Giorno: 18 aprile 2013

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013: Dopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo…

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013:

tunis.jpgDopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i
Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo con I suoi cambiamenti improvvisi è in atto. Il clima
primaverile, la brezza marina, il sole caldo, le verdi colline in sottofondo… tutto mi mette addosso quella soave sensazione di essere in un luogo famigliare. In taxi dalla Goulette a Tunisi
tento di farmi una prima idea dello stato del paese. Non mi sembra tanto cambiato dall’ultima volta che l’avevo visitato.

Era il 1996. L’Algeria era in preda al caos della guerra. Venire in Tunisia era un occasione per rilassarmi, per respirare un attimo. La Tunisia in quelli anni mi sembrava un paese tranquillo ma
mite. La gente sembrava aver paura della propria ombra. Nessuno sfiorava anche da lontano le questioni politiche.

Mi ricordo di una scena vista alla fermata dell’autobus a Tunisi. Un ragazzo conciato da militante islamista radicale. Una calotta bianca sulla testa, ciuffetti di barba sparsi in disordine su
una faccia da ragazzino incavolato con il mondo, lunga tunica grigia e pantaloni corti. C’era un posto libero sotto la pensilina della fermata così lui si avvicinò e si sedette accanto ad un uomo
e una ragazza che occupavano gli altri due posti. Poco dopo, la ragazza si alzò e si allontanò a qualche metro dalla fermata. Prima non ci feci caso, perché lei non era quella più vicina al
ragazzo. Ma poco dopo anche il signore di una certa età che era seduto tra loro si alzò e si allontanò. Poco a poco tutti si allontanarono dalla pensilina e i due posti accanto a lui rimasero
vuoti tutto il tempo. Come se avesse qualche malattia contagiosa. E in quel istante, io che ero lì per dimenticare un po’ il mio paese reso invivibile dalla proliferazione di quelli come lui,
sentivo per quel ragazzo, che pagava un prezzo così alto per le sue idee e le sue scelte di vita, una specie di simpatia.

lagoulette.jpgOra dal taxi vedo molti giovani e meno giovani conciati alla moda “talebana” che scorrazzano liberamente per le strade della
capitale. “Quando il toro è per terra tutti si improvvisano macellai.” – dice un proverbio delle mie parti. Ma devo anche dire che viste le notizie giunte in Italia mi aspettavo molto peggio.
Tunisi non ha niente a che fare con l’Algeri degli anni 90. Barbe e Hijab si sono moltiplicati, è vero. Ma non sono ancora la maggioranza. Tunisi però non è la Tunisia e sono deciso ad andare in
profondità prima di tirare conclusioni.

 

Lunedì 25 marzo 2013:

Dopo una notte di riposo, mi sveglio il mattino dopo pronto per un giro nella Tunisia Profonda. Il mio amico Saif arriva davanti alla porta con una auto noleggiata e … un nipote, Ahmad, a mo’
d’autista. Saif non ha la patente ma non si fida della mia “guida da europeo”. «Ti farai sbranare dai nostri automobilisti.»– disse per mettere fine alle mie richieste di liberare il
ragazzo.

Ho conosciuto Saif in Iraq nel 2004. Lavorava per una Ong locale e io per una italiana. I miei colleghi iracheni gli raccontarono che il capo del loro progetto era algerino e, la sera stessa,
sbarcò a casa mia con un sacchetto pieno di carne di agnello: «Sono venuto ad invitarti a una grigliata a casa mia. Non sarà detto che un paesano è arrivato a Baghdad e io non gli ho dato il
benvenuto come si deve!»

Il giorno dopo eravamo amici e appena avevamo un attimo di pace dai nostri lavori rispettivi ci trovavamo per una nuotata nella piscina dell’Albergo Babel o per una fumata di narghilè in qualche
locale di Karrada o di Mansour.

Quando nell’estate del 2004 lasciai l’Iraq perché diventata troppo pericoloso, Saif rimase lì. Lui non era un cooperante, viveva lì da una vita. Faceva parte delle migliaia di giovani venuti da
tutto il mondo arabo per approfittare delle generose borse di studio che Saddam metteva a loro disposizione. Poi quando tentò di ritornare in Tunisia i servizi di Ben Ali gli fecero capire che
non era più il benvenuto.

Ma qualche mese dopo anche lui dovette scappare e tornare in Tunisia. Era meglio patire la fame sotto la stretta guardia degli sbirri del regime tunisino che finire crivellato dalle pallottole di
qualche milizia.

Se fosse sotto il regime decaduto non mi sarebbe stato conveniente andare in giro con lui. Avremo avuto compagnia sgradita ovunque saremo stati. Ora può finalmente vivere in pace. Povero come
giobbe ma libero dei suoi movimenti.

tunis01.jpg«Andremo per la strada nazionale, perché se prendiamo l’autostrada non vedrai nulla del paese!» – sentenzia appena finiamo di
salutarci. La nazionale vuol dire: Hammam lif, Grombalia, Bouficha, Enfidha, Kerouan e poi Sidi Bouzid. Sì Sidi Bouzid! Perché Saif abita proprio Hay Alanouar di Sidi Bouzid: il quartiere che
diede il via alla rivoluzione dei gelsomini.

Ma se la strada nazionale ci permise di vedere tante cose dal finestrino, ci fece fare però un viaggio lunghissimo. Quasi 10 ore per percorrere 260 chilometri. Lunghe code a Hamam lif e nelle
periferie sud-est di Tunisi e strade strette e spesso malmesse.

Un pasto abbondante a base di carne al forno ci è offerto in una affollata trattoria popolare di Grombalia da Ismail, un amico di Saif, anche lui Bagdadi di adozione per molti anni.

Siamo nelle zone più fertili del nord tunisino. Il verde è intenso e lunghe le strade i contadini hanno parcheggiato le loro camionette stracariche di carciofi, fave, piselli, arance e limoni in
vendita. Grombalia è un paese mercato. La gente va e viene da tutte le parti per fare compere di ogni genere.

tunis04«Non capisco – dice saif dal sedile posteriore dove si è sistemato dopo il pasto per lasciarmi il posto accanto a Ahmed, il
nipote-autista- La merce non manca, invece i prezzi non smettono di salire.»

Quello dei prezzi è il tormentone degli ultimi tempi in Tunisia. In effetti il paese non è quello che conobbi negli anni 90, anche da questo punto di vista. Tutto è aumentato e il potere
d’acquisto dei cittadini è diminuito parecchio negli ultimi mesi.

Mentre dal finestrino si vede sfilare una straordinaria varietà di paesaggi la radio dell’auto ci dispensa informazioni e dibattiti in continuazione.

Il paesaggio mediatico è stato completamente sconvolto dalla “primavera”. Sono nate tante testate nuove: giornali, radio, siti internet e anche qualche Tv. La libertà di espressione è
incredibile. Si parla di tutto e in tutta libertà. Ma 3 temi occupano la scena più di ogni altro: il carovita, gli scandali della pedofilia e la tensione tra laici e islamisti dopo la morte di
Choukri Belaid.

ScreenHunter_72-Apr.-19-01.54.jpgHama Hammami, il leader
dell’opposizione di sinistra che ha vissuto per più di vent’anni nella clandestinità sotto Benali, parla per più di 1 ora sul primo canale nazionale. Fa un giro dell’attualità nazionale e
internazionale. Respinge le accuse dirette dal governo alla sinistra di strumentalizzazione della morte di Choukri Belaid e anche quelle di complotto per fare un colpo di stato. Porta invece al
governo e in modo particolare al partito Annahda accuse pesanti: «vogliono piazzare i loro uomini e donne in tutto il sistema. Preparano una dittatura peggio di quella decaduta. Sono servi
dell’imperialismo occidentale e delle monarchie del Golfo…»
Mentre parla volo con la mente verso l’Algeria dei primi anni 90. Ma scuoto la testa con vigore e respingo quei fantasmi. Spero
di tutto cuore che questo paese abbia una storia diversa.

Su un altro canale si parla dello scandalo che scuote il mondo delle scuole tunisine. Un educatore in una scuola materna privata ha abusato di una bambina di 3 anni. La Ministra per la condizione
femminile e la famiglia interpellata sul caso ha negato i fatti e ha detto che l’abuso è avvenuto in famiglia. Cosa che si è avverata falsa in seguito. La faccenda è su tutte le bocche. Le parole
“stupro, abuso sessuale e pedofilia” vengono pronunciate con grande facilità. Qualche anno prima, una faccenda del genere non sarebbe mai finita in tv o in radio. Sarebbe semplicemente stata
oscurata. Oggi invece trovo che ne parlano fin troppo. I giornalisti girano e rigirano la notizia come fosse una bistecca che non vuole cuocere. Invece la politica non perde l’occasione di
cavalcarla per mettere in imbarazzo il governo.

«La situazione non è bella. Nel paese cresce il sentimento di insicurezza. – dice Ahmad, approfittando di un pisolino dello zio per prendere la parola- La gente ha paura, il paese è
diventato molto pericoloso.»
Io da quel poco che ho visto non ho avuto questa impressione. Le cose vanno avanti, i servizi funzionano, le strade sono fin troppo presidiate. Sembra di essere
nella vicina Algeria. Militari e poliziotti ad ogni angolo di strada. Soltanto che lì sì che il paese è diventato veramente pericoloso.

Qui invece mi sembra che la paura è dovuta più ad una percezione che a una insicurezza reale. Bisogna dire che si è passati da uno stato in cui le notizie di cronaca nera non venivano trasmesse
per niente a uno in cui i media quasi non parlano d’altro. “C’entrerà il fatto che Nessma, la prima tv privata, quella che ha aperto la via a tutte le altre, appartiene A Tarak Ben Ammar, un caro
amico di Berlusconi?” – Mi chiedo tra me. Boh… Non ne so abbastanza per tirare conclusioni simili.

 

tunis03.jpgNelle vicinanze dell’antica Kerouan, la prima città araba del Nord Africa, il paesaggio cambia drasticamente. Invece del verde, è l’ocra a prevalere. Ma anche qui le terre sono
pulite e ben lavorate. File di ulivi e di mandorli si dipanano a perdita d’occhio. Verso il tramonto entriamo a Sidi Bouzid. Strade dritte e spaziose, casette basse e palazzine di due tre piani,
qualche giardinetto, qualche caffè sovraffollato di giovani intenti a guardare la Tv o a giocare a carte. Insomma: una pacifica cittadina di provincia. Si fa fatica a credere, vedendola, che da
qui sono iniziate le rivolte che stanno ancora sconvolgendo tutto il mondo arabo.

 

Segue…

 

Breve viaggio nella Tunisia del dopo Benalì (parte1)

Domenica 24 marzo 2013:

tunis.jpgDopo 24 lunghe ore di nave da Genova, arrivo in Tunisia, a Helq el Ouadi, ovvero la Goulette per i
Turisti e altri nostalgici dell’era coloniale. Il tempo è bello ma le pozzanghere per terra fanno capire che il marzo mediterraneo con I suoi cambiamenti improvvisi è in atto. Il clima
primaverile, la brezza marina, il sole caldo, le verdi colline in sottofondo… tutto mi mette addosso quella soave sensazione di essere in un luogo famigliare. In taxi dalla Goulette a Tunisi
tento di farmi una prima idea dello stato del paese. Non mi sembra tanto cambiato dall’ultima volta che l’avevo visitato.

Era il 1996. L’Algeria era in preda al caos della guerra. Venire in Tunisia era un occasione per rilassarmi, per respirare un attimo. La Tunisia in quelli anni mi sembrava un paese tranquillo ma
mite. La gente sembrava aver paura della propria ombra. Nessuno sfiorava anche da lontano le questioni politiche.

Mi ricordo di una scena vista alla fermata dell’autobus a Tunisi. Un ragazzo conciato da militante islamista radicale. Una calotta bianca sulla testa, ciuffetti di barba sparsi in disordine su
una faccia da ragazzino incavolato con il mondo, lunga tunica grigia e pantaloni corti. C’era un posto libero sotto la pensilina della fermata così lui si avvicinò e si sedette accanto ad un uomo
e una ragazza che occupavano gli altri due posti. Poco dopo, la ragazza si alzò e si allontanò a qualche metro dalla fermata. Prima non ci feci caso, perché lei non era quella più vicina al
ragazzo. Ma poco dopo anche il signore di una certa età che era seduto tra loro si alzò e si allontanò. Poco a poco tutti si allontanarono dalla pensilina e i due posti accanto a lui rimasero
vuoti tutto il tempo. Come se avesse qualche malattia contagiosa. E in quel istante, io che ero lì per dimenticare un po’ il mio paese reso invivibile dalla proliferazione di quelli come lui,
sentivo per quel ragazzo, che pagava un prezzo così alto per le sue idee e le sue scelte di vita, una specie di simpatia.

lagoulette.jpgOra dal taxi vedo molti giovani e meno giovani conciati alla moda “talebana” che scorrazzano liberamente per le strade della
capitale. “Quando il toro è per terra tutti si improvvisano macellai.” – dice un proverbio delle mie parti. Ma devo anche dire che viste le notizie giunte in Italia mi aspettavo molto peggio.
Tunisi non ha niente a che fare con l’Algeri degli anni 90. Barbe e Hijab si sono moltiplicati, è vero. Ma non sono ancora la maggioranza. Tunisi però non è la Tunisia e sono deciso ad andare in
profondità prima di tirare conclusioni.

 

Lunedì 25 marzo 2013:

Dopo una notte di riposo, mi sveglio il mattino dopo pronto per un giro nella Tunisia Profonda. Il mio amico Saif arriva davanti alla porta con una auto noleggiata e … un nipote, Ahmad, a mo’
d’autista. Saif non ha la patente ma non si fida della mia “guida da europeo”. «Ti farai sbranare dai nostri automobilisti.»– disse per mettere fine alle mie richieste di liberare il
ragazzo.

Ho conosciuto Saif in Iraq nel 2004. Lavorava per una Ong locale e io per una italiana. I miei colleghi iracheni gli raccontarono che il capo del loro progetto era algerino e, la sera stessa,
sbarcò a casa mia con un sacchetto pieno di carne di agnello: «Sono venuto ad invitarti a una grigliata a casa mia. Non sarà detto che un paesano è arrivato a Baghdad e io non gli ho dato il
benvenuto come si deve!»

Il giorno dopo eravamo amici e appena avevamo un attimo di pace dai nostri lavori rispettivi ci trovavamo per una nuotata nella piscina dell’Albergo Babel o per una fumata di narghilè in qualche
locale di Karrada o di Mansour.

Quando nell’estate del 2004 lasciai l’Iraq perché diventata troppo pericoloso, Saif rimase lì. Lui non era un cooperante, viveva lì da una vita. Faceva parte delle migliaia di giovani venuti da
tutto il mondo arabo per approfittare delle generose borse di studio che Saddam metteva a loro disposizione. Poi quando tentò di ritornare in Tunisia i servizi di Ben Ali gli fecero capire che
non era più il benvenuto.

Ma qualche mese dopo anche lui dovette scappare e tornare in Tunisia. Era meglio patire la fame sotto la stretta guardia degli sbirri del regime tunisino che finire crivellato dalle pallottole di
qualche milizia.

Se fosse sotto il regime decaduto non mi sarebbe stato conveniente andare in giro con lui. Avremo avuto compagnia sgradita ovunque saremo stati. Ora può finalmente vivere in pace. Povero come
giobbe ma libero dei suoi movimenti.

tunis01.jpg«Andremo per la strada nazionale, perché se prendiamo l’autostrada non vedrai nulla del paese!» – sentenzia appena finiamo di
salutarci. La nazionale vuol dire: Hammam lif, Grombalia, Bouficha, Enfidha, Kerouan e poi Sidi Bouzid. Sì Sidi Bouzid! Perché Saif abita proprio Hay Alanouar di Sidi Bouzid: il quartiere che
diede il via alla rivoluzione dei gelsomini.

Ma se la strada nazionale ci permise di vedere tante cose dal finestrino, ci fece fare però un viaggio lunghissimo. Quasi 10 ore per percorrere 260 chilometri. Lunghe code a Hamam lif e nelle
periferie sud-est di Tunisi e strade strette e spesso malmesse.

Un pasto abbondante a base di carne al forno ci è offerto in una affollata trattoria popolare di Grombalia da Ismail, un amico di Saif, anche lui Bagdadi di adozione per molti anni.

Siamo nelle zone più fertili del nord tunisino. Il verde è intenso e lunghe le strade i contadini hanno parcheggiato le loro camionette stracariche di carciofi, fave, piselli, arance e limoni in
vendita. Grombalia è un paese mercato. La gente va e viene da tutte le parti per fare compere di ogni genere.

tunis04«Non capisco – dice saif dal sedile posteriore dove si è sistemato dopo il pasto per lasciarmi il posto accanto a Ahmed, il
nipote-autista- La merce non manca, invece i prezzi non smettono di salire.»

Quello dei prezzi è il tormentone degli ultimi tempi in Tunisia. In effetti il paese non è quello che conobbi negli anni 90, anche da questo punto di vista. Tutto è aumentato e il potere
d’acquisto dei cittadini è diminuito parecchio negli ultimi mesi.

Mentre dal finestrino si vede sfilare una straordinaria varietà di paesaggi la radio dell’auto ci dispensa informazioni e dibattiti in continuazione.

Il paesaggio mediatico è stato completamente sconvolto dalla “primavera”. Sono nate tante testate nuove: giornali, radio, siti internet e anche qualche Tv. La libertà di espressione è
incredibile. Si parla di tutto e in tutta libertà. Ma 3 temi occupano la scena più di ogni altro: il carovita, gli scandali della pedofilia e la tensione tra laici e islamisti dopo la morte di
Choukri Belaid.

ScreenHunter_72-Apr.-19-01.54.jpgHama Hammami, il leader
dell’opposizione di sinistra che ha vissuto per più di vent’anni nella clandestinità sotto Benali, parla per più di 1 ora sul primo canale nazionale. Fa un giro dell’attualità nazionale e
internazionale. Respinge le accuse dirette dal governo alla sinistra di strumentalizzazione della morte di Choukri Belaid e anche quelle di complotto per fare un colpo di stato. Porta invece al
governo e in modo particolare al partito Annahda accuse pesanti: «vogliono piazzare i loro uomini e donne in tutto il sistema. Preparano una dittatura peggio di quella decaduta. Sono servi
dell’imperialismo occidentale e delle monarchie del Golfo…»
Mentre parla volo con la mente verso l’Algeria dei primi anni 90. Ma scuoto la testa con vigore e respingo quei fantasmi. Spero
di tutto cuore che questo paese abbia una storia diversa.

Su un altro canale si parla dello scandalo che scuote il mondo delle scuole tunisine. Un educatore in una scuola materna privata ha abusato di una bambina di 3 anni. La Ministra per la condizione
femminile e la famiglia interpellata sul caso ha negato i fatti e ha detto che l’abuso è avvenuto in famiglia. Cosa che si è avverata falsa in seguito. La faccenda è su tutte le bocche. Le parole
“stupro, abuso sessuale e pedofilia” vengono pronunciate con grande facilità. Qualche anno prima, una faccenda del genere non sarebbe mai finita in tv o in radio. Sarebbe semplicemente stata
oscurata. Oggi invece trovo che ne parlano fin troppo. I giornalisti girano e rigirano la notizia come fosse una bistecca che non vuole cuocere. Invece la politica non perde l’occasione di
cavalcarla per mettere in imbarazzo il governo.

«La situazione non è bella. Nel paese cresce il sentimento di insicurezza. – dice Ahmad, approfittando di un pisolino dello zio per prendere la parola- La gente ha paura, il paese è
diventato molto pericoloso.»
Io da quel poco che ho visto non ho avuto questa impressione. Le cose vanno avanti, i servizi funzionano, le strade sono fin troppo presidiate. Sembra di essere
nella vicina Algeria. Militari e poliziotti ad ogni angolo di strada. Soltanto che lì sì che il paese è diventato veramente pericoloso.

Qui invece mi sembra che la paura è dovuta più ad una percezione che a una insicurezza reale. Bisogna dire che si è passati da uno stato in cui le notizie di cronaca nera non venivano trasmesse
per niente a uno in cui i media quasi non parlano d’altro. “C’entrerà il fatto che Nessma, la prima tv privata, quella che ha aperto la via a tutte le altre, appartiene A Tarak Ben Ammar, un caro
amico di Berlusconi?” – Mi chiedo tra me. Boh… Non ne so abbastanza per tirare conclusioni simili.

 

tunis03.jpgNelle vicinanze dell’antica Kerouan, la prima città araba del Nord Africa, il paesaggio cambia drasticamente. Invece del verde, è l’ocra a prevalere. Ma anche qui le terre sono
pulite e ben lavorate. File di ulivi e di mandorli si dipanano a perdita d’occhio. Verso il tramonto entriamo a Sidi Bouzid. Strade dritte e spaziose, casette basse e palazzine di due tre piani,
qualche giardinetto, qualche caffè sovraffollato di giovani intenti a guardare la Tv o a giocare a carte. Insomma: una pacifica cittadina di provincia. Si fa fatica a credere, vedendola, che da
qui sono iniziate le rivolte che stanno ancora sconvolgendo tutto il mondo arabo.

 

Segue…