Giorno: 10 aprile 2013

La favola avvelenata della Siria

Mentre emerge la prima prova documentale delle bugie che il regime di al-Asad diffonde tramite le sue agenzie di stampa , un blogger italiano – purtoppo abbastanza “influente” in base alle classifiche di ebuzzing – definisce i quattro giornalisti seque…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Come accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi. E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere…

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Samer_Issawi.jpgCome accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi.

E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere senza accuse precise e che sciopera da ben 8 mesi. Ormai la fine è vicina ma Samer non perde la sua lucidità. Anzi. La lettera indirizzata alla società civile israeliana è straziante e bellissima nello stesso tempo. C’è tanto rimprovero ma non una traccia di odio. Un inno alla libertà e alla dignità.

Buona lettura, buona riflessione

 

 

Israeliani:

Sono Samer Issawi in sciopero della fame da otto mesi consecutivi, attualmente ricoverato in uno dei vostri ospedali chiamato Kaplan. La mia situazione è monitorata 24 ore su 24 grazie ad un dispositivo medico che è stato inserito sul mio corpo. I miei battiti cardiaci sono rallentati e il mio cuore può cessare di battere da un momento all’altro. Tutti – medici, funzionari e ufficiali dell’intelligence – attendono la mia resa e la mia morte.

Ho scelto di rivolgermi a voi intellettuali, scrittori, avvocati, giornalisti, associazioni e attivisti della società civile per invitarvi a farmi visita, in modo tale che possiate vedere ciò che resta di me, uno scheletro legato ad un letto d’ospedale, circondato da tre carcerieri esausti che, a volte, consumano le loro vivande succulente, in mia presenza. I carcerieri osservano la mia sofferenza, la mia perdita di peso e il mio graduale annullamento. Spesso guardano i loro orologi e si chiedono a sorpresa: come fa questo corpo così martoriato a resistere dopo tutto questo tempo?

 

Israeliani:

Faccio finta di trovarmi innanzi ad un intellettuale o di parlare con lui davanti ad uno specchio.

Vorrei che mi fissasse negli occhi e osservasse il mio stato comatoso, vorrei rimuovere la polvere da sparo dalla sua penna e il suono delle pallottole dalla sua mente,in modo tale che egli sia in grado di scorgere i miei lineamenti scolpiti in profondità nei suoi occhi. Io vedo lui e lui vede me; io lo vedo nervoso per le incertezze future, e lui vede me, un fantasma che rimane con lui e non lo lascia.

Potete ricevere istruzioni per scrivere una storia romantica su di me, e lo potreste fare facilmente. Dopo avermi spogliato della mia umanità, potrete descrivere una creatura che non possiede null’altro che una gabbia toracica, che respira e soffoca per la fame, perdendo di tanto in tanto coscienza.

Ma, dopo il vostro freddo silenzio, il racconto che parla di me, non sarà null’altro che una storia letteraria o mediatica da aggiungere al vostro curriculum, e quando i vostri studenti diventeranno adulti crederanno che i Palestinesi si lasciano morire di fame davanti alla spada dell’israeliano Gilad e voi potrete rallegrarvi per questo rituale funebre e per la vostra superiorità culturale e morale.

 

Israeliani:

Io sono Samer Issawi il giovane “Araboush” come mi definisce il vostro gergo militare, l’Uomo di Gerusalemme che avete arrestato senza accusa, colpevole solo di essersi spostato dal centro di Gerusalemme verso la sua periferia.

Io sono stato processato due volte senza alcuna accusa perchè nel vostro Paese sono le leggi militari a governare e i servizi segreti a decidere mentre tutti gli altri componenti della società israeliana devono limitarsi a trincerarsi e nascondersi dietro quel forte che continua ad essere chiamato purezza di identità – per sfuggire all’esplosione delle mie ossa sospette.

Non ho udito neanche uno di voi intervenire per tentare di porre fine allo squarciante gemito di morte. E’ come se ognuno di voi – il giudice, lo scrittore, l’intellettuale, il giornalista, l’accademico, il mercante e il poeta – si fosse trasformato in un affossatore e indossasse una divisa militare.

E stento a credere che una società intera sia diventata spettatrice della mia morte e della mia vita e protettrice dei coloni che hanno distrutto i miei sogni insieme agli alberi della mia Terra.

 

Israeliani:

Morirò soddisfatto e avendo soddisfatto gli altri. Non accetto di essere portato fuori dalla mia patria. Non accetto i vostri tribunali e le vostre leggi arbitrarie. Dite di aver calpestato e distrutto la mia Terra in nome di una libertà che vi è stata promessa dal vostro Dio, ma non riuscirete a calpestare la mia nobile anima disobbediente. La mia anima si è risanata, si è liberata e ha celebrato il tempo che le avete tolto. Forse capite che la consapevolezza della libertà è più forte di quella della morte…

Non date ascolto a quei luoghi comuni, ormai obsoleti perché lo sconfitto non rimarrà sconfitto in eterno così come il vincitore non resterà un vincitore in eterno. La storia non si misura solo attraverso battaglie, massacri e prigioni ma anche e soprattutto dal sentirsi in pace con gli Altri e con se stessi.

 

Israeliani:

Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! Liberate voi stessi dell’eccesso avido di potere! Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! Io non sono in attesa di essere liberato da un carceriere ma sto aspettando che voi vi liberiate della mia memoria.

 

Traduzione Invictapalestina & Rossella Tisci

La Fame. Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte.

Samer_Issawi.jpgCome accade raramente ho deciso di pubblicare sul mio blog personale il testo di un’altra persona. Ma non è un testo qualsiasi.

E’ una lettera, una lettera forte e tenera nello stesso tempo. La lettera di Samer Issawi, prigioniero palestinese, in carcere senza accuse precise e che sciopera da ben 8 mesi. Ormai la fine è vicina ma Samer non perde la sua lucidità. Anzi. La lettera indirizzata alla società civile israeliana è straziante e bellissima nello stesso tempo. C’è tanto rimprovero ma non una traccia di odio. Un inno alla libertà e alla dignità.

Buona lettura, buona riflessione

 

 

Israeliani:

Sono Samer Issawi in sciopero della fame da otto mesi consecutivi, attualmente ricoverato in uno dei vostri ospedali chiamato Kaplan. La mia situazione è monitorata 24 ore su 24 grazie ad un dispositivo medico che è stato inserito sul mio corpo. I miei battiti cardiaci sono rallentati e il mio cuore può cessare di battere da un momento all’altro. Tutti – medici, funzionari e ufficiali dell’intelligence – attendono la mia resa e la mia morte.

Ho scelto di rivolgermi a voi intellettuali, scrittori, avvocati, giornalisti, associazioni e attivisti della società civile per invitarvi a farmi visita, in modo tale che possiate vedere ciò che resta di me, uno scheletro legato ad un letto d’ospedale, circondato da tre carcerieri esausti che, a volte, consumano le loro vivande succulente, in mia presenza. I carcerieri osservano la mia sofferenza, la mia perdita di peso e il mio graduale annullamento. Spesso guardano i loro orologi e si chiedono a sorpresa: come fa questo corpo così martoriato a resistere dopo tutto questo tempo?

 

Israeliani:

Faccio finta di trovarmi innanzi ad un intellettuale o di parlare con lui davanti ad uno specchio.

Vorrei che mi fissasse negli occhi e osservasse il mio stato comatoso, vorrei rimuovere la polvere da sparo dalla sua penna e il suono delle pallottole dalla sua mente,in modo tale che egli sia in grado di scorgere i miei lineamenti scolpiti in profondità nei suoi occhi. Io vedo lui e lui vede me; io lo vedo nervoso per le incertezze future, e lui vede me, un fantasma che rimane con lui e non lo lascia.

Potete ricevere istruzioni per scrivere una storia romantica su di me, e lo potreste fare facilmente. Dopo avermi spogliato della mia umanità, potrete descrivere una creatura che non possiede null’altro che una gabbia toracica, che respira e soffoca per la fame, perdendo di tanto in tanto coscienza.

Ma, dopo il vostro freddo silenzio, il racconto che parla di me, non sarà null’altro che una storia letteraria o mediatica da aggiungere al vostro curriculum, e quando i vostri studenti diventeranno adulti crederanno che i Palestinesi si lasciano morire di fame davanti alla spada dell’israeliano Gilad e voi potrete rallegrarvi per questo rituale funebre e per la vostra superiorità culturale e morale.

 

Israeliani:

Io sono Samer Issawi il giovane “Araboush” come mi definisce il vostro gergo militare, l’Uomo di Gerusalemme che avete arrestato senza accusa, colpevole solo di essersi spostato dal centro di Gerusalemme verso la sua periferia.

Io sono stato processato due volte senza alcuna accusa perchè nel vostro Paese sono le leggi militari a governare e i servizi segreti a decidere mentre tutti gli altri componenti della società israeliana devono limitarsi a trincerarsi e nascondersi dietro quel forte che continua ad essere chiamato purezza di identità – per sfuggire all’esplosione delle mie ossa sospette.

Non ho udito neanche uno di voi intervenire per tentare di porre fine allo squarciante gemito di morte. E’ come se ognuno di voi – il giudice, lo scrittore, l’intellettuale, il giornalista, l’accademico, il mercante e il poeta – si fosse trasformato in un affossatore e indossasse una divisa militare.

E stento a credere che una società intera sia diventata spettatrice della mia morte e della mia vita e protettrice dei coloni che hanno distrutto i miei sogni insieme agli alberi della mia Terra.

 

Israeliani:

Morirò soddisfatto e avendo soddisfatto gli altri. Non accetto di essere portato fuori dalla mia patria. Non accetto i vostri tribunali e le vostre leggi arbitrarie. Dite di aver calpestato e distrutto la mia Terra in nome di una libertà che vi è stata promessa dal vostro Dio, ma non riuscirete a calpestare la mia nobile anima disobbediente. La mia anima si è risanata, si è liberata e ha celebrato il tempo che le avete tolto. Forse capite che la consapevolezza della libertà è più forte di quella della morte…

Non date ascolto a quei luoghi comuni, ormai obsoleti perché lo sconfitto non rimarrà sconfitto in eterno così come il vincitore non resterà un vincitore in eterno. La storia non si misura solo attraverso battaglie, massacri e prigioni ma anche e soprattutto dal sentirsi in pace con gli Altri e con se stessi.

 

Israeliani:

Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! Liberate voi stessi dell’eccesso avido di potere! Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! Io non sono in attesa di essere liberato da un carceriere ma sto aspettando che voi vi liberiate della mia memoria.

 

Traduzione Invictapalestina & Rossella Tisci

A Grillo, ma vaffanculo va

Eravamo rimasti a Palazzo Corigliano, nel centro di Napoli, luogo dove il collettivo “International Tahrir”  aveva appeso un manifesto con su scritto: “2 anni di primavera araba e qua è ancora inverno”. Non è cambiato niente, qui è ancora inverno.…

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere

Ici Casablanca, La musica è cambiata Sam*

Ritornare a casa per un migrante costituisce una seconda migrazione. E come in ogni migrazione, il primo spaesamento con il quale il migrante/autoctono si deve confrontare è quello linguistico. Basta un viaggio breve al quale siamo sempre impreparati per passare da una dimensione linguistica all’altra, con tutto ciò che questo passaggio implica dal punto di vista … Continua a leggere