Abbiamo dall’altra parte una nuova geografia del potere che privilegia molto il rapporto diretto tra piccole entità locali, enti territoriali, associazioni, università. Di conseguenza, siamo noi qui che dobbiamo privilegiare una forma di dialogo più diretta che non debba passare necessariamente attraverso i canali tradizionali come istituti per il commercio, le ambasciate. Gli ultimi accadimenti della primavera araba hanno sbloccato talmente tante energie e aperto possibilità di dialogo da poter creare rapporti nuovi di cooperazione. Anche la Ue in questo senso ha aperto nuove opportunità di finanziamento per favorire gli scambi tra rappresentanti della società civile nel Mediterraneo. Di conseguenza, un progetto come il vostro centra questo obiettivo e va incontro all’esigenza di molti giovani della sponda sud di potersi confrontare in nuovi spazi di dialogo ed aprirsi a nuove realtà, al di là dei grandi eventi internazionali.
Un consiglio a chi vuole investire nei propri paesi di origine, soprattutto ai marocchini che vogliono ritornare in Marocco…
Il Marocco oramai ha sviluppato una rete di servizi e canali preposti ad assistere ed aiutare chi ha delle idee di progetto e vuole investire nel paese.
E’ importante piuttosto creare delle sinergie e presentarsi con le spalle forti, creando partenariati tra investitori marocchini ed italiani ad esempio. Costituire dei consorzi che possano portare avanti un modello di co-sviluppo forte e sostenibile.
Sarebbe opportuno portare avanti una campagna informativa sulle opportunità di investimento e i settori potenziali dove investire.
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